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Autore: nefert70    14/03/2011    1 recensioni
Anna Carlotta Teresa Canalis di Cumiana marchesa di Spigno e moglie morganatica di Vittorio Amedeo II di Savoia primo re di Sardegna è stata sempre descritta come intrigante, avida e calcolatrice.
E se la verità fosse un'altra? Forse fu solo innamorata...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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- Questa storia fa parte della serie 'Anna'
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Notte tra il 28 e 29 settembre 1731 – Castello di Moncalieri
Il conte di Perosa al comando di una guarnigione di soldati era appena giunto nelle vicinanze del castello di Moncalieri.
Il castello era avvolto dal buio e all’interno tutti i suoi abitanti dormivano tranquilli ignari di ciò che stava per accadere.
Il comandate ordinò ai soldati di circondare il castello poi prese dodici ufficiali ed entrò con la forza.
Il conte si diresse direttamente nella stanza di Vittorio Amedeo, spalancò la porta e ordinò agli ufficiali di prelevare l’ex sovrano, nel contempo leggeva l’ordine d’arresto firmato da re Carlo Emanuele.
Anna che dormiva nella stanza accanto fu svegliata dai forti rumori e senza neppure indossare la vestaglia si precipitò nella stanza del marito.
Anna cominciò ad urlare e si lanciò contro gli ufficiali nel vano intento di aiutare il marito ma ottenne solo di essere strascinata via anch’essa.
Vittorio fu fatto salire su una carrozza e Anna su un'altra. Le urla di entrambi  furono coperte dal rumore delle ruote sul selciato.
 
29 settembre 1731 – Fortezza di Ceva
Anna aveva trascorso la nottata in lacrime.
Solo la clemenza di uno dei due ufficiale, che si era tolto la giacca e gli è l’aveva poggiata sulle spalle  le aveva permesso di non morire assiderata.
La carrozza non si era mai fermata, era quasi mezzo giorno quando, dalla finestrella Anna vide una svettante costruzione grigia.
“Ma dove mi conducete?” chiese con un filo di voce.
I due ufficiali si guardarono e poi il più anziano, abbassando lo sguardo rispose “L’ordine di sua maestà è di portarvi nelle prigioni di Ceva”
“Ceva? Ma lì di solito vengono recluse le donne di malavita” disse Anna ricominciando a piangere.
___
Nello stesso momento – Castello di Rivoli
Vittorio sembrava impazzito, era stato necessario l’intervento di quattro ufficiali per riuscire a  rinchiuderlo in una cella del castello. L’ordine era di non lasciarlo mai incustodito e pertanto fuori dalla porta della cella erano presenti due soldati.
 
10 dicembre 1731 –Torino, Palazzo reale
Carlo era intento a leggere l’ennesima lettera accorata inviatagli dal padre.
Vittorio dopo i primi giorni di furia cieca in cui si temette per la sua incolumità si era tranquillizzato.
Da qualche mese infatti  era stato trasferito dalle prigioni alle stanze del castello.
Ormai Carlo riceveva quel tipo di lettera tutti i giorni. Suo padre gli chiedeva e implorava la ricongiunzione con la moglie.
Il ministro d’Ormea era appena entrato e porgendo il documento da firmare disse “La solita lettera di vostro padre?”
“Si, poniamo fine a questa sofferenza. Credo che entrambi siano stati puniti abbastanza” e firmò l’ordine di rilascio della matrigna.
 
11 dicembre 1731 – Castello di Rivoli
Anna era stata per tre lunghi mesi rinchiusa nelle carceri di Ceva con le delinquenti comuni. La camicia da notte che indossava al suo arrivo era stata sostituita da dei vecchi abiti che le erano stati consegnati e che ancora indossava.
Quando giunse al castello di Rivoli trovò Vittorio circondato dai soldati, invecchiato e stanco.
L’ex re da parte sua, quasi non riconobbe la moglie. I capelli erano sporchi precocemente imbiancati. Gli abiti sporchi e logori.
Anna gli si buttò fra le braccia piangendo “Vittorio, pensavo che non vi avrei più rivisto”
“Mia cara, cosa vi hanno fatto?” poi piangendo a sua volta “Cosa vi ho fatto?”
 
5 febbraio 1732 - Torino, Palazzo reale
Il ministro d’Ormea entrò senza neppure bussare. Carlo Emanuele era alla sua scrivania intento a leggere uno dei tanti rapporti quotidiani.
“Che succede marchese?” chiese preoccupato il re
“Vostro padre maestà. Ha subito un altro attacco apoplettico. La marchesa Anna chiede a Vostra maestà di cambiare residenza. Ritiene che Rivoli sia poco adatta alle condizioni del marito.
“O alle sue” rispose scostante il re.
 
2 aprile 1732 – Sulla strada tra Rivoli e Moncalieri
Negli ultimi due mesi la salute di Vittorio era peggiorata radicalmente.
Finalmente re Carlo aveva concesso al padre e alla moglie di trasferirsi da Rivoli al castello di Moncalieri.
Vittorio era stato adagiato su una lettiga e scortato da numerosi soldati stava raggiungendo la sua nuova residenza.
La carovana sembra quasi un corteo funebre. Anna seguiva il marito in una carrozza chiusa. Gli occhi colmi di pianto e la corona del rosario fra le mani.
 
