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Autore: Elos    09/02/2011    12 recensioni
- Questa persona aveva addosso... un ricordo di Harry e del professor Silente? -
Archer recuperò finalmente il suo muffin, facendone sparire una buona metà con un morso.
- Esattamente. Un ricordo rovinato e frammentato, ma indubbiamente un ricordo contenente Albus Silente ed Harry Potter. Sei sua amica, no? -
- Sì. - bisbigliò Hermione. Teneva tra le mani la lista come se non riuscisse a staccare le dita dal foglio, gli occhi fissi sulla data. - Sì, sono sua amica. -
18 Giugno 1996. La data della morte di Sirius Black. [...]

Sei mesi dopo la fine della Seconda Guerra Magica, il cadavere di una strega è estratto dall'acqua di un fiume nel nord della Scozia. Quando sul cadavere viene trovata un'ampolla contenente un ricordo molto speciale, Hermione Granger, Apprendista Auror fresca di M.A.G.O., e Harry Potter, Uccisore di Tu-sai-chi, Grand'Eroe, Supremo Distruttore di Signori Oscuri e diciannovenne un po' più che lievemente depresso, si trovano di fronte ad un inaspettato problema.
Prima classificata al concorso multifandom Jane Doe indetto da Lely1441.
Genere: Avventura, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Prima di King's Cross' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Capitolo 2
Ricordi in bottiglia




Quando Harry aveva provato a proporre ad Hermione di venirlo a trovare a Grimmauld Place, se voleva parlargli, invece che vedersi in Diagon Alley, tutto quel che aveva ottenuto era stata un'occhiataccia di quelle che erano in grado di fargli accartocciare addosso la pelle. Hermione era un'esperta d'occhiatacce: le sue erano perfino migliori di quelle di Molly Weasley, che, pure, nel campo era una vera esperta. Harry era stato squadrato malamente da due generazioni di Malfoy, guardato con odio da Tom Orvoloson Riddle e dai tre quarti della sua cricca in più di un'occasione, studiato con aperto e tangibile disgusto da quel maestro del sarcasmo e della derisione che era stato Severus Piton, ma nessuno di loro era mai stato in grado di eguagliare il brivido che certi sguardi di Hermione gli causavano.
Hermione parlava con gli occhi: e c'erano giorni in cui i suoi occhi gli dicevano Harry, caro, amorevolmente, e giorni in cui invece sibilavano farai meglio a fare quel che ti dico io, come te lo dico io, quando te lo dico io.
Andare contro ad una di quelle occhiate significava discutere con Hermione, e Harry davvero non voleva discutere con Hermione. Non voleva discutere con nessuno, anzi. Voleva solo essere lasciato in pace.
Aveva comunque tentato - cautamente - di farle presente le proprie ragioni:
- Qualunque cosa tu debba dirmi, Hermione, sono sicuro che preferirei non ascoltarla mentre mezza Diagon Alley si schiaccia all'interno del Paiolo Magico e, uh, mi fissa. -
L'obiezione era sensata, ed Hermione sembrava aver deciso di scendere finalmente a patti: così, invece che incontrarsi in Diagon Alley, lei ed Harry si erano ritrovati al di fuori di un anonimo caffè nel bel mezzo della Londra babbana.
