02.09.1994, Durmstrang – Sala del grimorio.
“… Grindelwald aveva compreso come fosse una legge naturale
quella che sanciva la superiorità dei Maghi sui Babbani, e si era fatto carico
di una missione che troppi dei suoi coevi avevano rifiutato per pigrizia e per
viltà.”
Aleksej Javlenskij sospira, quasi ad accentuare
l’enfasi drammatica con cui ha tratteggiato il profilo dell’eroe – incompreso –
di Durmstrang.
“I Maghi sono più longevi dei Babbani, sono più intelligenti
e, come dimostrano gli studi del nobile Mathias Von Schramm, persino più belli.”
Florian stira un poco le labbra. Conosce bene il vecchio
trombone, Von Kessel, perché è stato compagno di studi di suo nonno. Axel lo
considera un idiota post-lombrosiano e, malgrado la forte avversione che nutre
nei confronti dei Babbani, gli preferisce di gran lunga l’empirismo con cui
l’americano Thomas J. Fletcher ha escluso che esistano differenze biologiche tra
umani e maghi.
A Durmstrang, è evidente, s’insegna ancora a riconoscere un
fattucchiere dalla lunghezza del naso o dalla bombatura della fronte.
“Solo a metà degli anni Quaranta, in Germania, il suo genio
trovò il meritato riconoscimento e fu Ministro della Magia. Come dovreste già
sapere, tuttavia, il Terzo Reich è stato una delle rare parentesi di civiltà
nella barbarie della storia babbana.”
Javlenskij si concede una nuova pausa, scrutando l’uditorio
con quei suoi occhi glauchi da predatore bolso.
“Immaginate: consapevoli della loro debolezza, finalmente i
Babbani si fanno carico di un’opera scientifica di selezione e miglioramento
della loro razza. I menomati, i ritardati mentali, gli invertiti, i mutilati:
carne che pesa sulla bilancia del progresso! E nessuno – sottolineo! Nessuno!
Aveva mai avuto sino a quel momento il coraggio di ammetterlo!”
Riprende fiato.
“Grindelwald, intimo di Erik Jan Hanussen (1), conobbe Adolf
Hitler, un Babbano tanto acuto e sensibile da concedergli di scrivere nelle sue
note – inforca gli occhiali, si schiarisce la voce – «La forza senza un
fondamento spirituale è destinata a fallire (2). Ebbene: Adolf Hitler può
essere per i suoi quel fondamento e quella luce.» Che lucidità! Che acume!”
L’oratoria di Javlenskij si infiamma.
Florian sogghigna, perché gli sembra di sentire suo nonno –
Hieronymus Wittgenstein – e il suo latinetto indignato. Non è un caso che la bella
Margaretha Himmler, promessa sposa di Kaspar, lo chiami Malatempora (3),
appellativo ironico cui il vecchio si è arreso con insospettata docilità.
Draco sbadiglia, emulato da una dozzina di compagni.
Le lezioni di Storia Contemporanea del Mondo Magico sono una
noia mortale. I giovani fattucchieri dovrebbero combattere, non memorizzare
l’impronta che altri hanno lasciato.
Il professor Javlenskij, sordo alla muta supplica
dell’uditorio, prosegue indisturbato.
La docenza è spesso un ossimoro – per non dire onanismo puro.
Ti abbeveri del suono della tua voce, senza aspettarti uno scambio.
L’allievo migliore è quello che ti restituisce l’eco. Le idee
intelligenti, un’ipotesi da cancellare.
Javlenskij, almeno, mostra un’invidiabile impermeabilità al
tedio dell’aula.
“Eppure questo degno rappresentante della nostra casta
consuma oggi i suoi giorni a Nurmengard, come…”
La pesante porta di quercia si apre con un sinistro cigolio
dei cardini.
Javlenskij ammutolisce, così il resto dell’uditorio.
“Perdonatemi, professore, se interrompo una così brillante
inaugurazione per il vostro corso, ma avrei bisogno di conferire in privato con
due giovani allievi.”
La voce di Karkaroff è ferma e imperativa. Javlenskij tace e
s’inchina alla gelida autorevolezza del Preside.
