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Autore: Beatrix Bonnie    15/02/2011    3 recensioni
Firenze, 1488. Una giovane ragazza di nobile famiglia, scappata di casa, si ritroverà coinvolta nella ricerca di un libro di preghiere, il Libro delle Ore, lasciatole da sua cugina sul letto di morte. Ma forse tutta quella storia nasconde qualcosa di più... con l'aiuto del suo ingegno e di un ragazzino brillante, costretto dal padre alla carriera ecclesiastica, riuscirà a risolvere il mistero?
Genere: Avventura, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Historia docet'
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Il nuovo indizio


Attese con ansia che fosse abbastanza scuro poi si recò al cimitero con passo incerto. Clarice aveva forse profanato un luogo sacro a Iddio? Le venne un brivido. Benché fosse stata istruita dai più illustri umanisti laici del tempo, nessuno era riuscito a levarle la sua profonda fede in Dio. E anche Clarice la pensava allo stesso modo. Possibile che avesse scelto proprio il cimitero? Forse aveva letto male l’indovinello, forse era una coincidenza la parola che usciva dall’unione di quelle lettere. Immersa in quei pensieri, era giunta fino alle porte del luogo santo. “Ormai tanto vale entrare.” pensò con poca convinzione, facendo una leggera pressione sulla cancellata d'ingresso, che si aprì al suo debole tocco. La notte rendeva il posto più cupo di quanto non fosse, gettando delle ombre sinistre sulle lapidi, illuminate dai raggi di luna. Caterina si guardò intorno, ma non seppe cosa cercare. Riprese in mano il foglio e guardò la data sul fondo, “Anno Domini 1469”. Che significato aveva accostare la data del matrimonio tra Clarice e Lorenzo con un luogo di morte come il cimitero? Doveva esserci qualcos’altro. 1469, 1469… Ma certo, quella era anche la data di ascesa al potere di Lorenzo! E quindi l’anno della morte del padre.

Si recò senza indugio alla tomba di Piero de Medici, detto il Gottoso per via della malattia che lo affliggeva, e la analizzò a fondo parecchie volte. Dove Clarice avrebbe nascosto qualcosa? “Clarice, Caterina. L’ha nascosto sotto la lettera C di Medici!” rifletté. Fece un po’ di forza sulla letterina che si levò cadendo a terra. Dietro, nella lastra di marmo, c’era un piccolo forellino. Caterina vi infilò il dito ed estrasse un altro piccolo rotolo di pergamena.


Un omonimo splendente

Senza tempo rilucente

La Santa Croce assistette

Ma solo lui ricevette

Dono splendido di Grecia.

Anno Domini 1469


Un’altra poesia? No, doveva essere un indovinello. Caterina si morse un labbro. Credeva di trovare il famoso libro, invece aveva un altro enigma da risolvere. Perché Clarice la stava facendo così difficile? Era solo uno stupido libro di preghiere, in fondo.

Un urlo la riscosse dalle meditazioni. «Qualcuno profana il luogo sacro a Dio!»

Caterina si mise il foglietto in tasca si allontanò dalla lapide velocemente. L’avevano scambiata per una profanatrice di tombe? Le urla del custode iniziarono a svegliare anche altra gente che affluiva al cimitero. “Maledizione!” pensò la ragazza con costernazione; aveva intenzione di passare inosservata e quello non era il modo migliore per farlo. L’entrata principale del cimitero era bloccata dalla gente che affluiva svegliata dagli urli del custode. Caterina si allontanò furtivamente e scelse un pezzo di muro facile da scavalcare. Tuttavia, quando riuscì ad uscire incolume, non sapeva che direzione prendere: non aveva un posto dove andare a dormire e era anche a corto di soldi. Inoltre credeva che fosse ora di mettere al corrente Lorenzo di tutta quella strana faccenda, in modo magari da risolvere più facilmente l’indovinello. Così si diresse nuovamente verso la città.

Esattamente come la sera precedente, entrò nel palazzo in silenzio, senza essere notata. Raggiunse le stanze di Lorenzo e si avvicinò cauta al suo letto. L’uomo dormiva un sonno agitato e si svegliò al solo rumore leggero di passi. «Caterina! Cosa ci fate qui?»

