Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: Akiko chan    20/02/2011    1 recensioni
Qualcosa interruppe bruscamente il profondo sonno di Benji. Un urlo straziante, proveniente da chissà dove, lo fece saltare a sedere sul grande letto della sua stanza. Benji sbatté gli occhi più volte, cercando di allontanare quel senso di confusione e angoscia che l’aveva colto. Lentamente fece vagare lo sguardo attraverso la stanza, rincuorandosi man mano che identificava tutti gli oggetti familiari.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 3. I LUOGHI DELL’INFANZIA
 
La voce stentorea del comandante si diffuse nell’ampio e sonnacchioso abitacolo di prima classe. Un cadenzato susseguirsi di rumori metallici testimoniava che i passeggeri stavano diligentemente eseguendo le istruzioni del pilota, allacciando le cinture di sicurezza. L’aereo si inclinò dolcemente e iniziò a perdere quota preparandosi all’atterraggio, mentre i viaggiatori venivano informati sulla situazione climatica a terra, che in quel momento si aggirava attorno ai 24 gradi.
 
Per contenere l’ansia, Clarice concentrò tutta la sua attenzione sullo strato gassoso delle nuvole che man mano si faceva più rarefatto, sino a scomparire del tutto, lasciando spazio ad uno splendido cielo azzurro, mentre la terra si avvicinava pericolosamente.
 
Nonostante avesse viaggiato molto negli States, e qualche volta anche in Europa, a Milano e Parigi, per sfilare, non si era ancora abituata a quella sensazione di vuoto e precarietà che precede l’atterraggio. E come sempre trasse un sospiro di sollievo quando l’apparecchio, sobbalzando leggermente, si appoggiò alla pista, diminuendo progressivamente la velocità sino ad arrestarsi del tutto.
 
Emozionata ed impaziente, recuperò i bagagli e si affrettò a guadagnare l’uscita. Una volta nell’ampio piazzale antistante all’aeroporto, alzò gli occhi al cielo, notando come questo le sembrasse più limpido rispetto all’ America, come il sole fosse più caldo e amichevole, e l’aria più respirabile. Indubbiamente, il suo animo stava già beneficiando della sua scelta di tornare in Giappone.
 
Erano passati solo due giorni da quella terribile notte, purtroppo solo una delle tante da un anno a quella parte. Clarice aveva riorganizzato il suo rientro in fretta, avvertendo la servitù della sua vecchia villa. La madre, pur criticando la sua scelta, non si era opposta, e la ragazza aveva avuto il sospetto che fosse contenta di liberarsi di quella figlia così problematica. Ovviamente non l’aveva seguita, e Clarice non ne era per nulla dispiaciuta.
 
Nonostante la sua famiglia non fosse più tornata in Giappone negli ultimi dieci anni, il padre si era sempre rifiutato di vendere la grande villa di Fusjiawa dove era nato e cresciuto. Conoscendo l’avversione della moglie per il Giappone, da lei considerato obsoleto e bigotto, nel testamento aveva lasciato la casa in eredità alla figlia che, da canto suo, non si era neanche mai sognata di liberarsene, forse conscia che un giorno vi sarebbe tornata.
 
E ora si apprestava a fare un salto temporale di dieci anni. Non si illudeva certo che tornare alla sua vecchia città fosse sufficiente a cancellare gli ultimi drammatici anni della sua vita, ma il senso di relativa tranquillità che provava da quando aveva rimesso piede in Giappone, era la prova tangibile che la sua decisione era stata, in quel delicato momento, la migliore possibile.
 
Scrutò attentamente il parcheggio riservato alle auto private, cercando di individuare un volto familiare tra le numerose vetture sistemate ordinatamente su quattro file.
 
-Sig…signorina Clarice? é proprio lei?-
 
Una calda voce maschile fece voltare la ragazza, incontrando lo sguardo stupito di un uomo brizzolato, non molto alto, di circa cinquant’anni, con uniforme completamente nera eccettuati i risvolti delle maniche e del collo, che invece erano di un bianco immacolato.
 
Senza troppa difficoltà Clarice riconobbe il suo fedele autista -Joseph!-
 
-Oh signorina stentavo a riconoscerla. Com’e diventata grande…- esclamò l’uomo non nascondendo la commozione di ritrovarsi davanti la sua cara padroncina.
 
