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Autore: Flaqui    07/03/2011    3 recensioni
Questo è il modo in cui funziona: Sei giovane finchè non lo sei più. Ami finchè non smetti. Provi finchè non puoi più farlo. Ridi finchè non piangi. Piangi finchè non ridi. E tutti devono respirare fino al loro ultimo respiro.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 1

A prima vista.

 
La ragazza si lasciò crollare dal suono dei motori dell’areo che decollava.
Volare le piaceva e ancora di più guardare il cielo.

A volte immaginava di poter allungare la mano e sfiorare con le dita le nuvole.
Osservò il cielo scuro fuori dal finestrino.
In lontananza si intravedevano di già le prime luci dell’alba, che coloravano con tinte rosee l’orizzonte.
L’unica stella che brillava ancora nel cielo, sprezzante dei raggi del sole che la rincorrevano e decisa ad illuminare la Terra fino alla fine era Sirio.
Lei conosceva i nomi di tutte le stelle.
Gliel’aveva insegnati sua madre, quando, durante l’estate andavano alla vecchia casa di campagna.
Ma era stato molto tempo fa.
Molte cose erano cambiate da allora e molte stavano ancora per cambiare.
Lei credeva che le stelle non fossero altro che il sorriso delle persone buone, che vegliavano su di lei, proteggendola dall’alto.
E Sirio, la stella più brillante, quella che era visibile da ogni parte del mondo era il sorriso di sua madre.
Non l’aveva mai detto a nessuno ma, quando aveva dieci anni, esattamente il 23 Maggio, l’aveva ribattezzata fra sé e sé Angel.
Perché era come una sorta di angelo custode.
Nonché la stella preferita di sua madre.
Una volta aveva detto a suo padre della stella.
Gli erano saliti le lacrime agli occhi e l’aveva abbracciata forte senza osare guardarla.
Da quel giorno non ne aveva più fatto parola con nessuno.
Senza rendersene conto si era addormentata.
Quando aprì gli occhi, i raggi del sole erano ormai forti e penetravano dal finestrino con forza.
Si sgranchì le braccia intorpidite poi contrasse il busto chinandosi per raccogliere il giornale che era scivolato sotto il sedile.
Lanciò un rapido sguardo alla sua vicina di posto era una ragazza di circa diciassette anni che parlava al cellulare.
-Anche tu mi manchi...-mormorò al cellulare.
La ragazza prese a mordicchiarsi l’unghia con lo smalto nero.
Una donna, doveva essere sua madre, seduta proprio li di fronte le lanciò un occhiata.
-Scusi signorina, mi dispiace ma devo chiederle di riattaccare il telefonino...-la implorò l’hostess.
-Sta zitta e decolla bella!-protestò la ragazza.
-Signorina per favore…-
-Maggie…-protestò la madre.
-Amore ti devo lasciare…-sussurrò melensa Maggie al telefono. Poi corrugò la fronte.-Ehi, ma non lasciare, lasciare dico eh?-
L’hostess scosse la testa.
-Okey riattacca prima tu… no tu… tu!-
-Basta!!-esclamò una donna con il sedile proprio li di fronte.
La ragazza le rivolse una liguaccia e finalmente si decise a riattaccare.
-Si pregano i gentili passeggeri di allacciare le cinture l’atterraggio all’aeroporto di Buenos Aires avverrà nel giro di pochi minuti. Grazie-esclamò la voce metallica proveniente dalla cabina del comandante.
Sospirò allacciandosi la cintura.
Era arrivata a casa.
 
