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Autore: MintCar    11/04/2011    6 recensioni
"Sono una persona per natura sedentaria e pigra, il cambiamento, di qualsiasi genere mi ha sempre dato fasidio, dunque dopo aver attraversato il Pacifico potete certamente capire che il mio umore non è dei migliori in questo momento."
AU scolastica, che prende luogo in un'accademia di musica...
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Mamma Sono Gay

 

 

La camera non ha nulla da invidiare ad un appartamento nel centro di Londra, almeno per quanto riguarda le dimensioni.
La prima cosa che salta all’occhio entrando è l’enorme finestra con balcone, vista parco.
Sul lato destro c’è quello che verrebbe comunemente chiamata cucina, ma essendoci solo un frigo, un lavandino e un bancone non so come definirla.
Accanto al lavandino, sullo stesso livello, c’è un tavolo ricoperto di fogli.
Sorvolo sulla cucina, che di  cucina non ha niente, per fermare lo sguardo sulla porta chiusa, che suppongo sia la camera da letto che dovrò condividere.
Sento Robert che tossicchia dietro di me, e girandomi lo vedo decisamente imbarazzato.
“Scusa, c’è un po’ di casino, e non ho avuto tempo per mettere in ordine di recente...”
Oh beh, se questo lui lo chiama casino, quello che facevo io in camera mia cos’era?
“Tranquillo, non mi scandalizzo per così poco...”
Lui tira un sospiro di sollievo.
“Meno male, quando mi hanno detto che eri inglese ho avuto un attacco di panico!”
Questo non doveva decisamente dirlo.
Quando sto per offendere il suo ego americano, lui apre la porta e mi interrompe.
“Io esco, tu intanto sistema la tua roba, così poi andiamo a cena, ok?
Ah, e se bussa qualcuno urlando, tu non aprire! Ci vediamo!”
E con questo se ne va, lasciandomi da solo in mezzo alla stanza, come un idiota.
Non so seriamente cosa pensare.
Dieci secondi fa era un ragazzo dal passato decisamente tormentato, prima ancora un’affabile compagno di stanza, e ora un americano irriverente, come può esserlo solo un americano.
Ho bisogno di un caffè, velocemente.
No, non di un té, voi e i vostri maledetti stereotipi!
Mi avventuro fra gli scaffali e gli armadietti, a cui prima non avevo fatto minimamente caso, trovando la macchinetta elettrica, oggetto indispensabile in qualsiasi abitazione.
Certo, prima di riesumarla ho dovuto rufolare un bel po’,
ma ora sono pronto per un bel caffè, se solo lo trovassi.
Possibile che qui ci sia solo orzo?!
Sposto un po’ di fogli dal tavolo per vedere se è lì, non si sa mai, e scopro che in realtà quello chje pensavo fosse un tavolo è un piano cottura.
Ma che cazz...?
Mi volete dire che qui dentro non c’è un tavolo?
Allora spiegatemi come faccio a studiare!
Ed è normale che fra tutte le cianfrusaglie che ho trovato (fra cui una paperella di gomma vestita da hippie, una pistola giocattolo e una scatola di caramelle risalente almeno agli anni ottanta) non ci sia una scatola di caffè come Dio comanda?!
Rimpiango il sobrio disordine di camera mia...
Improvvisamente sento bussare,  dapprima delicatamente, poi talmente forte da far vibrare il vetro della finestra.
“Downey, apri questa stramaledettissima porta, subito”
La voce mi giunge simile ad un ringhio, basso e minaccioso.
Non apro neanche se piangi in greco caro.*
“Muovi quel culo da raccomandato e apri!”
Il tono si è alzato considerevolmente, e ho paura  che ne non gli apro subito butterà giù la porta come il lupo cattivo dei tre porcellini.
Aspetta, io sarei il porcellino?
“MUOVITI, LO SO CHE CI SEI!”
Abbasso la maniglia titubante, e mi trovo davanti un armadio più largo che lungo, che mi squadra rabbiosamente.
“E tu chi sei?” domanda con forte accento australiano.
“Ehm, io sono Jude Law”
“Non mi interessa la storia della tua vita, dov’è Downey?”
Ma è scemo? Prima mi chiede chi sono e poi mi dice che non gli interessa?
Per la seconda volta in questa giornata, mentre sto per rispondere vengo interrotto da una voce familiare.
“Cosa vuoi Mel?”
L’armadio si gira verso destra per vedere Robert appoggiato al muro, con le braccia incrociate e un’ espressione gelida sul volto.
Tutti i miei vaneggiamenti su come prenderlo in giro per il disordine sono scemati appena ho incontrato il suo sguardo.
“Era l’ora che ti facessi vedere! Sai che sono sempre pronto, dove vuoi, ti faccio il culo!”
La bestialità delle persone non ha fine (parla una che al posto delle virgole dice cazzo nda).
“Te l’ho detto, è una storia chiusa, e non ho nessuna intenzione di perdere tampo con te, quante volte devo ripetertelo?”
Robert si incammina verso la porta, i miei occhi saettano da lui, impassibile come una statua di sale, a Mel, che sta cominciando a tremare di rabbia.
Proprio mentre gli passa accanto, l’energumeno gli sferra un pugno all’altezza dello zigomo, che lui intercetta prontamente afferrandogli il polso.
Mel si accartoccia sotto lo sguardo apatico di Robert, che lo lascia andare nonappena sente il guaito lamentoso del suo avversario.
In meno di un secondo è corso via, e Robert rimane a fissare lì a fissare il vuoto.
Poi alza gli occhi fissandoli nei miei, indecifrabile.
Mi sorride , e mi posa una mano sulla spalla.
“Te l’avevo di non aprire!”
Quando entra, il suo viso si contorce in un’espressione di puro terrore.
“Crisito santo, cos’è questo casino?”



