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Autore: arwen_eli    07/02/2011    13 recensioni
La vita nel Mondo Magico inizia a risvegliarsi dopo la vittoria contro Voldemort. Hogwarts rinasce e con lei ogni suo studente, dopo il trauma della morte, riscoprirà ogni sfumatura della Vita.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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A Momo nella speranza di riuscire a farti sorridere un po'.




Un piccola piuma bianca volteggiava sopra il tavolo rotondo che Minerva Mc Granitt aveva fatto portare nell'Ufficio del Preside, da quando lei l'aveva occupato, ormai qualche mese prima.

La versione ufficiale era che aveva bisogno di spazio per lavorare, per i suoi libri e per tutte le pergamene, quindi la scrivania non bastava. La verità era un'altra: non se l'era mai sentita di sedere alla scrivania di Silente. Le sembrava di occupare un posto non suo e in quella condizione di disagio non riusciva a lavorare, quindi la scrivania era rimasta al suo posto, immacolata, con il ritratto dell'ex-Preside appeso sulla parete adiacente.
La donna si era incantata ad osservare la piuma librarsi controluce, illuminata dal sole che tramontava fuori dall'ampia finestra, mentre ascoltava distrattamente la conversazione dei suoi colleghi farsi sempre più accesa; si levava verso l'alto, come sospinta da un alito di vento che non poteva esserci davvero in quella stanza chiusa, per poi cadere in una spirale ordinata verso il basso, fin quasi a posarsi sulla superficie mogano del piano. Ma quando tutto sembrava deciso, stabilito, quando tutto sembrava già fatto, la piuma risaliva imprevedibile, guidata da una corrente invisibile.

- … vero Minerva? -

La domanda di Vitious l'aveva riportata a terra, insieme a quella piuma, che infine si era posata sul pavimento, ma disgraziatamente non era riuscita a ridestarsi in tempo per coglierne la prima parte.

Era passata una quasi una settimana dal ritrovamento di quel messaggio, il primo giorno di lezioni. Minerva non aveva voluto sconvolgere il normale scorrere delle lezioni né la calma dei ragazzi con annunci plateali o riunioni tempestive. Aveva atteso la domenica, giorno in cui tutti potevano avere più tempo libero, ed aveva indetto quella riunione, per discutere delle ipotesi su ciò che era accaduto.

- Perdonami Filius, ero sovrappensiero. Stavi dicendo? -

- Stavo illustrando agli altri Docenti quanto questo biglietto sia indubbiamente una minaccia da prendere sul serio. Innanzitutto si tratta di una pergamena particolare, che nessuno degli studenti può utilizzare abitualmente, perchè non è in vendita in tutti i negozi, anzi è ben difficile da reperire. Anche le parole sono curate, non sono minacce che potrebbero partire da qualche ragazzino con il solo scopo di fare una bravata. L'inchiostro stesso è particolare, non l'avevo mai visto di quella tonalità. -


Lumacorno aveva iniziato ad agitarsi sulla sedia, come se non riuscisse a restare seduto, ma nemmeno avesse intenzione di alzarsi, in una evidente situazione di insofferenza.

- Perdonami Filius, ma devo dissentire. Hogwarts è blindata da anni ormai e Voldemort è stato sconfitto. Non può essere altro che uno scherzo, una burla architettata da qualche studente particolarmente abile nell'organizzazione di questi giochetti. -

Vitious si era girato repentinamente verso Lumacorno, un'espressione incredula sul viso.


- Horace è impensabile! Questi ragazzi hanno passato l'inferno durante la guerra. Credi veramente che avrebbero voglia di giocare su una cosa del genere? -
- Sono ragazzini Filius, avranno sempre voglia di scherzare. -

Il professor Vitious scuoteva la testa perplesso, fermamente convinto dell'assurdità dell'idea del collega. Quelli erano dei giovani, è vero, ma giovani che avevano visto i propri familiari morire, essere feriti in battaglie che non avevano chiesto. Gli sembrava impossibile che potessero anche solo pensare di scherzare su una situazione simile, di architettare una burla su un argomento così spinoso, in un momento ancora così vicino al loro dolore.

Minerva McGranitt ascoltava, di nuovo in silenzio, quello scambio di battute, domandandosi chi, ma sopratutto se uno dei due potesse avere ragione.
Probabilmente si sbagliavano entrambi. Conveniva con Filius per quanto riguardava l'idea che i ragazzi non fossero ancora dell'umore adatto per farsi burle del pericolo corso fingendone uno nuovo, ma d'altro canto non poteva negare che li aveva visti ridere e tornare piano piano a vivere ogni giorno, da quando Hogwarts aveva riaperto i battenti. Forse i più forti potevano aver pensato...
Aveva immediatamente interrotto quel flusso di pensieri, dicendo a se stessa che non poteva essere.
Non i suoi ragazzi, non in quel momento.
E se fossero davvero i Mangiamorte rimasti?
Molti di loro ancora non erano stati puniti, per via della lentezza della burocrazia, quindi erano liberi, in attesa di processo. Si era ritrovata, suo malgrado, a pensare a Yaxley, a Rockwood, ancora liberi di girare per strada, di scomparire, con un minimo di impegno; di venire nella sua scuola e di terrorizzare i suoi studenti. Non voleva pensare una cosa del genere, non in un momento in cui desiderava solo restituire a quei giovani la loro vita e le loro speranze di un futuro sereno, se parlare di pace era troppo ardito.
La voce di Sibilla Cooman si era insinuata nella conversazione, strisciando tra le parole di Horace e Filius con un sussurro soffocato.