-NO!- Mar si svegliò in un bagno di sudore, il cuore che le batteva a mille, premendo contro il petto. Con forza. Quasi avesse deciso di uscire da quella prigione.                                                                                                                                                                                                                                                                                         
Non ricordava con precisione che cosa avesse sognato. Ma probabilmente c’entravano Thiago e Simon.
Dopotutto loro centravano sempre. Mar richiuse gli occhi.                                                                                                
No. Non ci riusciva.
Riaddormentarsi  era impossibile.
Come era impossibile tornare indietro.                                                                                                                                                                                                 
Ormai si poteva solo andare avanti.
La piccola radiosveglia sul comodino l’avvisò che erano appena le tre.                                                                                             
Mar si rigirò inquieta nel  letto.                                                                                                                                                   
–Problemi Mar?-chiese una voce.                                                                                                                                           
Mar ci mise un po’ a riconoscerla.                                                                                                                                                    
–Più di quanti tu immagini giraffa-mormorò alla fine.                                                                                                                  
 –Ne vuoi parlare?-sussurrò Melody  contraendo il busto in modo da poter guardare negli occhi Mar, il cui letto era proprio sopra il suo.                                                                                                                                                       
 –Non credo che tu sia la persona giusta con cui parlarne-                                                                                              
-Si ma per il momento ci siamo solo noi quindi devi per forza parlarne a me- la ragazza si alzò dal suo letto e coprendosi le spalle con la coperta si sedette affianco a Mar-Si tratta di Thiago e Simon?-                                        
Mar sospirò. -Non lo so-                                                                                                                                                            
 -Di cosa hai paura?-chiese Melody.                                                                                                                                           
Mar stava per ribattere che lei non aveva paura di nulla e di nessuno poi però sospirò e disse-Di tutto. Di scegliere e di non riuscire a scegliere. Perché se non scelgo poi potrei perderli tutti e due ma se scelgo e poi mi pento della decisione?-                                                                                                                                                    
Melody la guardò per un attimo infinito e brevissimo al tempo stesso.                                                                               
–Mar scegliere non è mai facile ma bisogna farlo. Spesso non si sa se la decisione da prendere sia quella giusta fino a che non la compiamo. Però non devi fare ora e subito una scelta di cui presto potresti pentirti. Prenditi il tuo tempo per pensarci. Tempo al tempo. Solo assicurati che la decisione che desideri tu-                           
Si guardarono per un attimo giraffa e bassotta, nemiche e amiche allo stesso tempo. 
Poi Melody raccolse la sua coperta e tornò a stendersi sul suo letto.                                                                                                                           
–Melody?-la chiamò Mar.                                                                                                                                                                                    
–Si?-                                                                                                                                                                                                       
-Grazie. Sai se non fossi un odiosa giraffa mi sarebbe piaciuto essere tua amica.-                                                                
-Anche a me Mar, anche a me.-  sussurrò l’altra.
Poi si infilò sotto le lenzuola.
-Buonanotte- 
 
-Dove la porto signorina?-chiese l’uomo nel taxi.
La ragazza alzò la testa, rimanendo a guardarlo smarrita per un secondo.
Poi focalizzò il tutto e scosse la testa.
L’uomo aspettava.
-Si, mi scusi, può portarmi a questo indirizzo?-chiese porgendogli il foglietto sul quale aveva scritto il numero e il nome della via.
-Ah, ai piani alti?-borbottò l’uomo.
-Cosa?-
-Dico che quella è davvero una bella zona. Per gente ricca.- la voce gli si abbassò fino a diventare un grugnito indistinto.
Lei annuì. Poi lanciò un rapido sguardo all’aeroporto dietro di lei.
Maggie, la ragazza del telefonino era appena uscita, con sua madre che trascinava un enorme carrello stracolmo di bagagli.
Le luci del mattino erano ormai alte nel cielo.
-Dunque possiamo andare?-le chiese l’uomo del taxi.
-Si. Possiamo andare.-
 
-Su in piedi!-urlò Nico entrando nella stanza dei ragazzi.
Luca grugnì e si girò sul fianco.
-Su ragazzi! Luca dai!-
-Mmmm!-protestò Thiago.
Nico, costernato dal fatto che nessuno gli desse ascolto uscì sospirando per andare a svegliare i piccoli.
Cielo li guardò sorridendo dall’uscio.
-Sveglia! Sveglia!-
A questo grido tutti i ragazzi scattarono in piedi.
-Allora, che ci fate ancora in pigiama!?-chiese la donna -A prepararvi! Su!-
Tutti obbedirono persino Tacho che dopo aver colpito Lleca, ancora addormentato, con il cuscino si lasciò cadere per terra con un sospiro teatrale.
 