Tutti i domestici avevano sofferto molto per il trasferimento della famiglia. Il padre di Clarice era stato, infatti, un uomo generoso e pieno di rispetto per i suoi dipendenti, che dal canto loro lo avevano ricambiato con affetto e devozione. Purtroppo, destino volle, che si invaghisse di un’americana di vent’anni più giovane, capricciosa e viziata, che trattava il personale in modo decisamente opposto al marito, tenendo un comportamento a dir poco deplorevole anche nei confronti del compagno. Tutti avevano sperato, per il bene del padrone, che una volta nata la piccola Clarice, la madre la smettesse con quegli atteggiamenti libertini e si dedicasse alla famiglia. Così non fu. La predisposizione di Costance, questo era il nome della madre di Clarice, per la maternità era pari a zero. La piccola, nonostante ciò, fu allevata circondata dall’affetto dei domestici, in particolare di Joseph e Nadine, detta Nanà, sua moglie e balia di Clarice. La bimba era cresciuta vivace e spensierata nonostante la freddezza della madre e un padre che, pur adorandola, era completamente soggiogato dalla moglie.
 
Il tragitto dall’aeroporto alla villa fu breve e piacevole. Clarice volle essere informata su tutte le novità della casa, sia per reale interesse, sia per evitare domande imbarazzanti da parte di Joseph.
 
Imboccato il viale di accesso dell’ imponente villa, la ragazza tacque, assaporando tutte le piacevoli emozioni che la stavano pian piano invadendo.
 
Scesa dall’auto, non fece neanche in tempo ad ammirare l’austera facciata in stile moderno, che il pesante portone di solido noce si spalancò e una donnina, piuttosto in carne, le corse incontro trafelata -La mia bambina! Ma sei proprio tu?- strillò, prendendo a fatica il viso della ragazza tra le mani. La donna,infatti, pur in punta dei piedi, arrivava a stento al petto di Clarice, che per aiutarla, si sporse in avanti permettendole di scrutarla attentamente e riconoscerla.
 
-Si Nanà sono io-
 
-Piccola mia come sei cresciu…- Nanà non riuscì neppure a concludere la frase, scossa da singhiozzi irrefrenabili, abbracciò forte la ragazza che ricambiò con altrettanta emozione, mentre un piacevole calore le invadeva il petto.
 
Ma come aveva potuto stare lontana anni da quella donna che con un solo abbraccio le intiepidiva il cuore ghiacciato da tanto tempo? 
 
Era a casa, veramente a casa.
 
Dopo un’ora di amorevoli coccole di Nanà e Joseph, e una sfilza di rimproveri per il suo aspetto sciupato, che lei imputò al viaggio, e per la sua eccessiva magrezza, Clarice riuscì finalmente a varcare la soglia della sua stanza.
 
La sua cameretta.
 
Era rimasta proprio come allora. La carta da parati bianca con numerose sfumature rosa e con vari orsacchiotti dipinti, era davvero infantile, ma era fonte di talmente tanti piacevoli ricordi che le sembrò inconcepibile anche la sola idea di apporre un cambiamento. Osservò con il cuore che le batteva forte in petto facendola sentire finalmente viva, la sua cara cameretta. Non aveva nulla delle classiche camere giapponesi, era rigorosamente arredata all’occidentale, sua madre aveva sempre avuto un aperto disprezzo per futon e tutto ciò che sapesse anche solo lontanamente di “Giappone”! Se suo padre non fosse stato ricco quella donna non l’avrebbe mai sposato, pensò Clarice con disprezzo.
 
Notò, appoggiata alla poltrona foderata di un caldo raso color rosa antico, perfettamente lavata e stirata, quella che dall’indomani sarebbe stata la sua divisa scolastica. Accarezzò il liscio tessuto blu sorridendo al pensiero di cominciare una nuova vita, una vita migliore. Beh! peggio era difficile. Peggio dell’inferno non c’era poi molto.
 
Si affacciò alla finestra sporgendosi con tutto il busto per respirare a pieni polmoni l’aria calda del pomeriggio. Il suo sguardo vagò libero sul verde del parco per soffermarsi infine sulla mole imponente della villa confinante. La villa di Genshj.
 