- Da mani insanguinate giungerà la risposta alle vostre domande.
E altro sangue sarà versato per fugare i vostri dubbi.
Distruzione e morte attendono sul cammino di chi vorrà seguire questa follia. -

Era strisciata alle spalle di Vitiuos, portando con sé il tintinnare delle piccole piastre d'acciaio cucite sull'orlo del suo scialle ed aveva alzato i suoi occhi miopi a guardare la tavolata. Erano vitrei, assenti e le conferivano l'aspetto di un animale imbalsamato, che si muoveva attraverso la stanza grazie a qualche strano incanto.

La McGranitt era intervenuta subito, per fermare quel flusso di parole che sapeva già essere molto poco affidabili. Lo scarso talento divinatorio della Cooman era noto a tutti ormai da anni e nessuno si premurava di nasconderlo nemmeno davanti alla diretta interessata..

- Sibilla, siediti ora. Stanno per arrivare i ragazzi ora, non vorrai spaventarli. -


Lo sguardo della veggente era tornato vigile, richiamato dalla voce della Preside, e si era fissato in quegli occhi verdi. L'espressione si era mutata in un sorriso quasi agghiacciante.


- Devono essere spaventati. -

La risata profonda di Albus Silente si era levata dal suo ritratto, verso cui tutti i presenti si erano girati stupiti, forse più per il suono improvviso che per l'incoerenza di quella reazione con l'apparente drammaticità del momento.


- Sibilla cara, non essere teatrale. Ragazzi, accomodatevi pure, siete arrivati proprio al momento giusto. -


Il viso di Silente si era voltato verso la porta di ingresso dello studio, che si era lentamente socchiusa rivelando la presenza di cinque studenti, che aspettavano dietro la porta da qualche minuto, ma non avevano osato bussare, trattenuti dalla vivacità della discussione.


- Oh, ragazzi, avanti entrate. Non mi ero accorta foste arrivati. -

Minerva aveva accompagnato le sue parole con un gesto d'invito, per poi voltarsi verso i suoi colleghi, per spiegare la presenza degli studenti.


- Ho mandato un gufo ai Capiscuola e a Padma Patil per invitarli ad unirsi a noi in questa riunione, perchè penso che gli studenti debbano essere tenuti al corrente di quanto sta accadendo o, perlomeno, che i Capiscuola siano informati degli sviluppi della questione, visto il loro ruolo nel controllare il castello. Ho chiamato anche la Signorina Patil perchè è stata lei a trovare il biglietto e desideravo ci raccontasse la sua versione, in caso potesse darci qualche dettaglio in più. -

I cinque studenti erano entrati nella stanza, guidati da una titubante Hanna Abbott, da dietro la cui spalla sbucava Padma Patil, che si stringeva al braccio del suo compagno di Casa Anthony Goldstein. Subito dietro erano entrati Draco Malfoy ed Hermione Granger, che avevano seguito i compagni, andando ad accomodarsi sulle grandi sedie rimaste libere alla tavolata.

Hermione aveva percepito distintamente la tensione nella stanza e quell'aria di tempesta imminente non le piaceva affatto. Era già stata ragguagliata da Padma riguardo il biglietto e il suo ritrovamento nei giorni precedenti e non era riuscita ancora a trovare nessun appiglio in quell'insieme di avvenimenti e di indizi.

- Padma, vuoi raccontarci come hai trovato il biglietto? -

Dal quadro dietro la scrivania Silente aveva posto la domanda alla ragazza e tutti si erano rivolti verso di lei, aspettando di avere le notizie di prima mano, sperando di poter trovare, in quel racconto, qualche dettaglio in più che potesse essere d'aiuto.

Padma aveva riportato il ritrovamento in ogni piccola sfumatura, dal momento in cui stava andando verso la serra fino a quando aveva dato il biglietto a Malfoy, per poi tendere la pergamena in questione verso la McGranitt, che l'aveva presa tra le mani e osservata con attenzione.

- Grazie Padma. Dunque, ora avremo tutti modo di osservare di nuovo il messaggio. Qualcuno, come me, l'ha già visto e letto, qualcun altro ne conosceva soltanto il contenuto. Osservatelo con la dovuta attenzione e passatelo poi alla persona accanto a voi. -


La pergamena era passata di mano in mano, recando la sua minaccia a tutti i presenti.

Quando era arrivata tra le mani di Hermione, la discussione aveva già ripreso i toni accesi di poco prima e ancora si stava combattendo tra i due estremi: la burla e la catastrofe.
Ascoltando con una certa nocuranza i discorsi intorno a lei, Hermione si era dedicata alla lettura di quelle poche righe e aveva immediatamente avuto un'illuminazione.

- Shakespeare! -


Si erano zittiti tutti a quella sua esclamazione, come se li avesse richiamati con un singulto, più che con una parola di senso compiuto.


- Cosa stai blaterando, Mezzosangue? -

Malfoy l'aveva squadrata con sdegno evidente, non avendo idea di chi o cosa fosse quello Shakespeare che aveva tanto fatto entusiasmare la Granger.


- Uno scrittore babbano, Malfoy. -


Gli aveva risposto con l'aria scocciata che aveva quando Ron le chiedeva di copiare i compiti di Pozioni o Harry cercava di ottenere le risposte per un compito in classe, poi si era rivolta a tutti gli altri, prendendo ad ignorarlo.


- La prima parte di questo biglietto è una citazione di un'opera di uno scrittore Babbano del 16° secolo, William Shakespeare, per l'appunto; e per essere precisi dall'opera Il Mercante di Venezia. -

Il brusio che aveva seguito la sua rivelazione si era rapidamente allargato intorno al tavolo, generando espressioni ora sorprese, ora perplesse, sui visi dei presenti.