-Buongiorno principessine!!-urlò Malvina spalancando la porta della camera delle ragazze.
Peccato che di principesco queste ultime avessero ben poco.
Jasmine che dopo essersi svegliata nel cuore della notte non era più riuscita a chiudere occhio, si alzò sospirando.
Caridad e Valeria ancora nel mondo dei sogni borbottarono qualcosa di incomprensibile.
Melody si alzò con la mano calcata sulla mascherina e si alzò lentamente, peccato che la sua camminata degna di una sfilata venne bruscamente interrotta da una delle galline di Caridad.
Mar si lanciò una rapida occhiata intorno come se stesse perlustrando il tutto poi si sbatte di nuovo il cuscino in faccia e si riaddormentò.
Tefi era l’unica che non dava segni di vita ancora con gli occhi chiusi e il sorriso sul volto.
Malvina le guardò disperata e pronta a tutto pur di assolvere il suo dovere e farsi notare da Nico si gettò all’attaccò.
-Svegliatevi!!! Su per favore!!!-
Niente.
-Ragazze!-la voce di Cielo che dopo aver svegliato la prima metà della truppa era passata ad occuparsi della seconda squillò nell’aria.
Magicamente tutte balzarono in piedi.
-Buongiorno Cielo.-
-Buongiorno!- le augurarono le ragazze.
Malvina le guardò, poi guardo Cielo, poi di nuovo le ragazze.
-Io proprio non capisco. Quando arriva lei tutto diventa perfetto.- pensò.
-Ma è ovvio. Insomma guardala! Lei è perfetta!!-le rispose una vocina dentro la sua testa.
Malvina osservò Cielo che sorrideva alle ragazze e le aiutava a sistemare cantando allegramente.
A vederla così le venne un improvvisa malinconia.
-Si. È perfetta- rispose alla vocina.
 
-Sarà una cosa veloce, per arrivare al centro ci vuole solo una mezzoretta.-
La voce del tassista le rimbombò nella testa.
-Solo una mezzoretta.-
La ragazza sospirò.
Quelle parole le aveva dette ben un ora e mezza prima.
Un’ ora e mezza.
Non tre quarti d’ora.
Un ora e mezza, per arrivare da quello stupido aeroporto al centro della città.
E se ci fosse stato traffico la cosa sarebbe anche stata anche in un certo senso giustificabile.
Ma avevano passato l’ingorgo da ben mezzora ed erano ancora a metà strada.
O forse era solo una sua sensazione.
Forse era solo l’agitazione.
Sua madre diceva sempre che le due cose peggiori che uno potesse sentire erano l’ansia e l’angoscia. L’angoscia che viene dal passato e l’ansia dal futuro.
Non che lei fosse ansiosa, no.
Era solo stanca, ecco.
Solo stanca.
E forse un po’ preoccupata.
Era abituata a cambiare casa frequentemente ma questa volta sarebbe stato diverso.
Suo padre le aveva assicurato che non si sarebbe più trasferiti da lì almeno fino a che non avesse preso il suo diploma.
E la cosa sarebbe avvenuta fra due anni.
Aveva tempo.
Ma la cosa che più la eccitava era che finalmente avrebbe potuto passare un po’ di tempo con suo padre.
Di solito lui passava l’intera giornata fuori per lavoro, così si vedevano solo la mattina per la colazione e qualche volta la sera.
Un po’ faceva tardi lei, un po’ faceva tardi lui, la cena era sempre solitaria.
Però a lei piaceva la mattina.
Le piaceva svegliarsi e trovarlo già seduto sul bancone della cucina con la tazze del caffè bollente in mano e quel sorriso speciale un po’ sbilenco.
Le piaceva il modo in cui la chiamava “socia”.
Le piaceva il bacio che le dava sulla fronte prima di andare al lavorare e il modo in cui le augurava di passare una buona giornata.
A volte si chiedeva come sarebbe stata la sua vita se si fossero visti più spesso.
Forse migliore, forse peggiore.
Non lo sapeva.
Ma quello che aveva le bastava.
Era quella sua vita.
Con suo padre.
Ora invece stava per cambiare tutto.
Certo sarebbe stato solo per poco tempo ma di sicuro le sarebbe parso strano non averlo più accanto.
Ma sarebbe durato poco, cercò di rincuorarsi.
Solo tempo che suo padre trovasse un appartamento vicino alla sua nuova postazione di lavoro.
E poi quel poco di famiglia che aveva sarebbe tornata da lei.
I cambiamenti non la spaventavano.
Era la prima a proporre di cambiare.
Cambiava look, cambiava il colore dei capelli( a proposito doveva ricordarsi di tingersi la ciocca di fucsia, ormai il blu l’aveva stufata.), cambiava il modo di porsi.
Non era questo a spaventarla.
Era perdere che le faceva paura.
Aveva già perso una volta.
Anzi due volte.
E non voleva che succedesse di nuovo.
E non l’avrebbe fatto succedere.
 
 

   
 
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