-Chissà dove sei…-
 
Sapeva benissimo che lui aveva lasciato il Giappone da diversi anni, e non si era fatta inutili speranze. E tutto sommato era meglio così, dopo tanti anni non avrebbero avuto poi molto da condividere, le loro vite avevano preso strade completamente diverse. Più preziosa era la tenerezza di quel ricordo, puro e semplice come solo un’amicizia tra bambini può esserlo. Senza le complicazioni della vita, lo squallore in cui era vissuta negli ultimi mesi.
 
La ragazza rabbrividì nonostante il caldo sole che le accarezzava il volto e le braccia scoperte. Imbrigliò i propri pensieri, conscia di quale piega avrebbero preso se solo li avesse lasciati a briglia sciolta. Con un gesto deciso scosse il capo e si cambiò velocemente d’abito. Scelse una comoda tuta estiva al posto del severo abito da viaggio, precipitandosi fuori, alla riscoperta della strade della sua città.
 
Clarice vagò tutto il pomeriggio per le spaziose vie del centro. Il suo cuore godeva ogni volta che riscopriva un locale, un negozio, un luogo familiare, e allo stesso tempo prendeva mentalmente nota di tutti i cambiamenti avvenuti in quegli anni. Al termine di un’ampia e soleggiata via, si trovò di fronte all’entrata del parco.
 
Gustando il fresco cono gelato alla fragola, che aveva comprato poco prima, percorse i viali ombrosi, respirando il profumo dell’erba da poco tagliata e ascoltando il fruscio dell’aria tra le foglie.
 
Giunse sino ai margini di un polveroso campo da calcio situato nella parte occidentale del parco pubblico stupendosi di ritrovarlo ancora lì immutato dopo tanto tempo. Alcuni bambini stavano giocando affannandosi rumorosamente attorno ad una palla a scacchi. Clarice li osservò mentre la sua mente si staccava per vagare lontano, molto lontano …
 
Quel campetto cosi malridotto é conteso tra i bambini della Shutetsu, capeggiati da Genshj e da lei, e da quelli della Nankatsu, capeggiati da Anego e Bruce. È infatti l’unico campo pubblico fornito di reti e linee di gioco, ed é quindi molto ambito dai bambini del quartiere. Genshj, con la sua solita prepotenza, si è nuovamente accaparrato dei diritti sul campo che, però, i bambini della Nankatsu questa volta non sono disposti a riconoscere. Insieme a Bruce ed Anego vi è un nuovo bimbetto, un piccoletto giunto da poco in città. Lei lo sbircia con battagliero cipiglio ben conscia che con la protezione di Genshj può permettersi di sfidare chiunque. Ma quel moccioso non la degna neppure di uno sguardo e non coglie la sua sfida, osa invece sfidare Genshj! Una partita deciderà l’utilizzo del campo. Si é accomodata a bordo campo accanto ad Anego, pronta a deridere l’amica per la magra figura che sta per fare il suo pupillo.
Invece, con grande sorpresa di tutti, il bambino non solo scarta tutta la difesa della Shutetsu, ma riesce anche a segnare al suo Genshj, facendolo, per di più, sbattere contro il palo della porta!
Lei è saltata in piedi, il cuore che batte all’impazzata alla vista del sangue che scende copioso sul volto dell’amico. Ha ripreso a respirare solo quando lo vede afferrare il bimbo per la maglietta e urlargli arrabbiato che quella sfida non é terminata e che si sarebbe conclusa al campionato interscolastico. Lei allora, una volta rassicurata sullo stato di salute dell’amico, vuole imitarlo, come sempre faceva, ed afferra la povera Anego per il colletto dandole una sonora capocciata.
 
Il suo scopo era stato quello di procurarsi una ferita simile a quella di Genshj. In realtà rimediò solo un brutto bernoccolo che le rimase per una settimana. Non seppe mai come andò a finire la sfida perché, da lì a pochi giorni, era partita per l’America…
 
La ragazza sorrise e ritornò a mettere a fuoco la polverosa terra battuta del campo di fronte a lei. Qualcosa era cambiato, non vi era più alcun rumore attorno e le ombre degli alberi si erano enormemente allungate. Quando mise a fuoco questi particolari, scattò come una molla e, senza perdere neanche un istante, cominciò a correre verso casa.
 