- Questo dovrebbe cambiare le carte in tavola, a questo punto. -


La voce strascicata di Draco Malfoy si era levata al di sopra dei borbottii indistinti che tutti si stavano scambiando.


- Immagino che concorderete con me che questo sia un buon motivo per smettere di tirare in ballo un nemico che non solo è stato sconfitto, non solo è stato ucciso, ma che avrebbe ottime ragioni nei suoi, seppur discutibili, ideali per non citare in una missiva le parole di un qualunque babbano. -


- Un qualunque babbano Malfoy? Non puoi parlare così del Bardo dell'Avon! -

Hermione si era alzata in piedi, colpita dall'indifferenza con cui Malfoy aveva appena sputato su uno dei migliori poeti che avessero calpestato terra inglese, solo perchè era babbano.

Perchè se ne stupiva?

- Mezzosangue non mi interessa lo scrittore in sé. La questione è ben diver... -
- Smettila di chiamarmi Mezzosangue! -

L'aveva interrotto senza pensare, con la voce che le era salita di un ottava rispetto al tono già piuttosto alto che aveva usato poco prima per prendere le difese di Shakespeare.

Lui l'aveva liquidata con un gesto noncurante della mano, per poi proseguire.

- Quello che sto cercando di dire, se la signorina Granger si degna di lasciarmi parlare, è che sarebbe il caso che smetteste di concentrare la vostra attenzione su un nemico sconfitto, perchè è un'inutile perdita di tempo. Non sono i Mangiamorte i mandatari di questo biglietto, non è nel loro stile né penso avrebbero alcun motivo per minacciare Hogwarts in un momento come questo. -

- Le obiezioni del signor Malfoy sono molto sensate, ma non possiamo di certo dire che i Mangiamorte si siano fatti scrupoli ad attaccare la scuola in un modo o nell'altro, anche quando si trovavano in una condizione di svantaggio. -

Vitious era tornato all'attacco, con le sue idee disfattistiche sul ritorno delle maschere e dei cappucci. Malfoy si era sporto verso il tavolo, poggiando entrambe le mani sul piano, come per avvicinarsi al Professore.


- Insomma, non riesco proprio a capire come possiate concepire l'esistenza di un solo e unico nemico, anche quando è bello che sottoterra! Non esistono solo i Mangiamorte, non sono loro il nostro unico pericolo, altrimenti il mondo sarebbe un luogo decisamente più tranquillo di quello che è, specialmente adesso.

Mentre parlava aveva socchiuso gli occhi e la sua voce era salita soltanto di poco, tradendo il nervosismo che abilmente stava cercando di celare.


- Eppure anche la previsione di Sibilla parla chiaro. Non è una burla. Avremo del sangue e mani insanguinate ci guideranno alle risposte. -


Malfoy si era nuovamente poggiato allo schienale della sedia, alzando le mani verso l'alto in un gesto che sembrava voler comunicare una resa ed aveva portato il suo sguardo, in cui era tornata con semplicità l'aria annoiata, verso la finestra.

Lo sguardo scettico che Vitious aveva ricevuto in risposta da parte della McGranitt in primis, poi del resto della tavolata, l'aveva fatto desistere dal proseguire nella sua tirata, pur non inducendolo a cambiare completamente idea.

Quel biglietto era inquietante e di sicuro non si trattava di uno scherzo.

La voce timida di Hannah Abbott si era intromessa nella conversazione, mentre la proprietaria alzava la mano in cui stringeva la pergamena.


- C'è una cosa di cui nessuno ha ancora parlato. C'è un simbolo, sotto le parole che abbiamo letto tutti; c'è disegnata una freccia e l'inchiostro usato è verde.
Ora, non so che cosa possa voler dire, ma magari potrebbe essere un indizio. -

Hermione si era mentalmente data una manata in fronte per non aver pensato subito a quel particolare, concentrata com'era sulle parole del Bardo e sulla stizza che la presenza fastidiosa di Malfoy continuava a provocarle.


- Hannah, mi sembra una giusta osservazione. Anche se al momento non vedo cosa questi particolari possano significare. Credo che tutti abbiamo abbastanza elementi per riflettere sulla questione e, non avendo per il momento raggiunto alcun accordo sull'origine del biglietto, credo sia giusto mantenere una condotta di attesa.
Se, come dice Horace, si tratta di una burla, nulla accadrà. Se invece si tratta di qualcosa di più fondato, restiamo in allerta per eventuali nuovi sviluppi.
Capiscuola, la sera, quando fate la Ronda prima di andare a letto, siate ancora più attenti e cauti del solito e riportate a me direttamente qualunque stranezza o avvenimento inconsueto rileviate. Lo stesso vale per i Docenti. Vi ringrazio per la disponibilità e l'attenzione.
Qualunque idea vi venisse in mente non esitate a comunicarmela. -

Si erano alzati tutti, per accomodarsi lentamente, in una fila ordinata, giù per le scale che portavano nei corridoi vuoti, come normale che fossero in una domenica mattina qualunque.

Hermione si era allontanata da sola, verso la Torre di Grifondoro, riflettendo sulla quantità di indizi appresi e su quanto poco ne avesse ricavato.
Erano nel pieno della nebbia.



