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Autore: Snafu    12/02/2011    5 recensioni
Autore: moi, Cath
Pairing: MarkxJason (in misura molto minore HowardxJason) {so che il pairing non è dei più quotati, ma mi è presa così... ihih}
Desclaimers: allora TUTTO, ma proprio TUTTO quello che leggete qui è frutto della mia fantasia, ok? Lamentablemente, niente di questo è successo e probabilmente mai succederà. Ad ogni modo devo scriverlo, quindi ecco qui la mia ammissione. I pensieri narrati in prima persona con il nome di Jason sono MIEI. :) Il titolo ovviamente è una canzone dei mitici Take That e non vanto nessun tipo di diritto su ciò.
Note1: come ormai sa chi mi conosce in quest'ambiente, ricordatevi che ogni capitolo potrebbe essere l'ultimo, perché se perdo l'ispirazione mollo la fiction lì e non la piglio più ahah
Note2: questa FF ha anche una locandina (non so qui come si fa ad hostarle, comunque la trovate sul mio LiveJournal, nome la_cath), e spero che avrò magari tempo per tradurla in inglese e magari anche in spagnolo. Sintesi della storia: Jason inizia a frequentare Howard, ma poi ci si metterà di mezzo una piccola testa bionda e magari ci sarà un po' d'amore ihih
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Relight my Fire'
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A volte non riuscivo ad immedesimarmi nella mente degli adulti.
Tornavo a casa per una settimana e loro decidevano di portarmi in vacanza.
Apprezzavo il tentativo di farmi rilassare, ok, ma diavolo, viaggiavo trecentosessanta giorni l'anno, quella settimana di festa dovevano per forza portarmi dall'altra parte del mondo?
A me sarebbe bastato avere un po' di cucina casalinga, vedere mamma che mi spolverava la stanza e stirava i vestiti, Justin che faceva i tiri a canestro di fronte al garage, mio padre che tornava da lavoro stanco morto la sera, dormire nel mio letto che pendeva un po' verso sinistra e magari fare qualche lunga chiacchierata al telefono con Mark.
E invece no.
Andavamo a fare una bella vacanza alle Canarie.
Non so se la presi peggio io oppure lui.
La cosa che mi scocciava più di tutto questo era che avevo programmato, nel mio cervello calcolatore, di fare una fuga amorosa di un giorno con Mark in qualche posticino tranquillo dove non saremmo stati assediati (anche se dovevo ancora pensare a quale fosse questo posticino, ad averne conosciuto uno mi ci sarei trasferito per il resto della mia vita). Meno male che a lui non avevo detto niente di tutto ciò: sarebbe stato bruttissimo dovergli poi dare buca oppure ritrattare le mie intenzioni e lui avrebbe accusato il colpo ancora di più.
Appena arrivai, lasciai i miei bagagli nel bungalow insieme a Justin. Lui andò subito in spiaggia, io invece mi piazzai al telefono. Dovevo chiamare Mark, dirgli che ero arrivato, volevo sapere del suo viaggio, e avevo voglia di sentire la sua voce.
Mi rispose sua madre, dicendomi che era in camera e che me lo chiamava subito.
«Markie!» strillò la donna «C'è Jason al telefono!»
«Jason?» sentii Mark, lontanissimo, poi dei passi veloci, un tonfo. Sua madre gridò qualche cosa che non riuscii a sentire e la voce di Mark risponderle «Sì, mamma» stavolta molto più vicino alla cornetta.
«Jay?» chiese
«Markie?» risposi «Sei caduto per le scale?»
«No!» esclamò, come se lo avessi accusato di alto tradimento di fronte alla Regina Elisabetta
«Si, vabeh, in realtà sì, stavo correndo per le scale e ho fatto un capitombolo allucinante. È che avevo voglia di sentirti...» quanto risultava facile da dire, con una cornetta tra di noi. Quanto era più semplice.
«Anch'io Mark. Com'è stato il viaggio?»
«Ah, lo sai.... come al solito! Assedi, foto, ragazze» brontolò «Dai, raccontami di lì, come è?»