-Porca miseria! Avevo promesso a Nanà che sarei tornata prima del tramonto. Non voglio farla preoccupare già dal primo giorno!- borbottava preoccupata uscendo di corsa dal parco.
 
Poco lontano, un furioso Benji stava avanzando verso casa.
 
-Accidenti a quelle smorfiose. Se non la smettono di fare tutto quel baccano agli allenamenti le strozzo con le mie mani. Appiccicose come la colla, le stanno studiando tutte per rendermi la vita impossibile!-
 
Per i giovani campioni della Nankatsu era sempre più difficile tenere a bada le orde di fans che si accalcavano a vedere gli allenamenti e che pedinavano i giocatori ovunque andassero all’interno della scuola. I convocati per la nazionale erano, ovviamente, le prede più ambite. Benji, col suo atteggiamento tenebroso e solitario, attirava ragazzine urlanti e fastidiose, come il miele le mosche, il che lo mandava letteralmente fuori dai gangheri. Anche perché, le spigliate ammiratrici, ne inventavano veramente di tutti i colori per avvicinare il bel portiere. Quel pomeriggio una ragazza del secondo anno aveva simulato uno svenimento per potergli finire tra le braccia. Benji all’inizio si era preoccupato, pensando stesse realmente male, ma poi, le risa soffocate delle amiche, gli avevano svelato il trucco, mandandolo su tutte le furie. In quel preciso momento avrebbe volentieri eliminato tutto il genere femminile dalla faccia della terra. Se gliene fosse capitata un’altra tra le mani non avrebbe garantito per la sua incolumità!
 
Clarice velocizzò la sua andatura. Era proprio in ritardo! Scostò la manica della leggera maglietta per poter controllare l’ora sull’orologio da polso, distogliendo  per pochi istanti gli occhi dalla strada. Si accorse troppo tardi dell’ombra scura che si era improvvisamente materializzata davanti a lei. L’impatto fu inevitabile, sbatté violentemente contro la schiena dello sconosciuto, il quale si sbilanciò leggermente in avanti, ma riprese immediatamente la posizione eretta, mentre lei con la violenza del contraccolpo rovinò dolorosamente a terra -Ahi che botta- esclamò sentendo la mano, che aveva appoggiato sul marciapiede per ammorbidire la caduta, bruciare come se avesse sfiorato una fiamma ardente.
 
Sollevò lo sguardo mortificata pronta a scusarsi ma non era affatto preparata a ciò che vide. Un volto virile, indubbiamente bello ma in quel momento alterato dalla rabbia, la fissava con due occhi che se avessero potuto fulminarla, di lei non sarebbe rimasta neanche la cenere. Perplessa stentò ad aprire bocca, in effetti poteva comprendere il fastidio che gli aveva provocato, ma quella reazione eccessiva, la sconcertava -Mi…mi spiace …scusa ero distratta…- balbettò stordita dal dolore, che ora si stava diffondendo al braccio e alla spalla, e dallo sconcerto per la furia imperante nelle iridi scure dell’uomo.
 
Benji piegò le labbra in una smorfia sprezzante -Si come no-
 
-Eh? Non l’ho fatto apposta-
 
-Ma certo- replicò bruciandola con un’occhiata.
 
-Ma che vuoi insinuare? Per quale motivo dovrei venirti addosso di mia spontanea volontà?- si stava veramente arrabbiando -E per cortesia me la dai una mano ad alzarmi?- chiese piccata, porgendogli la mano sana e tentando di mantenere la calma, ripetendosi che probabilmente aveva frainteso tutto e che ora lui si sarebbe finalmente accorto di aver esagerato.
 
Il ragazzo osservò quella mano esile e affusolata sporta nella sua direzione, come se fosse l’oggetto più raccapricciante del mondo e, senza minimamente accennare ad afferrarla, si girò, andandosene.
 
Clarice balzò in piedi furiosa -Ma chi ti credi di essere?-
 
-Uhm! Come se non lo sapessi-
 
-Cafone, maleducato! Nessuno ti ha insegnato le buone maniere?-
 
Ma il ragazzo aveva svoltato l’angolo ed era sparito dalla sua vista. Nonostante la voglia di rincorrerlo e tirargli un sonoro ceffone, Clarice decise che non valeva proprio la pena perdere tempo con certi tipacci e riprese la sua corsa verso casa. 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Akiko chan