*****


Aveva trovato la Torre vuota, dopo la riunione e ne aveva approfittato per portarsi avanti con gli ultimi capitoli da studiare, visto che in quella prima settimana di lezioni già tutto sembrava essere iniziato a pieno ritmo. I compiti erano moltissimi, come ci si poteva aspettare per una classe dell'ultimo anno, ma lei li aveva svolti quasi tutti, esattamente come chiunque avrebbe previsto.
Aveva poi deciso di uscire a vedere dove fossero finiti tutti, dato che fuori dalla finestra il cielo iniziava a virare verso un colore sempre più plumbeo e nubi serrate accompagnavano l'avvicinarsi del tramonto.
Si era incamminata attraverso il parco, continuando a domandarsi cosa fosse passato per la mente a tutti i Grifondoro per scomparire in una giornata così uggiosa, mentre con una piccola parte della sua mente continuava a rimuginare su quel biglietto.
Mentre si dirigeva verso lo Stadio di Quidditch, si era lentamente fatta strada in lei la consapevolezza di aver dimenticato un particolare piuttosto importante, riguardo la sua solitudine in Sala Comune. Vedeva in lontananza, vicino all'ingresso dello stadio, parecchi gruppetti di persone avvolti nei mantelli, per proteggersi dal vento che nell'avvicinarsi della sera si era fatto più capriccioso.
Le selezioni della Squadra di Quidditch Hermione, come hai fatto a dimenticarti?
Harry e Ron le avevano riempito la testa con le loro teorie su quali fossero i giocatori giusti da selezionare, la squadra vincente perfetta, le loro astruse teorie da giocatori. Senza contare poi le paure di Ron di non essere preso in squadra, che sembrava essere la sola cosa che lo riscuoteva dal suo essere così insopportabilmente arrabbiato ogni giorno.
Era quasi surreale vedere la luce che gli si accendeva nello sguardo quando parlava di Quidditch o quando prendeva in mano la sua Tornado e vederla sparire allo stesso modo non appena spostava il suo sguardo su qualcosa di diverso. Quand'anche quel qualcosa fosse lei.
Avrebbe voluto essere lei, il suo calmante. Voleva essere lei il suo porto sicuro.
Era ormai arrivata all'ingresso del campo e, dopo aver salutato i suoi compagni che erano rimasti per assistere alle selezioni, si era diretta verso i giocatori, che stavano atterrando con le loro scope al centro del campo.
Appena toccata terra, Ron le si era avvicinato e le aveva dato un bacio su una guancia, posandole una mano sui capelli. Aveva sorriso indulgente alla frase che le aveva bisbigliato - Mi hanno preso - nell'orecchio, quando ne avrebbe desiderate ben altre - Mi sei mancata - .
L'aveva guardato allontanarsi verso gli spogliatoi con la squadra, mentre Harry le andava incontro e la accoglieva, poi in un abbraccio caloroso.

- 'Mione, sei riuscita a venire! -

Aveva cinguettato Ginny subito alle spalle del ragazzo, aggiungendosi alla stretta da sopra le braccia di lui.


- In realtà sono arrivata solo adesso. Sono andata dalla McGranitt prima, poi sono stata... -

- In Sala Comune a studiare. -

Aveva concluso Harry per lei, strappandole una risatina.


- Andate bene le selezioni? -

Hermione lo aveva domandato più per cortesia, che per altro, ma era stata sommersa senza nemmeno riuscire a batter ciglio, dalle chiacchiere del Ragazzo Sopravvissuto e della sua fidanzata, che le avevano raccontato ogni particolare della nuova squadra selezionata, compresi, probabilmente, i nomi dei gatti di famiglia del nuovo battitore.

Li aveva aspettati da sola sulle gradinate di Gryffindor, mentre facevano la doccia negli spogliatoi e si era persa nelle riflessioni su quella freccia, su quell'inchiostro verde, sulle parole del Bardo.

Il tempo, le ore, il verde.

Qualcosa sfuggiva.
Un pugnale, una freccia, una pergamena.
Dettagli Hermione, dettagli. Pensa.

Non riusciva a trovare il capo di quel filo conduttore che sicuramente si nascondeva da qualche parte, dietro la serra numero quattro. Quella pergamena, quelle parole, avevano un senso, un motivo, ma lei non era capace di trovarlo.

Cosa manca?

I suoi amici l'avevano raggiunta in breve tempo ed insieme erano tornati verso la Sala Comune; Harry con il braccio intorno alle spalle di Ginny, a stringerle addosso il mantello per proteggerla dall'aria gelida che si era alzata, lei stretta al braccio di Ron, che camminava spedito verso il portone, con una mano sugli occhi, per evitare che l'aria gli sferzasse gli occhi.

Prima che entrassero nell'androne di ingresso, Hermione era riuscita a sentire le prime gocce di pioggia sul viso.
È fredda, aveva pensato.



*****

 
Harry e Hermione erano seduti davanti al camino in Sala Comune, entrambi sul pavimento, vicino al tepore delle fiamme. La ragazza teneva le mani in avanti, a scaldarle vicino alle fiamme, mentre Harry aveva la schiena poggiata alla seduta di una delle grandi poltrone, le gambe magre distese in avanti, i piedi incrociati. Ginny era seduta su quella poltrona, un libro tra le mani, ma lo sguardo assonnato di chi non avrebbe continuato a leggere per molto.

- E' Malfoy, secondo me c'entra lui. -


Aveva esordito il ragazzo d'un tratto.

Durante la cena Hermione aveva raccontato agli amici quello che aveva saputo durante la riunione con i Docenti ed aveva riportato fedelmente al Prescelto il contenuto della pergamena ritrovata.
E chiaramente, come previsto, Harry aveva iniziato a confabulare sui Mangiamorte e su Malfoy, sul suo Marchio Nero e su suo padre ancora fuori da Azkaban.
Questa era solo l'ultima delle sue uscite.