31 ottobre 1732, Castello di Moncalieri
La stanza era buia e l’odore della morte già aleggiava ovunque.
Vittorio Amedeo giaceva immobile nel suo grande letto a baldacchino, accanto a lui padre Perardi, il suo confessore, che gli parlava di Dio e lo invitava a perdonare.
“Sire. Se perdonate sarete perdonato. Se mi capite baciate questo crocifisso” disse padre Perardi all’orecchio del moribondo
Vittorio Emanuele protese le mani e preso il crocifisso baciò con fervore l’immagine di Cristo.
Anna era poco distante, in disparte per lasciargli ricevere gli ultimi sacramenti in assoluta riservatezza.
Dopo che padre Perardi si fu allontanato Anna si avvicinò al letto del marito e prendendogli la mano gli accarezzò il viso.
Gli occhi di Vittorio la fissavano, forse senza vederla realmente.
Ad un certo punto nel silenzio della stanza risuonò flebile la voce di Vittorio “ti amo”.
Anna avvicinò le labbra a quelle del marito e gli dette un ultimo bacio, poi sistemandosi meglio sul letto posò la testa di Vittorio sul suo petto.
L’orologio aveva da poco suonato le nove quando Anna si accorse che il suo Vittorio aveva messo di respirare, e cullandolo cominciò a piangere.
 
1 novembre 1732, Castello di Moncalieri
Il re Carlo Emanuele III entrò deciso nella stanza da letto del padre e lo vide, immobile, freddo, contratto nel dolore che lo aveva portato alla morte. Accanto a lui con gli occhi rossi di pianto la sua matrigna la marchesa di Spigno. Carlo Emanuele rimase come sempre affascinato dalla bellezza della ormai cinquantaduenne marchesa, anche sconvolta dal dolore era bellissima.
Carlo Emanuele scaccio questi pensieri dalla mente e rivolgendosi sprezzante alla marchesa “Signora il vostro tempo è giunto, non avete più nulla da fare qui. Domani sarete trasferita”
“Non mi è neppure permesso di piangere mio marito” rispose la marchesa avvicinandosi al re e allungando una mano sul suo braccio “Carlo vi prego”. Anna non fece in tempo a finire la frase che sentì lo schiocco della mano del re sulla sua guancia e cadde a terra.
“Non permettetevi mai più di rivolgervi a me chiamandomi per nome” le urlò Carlo Emanuele colmo di rabbia  “Mio padre vi ha dato il suo amore, mia madre la sua amicizia ma da me avrete sempre e solo il mio disprezzo” continuò
Anna era rimasta a terra la mano sulla guancia rovente.
“Per l’affetto che nutrivo per mio padre vi concedo di scegliere il posto del vostro esilio, fate che sia il più lontano dalla mia vista” incalzò Carlo Emanuele.
Anna continuava a piangere, non riusciva a pensare. Dove andare?
“Allora, signora, dove volete trascorrere i vostri ultimi anni?” incalzò Carlo Emanuele.
“Il monastero della Visitazione di Pinerolo” rispose Anna in un sussurro.
“Ebbene, così sia. Ritiratevi nelle vostre stanze domani all’alba vi sarete condotta” concluse Carlo Emanuele congedandola con un gesto brusco della mano.
 
2 novembre 1732, Pinerolo – Monastero della Visitazione
Non le era stato concesso di portare nulla con se, solo pochi capi di abbigliamento e la biancheria intima. Il suo bagaglio era davvero leggero.
Il capitano delle guardie che era al comando della guarnigione che l’aveva scortata al monastero, bussò ripetutamente all’ampio portone di legno.
Finalmente una suora aprì la finestrella e domandò “Cosa volete?”
Il capitano un po’ imbarazzato per l’incarico assegnatogli le rispose “Per ordine del nostro re, Carlo Emanuele III di Savoia sono a condurvi la marchesa di Spigno perché sia da voi accolta e custodita sino alla sua morte” e le mostrò l’ordine firmato dal re.
La suora aprì leggermente la porta e allungando la mano “Consegnatemi l’ordine, lo mostrerò alla madre badessa, aspettate” e richiuse il portone.
Dopo poco tempo al di là del portone si sentirono risuonare numerosi passi, il portone si aprì e ne uscì un’anziana suora.
“Sono la madre badessa, la signora marchesa è la ben venuta nel nostro monastero” disse portando un braccio sulle spalle di Anna. “Venite signora, Vostra sorella e Vostra nipote vi aspettano” concluse attraversando il portone che si richiuse per sempre.
Due suore, una più anziana e una più giovane le corsero incontro abbracciandola. Anna riconoscendo la sorella minore stava per pronunciarne il nome quando questa la interruppe “Io sono solo suor Luisa e lei suor Teresa, gli altri nomi sono rimasti fuori da quel portone”
“Andate a preparare la stanza “ intervenne la madre badessa “La marchesa ed io dobbiamo parlare”
___
Lo studiolo della madre era piccolo e spoglio come del resto tutto il convento, Anna lo ricordava molto bene.
“Mia cara signora, mi duole molto la morte del vostro sposo e la situazione che si è andata a creare” cominciò  la madre badessa.
“Reverendissima madre, non mi aspetto nessun trattamento speciale, non intendo prendere i voti ma desidero vivere secondo la vostra regola” rispose Anna
“Sia come voi desiderate” concluse la madre badessa.
 
11 aprile 1769, Pinerolo – Monastero della Visitazione
La piccola suora corse lungo il corridoio e aprì la porta dello studio della madre badessa  “Perdonatemi madre ma la marchesa sta morendo, chiede di Voi. Il curato le ha già dato gli ultimi sacramenti”
Suor Teresa, ormai da molti anni madre badessa, si alzò e corse al capezzale della zia.
“Zia ditemi” disse la madre badessa prendendo la mano della moribonda fra le sue.
Anna faticava a respirare, ma cercò di raccogliere tutte le forze per parlare “Promettetemi che mi seppellirete nella vostra cripta” poi riprese fiato e continuò “nessuna lapide, il mondo mi ha ignorata che continui a farlo”  e chiuse gli occhi.
  
  
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