«Caldo» mi lamentai, poi decisi di giocare un po' «però è pieno di donne fichissime, dovresti vederle, hanno dei meloni da paura» poi rincarai un po' la dose «Perché gli uomini? Hanno dei bicipiti che in confronto Howard è un canarino, ce n'è uno proprio ora che mi sta facendo un massaggio, dovresti sentire, è una meraviglia» lo ammetto, tirare in ballo Howard fu una cattiveria bella e buona, ma ero troppo curioso di sapere se era ancora un po' geloso di me. La sua risposta fu un secco:
«Ah» segno della mia vittoria a tavolino
«Oh, Markie!» esclamai
«Che c'è?» rispose, un po' offeso
«Dai, stavo scherzando! Non sono ancora sceso in spiaggia, non lo so! La prima cosa che ho fatto appena sono arrivato è stata chiamarti» sentii un rumore, come se il suo respiro dall'altra parte si fosse spezzato
«Davvero?» chiese improvvisamente più pimpante in un impeto di voce
«Sì» ammisi, gongolandomi in un sorriso da ebete
«Senti vorrei davvero stare qui con te a chiacchierare, ma ho la sensazione che mi mamma stia origliando e la cosa proprio non mi va» mormorò
«Ok» sbuffai «quando possiamo risentirci?» tamburellai le dita sulla cornetta
«Dopo cena, quando guardano la tv, ok?» propose
«Ok» aspettai un secondo, poi temetti che fosse troppo tardi, che avesse già attaccato la cornetta «Markie?» chiesi a bassa voce, sperando improvvisamente che non ci fosse davvero più
«Sì?» disse la sua voce, prima lontana, poi vicinissima
«Mi manchi»
«Anche tu»
«A stasera»
«A stasera»

In realtà non andai in spiaggia quel pomeriggio. Feci un giro per il villaggio turistico, che era un vero buco, ed entrai in un curioso negozietto che vendeva souvenir. C'erano un sacco di cose carine: comprai per Mark una collana con le conchiglie da fighetto, e poi un bracciale di pelle intrecciata, uguale ad uno che avevo preso per me. Passai tutto il giorno a non aspettare altro che l'ora di cena, sperando che trascorresse in fretta almeno quella.
Il buffet era internazionale, ma niente di quello che c'era su quel tavolo mi pareva mangiabile.
Per molti versi, avrei voluto rinascere Gary.
Avevo bisogno di un fast food, e in fretta. La mia alimentazione passò immediatamente in secondo piano quando mi accorsi che erano già le otto e mezza. Purtroppo a cena qualcuno tra gli altri ospiti mi aveva riconosciuto, così avevo passato tutto il tempo a fare da special guest, mentre gli animatori cercavano di coinvolgermi nei loro giochi.
Corsi nel bungalow, cercando di liberarmi della folla che mi si era radunata intorno, e subito chiamai Mark. Rispose lui, che tenero. Credo che stesse aspettando in piedi di fronte al telefono perché l'apparecchio non fece neanche uno squillo completo prima di farmi sentire la sua voce.
«Dovresti vedere» annunciai abbastanza soddisfatto «ti ho preso delle cosine carinissime»
«Sì? Che cosa?» domandò curioso, sembrava felice
«Beh, non posso dirtelo, sono sorprese, le vedrai quando tornerò»
«Uff... e com'è? Ci sono le ragazze con i meloni da capogiro?»
«Non molte» scherzai «Però domani vado a farmi fare i massaggi con mamma, ti farò sapere come sono i massaggiatori» risi
«Jay» sospirò ed io sentii già una fitta al cuore «forse dovremmo smetterla con tutto questo»
«Mark che stai dicendo?» non mi voleva più, non voleva più stare con me
«Abbiamo una settimana, così possiamo mettere a posto le idee, riprendere a guardarci come prima con ancora un briciolo di rispetto, e ripartire come sempre, con tutti gli altri, lunedì prossimo» ogni singola parola, ma no, che dico, ogni singola lettera, era un pezzo di me che moriva, un ricordo di noi che scompariva, un dolore che non mi uccideva, perché doveva lasciarmi in vita a soffrire.
«Mark, è perché non ho voluto fare l'amore con te? Se è questo che vuoi, parto immediatamente e ti faccio vedere io. Posso farti venire anche solo parlandoti al telefono» azzardai. Ero arrivato allo stadio del sesso telefonico per riavere con me il mio uomo? Beh, si poteva sperimentare. No, anche basta con gli esperimenti. Mi avevano cacciato in un po' troppi guai nell'ultimo mese, e poi non ero il Mago Silvan.
«Ma no Jay è che... Jay, non può funzionare, io e te, è solo uno sbandamento momentaneo, ti stancherai di me» questo era impossibile, era impossibile che succedesse e soprattutto era impossibile che lo pensasse davvero
«Meno di una settimana fa mi hai detto che mi amavi. È cambiato qualcosa per te?»
«No»
«E allora aspettami, prendo il primo volo vengo da te e ne parliamo con calma. Non ho intenzione di lasciarti andare» sicuro! Era pieno di voli a quell'ora, pronti a partire per Jason Orange. Dopotutto, ero pur sempre Jason Orange! Bastava mettere mano al portafogli. Sì, e poi sarei rimasto bloccato in aeroporto per tutta la notte a Madrid.