- Harry, ti prego. Non puoi concentrare la tua attenzione su qualcun altro una volta tanto? -
- Stai difendendo Malfoy, 'Mione? -
- Non lo sto difendendo, ma insomma, perchè dobbiamo immediatamente pensare a lui? È stato trovato un biglietto con una minaccia. Nessuno indizio riconduce a lui. -
- L'ha trovato lui! Secondo me è stato proprio lui a metterlo lì, quindi sapeva dove cercarlo! -
- Non l'ha trovato lui, l'ha trovato Padma! Allora è Padma la colpevole? -

Lo sguardo di sfida di Hermione era più che eloquente, con il sopracciglio alzato e un mezzo sorrisetto sulle labbra, che aspettava per esplodere in un pieno sorriso di soddisfazione soltanto il momento in cui lui avrebbe dovuto, come sempre, convenire con lei e darle ragione.


- Ovviamente non è Padma la colpevole, Herm, non avrebbe alcun senso. Ma Malfoy potrebbe averla in qualche modo indotta o spinta a trovare il biglietto, per sviare, appunto i primi sospetti da sé. Quel biglietto puzza di Mangiamorte. Tutta quell'aggressività repressa, quella voglia di scatenare il terrore con parole velate, mi ricorda tanto Voldemort con i suoi sussurri quasi educati e i suoi Anatemi. -

Hermione non riusciva a sopportare questa smania di voler per forza affibbiare a qualcuno la colpa.
Avevano una minaccia, avevano un probabile pericolo, ma questo non voleva dire che dovessero per forza trovare un colpevole subito, né che dovessero cercarlo all'interno della scuola.


- E' mai possibile che tu, come molti altri, non riesci a concepire altro nemico che quello che hai eliminato? Credi davvero che Voldemort e i Mangiamorte fossero il solo problema della comunità magica? Che fossero gli unici che potevano metterci in pericolo? Merlino, siete così incredibilmente ottusi. -

Si era sollevata in ginocchio, mentre parlava e si era accorta di avere le guance accese, forse per il caldo del camino, si era detta.
Nel momento stesso un cui aveva finito di pronunciare quelle parole si era resa conto di quanto somigliassero a quelle dette da Malfoy, la stessa mattina alla riunione dalla McGranitt.
Si era stupita, inizialmente, rendendosi conto, non solo di condividere il suo pensiero, il che era piuttosto comprensibile, visto che si trattava di idee decisamente intelligenti, ma di crederci al punto tale da riportarlo in una discussione con Harry.
Di riportarlo in una discussione con Harry che aveva tutta l'intenzione di trasformarsi in un litigio.
Aveva allora moderato il tono, che si era accorta di aver alzato troppo, si era di nuovo seduta, prendendosi le ginocchia tra le braccia ed addolcito l'espressione in un sorriso paziente.
Harry la guardava confuso, quasi sorpreso dalla veemenza con cui si era scagliata contro di lui per qualcosa che, in fondo, aveva sempre fatto e che lei, in un certo qual modo, aveva sempre tollerato con maggiore comprensione. Ma aveva poi visto quel sorriso comparire sul viso dell'amica e si era sentito immediatamente rincuorato.

- E poi, Harry, dubito che i Mangiamorte userebbero parole di un babbano per minacciare Hogwarts. Per quanto possano voler dissimulare, non mi pare nel loro stile. -
- Babbano? -
- Certo Harry. Parte del biglietto è una citazione di Shakespeare, da Il Mercante di Venezia. -
- Non me l'avevi detto. -
- Mi è venuto in mente durante la riunione, mentre lo leggevo davanti a tutti, ma non so se possa essere rilevante. -
- Beh ma l'inchiostro? E il pugnale? -
- Harry chiunque potrebbe usare un inchiostro verde, non devi sempre e subito pensare a Serpeverde e ai Mangiamorte se vedi qualcosa di verde. -
- Insomma... -
- Harry, rifletti. Non tutti i Mangiamorte sono Slytherin e non tutti gli Slytherin sono diventati Mangiamorte. Il verde non significa nulla. E il pugnale non ha alcuna valenza simbolica per i seguaci di Voldemort, quindi non capisco perchè lo colleghi a loro. -

Harry si era preso la testa tra le mani, passando le dita tra quei capelli perennemente scompigliati, che per via di quella sua abitudine lo erano ancora di più, quando era confuso o nervoso, come uno specchio dei suoi stati d'animo. Era sconfortato dal fatto che niente di tutto quello che gli era stato raccontato da Hermione o che era riuscito a scoprire da sé, lo portasse a qualche ipotesi plausibile, a qualche pista su cui indagare.


- Qualcuno deve essere stato, insomma. -

Deve essere qualcuno che noi non abbiamo ipotizzato, qualcuno che ci sfugge. -

Hermione si era presa portata le mani alle tempie, premendo come se quella pressione potesse aiutare i pensieri a fluire più liberamente ed aveva stretto gli occhi, scandagliando mentalmente tutte le informazioni che aveva su quella faccenda.

- C'è un particolare, qualche dettaglio che non stiamo guardando con sufficiente attenzione. -

- Certo che se avessi avuto questi dettagli di prima mano, forse adesso non mi sfuggirebbero. Magari se avessi sentito anche io i racconti e avessi visto il biglietto, qualche particolare l'avrei colto. -

Harry aveva sollevato lo sguardo sull'amica, un sopracciglio eloquentemente sollevato a manifestare il suo disappunto per essere stato escluso dalla riunione, dalle ricerche, da tutto.

- Sai benissimo che non è mia responsabilità decidere chi viene chiamato nell'Ufficio della Preside, quindi non prendertela con me, Harry. E poi, in effetti, non c'è alcun motivo valido per cui avrebbero dovuto chiamarti. Sul biglietto non c'era scritto: “L'ultima ora di Harry Potter è giunta, baci, Voldemort.” -

Il ragazzo era rimasto ammutolito da quella risposta così caustica da parte dell'amica e la guardava come scioccato, quando la sua attenzione era stata catturata da un movimento dietro la schiena di Hermione. Era Ron che si era accucciato accanto alla sua ragazza e osservava prima lei, poi l'amico.