- Avremmo potuto prepararlo a Grimmauld Place. - brontolò Harry di fronte ad una tazza di tè fumante, irritato. - Perché tutta quest'insistenza di uscire, Hermione? -
Hermione gli rivolse un'occhiata penetrante prima di rispondere:
- Per far uscire te, Harry. Quanti giorni sono che non metti piede fuori di casa? -
- Venerdì sera sono stato alla Tana. -
- La Tana non è fuori. E comunque sono passati cinque giorni. Non esci neanche per fare la spesa, o per buttare l'immondizia o... o... o per comprare il giornale... -
- Io non voglio leggere il giornale, Hermione. -
Lei sbuffò, esasperata:
- Era un esempio! - Girò lo zucchero nella tazzina e azzardò uno sguardo rapido dal basso verso l'alto, prima di affermare: - Dopo... dopo la fine della guerra ti sei chiuso in casa. Io ti capisco, Harry. Ho detto a Ron e agli altri di lasciarti stare per un po', ma adesso sono passati quasi sei mesi. Dovresti riprendere a uscire. Dovresti tornare ad Hogwarts. -
Dalle labbra di Harry uscì un sibilo irritato. Sbatté il cucchiaino contro il tavolo, di malagrazia, e cercò di fulminarla con lo sguardo:
- Non mettertici anche tu, Hermione. Ho parlato con la McGranitt, e abbiamo trovato una soluzione per i miei M.A.G.O., ma io non ho intenzione di tornare ad Hogwarts, e questo è tutto. E comunque non sei la persona più adatta a farmi la predica: neanche tu ci sei tornata! -
- Ma io mi sono diplomata. - specificò Hermione, una punta di sussiego nella voce. - A giugno. -
- Be', non tutti possiamo essere intelligenti come te! -
Su quell'affermazione calò una lunga, fastidiosa pausa di silenzio. Era tardo pomeriggio; malgrado l'inverno dovesse ancora iniziare c'era un vento freddo, tagliente, che scoraggiava la gente dall'uscire di casa senza una buona ragione, e il quartiere era tranquillo, il caffè semivuoto. Harry spostò il proprio peso, a disagio, da una gamba all'altra, sentendo nel movimento la bacchetta nascosta in tasca premergli contro la coscia destra. Portava una giacca per celarla del tutto: avrebbe potuto metterla in borsa, si diceva sempre prima d'uscire di casa, ma non ci riusciva proprio: ogni volta rammentava le raccomandazioni di Moody a proposito del farsi saltare via una chiappa inavvertitamente, ma poi ricordava anche il giorno del matrimonio di Bill e Fleur, i Mangiamorte nel locale, come la bacchetta gli fosse sembrata infinitamente lontana anche se l'aveva lì, a portata di mano. Ricordava il dolore vuoto e spaventato dell'averne i pezzi rotti tra le dita, e quello del sentirsi disarmato ed esposto nei sotterranei di Villa Malfoy. Tendeva a cercare spesso la bacchetta, da quel giorno, per controllare che fosse sempre al suo posto, vicinissima alle sue mani.
Hermione ruppe il silenzio schiarendosi la voce:
- In ogni caso oggi non volevo parlare di questo, Harry. -
Suonava molto gentile e lievemente rammaricata, e la cosa rabbonì Harry. Si dispose ad ascoltarla, osservandola curioso mentre spalancava la piccola borsa di pelle che aveva con sé, si guardava intorno con cautela - per controllare che non ci fossero Babbani troppo vicini, probabilmente - e poi ci cacciava dentro un braccio, facendolo sprofondare fino al gomito. Harry sorrise.
- Incantesimo Estensivo Irriconoscibile...? - domandò con calcolata noncuranza, divertito.
Hermione ridacchiò.
- Tu non hai idea di quante cose fondamentali non entrino in una normale borsa. Oh, ecco qui! - estrasse dalla borsa una boccetta di vetro trasparente, con un tappo di sughero, nella quale si agitava qualcosa insieme di liquido e fumoso, argenteo, debolmente luminoso.
Harry si spinse indietro sulla sedia, appoggiando il dorso allo schienale, gli occhi fissi sull'ampolla.
- Di chi sono? - chiese, e non si stupì di sentire la propria voce stranamente rauca, strozzata. Serrò i pugni sul tavolo e pensò ad un'altra fiala simile a quella, che conservava a casa, in un cassetto, una fiala piena dei ricordi di un uomo morto.
Hermione allungò una mano per posarla su uno dei suoi pugni chiusi, gentilmente.