«Ok, Jay, mi hai convinto, davvero, non importa» allora tirai un sospiro di sollievo, ma non ero io ad essere convinto adesso. Perché aveva avuto dei dubbi?
«Come diavolo ti è passato per l'anticamera del cervello di dirmi una cosa del genere proprio ora che mi trovo a chilometri di distanza? Sei veramente uno stronzo Markie»
«Già, hai ragione, scusa Jay, ma non lo so che mi è preso, mi sentivo uno schifo senza di te» piagnucolò
«Beh perché pensi che io sia qui a divertirmi? Volevo passare le vacanze con te» ancora quel rumore del respiro che si interrompe
«Mi dispiace Jay, davvero»
«Non dire mai più una cosa del genere. Ho ancora le palpitazioni» esagerai, però avevo sentito davvero andare tutto in mille pezzi quando aveva detto quella cosa. I peggiori due minuti che ricordassi in tutta la mia vita fino ad allora. Mi ero sentito letteralmente perso e non avevo avuto il tempo di realizzare che cosa ne sarebbe stato di me senza di lui. Se me l'avesse detto e mi avesse attaccato la cornetta in faccia, probabilmente sarei andato nel panico più totale. Non riuscivo a capire che cosa avrei fatto, ero così preso mentalmente da lui adesso, se mi avesse scaricato, avrei fatto bene a lasciare il gruppo probabilmente.
«Insomma che hai fatto oggi?» meglio cambiare argomento
«Niente di che»
«Non entrare troppo nel particolare, mi raccomando» lo punzecchiai, distendendomi sul letto e reggendo la cornetta con la mano sinistra
«E' venuto a trovarmi Gary»
«Gary?!» strillai, tanto che credetti mi avessero sentito pure sulla luna. Gary, quel maledetto. Lo sapeva, ed io dovevo immaginarmelo che avrebbe attaccato proprio mentre io lasciavo la linea incustodita. Mi aveva convinto di non essere più pericoloso solo per farmi partire inconsapevole. Dovevo sapere quanti punti avevo perso «E che è venuto a fare?» cercai di ricompormi, indossando un tono pacato a sufficienza da rendermi credibile, che si opponeva totalmente all'urlo di prima.
«Niente di che, siamo stati un po' insieme...» soli, nella sua stanza, lui e Gary. Mark che balla. Gary non resiste. Ecco perché Mark aveva avuto tutti quei dubbi, ecco perché sembrava così insicuro. Quel Gary... ma me l'avrebbe pagata. L'avrei ammazzato una volta tornato in Inghilterra, poi gli avrei tagliato la testa e l'avrei portata a Mark come pegno. L'avrei fatta imbalsamare e l'avremmo tenuta come trofeo sopra il caminetto in salotto, per guardarla le sere d'inverno e farci due risate.
«Quanto insieme?»
«Beh, insomma, il giusto...» il giusto per fare cosa? Markie, mi stavi uccidendo, cazzo se era successo qualcosa avresti dovuto dirmelo, e subito.
«Markie, è successo qualcosa che devi dirmi?»
«Ecco, ad un certo punto...» ad un certo punto... ad un certo punto? Lo avrei ammazzato, lo avrei ammazzato. Era andato lì per consolarlo della mia assenza e poi alla fine il trofeo l'aveva portato a casa lui. E questo era uno a zero per Gary, maledizione. «mi ha, insomma, mi ha baciato» panico. Vuoto. Baciare Mark dopo che l'aveva baciato Gary avrebbe potuto farmi rivoltare le budella, ma su quello potevo anche chiudere un occhio. Il dramma era tutt'altro.
«E tu Markie?» mi aspettavo che mi dicesse qualcosa come che lo aveva preso per la collottola e lo aveva frullato fuori dalla finestra senza pensarci un attimo. Pregai per sentire quelle parole.
«Jay, che dovevo fare? Si è avvicinato...»
«Dovevi scansarti! Per la miseria, Markie! Dovevi scansarti! Avresti dovuto tirargli uno schiaffo, un calcio, una ginocchiata nelle palle, poi prendere l'abat-jour e colpirlo alla testa ripetutamente» e vai che partiva il delitto passionale.
«E quando era morto nasconderlo sotto il letto?» rise «Ma dai, Jay, tutta questa violenza non è da te» in effetti, aveva ragione. Però mi era salita una quantità enorme di sangue al cervello, e poi detestavo il fatto che qualcuno si fosse avvicinato a lui senza il mio permesso e quello che odiavo ancora di più era la sua non presa di posizione in questa faccenda. Rimasi in silenzio a rimuginare un altro po', temendo che dopo il bacio ci fosse stato dell'altro, di peggio.