- Vedo che state facendo ipotesi sul nuovo mistero che avvolge Hogwarts. -

Aveva parlato piano, quasi sussurrando, mentre con una mano si allungava tentando di prendere quella di Hermione, che ancora si stringeva intorno al suo ginocchio.
 

- E vedo anche che vi siete premurati di tenere informato anche me, come sempre, d'altronde.

Il tono di Ron si era fatto polemico, con la seconda frase e negli occhi brillava un'evidente scintilla di stizza.


Di nuovo
, aveva pensato Hermione, ci risiamo.


La ragazza aveva scostato malamente la mano di Ron e si era alzata di scatto, guardandoli entrambi dall'alto in basso.

- Sapete la novità? Mi avete stancata, voi due, con la vostra mania di essere sempre esclusi, quando invece quello che volete è essere sempre e solamente al centro dell'attenzione! -

Aveva girato i tacchi e si era diretta a grandi passi verso il buco nel ritratto, le spalle dritte e la testa alta. Una camminata come quella poteva promettere solo battaglia.

- Dovresti chiederle scusa, Ron. -
La voce impastata di Ginevra si era levata dalla poltrona, colma di sonno, ma non per questo meno autoritaria.


- Ginny ha ragione, Ron. Seguila, è molto arrabbiata, ha bisogno di te. -

Aveva aggiunto Harry, improvvisamente addolcitosi, forse per via della tumultuosa reazione dell'amica.


- Se è per questo, caro, se Hermione è arrabbiata è anche merito tuo, quindi anche tu dovresti scusarti. Ma tu non sei il suo fidanzato, quindi avrai tutto il tempo di farlo più tardi. -

Aveva accompagnato la frase con una carezza amorevole sulla testa del ragazzo, che aveva alzato lo sguardo verso di lei e aveva trovato un'espressione così simile a quella di Molly da non riuscire a fare altro che annuire.

Ron aveva abbassato la testa e si era alzato pian piano, per dirigersi a sua volta, ciondolando, fuori dalla Torre, alla ricerca della sua ragazza, per scusarsi per qualcosa che ancora non aveva capito di aver fatto.


*****


Appena uscita dalla Sala Comune, Hermione si era seduta sulle scale che scendevano verso il piano di sotto, subito davanti al ritratto della Signora Grassa, ma quelle nel frattempo avevano deciso di girare alla loro bizzarra maniera, quindi quanche minuto dopo si era ritrovata di fonte all'uscita dei loro Dormitori, su un gradino ai piedi di un piccolo ballatoio. Onde evitare un'altra passeggiata indesiderata con il successivo giro delle scale, aveva raggiunto il piccolo balcone e si era seduta sul davanzale, le gambe a penzoloni.

Maledetto Ron, perchè doveva sempre rendere tutto così complicato?

Poteva essere semplice, potevano essere felici, invece lui doveva sempre metterla in difficoltà, farla sentire in colpa per qualcosa. Lei, con lui, sarebbe sempre stata manchevole di qualcosa.


- 'Mione. -

La voce di Ron l'aveva raggiunta dal buco del ritratto, mentre ancora non era uscito del tutto.
Aveva scavalcato il davanzale con entrambe le gambe ed era scesa, per poi sporgersi verso di lui.


- Zitto Ron! Mi farai scoprire da qualcuno se strepiti così. -
- Allora parla con me, vieni qui e parla con me. -
- Ron, come faccio a venire lì? Non vedi che non ci sono le scale? -

Ron aveva abbassato sulla parte interrotta del davanzale, da cui sarebbero dovuti partire i gradini e poi verso il basso, dove le scale della della Torre continuavano nel loro moto imprevedibile.
A quel punto, il più giovane dei maschi Weasley aveva deciso, in un'incontenibile moto di coraggio, uno dei maggiori dei pregi di un Grifondoro, oppure in un altrettanto irresistibile impulso all'autodistruzione, sempre appannaggio della stessa Casa, di scavalcare la balaustra dal suo lato del ballatoio ed andare da lei, tenendosi aggrappato con le mani ai decori di marmo, muovendo piccoli passi ad un soffio dal vuoto.

Hermione aveva passato quei pochi minuti trattenendo il fiato, temendo che potesse cadere da un momento all'altro e sussultando per ogni passo meno sicuro che gli vedeva fare.
Infine, con un salto, Ron era atterrato accanto a lei ed aveva cercato di prenderle le mani tra le sue.
Hermione le aveva scostate bruscamente, come scottata.


- 'Mione, per favore. Mi dispiace. 

La ragazza aveva scosso la testa, come se non volesse nemmeno far arrivare alle orecchie quello che era uscito dalle sue labbra.


- 'Mione, ti prego. -

Aveva mosso un altro passo verso di lei, cercando di intercettare il suo sguardo, che lei abilmente nascondeva dietro i riccioli scuri. Con una mano si era sporto per carezzarle la guancia, ma lei aveva finalmente alzato gli occhi nei suoi e lui aveva visto un dolore che aveva sperato di non vedere più.


- Ronald sono io a dire ti prego. -

Aveva sussurrato con voce incrinata, in un evidente tentativo di trattenere le lacrime.


- Non sai nemmeno che cosa sta succedendo vero? Tu nemmeno hai capito per che cosa sono tanto arrabbiata. -

Ron l'aveva guardata prima confuso, poi sconfitto. Aveva abbassato gli occhi sulle sue mani, abbandonate lungo i fianchi. Solo un bisbiglio, un timido tentativo.