- Vengono da uno dei casi che il mio capo sta seguendo al Ministero, Harry. Hanno trovato quest'ampolla, ed altre, nascoste nei vestiti di una donna morta in Scozia. Non vorrei parlartene, ma ho visto cosa contiene questo ricordo e, Harry... anche Kingsley ha stabilito che la cosa migliore fosse che tornasse a te, immediatamente, e che ne venissero a conoscenza meno persone che fosse possibile. -
Harry sbattè le palpebre, confuso:
- Kingsley ha detto così...? - e poi, aggrottando la fronte: - Come sarebbe a dire, tornare a me...? Questo... questo è un mio ricordo? -
Hermione si mordicchiò il labbro inferiore, nervosamente, e Harry seppe all'istante che c'era qualcosa che non andava.
La ragazza spinse la fiala dei ricordi verso di lui e mormorò guardandolo in viso:
- Questo ricordo risale al nostro quinto anno ad Hogwarts, Harry. E' un ricordo di te e Silente, in... in giugno. - tacque per un attimo, prima di affermare piano: - C'è una copia della profezia, qui dentro, Harry. -

***



- Che cosa posso dire in mia difesa? Sfido chiunque ti abbia osservato come ho fatto io - con più impegno di quanto tu possa immaginare – a non desiderare di risparmiarti altre sofferenze. Che cosa importava che in un lontano futuro fossero massacrati sconosciuti senza nome né volto, se nel presente tu eri vivo e felice? Mai mi sarei sognato di avere vicino qualcuno come te.
Poi... -

La voce di Silente si spezzò, il suo viso e quello di Harry che ondeggiavano e sfumavano sino a scomparire. Quando riapparvero, c'era il Pensatoio d'argento di fronte a loro, e l'evanescente figura di Sibilla Cooman che sibilava raucamente:
- … il solo col potere di sconfiggere l'Oscuro Signore... nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato sull'estinguersi del settimo mese... l'Oscuro Signore lo designerà come suo eguale, ma egli avrà un potere a lui sconosciuto... e l'uno dovrà morire per mano dell'altro, perché nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive... il solo col potere di sconfiggere l'Oscuro Signore nascerà all'estinguersi del settimo mese... - - Professore? - Harry si sentì parlare con una voce incerta, debole. Era una sensazione stranissima, guardarsi e ascoltarsi, tre anni più giovane, più pallido ed esausto e dolorante. Era la notte in cui era morto Sirius, pensò il vero Harry: se ne stava in piedi accanto alla scrivania, non visto e non ascoltato, e non poteva fare a meno di sentirsi ferito, straziato, dalla vista di Silente ancora vivo, ancora con lui, dalla vista di quel sé stesso quindicenne che aveva già perso tante persone, ma ancora troppe aveva da perderne. - Questo significa... - chiedeva l'Harry del ricordo proprio adesso. - … che cosa significa? -
Harry guardò verso l'alto e si concentrò: e l'attimo dopo stava risalendo attraverso le correnti del Pensatoio, i ricordi argentati che vorticavano attorno a lui come sbuffi di fumo, e poi era fuori, finalmente, nell'ufficio del Preside pieno di sole, pieno di luce. Era una bella mattinata d'ottobre. I prati di Hogwarts, fuori dalle finestre, erano coperti di uno strato croccante di foglie dorate in prossimità della Foresta Proibita. Il Lago Nero scintillava in lontananza.
La professoressa Minerva McGranitt - la Preside Minerva McGranitt, dovette ricordarsi Harry - alzò gli occhi dal grosso libro che aveva poggiato sulla scrivania di fronte a sé e lo fissò attraverso gli occhiali, l'espressione penetrante.
- Il Pensatoio le è stato utile, signor Potter? - domandò.
- Molto, professoressa. La ringrazio per avermi permesso di usarlo. -
Mentre Harry raccoglieva il prezioso ricordo nell'ampolla che Hermione gli aveva dato, la professoressa McGranitt richiuse il libro, girando garbatamente la sedia per poter fronteggiare il ragazzo.