«Jay?» mi chiamò la sua voce «Sei arrabbiato?» se ero arrabbiato? No! Ero furibondo, inviperito, infuriato. Ero letteralmente fuori di me. Avevo preso a camminare avanti e indietro trascinandomi dietro non solo la cornetta, ma anche il telefono vero e proprio. Se non mi fossi dato una calmata avrei rischiato di staccarlo dalla presa.
«No, Markie...»
«E allora perché hai quella voce mogia?» ma era scemo? O lo stava facendo di proposito?
«Markie ma cosa pretendi, che sia felice?»
«No, però, insomma... cioè, non sono stato io a baciarlo!» si giustificò
«Dai, ma cazzo Markie, dovevi prendere una posizione!»
«Ma l'ho presa» rise. Markie cosa stavi cercando di dirmi? Stava rischiando di brutto che andassi lì e ammazzassi anche lui! Ma perché mi aveva fatto quello poi? Per ripicca, perché io ero andato in quell'angolo remoto del mondo e lui non era con me a controllarmi? O era perché ancora non gli avevo detto che lo amavo? Beh, aveva ragione anche lui, forse stavo tirando un po' troppo la corda. Anche lui aveva pur bisogno di qualche certezza in tutto quel casino. Ho capito però addirittura andare a letto con quel manichino biondo che non faceva altro che prenderlo a calci in bocca, per la gelosia, certo, ma ad ogni modo non faceva altro che prenderlo a calci in bocca! Però come facevo a non perdonarlo? Allo stesso tempo però avrei voluto gettarlo in un pozzo e tenercelo recluso per un po', poi andarlo a riprendere quando avrei ritenuto che la punizione fosse durata abbastanza.
«Jay, stai pensando a come uccidermi?» aprii gli occhi di scatto. Adesso mi leggeva pure nel pensiero. Ero proprio fritto. Non potevo sgarrare, proprio no. «Jay, cavolo, ma era uno scherzo! Dai, ma ti pare che Gary viene fino qui per baciarmi? Su, stai un po' con i piedi per terra! Mi rendo conto che sei nel paradiso terrestre, lì, senza di me, ma sii realista» stava ridendo di gusto, alle mie spalle per giunta. La sua voce cristallina era come il suono delle campane la domenica mattina nella chiesa vicino casa mia. Mi parve di tornare indietro nel tempo, quando mia madre vestiva me e Justin nello stesso modo e tutti ci guardavano con adorazione. Strappò un sorriso anche a me. Stava continuando a ridere a crepapelle sempre di me. La cosa, tuttavia, non mi infastidì più di tanto, perché era troppo il sollievo che avevo provato e la gioia così forte che avrei preso mio fratello e gli avrei chiesto di andare a fare un bagno nudi a largo della costa per dirgli che ero omosessuale e che non mi importava molto di tutto il resto.
«Testolina!» imprecai «Mi hai fatto perdere vent'anni di vita!» lo rimproverai, cercando di mantenere, almeno sul finale, un po' di dignità. Credo che quello sforzo, che portavo avanti dall'inizio della nostra conversazione telefonica, mi stesse solo rendendo ancora più divertente ai suoi occhi.
«E' stato bello...» disse un po' impacciato «insomma, vedere che sei almeno un po' geloso...»
«Un po' geloso dici te? Un po' geloso? Stavo premeditando un pluriomicidio!» rise di nuovo.
Era troppo felice, così divertito che non mi sentii in colpa neanche un secondo per aver pensato di volerlo uccidere. Se la stava ridendo di gusto alle mie spalle, il piccoletto.
«Aspetta che torni e vedrai... per ogni risata che ti stai facendo ti darò un bacio, e visto quanto stai ridendo la mia previsione è che soffocherai»
«Mmm» mugolò, e quel suono mi fece scendere il sangue dal cervello al bassoventre tutto in un colpo «questo è molto intrigante. A dirti la verità non sono sicuro che riuscirò ad aspettare il tuo ritorno» ridacchiò «ho già una voglia matta di baciarti» dopo il mugolio e questa dichiarazione era sicuro che quella notte avrei sognato Mark.
«Anch'io Markie. Non vedo l'ora di tornare»
«Senti, ma è vero che puoi farmi venire solo parlando al telefono?» sogghignò con un'aria sensualissima. Sapevo che quella frase mi avrebbe condannato per il resto della mia vita, ma quando l'avevo detto ero veramente intenzionato a farlo. Per una nobile causa, tra l'altro.