- Perchè ho fatto di nuovo l'egocentrico, perchè ho fatto ancora scenate per non essere stato incluso nei discorsi tuoi e di Harry. -

Le spalle di Hermione si erano curvate sotto le sue parole, ma lo sguardo deluso che gli aveva rivolto avrebbe potuto parlare per lei.


- Non è tutto qui Ron. Non è questo il problema. -

Aveva guardato il viso spaurito del suo ragazzo, prima di continuare, perchè voleva essere sicura di avere la forza di arrivare fino in fondo, a quel discorso. Perchè sapeva che l'espressione confusa di lui le avrebbe fornito la rabbia necessaria per terminare quella frase.

- Non ti rendi conto che hai rovinato ogni cosa. Sei talmente concentrato su te stesso, sul tuo dolore, sulla tua vita, da non renderti conto che io non conto niente per te. -
- 'Mione ma che cosa stai dicendo? -

Aveva ancora tentato di avvicinarsi a lei, ma l'aveva vista ritrarsi, sempre più convinta, con quegli occhi sempre più lucidi e il viso sempre più tirato.


- Sto dicendo che io sono in fondo ai tuoi interessi. Sto dicendo che tutto, io compresa, ti infastidisce in questo periodo. Ti illumini solo con il Quidditch, ti illumini solo quando stai con Harry e parli di Quidditch. E vorrei essere io, invece, ad illuminarti. -

Ron aveva fatto un passo indietro e l'aveva guardata in viso.


- Non sei poi così diversa da me. Stai facendo tutto questo baccano per una sciocca gelosia. Gelosa di Harry, Merlino Hermione, di Harry! Anzi, nemmeno di lui, sei gelosa di una maledetta scopa! -

Aveva alzato la voce, mentre si allontanava, poggiando i gomiti sul davanzale del piccolo balconcino, per poi scoppiare in una risata quasi maligna.


- Non hai capito niente Ron, ma come fai a essere così cieco? Io passo le mie giornate tentando di compiacerti, di assecondarti, di non turbarti troppo, per evitare di farti esplodere per l'ennesima volta e mai niente, niente, è abbastanza per te! Trovi sempre qualcosa per cui rimproverarmi, per cui ergerti a vittima di un'ingiustizia! -


- Tu mi assecondi? Ma se non fai altro che pavoneggiarti per i corridoi con il tuo distintivo di Caposcuola, con i tuoi voti già ottimi in una settimana e con le tue geniali intuizioni davanti a Harry! -


- E' proprio a questo che alludo Ronald! Io vivo la mia vita normalmente, come ho sempre fatto, come è normale che faccia e tu prendi ogni cosa come un affronto personale. Non esisti solo tu al mondo Ron! -

Il ragazzo si era alzato completamente in piedi, avvicinandosi a Hermione con due passi e ponendosi vicinissimo a lei, viste anche le dimensioni microscopiche del balcone che li ospitava. Le aveva puntato un dito al petto e la ragazza aveva alzato lo sguardo su suo viso, trasfigurato in una maschera paonazza di rabbia.


- Dovrei essere al centro del mondo per te! -

Lui gliel'aveva urlato in faccia, colpendole il petto con quel dito che prima vi aveva solo poggiato.
Hermione aveva cercato di allontanarsi, quasi spaventata, ma aveva sentito dietro la schiena le colonnine del parapetto e aveva dovuto fermarsi.


- Tu, tu, tu! Sempre e solo tu! Non fai altro che dimostrarmi che ho ragione! -

Hermione era esasperata, non c'era modo di far capire a Ron il suo punto di vista e non sapeva più che pesci prendere. La sola cosa che le restava da fare era alzare la voce, provare a parlare la stessa lingua che lui aveva usato per comunicare con lei negli ultimi mesi.


- Solo tu, solo le tue esigenze, il tuo essere escluso da me e da Harry, le tue paure di non entrare nella squadra in cui sei assolutamente certo di entrare. Ho sempre sopportato tutto, cercando di essere indulgente, cercando di non innervosirmi troppo. Volevo capirti, volevo esserti vicino nel modo giusto. Ma non c'è un modo di starti vicino! Tu distruggi tutto quello che ti passa davanti! -

Ron l'aveva guardata da vicino, sovrastandola grazie ai venti e più centimetri di altezza che li separavano, poi l'aveva afferrata per le spalle.


- Io ho perso mio fratello, tu che cos'hai perso? I tuoi genitori sono a casa, a Londra, al sicuro, tu hai mantenuto tutti i tuoi privilegi da prima della classe a cui tanto tieni, hai anche avuto me! Hai avuto tutto quello che volevi con questa guerra mentre io ho perso mio fratello! -

Aveva gli occhi spalancati e la guardava come se nemmeno la vedesse; il cuore di Hermione le batteva direttamente nelle tempie. Rabbia, delusione, anche paura.


- Non sei solo tu ad aver sofferto per questa guerra! Credi che il fatto che Fred non fosse mio fratello renda il mio dolore meno intenso? Credi che solo per i parenti ci sia il diritto di soffrire? Io soffro ogni giorno per Fred, per Tonks, per Remus. -

- Hai avuto più di quanto hai perso, da questa guerra. Per molti eri solo una Nata Babbana, prima di Voldemort, prima di tutto. Ora sei Hermione Granger, la Mezzosangue. Hai avuto la fama, hai avuto rispetto, hai me. -

Le aveva stretto le mani intorno alle braccia ancora più forte. Hermione iniziava a sentire un formicolio, sotto le dita di Ron. 

- Lasciami Ron. -

La voce di Hermione era bassa, calma. Il ragazzo non aveva dato alcun cenno di lasciarla.