«Perdonate l’intrusione, mio signore. Debbo parlarvi.» rispose la ragazza con un leggero inchino. Lorenzo annuì con il capo e si mise una vestaglia color porpora.

«Devo aumentare la sicurezza del palazzo. Come fate voi ad entrare sempre senza essere mai notata?»

Caterina scosse la testa. «Questione di abitudine. Sono semplicemente silenziosa.» Rimase in piedi ai bordi del letto e narrò a Lorenzo la storia del Libro delle Ore. «Ora devo risolvere un altro enigma ma ho bisogno del vostro appoggio. Se resto in città devo avere un luogo sicuro alle spalle, mi basta una delle stanze della servitù.» concluse in tono pratico.

Lorenzo annuì nuovamente, troppo sconvolto per parlare. Poi prima che Caterina uscisse, la fermò con un gesto della mano. «Sicura che non volete di meglio?»

«No, ho dormito anche in posti peggiori.»

«Quanto intendete fermarvi?»

«Fino a che non avrò trovato il libro. Sto attendendo notizie di una certa persona e gradirei non dare troppo nell’occhio.» disse sapendo di poter contare sulla discrezione del signore di Firenze. Fece un piccolo inchino di congedo e uscì dalla stanza.

Dopo solo qualche passo la porta si aprì ed usci Lorenzo de’ Medici. La accompagnò in silenzio verso l’ala del palazzo riservata alla servitù. Le indicò una porta di una stanzetta. «Questa camera è vicina all’uscita che usano i servi. Da qui potete allontanarvi quando volete, senza essere disturbata.» Caterina sorrise. «Non so come ringraziarvi.»

«Non dovete. Per me è un onore e voi state già facendo molto: compite le ultime volontà della mia amata moglie e sarò io a dovervi ringraziare.»


Il letto era di paglia ma Caterina aveva troppo sonno e si addormentò in un baleno. La mattina successiva si svegliò decisamente più riposata. Rilesse l’indovinello con attenzione, ma questa volta aveva un indizio da cui partire: la chiesa di Santa Croce. Pensò di recarvisi in modo da poter risolvere pezzo per pezzo l’enigma.

Quella era sempre stata la sua piazza preferita di tutta Firenze. La facciata della chiesa, la più grande chiesa francescana di tutta Europa, era bianca come la neve, con quella sua stella di David blu come il cielo, in alto, sopra il rosone. Adorava quella stella: si diceva che era stata messa per ricordare ai fedeli le origini ebraiche della religione cristiana, ma in realtà era stata voluta dall'architetto che aveva progettato la facciata ed era, appunto, un ebreo. Le piaceva perché le ricordava sempre che un'opera appartiene al proprio artista.

Entrò in chiesa: le tombe di tutte le persone sepolte in quel luogo le mettevano un po' di suggestione. L'unica cosa che le dava nuova energia era la vista dei meravigliosi affreschi di Giotto e dei suoi allievi che occupavano tutto l'ambone e le cappelle del transetto, volute dalle famiglie più nobili di Firenze. Fidandosi dell’ultima strofa cercò qualsiasi cosa avesse a che fare con un dono Greco. Provò e riprovò analizzando l’indovinello da vari punti di vista ma la basilica con il suo alto soffitto sembrava prendersi gioco di lei. “Un omonimo splendente.” pensò. “Ma omonimo di cosa? Del Libro delle ore? O della chiesa?” Rimase lì fino a mezzogiorno inoltrato tanto che un frate la guardò insistentemente per vari minuti. Poi le si avvicinò e le chiese se stava cercando qualcosa in particolare. «Qualcosa che evidentemente non si trova in questo luogo.» rispose Caterina sconsolata.

Uscì dalla chiesa e si comprò un pezzo di pane e una scodella di minestra calda in una locanda. Il cielo era grigio e forse avrebbe nevicato. Decise di ritornare al palazzo. Magari con calma e al calduccio avrebbe trovato la chiave per risolvere l’indovinello.




Eccomi con il terzo racconto della storia! Il mistero si infittisce e non ha intenzione di risolversi molto presto... però dal prossimo capitolo entrerà in gioco il mio personaggio preferito, l'unico per cui ho pensato che questa storia fosse meritevole di essere pubblicata.

Grazie a tutti quelli che seguono le avventure di Caterina Orsini e alla prossima!

Beatrix

   
 
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