“I signori Von Kessel e Malfoy possono seguirmi nel mio
ufficio?”
***
01.09.1994, Hogwarts – Dormitorio femminile di Grifondoro.
“Ma non è emozionante?”
La voce di Lavanda, che l’eccitazione amplifica di due buone
ottave, s’insinua con la violenza di un tarlo nei suoi altrimenti ordinatissimi,
efficienti pensieri.
Hermione Granger, almeno, spera ancora di riuscire a imparare
un paio di complessi teoremi aritmantici prima che le sue palpebre si facciano
troppo pesanti. È evidente, tuttavia, che non solo non le riuscirà di studiare,
questa sera, ma che se non metterà a tacere la Brown non dormirà proprio nessuno
– a partire da Grattastinchi, che, non a caso, la fissa supplichevole ai piedi
del letto.
“Cosa?” esala senza calore.
“Ma il Torneo Tremaghi, no?” cinguetta Calì, dando man forte
a quello stucchevole deliquio.
Perché Godric l’ha punita associandola a due svitate?
Hermione se lo chiede dal suo primo anno.
La vocina della coscienza le dice ch’è lei ad avere qualcosa
di sbagliato, perché ha mille conoscenze, ma nessuna amica.
La voce della coscienza, quando hai quindici anni, dovrebbe
sforzarsi d’essere meno crudele.
“Non abbiamo l’età per partecipare,” osserva puntigliosa. “Al
più potremo fare da spettatrici.”
Lavanda la fissa con un misto di compatimento e
d’incredulità.
“Ma chi vorrebbe partecipare? L’hai sentito il Preside, no?”
Hermione si arruffa i capelli già crespi e indomabili. “Ha
anche detto che non ci saranno rischi per i partecipanti.”
Calì, arricciata sul letto della Brown, le volge un’occhiata
colma di sarcasmo – questa qui non capisce proprio niente, le sembra di
leggere in due intensi occhi neri – e torna a sfogliare il suo Teen-Witch,
mentre Lavanda straparla tormentandosi le folte trecce castane.
“Quello che volevo dire, Hermione – e calca sul suo
nome come se fosse un interlocutore particolarmente stupido – è che avremo la
possibilità di conoscere un mucchio di nuovi ragazzi!”
Hermione accoglie in grembo Grattastinchi, quasi a concedersi
il tempo per pensare a una replica che sia pungente, ma non offensiva; caustica,
ma non rabbiosa. Ha quindici anni, però, e comincia a fare i conti con i limiti
imposti dall’età.
“Ragazzi?” sottolinea. “Ma non riuscite a pensare a
nient’altro?”
Lavanda e Calì si volgono nella sua direzione con invidiabile
sincronia. “A cosa dovremmo pensare, secondo te? Alle rune?”
Hermione sente un diffuso rossore salirle sino alle orecchie.
È una vecchia storia, questa: vecchio non vuol dire
superato.
Vecchio non vuol dire che non senta ogni volta quella
puntura. È lo spettro della diversità, della solitudine, del non amore. È il
dolore sottile che le procura, a volte, cercarsi negli occhi di Ron e trovarvi
l’amica, la confidente, la secchiona. Non una ragazza. Non Hermione.
“Forse sarebbe meglio,” sibila a mezza bocca, liberando dalla
stretta il suo bel gattone per scivolare sul fianco.
“Oh, guarda!”
L’acuto della Patil la fa sussultare anche se si era
ripromessa la massima indifferenza.
“Nelle pagine centrali c’è un poster di Viktor!”
Viktor Krum: sembra destino che quel nome la perseguiti.
“Quanto è bello, mamma mia!” squittisce Lavanda, mentre Calì
si preoccupa d’ingentilire la parete che divide il suo baldacchino da quello
della Brown con il cipiglio torvo del bulgaro.
“Che occhi… E guarda che portamento!”
Hermione sbuffa. “Cammina come una papera zoppa!” bofonchia.
“Ve lo posso assicurare!”
Viktor Krum. No, forse non sarebbe tanto male, se solo
non la costringesse a frugare tra ricordi pericolosi.
La Coppa del Mondo.
La caccia ai Babbani.
Draco Malfoy.