- Lasciami subito andare Ronald. -

In risposta lui l'aveva sollevata da terra, per poi spingerla contro il muro, tenendola all'altezza del suo viso.


- E se non lo facessi? Non hai risposte da darmi ora, 'Mione? Non sai come rispondermi perchè ho detto la verità. -

La ragazza si era divincolata tra le sue mani cercando di poggiare di nuovo i piedi per terra.


- Io non ho avuto niente da questa guerra, se non lutti e ferite! Non ho avuto niente, nemmeno te! Non sei più tu Ron, non sei nemmeno l'ombra di quello che eri, nemmeno una pallida imitazione! -

Gli aveva sferrato un calcio in un ginocchio, che gli aveva fatto perdere la presa sulle sue spalle e si era lasciata scivolare lungo la parete. 

- Ora mi colpisci anche? E io che ti credevo migliore, io che credevo che tu fossi quella intelligente. Sai pensare solo a te stessa e al fatto che il mio dolore venga, per me, prima di te. Non puoi essere più importante di Fred, anche se vorresti. -

Non era arrivato alla fine dell'ultima parola perchè il rumore di uno schiaffo era risuonato forte nel silenzio della notte, giù per le scale, che continuavano imperterrite a mutare il loro percorso.


- Non hai capito niente e non capirai mai Ron. Non credo di avere più nulla da dirti a riguardo. -

Il ragazzo era rimasto fermo sul ballatoio, una mano a strofinarsi la guancia, ad osservare quella che per sette anni era stata la sua migliore amica e per qualche mese la sua ragazza, che scavalcava il parapetto, per saltare nel vuoto.


- Hermione! -


Si era sporto dal balconcino, spaventato e l'aveva vista sulla scala, un metro e mezzo più sotto, risalire lentamente verso il ritratto della Signora Grassa.
Era tutto calcolato. Lei sapeva quando le scale sarebbero arrivate. Lei sapeva sempre tutto.





Questo capitolo, nonostante sia in un ritardo quasi letale è un fuori programma.
Doveva contenere molti più avvenimenti ed essere decisamente più lungo, ma sono successe due cose: la prima è che ho avuto poco tempo, la seconda che i personaggi si sono presi più spazio del previsto, quindi ne è uscito questo capitoletto qui, che ho deciso di postare ora, per spezzare il ritardo e perchè altrimenti sarebbe diventato un capitolone lunghissimo, che avrei postato chissà quando.


Andiamo alle note.

  1. La scrivania di Silente. Ho voluto che la McGranitt manifestasse in un modo composto il rispetto e la nostalgia per l'amico defunto e questo mi sembrava abbastanza da lei... Tutto qui. :)

  2. I Mangiamorte non sono ad Azkaban perchè non sono ancora stati fatti i processi. L'avevo accennato nel terzo capitolo, quando Narcissa andava al Ministero, ma lo preciso per chiarezza. La macchina burocratica si sta mettendo in moto solo ora, quindi tutti sono a spasso, perchè innocenti fino a prova contraria, nonostante tutti sappiamo che le prove ci siano. Non ci sono colpevoli fino a una sentenza, quindi ho preferito vederla in questo modo...

  3. La profezia della Cooman e il fatto che nessuno se la fili mi sembra essere abbastanza Canon, voi che ne dite?

  4. La presenza degli studenti alla riunione è stata spiegata attraverso le parole della McGranitt. La scelta dei Capiscuola è stata dettata dal fatto che fossero Prefetti gli anni passati e dalla mia volontà, per la parità dei sessi, di avere due donne e due ometti: Draco e Hermione erano già stabiliti, mentre Abbott e Goldstein erano semplici e prevedibili. Sono una donna senza fantasia.

  5. La prima volta che i nostri protagonisti si parlano e abbiamo una bella lite. Quantoo amo vederli discutere. <3

  6. L'ossessione di Harry Potter per Malfoy è roba provata e riprovata. Non credo sia necessario che io mi soffermi a ricordarvi quanto lui abbia cercato di incolparlo a più riprese in tutta la Saga; tra lui e Piton probabilmente ci riempiremmo un libro con i sospetti di Pottah (fondati e non).

  7. Attraverso le parole di Hermione ho voluto esprimere un po' la mia protesta contro la politica che vuole gli Slytherin tutti malvagi Mangiamorte, come se non avessero possibilità o volontà di scelta, una volta smistati nella casa verde-argento. Io non credo sia così e credo che si possa essere Slytherin anche senza voler fare fuori tutti i Babbani.

  8. L'egocentrismo di Pottah nel voler essere coinvolto fa il pari con la quello che dico sopra e che dicevo nel capitolo scorso. Harry è sempre stato una primadonna, secondo me e io al massimo ci sto calcando un po' la mano...

  9. Il “Baci Voldemort” è stato partorito dalla mente di Val in una delle nottate Sex & the Slyth su msn. Siano lodate le mie Slyth, senza di loro sarei impazzita da un pezzo. O forse sarei un pelino più sana, ma amo il mio posto fisso al CIM, quindi va bene così. *_*

  10. Si, ho calcato la mano con Ron. E' cattivo gratuitamente e insensibile. Insensibile lo è sempre stato, cattivo no, ma penso che guidato dalla rabbia potrebbe anche arrivare a questo, d'altronde le sue sfuriate le ha fatte anche in Canon e non è che si fosse risparmiato.


Grazie per essere sempre qui, a chi recensisce e mi riempie di orgoglio, a chi preferisce, ricorda e segue e a chi legge e basta. *_*


Per chi desideri una visita guidata nella mia demenza, con acclusi deliri, lamentele e sbavi di ogni genere...si, anche spoiler xD, mi trovate su Facebook: QUI. 

   
 
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