- Non c'è di che, Potter. Puoi venire qui e adoperarlo ogni volta che desideri. -
Il ricordo del viso antico e gentile di Silente, delle sue lacrime, degli occhi che scintillavano dietro alle lenti e di quel che gli aveva detto, di come fosse orgoglioso di averlo conosciuto, di quanto avesse tenuto a lui, sembrava essersi avvolto attorno al cuore di Harry come una corona di spine. Quella memoria - la memoria custodita nella fiala che Hermione gli aveva dato il giorno prima - era una memoria che lui aveva già, sicuro: la custodiva al sicuro nella sua testa. L'unica altra persona che avrebbe dovuto averla era Silente, e Silente era morto. Era strano pensare che fosse stata nelle mani di qualcun altro. Qualcun altro che non si era trovato nella stanza insieme a loro due, all'epoca.
Harry faceva fatica a respirare normalmente, ma si sforzò comunque di suonare leggero nel replicare alla Preside:
- Visto l'uso frequente che ne faccio, dovrei comprarne uno e tenerlo in casa. -
- Sono oggetti estremamente rari e infinitamente costosi, Potter. Dubito che troveresti qualcuno disposto a vendertene uno. - La McGranitt agitò in aria la bacchetta con un movimento rapido, e un vassoio con tazze, una teiera e una zuccheriera, un bricco di latte e un piatto di biscotti apparve a mezz'aria sulla scrivania. - Una tazza di tè? Abbiamo alcune cose delle quali discutere, prima che tu te ne vada. -
Harry si mosse sulla sedia, lievemente a disagio:
- Uh, sicuro. Grazie, professoressa. -
Versò nella propria tazza una generosa dose di latte e zucchero, mentre la McGranitt spingeva verso di lui i biscotti. Harry adocchiò il piatto e non fu sorpreso di vedere che erano Zenzerotti; sorrise, allungando una mano per accettarne uno, e la McGranitt gli domandò perplessa:
- Che cosa c'è di divertente, Potter? -
Lui si schiarì la voce, affrettandosi a scuotere la testa:
- Nulla, professoressa. Di che cosa voleva parlarmi? -
- Delle tue lezioni. - L'espressione sul viso della donna si fece in un attimo molto professionale. Era grandemente invecchiata nel corso dell'ultimo anno: aveva rughe più profonde stese agli angoli delle palpebre, e le labbra si erano fatte ancora più sottili, come una riga tesa; ma gli occhi splendevano ancora, lucidi, e la voce era decisa e sicura come sempre. Minerva McGranitt era una costante di Hogwarts, pensò Harry, così come lo era stato Albus Silente. Così come Hagrid. Così come Severus Piton.
Il pensiero di Severus Piton gli pungeva lo stomaco esattamente come quello di Albus Silente, e Harry si sforzò di cacciarli entrambi in un angolo.
- Il Ministero ha dato la sua approvazione definitiva alla tua decisione di sostenere i M.A.G.O. come privatista. - Era evidente che la McGranitt, così come Hermione, disapprovava: la linea sottile delle sue labbra si era fatta ancora più stretta mentre parlava. - Ti fornirò un elenco dei testi necessari alla tua istruzione, e ti segnalerò alcuni meritevoli insegnanti dai quali potrai andare nel caso in cui tu senta di desiderare qualcuno che possa seguire i tuoi progressi. In ogni caso io sarò qui ad Hogwarts ogni volta che ne avrai bisogno, per quanto sarà nelle mie possibilità. -
Il fatto che la McGranitt si sarebbe trovata alle prese, rifletté Harry, con una scuola semidistrutta e bisognosa di riprendersi, con un gruppo di studenti del settimo anno che avrebbe radunato ex allievi che non avevano potuto dare i loro M.A.G.O. nel giugno passato e nuovi allievi appena usciti dal sesto anno e con le aspettative dell'intero mondo magico sulle sue spalle - dopotutto, occupare un ufficio che era stato di Silente era un incarico oneroso, se si desiderava esserne all'altezza - rendeva l'offerta ancora più preziosa. Una volta di più, Harry sentì di provare un affetto sconfinato verso di lei.