***
02.09.1994, Durmstrang – Torre di Baba Jaga.
Lo studio di Karkaroff sa di freddo, di pelli conciate e
della povertà claustrale del Grande Nord.
Una poderosa scrivania d’olmo occupa i tre quarti dello
spazio disponibile. Una nicchia scavata nella dura pietra ospita una collezione
di tomi dall’aria vetusta. L’arco ogivale che conduce allo stretto terrazzino è
sormontato da un teschio di viverna.
“Non è mio costume distrarre gli studenti dai loro corsi, ma
ho ritenuto opportuno conferire con voi quanto prima.”
Draco annuisce.
“Avete fatto un buon viaggio?”
“Eccellente,” si affretta a rispondere, perché il peso di una
debolezza ch’è senz’altro nota non venga rimarcato da Von Kessel – no, Florian
non lo farebbe mai. “Abbiamo comunque ricevuto il vostro falco. Sapevamo cosa ci
aspettava.”
Karkaroff fa scivolare lo sguardo dall’uno all’altro. Li
soppesa e cerca nei loro occhi il segno di un cedimento che non troverà. Li ha
già messi alla prova, in fondo: sa che non hanno paura.
“Vi ho convocati, perché da oggi, per le prossime tre
settimane, il collegio sarà impegnato a selezionare la legazione che parteciperà
al Torneo Tremaghi.”
Draco deglutisce. Florian, al suo fianco, non muove un
muscolo.
“Voi avete entrambi quattordici anni. Siete troppo giovani
per aggiungervi di diritto.” Il Preside si concede una piccola pausa. “A meno
che, ovviamente, non vi procacciate quel diritto.”
Combattere. Colpire. Conquistare.
Un brivido gli scivola lungo la schiena, come una voce
maligna gli sussurra all’orecchio il mantra di Imbolc.
“Volete che partecipiamo alle qualificazioni interne?”
mormora Florian – la sua voce è così pacata e ferma che Draco non può fare a
meno di provare invidia e astio in eguale misura.
“È quello che mi aspetto da voi. Solo così avrò la certezza
di aver riposto bene la mia fiducia. Solo allora, soprattutto, la nostra
missione potrà avere un seguito.”
“Cosa ci attende?”
Ora è Draco a prendere la parola, perché non vuole sembrare
da meno del compagno. La paura, annichilita dal suo forte orgoglio, non cessa
tuttavia di morderlo alla gola.
“Come vi ho anticipato, il Signore Oscuro ha più di un
nemico. Non solo il Prescelto attenta alla sua vita, ma non è da meno Albus
Silente. È opportuno che qualcuno si occupi anche del Preside di Hogwarts.”
Florian spiega le labbra in un mezzo sorriso. Feroce.
“Abbiamo un altro uomo che lavorerà per noi dall’interno e
che, all’occorrenza, vi soccorrerà. Dobbiamo sfruttare con intelligenza
l’occasione offerta dal Torneo, perché tutto appaia naturale e pulito.”
Draco contrae le nocche. “Eliminare Harry Potter durante le
prove? Mi piace.”
Karkaroff gli rivolge un’occhiata obliqua. “Vi chiedo di non
arrogarvi compiti che nessuno vi ha conferito, signor Malfoy,” sibila il
Preside. “Non avete l’età per partecipare al Torneo e non rischierete
inutilmente.”
“Ma anche il Prescelto…”
Florian gli posa il palmo contro la coscia. “Potete aiutarci
a superare le selezioni, Preside?” sussurra allora conciliante.
Karkaroff sorride: ha riconosciuto le sue creature. “Gradite
della pozione Felix Felicis?”
***
06.09.1994, in un qualche luogo sperduto nelle desolazioni dell’Oblast di Murmansk – Lapponia russa.
Benché quel ruolo gli sia stato offerto di diritto, Viktor ha
deciso di scendere in campo e combattere. Viene da una famiglia di soldati, Krum:
se solo cercasse una scorciatoia, coprirebbe suo padre Gregor di vergogna.
A disciplinare le prove è il Preside in persona: li osserva
dall’alto delle guglie falconiere, Karkaroff, mentre si allineano in fila
compatta per le qualificazioni.