«Possiamo lavorarci, argh!» ammiccai
«Jay?» la voce di Justin, alle mie spalle, mi fece gelare il sangue nelle vene «E' possibile che devi fare il porco anche al telefono, mio Dio?» Mark, che evidentemente aveva sentito tutto, scoppiò di nuovo a ridere. Secondo me c'era una cospirazione. «Siamo tutti fuori a divertirci e tu te ne stai qua dentro con una centralinista erotica? Sei proprio squallido» pensai a Mark nei panni di una centralinista erotica e la cosa, oltre a farmi ridere, mi causò una piacevole sensazione di brivido sul fondo della schiena
«Hai sentito? Ha detto che sei una centralinista erotica» ripetei al ragazzaccio dall'altra parte della cornetta
«Sei tu quello che ha promesso di farmi venire al telefono» replicò ridendo. Justin se ne andò sconsolato, forse un po' schifato, scuotendo la testa.
«Mark, con chi stai parlando?» chiese una voce femminile di sottofondo e lui rispose, da vero furbetto:
«Con nessuno, mamma, stavo ridendo da solo!»
«Ah sì, eh?» gli rinfacciai «E quindi io sarei nessuno e tu stavi ridendo da solo piccolo porcellino pervertito»
«Tutte queste allitterazioni ti manderanno il sangue al cervello, Jay» ridacchiò «Dai, meglio chiuderla qui per stasera. Mi fanno male gli addominali» ammise
«Allora ti chiamo domani mattina» replicai
«Ma c'è mamma, Jay»
«Non m'importa»
«Ah, fai come ti pare!» si rassegnò, ma capii che era felice di sentirmi.
«Buona notte Markie, ti voglio bene, ci sentiamo domani»
«Buona notte Jay, ti amo» e detto questo non sentii più niente.
Fermo sul letto, guardai il mio riflesso nello specchio della porta: avevo un'immagine così rilassata, mi sentivo sereno, anche se ero così tanto distante da lui.
Andai a farmi una bella doccia (fredda), poi mi stesi sul letto e mi rimisi a pensare a tutto quello che stava succedendo a me, a lui, a noi, e anche a Gary. Stavo iniziando a pensare un po' troppo a Gary negli ultimi frangenti. A dire tutta la verità pensai anche ad Howard e mi dispiacque un po' per Robbie, l'unico a cui non avevo ancora pensato. Neanche una donna nel mio cervello.
Mi girai nel letto, stendendo il braccio sulle coperte e sussultai, rendendomi conto di essere solo.
Eh, sì. Il dramma con cui dovetti convivere durante tutta la vacanza fu il dormire da solo, o meglio, il dormire senza Mark. Il suo fantasma aleggiava nell'aria, ma la sua presenza fisica mi mancava. Justin non russava, ne si alzava per andare a fare pipì, quindi non era neanche di compagnia. Sentivo solo il rumore del mare sulla spiaggia, come se la mia anima stesse andando alla deriva e l'innegabile desiderio di andare via di lì.
L'innegabile desiderio di essere con lui.

Non capisco per quale diavolo di motivo mi inserisce l'interlinea dove non glielo dicoooo ò__ò Argh, ad ogni modo, pace xD

@ LizB: Grazie Liz *-*

@ Ommioddio: l'autrice sta seriamente pensando di cambiare nome. Penso che lo farà al termine di questa storia. Dì la verità, tu lavori all'ufficio anagrafe del tuo comune vero? XD Ci sarà spazio anche per questo soprannome di Mark suppongo, ad opera di Howard. Credo di iniziare a provare qualcosa per lui ahah l'orgettaacinque è in programma per la prossima storia muahahha

@ CheNeSo: sono felice nel caso davvero ti avessi svoltato la giornata =) penso che aggiornerò di nuovo dopo pranzo (prima e dopo i pasti, penso troppo a Gary ultimamente ahah) ;)

@ Barlowen: Il capitolo ti è piaciuto solo per la dichiarazione di Gary vero? XD XD XD XD Credo che andando avanti il tuo astio verso di me si quintuplicherà ;)

@ True Jewel: Per tutte coloro che sperano nel sesso nelle mie storie... dovrete aspettare ò__ò figuratevi mi vergogno un sacco a scrivere queste cose ._. ihih no scherzo, però vi terrò sulle spine per un po' ihih beh, deve essere una cosa speciale, no? Intanto accontentatevi dei miei doppi sensi a gogò XD XD XD XD XD grazie per la rec ;)
   
 
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