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Autore: Leonhard    13/02/2011    2 recensioni
Alessa Gillespie. La strega. Considerata la figlia del demonio da tutti...da tutti? Un episodio segreto della triste infanzia della bambina sta per sorgere...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alessa Gillespie, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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 6.
 
 
Qualunque cosa che coinvolgesse anche altre persone era per Alessa motivo di imbarazzo. Le interrogazioni era un esempio, forse l’unico esempio che poteva fare. Ma davanti al dottor Kauffman, provò un imbarazzo del tutto sconosciuto, diverso di quello da interrogazione. La consapevolezza che con lui c’era anche Leon la imbarazzava ed il pensiero l’avrebbe visto non in classe ma a casa sua certo non la aiutava a calmarsi. Sua madre ed il dottore scambiarono due chiacchiere sulla porta poi entrarono. Lo vide seduto sul divano e quando i loro occhi si incrociarono sul suo viso comparve un sorriso.
 
“Ciao Alessa!” saluto, visibilmente felice di vederla. “Ce l’hai fatta! Vieni, facciamoci un giro”. Lei guardò prima il dottore poi sua madre, in cerca di un cenno di consenso.
 
“Vai pure” disse Kaufmann benevolo. “Leon sa dove andare per non disturbare i pazienti”. Prima che lei potesse fare qualunque cosa, si sentì prendere per il polso e strattonare fuori dalla stanza.
 
“Vieni: ti faccio vedere la mia camera preferita” disse il ragazzo. Scesero nei sotterranei dell’ospedale. Leon le prese la mano.
 
“Qui sotto è facile perdersi” disse, sorridendo. “Seguimi”. Alessa non capì perché la tenesse per mano: lo vedeva, poteva benissimo seguirlo a vista. Eppure non l’avrebbe lasciato per nessuna ragione al mondo. Lo seguì per i corridoi freddamente illuminati dell’ospedale, incrociando qualche barella ed un paio di sostegni per flebo. Tutto aveva un’aria sinistra e le ombre proiettate contro i muri erano a dir poco sinistre. La bambina sentì un moto di paura ma la imbarazzò dirlo a Leon, che procedeva con passo sicuro. Arrivarono in fondo ad un corridoio, davanti ad una porta. Accanto una targhetta di ferro che indicava il numero della stanza.
 
“In questa stanza ci sono morte cinque persone per malfunzionamento delle macchine” disse il bambino, entrando. “Così nessuno vuole più essere messo qui, ma a me piace: è grande, pulita e ci sono tantissime cose strane”.
 
“Ci sono morte…delle persone?” commentò Alessa, timidamente. Lui sorrise e la spinse delicatamente dentro.
 
“Sì, ma non ci sono fantasmi: ho controllato” replicò. Era una battuta. Almeno credeva. Nel dubbio mostrò un sorriso divertito. Sembrò averci azzeccato: Leon ricambio il sorriso e la invitò ad accomodarsi. La stanza d’ospedale era piena di libri e fumetti ed il lettino, anziché le solite candide lenzuola d’ospedale, aveva una coperta blu.
 
“Io dormo qui quando papà ha le emergenze” disse. “Non mi lascia a casa da solo”. Si sedettero sul tappeto rosso.
 
“Ehm…” cominciò Alessa. “Se mi fai vedere quelle cartoline ti faccio il disegno…”.
 
“Ma di già?” chiese lui. “Il disegno dopo, con calma. Le cartoline te le posso anche prestare, non c’è problema. Dimmi piuttosto perché i nostri compagni ti trattano così”.
 
Nessuno ripeto, nessuno si era mai interessato così alla causa per cui Alessa veniva trattata così a scuola o in giro. In fondo, non lo sapeva neanche lei cosa mai avesse fatto per meritarsi un trattamento simile. Scosse la testa.
 
“Io non ho il papà” rispose. “E per questo, credono che io sia figlia del demonio. Mamma mi ha raccontato che lui se n’è andato lei è rimasta incinta e non si è più fatto vedere né sentire”.
 
“Non hai altri parenti?”.
 
“Ho una zia: è una dei purificatori. Ho chiesto a mia madre perché non le chiedeva di purificare anche me, ma lei ha scosso la testa e mi ha detto che quando sarò più grande ce ne andremo di qui e non sarò più trattata così. Prima di andarmene, però, voglio finire le elementari”.
 
“Ah…”: Leon fece una faccia strana. “E dove vi trasferirete?”.
 
“Non lo sappiamo ancora” replicò lei. “Forse a Brahams, vedremo.
 
Parlarono tantissimo. Non di cose importanti: di sciocchezze, stupidaggini, ma che resero Alessa felice come non mai. Per la prima volta sentiva di far parte di quel mondo come una normale bambina ed impiegò tutte le sue forze per non ricordarsi che dall’indomani tutto sarebbe tornato come prima. Le piaceva essere una bambina normale, con degli amici da andare a trovare e la possibilità di sedersi un soffice tappeto a chiacchierare del più e del meno, sentendo il pelo morbido del tappeto solleticarle i palmi delle mani. All’improvviso suonò una campanella. Leon si alzò.
 
“Ops, mi sa che dovete andare” disse, alzandosi. Alessa si sentì restia dall’alzarsi da qual tappeto. Guardò il bambino prendere delle cartoline da un cassetto e porgergliele. Ritraevano tutte delle foto di un immensa spiaggia assolata. E il mare. Alessa se l’era sempre immaginato come il lago di Toluca, ma lo vide molto più grande.
 
“Ecco, queste sono tutte le cartoline del mare che ho” disse. “Se ti va, puoi prenderle come spunto, ma vorrei qualcosa di tuo”. I due uscirono dalla sala senza più parlare. La bambina lanciò un’ultima occhiata al numero della camera dell’ospedale: l’unica che non aveva trovato fredda e sterile come le altre.
 
L’unica in cui non aveva visto solo il dolore delle ferite e la solitudine della degenza ed il freddo delle pareti candide.
 
 
Una volta a casa, si chiuse in camera sua e, preso il suo album, cominciò a disegnare. Disegnò lei in quella camera d’ospedale, con il volto rotondo invaso dal sorriso. Stette un momento a pensare, poi disegnò anche Leon. Raffigurò sé stessa e lui mano nella mano, come due amici. Sopra il letto, anche se non l’aveva visto, fece la targhetta che c’era fuori dalla porta, quella con il numero della camera. Sorrise nel disegnarla e, guardando il foglio finito, decise che quello non avrebbe mai lasciato la sua stanza: se l’avesse visto Leon, molto probabilmente sarebbe morta d’imbarazzo.
 
Il numero lo lasciò per ultimo. Lo scrisse con un pennarello nero, attenta a non sbavare l’inchiostro.
 
B151.
 
 
 
 
 
ED ECCOCI QUI, A RENDERE UN PO’ PIU’ UMANA LA VICENDA DI ALESSA. SPERO CHE LA FIC VI STIA PIACENDO. ORMAI, SIAMO QUASI ALLE BATTUTE FINALI E, SE DEVO ESSERE ONESTO, LA COSA MI DISPIACE.
PROSSIMAMENTE IL PROSSIMO AGGIORNAMENTO.
RECENSITE IN TANTI
CIAO!!
   
 
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