Il Torneo Tremaghi è la più spietata delle competizioni,
perché chiama in conto l’essenza autentica dell’essere fattucchieri: la forza
interiore, la potenza dell’aura, l’intelligenza, la spregiudicatezza.
Viktor sa che molti – specie gli astuti collegiali di
Lughnasadh – lo considerano un bestione tutto muscoli e poco cervello, come se
il suo talento nel Quidditch non suggerisse tutt’altro. Non se ne cura: il suo
valore profondo sta proprio nell’abilità con cui riesce ad accantonare pensieri
oziosi.
Non ha paura. Non ha rimorso. In questo istante, mentre
prende fiato e si lancia nelle acque gelide del lago, non ha neppure identità.
Il dolore è uno stato mentale. Viktor stringe forte le
palpebre e si azzera.
Molti ricorrono all’incantesimo Testa Bolla, per assicurarsi
una respirazione efficiente – prudenti, ma poco previdenti, perché in quelle
acque torbide e freddissime riposa il terribile Kraken. Esegue una
trasfigurazione parziale, mutando in squalo: come la bestia prova a sferzarlo
con uno dei suoi tentacoli, risponde con un morso. È così, d’altra parte, che
affronta la vita un vincente nato.
Lontane, quasi impercettibili, le grida d’incitamento di
Imbolc, mentre scivola rapido tra i flutti quasi volasse.
Pensa già alla coppa, Viktor. Pensa a un trofeo che non potrà
strappargli davvero nessuno.
***
15.09.1994, in un qualche luogo sperduto nelle desolazioni dell’Oblast di Murmansk – Lapponia russa.
Draco è stato colpito dalla coda della viverna. Se non
avessero sorbito entrambi la pozione, è molto probabile che l’affilato
pungiglione l’avrebbe raggiunto in pieno petto.
Florian deglutisce a fatica, e poi risale rapido l’erta della
torbiera.
“Non ci provare,” sibila l’altro. “Ognuno per
sé.”
Non ha ancora perso la sua bacchetta, né la scintilla
arrogante che accende di lampi feroci i suoi occhi grigi.
Florian arretra.
La viverna alita zolfo e avvelena l’aria.
Malfoy si è rialzato e stringe con forza la testa dell’omero,
per ridurre l’emorragia.
La bestia lo studia con i suoi occhi ambrati, piccoli e
feroci. Non somigliano ai draghi, quanto ai gatti, gli ha confidato Klaus. Sono
intelligenti, intuitive e spietate. Per cogliere alla sprovvista un simile
mostro devi possedere molto più di una pozione dall’effetto temporaneo e la tua
ambizione di pulcino.
“Ventus,” sibila Draco.
Una folata potente e imprevista restituisce alla viverna il
puzzo ammorbante del suo fiato; vacilla un po’ ed è allora che Draco colpisce.
“Pollus.”
Un sorriso crudele gli attraversa il viso, come afferra per
il collo il gallinaccio che ha preso il posto del rettile. “Hai visto?” gli fa
sprezzante – e poi sviene come un fantoccio inerte.
“Già, ho visto,” ridacchia Von Kessel.
Alle sue spalle agonizza ancora lo Sleipnir (4) che ha
sventrato.
***
02.09.1994, Hogwarts – Sala Grande.
“Secondo me, la spuntano.”
Harry solleva il viso dal porridge, portando lo sguardo su
Ron. Weasley gli indica i gemelli, intenti a confabulare con Lee Jordan.
“Hanno deciso di partecipare al Torneo. E quando si mettono
in testa qualcosa, chissà perché, riescono sempre.”
Harry abbozza un sorriso di circostanza, anche se a
preoccuparlo è ben altro: sono trascorsi tre mesi dalla fuga rocambolesca di
Sirius e non ne ha più avute nuove. Era meglio sapersi orfani, che non scontare
sulla pelle il terrore di una nuova perdita.
“Magari perché loro hanno qualche talento?” suggerisce
maligna Ginny, prima di prendere posto al suo fianco.
È cresciuta, Ginevra: d’infantile le restano efelidi e
sorriso; tutto il resto, piuttosto, parla della donna che diventerà.