- Se è ancora tuo desiderio intraprendere la carriera di Auror, Potter, allora gli esami ai quali dovresti dedicarti in particolar modo sono quelli di Difesa contro le Arti Oscure, Trasfigurazione, Incantesimi e Pozioni. Se per i primi tre non dovresti avere problemi, ritengo, con un'opportuna preparazione, il quarto richiederà che tu ti eserciti in un laboratorio. E, a meno che tu non ne possieda uno... -
- Hermione mi sta aiutando a organizzare una stanza di Grimmauld Place per farne un laboratorio, professoressa. - la interruppe Harry. E poi, abbassando la voce e guardando la tazza che teneva in mano: - In ogni caso, non sono più sicuro di essere interessato ad una carriera da Auror. -
La professoressa McGranitt sembrò esterrefatta:
- No? -
Harry scosse la testa, in silenzio. Lei lo guardò per un attimo. Aprì bocca, quasi volesse dire qualcosa, ma poi sembrò pensare altrimenti: perché sollevò la propria tazza e prese un lungo sorso di tè. Appoggiando delicatamente la delicata ceramica sul piattino, poi, affermò in tono quieto:
- Dovunque ti porteranno le scelte che compirai alla fine dei tuoi esami, Harry, io ti raccomando caldamente di non trascurarli per nessuna ragione. Non perdere alcuna delle possibilità che ti sono offerte: potresti rammaricartene, altrimenti, un giorno. -
Harry annuì in fretta, stringendo la tazza ormai fredda tra le dita. Non disse nulla, e tenne lo sguardo basso. La professoressa McGranitt si alzò in piedi, l'attimo dopo, e lui la imitò:
- Professoressa... - esclamò, prima che lei potesse parlare: - Potrei... potrei restare qui fino all'ora di pranzo e salutare Ron e... e Neville? - Ron e Ginny, pensò, ma quello non poteva dirlo ad alta voce.
Nuovamente, l'occhiata penetrante che la donna gli rivolse gli riportò alla mente Albus Silente: anche lui l'aveva guardato a questo modo, più di una volta, mentre leggeva attraverso di lui e dentro di lui e riportava a galla quel che si nascondeva dietro alle mezze verità.
Harry alzò la testa, d'istinto, verso la parete di fondo dell'ufficio. C'erano i quadri degli antichi Presidi schierati fino al soffitto, e qualcuno guardava nella sua direzione, qualcun altro faceva finta di non badare a lui e fissava ostentatamente le finestre e il pavimento, Phineas Nigellus sbadigliava rumorosamente e un'anziana Preside con il viso coperto da un ventaglio si faceva aria con espressione distratta. Albus Silente dormiva nel suo ritratto, le mani intrecciate sulla lunga veste all'altezza del ventre e gli occhi chiusi oltre le lenti scintillanti.
Il tono pratico della professoressa McGranitt lo riscosse prima che potesse perdersi in altri pensieri.
- Ma certo che puoi fermarti a pranzo, Potter. Ne sarei felice. - Cominciò ad aggirare la scrivania, zoppicando lievemente - non si era mai del tutto ripresa dai danni che aveva riportato durante la battaglia di Hogwarts - e rivolse ad Harry un sorriso che gli apparve stranamente pitonesco: - Dopotutto, nutro sempre la speranza che la signorina Weasley si dimostri in grado di farti ragionare saviamente. -





Note del capitolo: Se ne saranno già accorti tutti, ma la parte in corsivo immediatamente successiva all'interruzione a metà capitolo è tratta da Harry Potter e l'Ordine della Fenice. Gli Zenzerotti sono i biscotti che la McGranitt offre ad Harry in questo stesso libro, come una sorta di "premio non rivelato" per essersi opposto alla Umbridge.

Un grazie a tutti coloro che si sono fermati a commentare lo scorso capitolo!
  
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