“Ha parlato Carman (5)!” risponde piccato il fratello, mentre
Hermione inghiotte bocconi di pane e burro.
“Devi essere affamata,” osserva. “Forse avresti dovuto
mangiare, ieri sera.”
Hermione fa spallucce. “Combatterò la causa degli Elfi in un
altro modo,” mugugna, “ma se pensi che abbia avuto i crampi, ti sbagli. Ho
trovato chi mi ha fatto comunque perdere l’appetito.”
Harry sbatte perplesso le palpebre. Hermione volge il capo in
direzione di Lavanda Brown, che ridacchia come al solito accanto a Calì. “È
cominciata ufficialmente la stagione degli amori,” ironizza la Granger. “Temo
che abbiano scambiato il Torneo Tremaghi con il Ballo delle debuttanti!”
Harry ridacchia. “Be’… Un ballo ci sarà comunque, no?”
Hermione abbassa lo sguardo, punta nel vivo.
“Ma a lei cosa importa,” s’intromette Ron. “Chi vuoi che la
inviti?”
Non c’è crudeltà in quell’illazione, ma Harry non può fare a
meno di pensare che Weasley dovrebbe imparare a tacere. Lo pensa senz’altro
anche Ron, ora che Hermione gli ha fatto esplodere in faccia il porridge.
“Preoccupati per te,” sibila velenosa la Granger.
“Te la sei cercata,” bofonchia Harry, prima di offrire al
compagno un tovagliolo. “È pur sempre una ragazza.”
È pur sempre una ragazza.
Hermione gli scocca un’occhiata terribile. “Grazie,
Harry. Se non lo dicevi tu, nessuno l’avrebbe capito, vero?”
Cho-Chang li osserva divertita e interessata.
Forse Ronald non è il solo imbranato.
Forse le ragazze sono una prova ben peggiore del Torneo che
tutti aspettano.
***
16.09.1994, Durmstrang – Infermeria.
“Come va?”
Draco strizza le palpebre. “Va,” mugugna. “Me la sarei cavata
anche senza di te.”
Florian evita commenti superflui, mentre si accomoda accanto
al letto. L’infermeria è deserta, ma molto più calda del resto del castello –
tutto sommato, un buon posto in cui scambiare due chiacchiere.
“Probabile. Oppure avresti perso tanto sangue da richiamare i
lupi.”
Malfoy si passa il palmo contro il viso, allontanando
infastidito qualche ciocca. “Ci tieni tanto a sentirti migliore di me?”
Florian sbuffa. “Non drammatizzare. Il Preside è stato
contento.”
“Di te.”
“Di noi. Io sono un Mannstiere. Per me è più facile.”
Draco chiude gli occhi. “Non posso permettermi di sbagliare.
Quando saremo a Hogwarts…”
“Saremo. L’hai detto. Siamo in due. Karkaroff sa che insieme
lavoriamo bene.”
Un altro sospiro.
“Tu sei più coraggioso, Draco. Io devo solo coprirti le
spalle.”
Malfoy lo guarda. “Io non sono più coraggioso. Io devo
guadagnarmelo, quel posto.”
Florian apre la bocca, ma non sa cosa dire.
Draco si asciuga furtivo le ciglia. “Scusa,” mormora
imbarazzato.
“Non importa. Ho paura anch’io.”
Malfoy gli stringe la mano, in silenzio.
Su Durmstrang cala la notte.
In loro, probabilmente, è già scesa da molto, molto tempo.
Note: (1) Astrologo personale di Hitler, nonché suo
iniziatore al neo-paganesimo. Per una disamina completa della figura vi rimando
a M. Gordon, Il mago di Hitler. Erik Jan Hanussen, un ebreo alla corte del
Führer, Mondadori, 2004.
(2) La frase è di Adolf Hitler.
(3) Si rifà il verso al mala tempora currunt di Catone
il Censore.
(4) È il nome del magico destriero di Odino, un selvaggio
cavallo con otto zampe. Qui ne ho fatto il nome di una specie.
(5) Potentissima strega irlandese, capace di distruggere
qualsiasi cosa con i suoi potenti incantesimi segreti.