Dopo essermi fatto spiegare bene dove trovare le cose indispensabili, mi sono fatto un caffè, e ho scoperto che oltre ai fornelli, nascosti fra i fogli c’erano:
-un forno;
-un microonde;
-uno stereo;
-un cestino;
-una bombetta di plastica rosa, di dubbia provenienza.
Ancora non mi capacito di come turtta questa roba possa essere seppellita dalla carta.
Intanto mi permetto di osservare i movimenti del mio compagno di stanza, sperando che non ci faccia caso.
“Che guardi?”
Lo sapevo.
“Ehm...” come se volesse complicarmi ancora di più la vita piega la testa da un lato, com aria interrogativa.
E ora cosa diavolo gli dico, che osservavo la fantasia delle mattonelle?!
“Le mani!” urlo, senza sapere in realtà cosa sto dicendo.
Lui in risposta comincia ad osservarsele stupito.
“Cos’hanno le mie mani che non vanno?”
Mi passo le dita fra i capelli, esasperato.
“Nulla, è solo che sono, sono...da violinista...”dico infine in un sussurro.
“Ah, grazie!”
Non ci credo, se l’è bevuta?
“E’ il complimento più bello che potessi farmi”
“Davvero?”
“Sì!”
Sul serio, devo fare qualcosa per questo problema.
Tutte le volte che provo ad intavolare una conversazione mi blocco,  come se qualcosa mi seccasse la gola.
D’altra parte non sono mai stato un tipo socievole, e certo in famiglia non ero l’unico, perciò l’unico dialoggo che reggevo era quello con mia sorella, che è rimasta in Inghilterra.
“Robert?-oh, quant’è bello ignorare i propri pensieri- chi era quello di prima?”
Lui alza le spalle, come se la cosa non lo riguardasse.
“Un australiano che non accetta di essere un mediocre musicista.”
“E perchè ce l’ha con te?”
“Solo perchè una volta abbiamo fatto a pugni e l’ho steso...senti, perchè non andiamo a mangiare?”
Cioè, questo piccoletto, che fa a pugni con quel gorilla, e che lo stende?
Non ci credo nemmeno se lo vedo, ma mi trattengo dal sottolinearlo.
“Certo! Dove andiamo?”
“Io eviterei la mensa a priori, potremmo incontrare...”
“Mel” concludo io.
Lui annusice.
“Esatto. Ti piace cinese?”
Storco visibilmente il naso.
“Ok, no... francese?”
“Per l’amor del cielo, per mangiare lumache?”
“Allora suggerisci qualcosa tu!”
Ecco, l’ho fatto arrabbiare, mi ero dimenticato degli sbalzi di umore.
Non ci posso fare niente se ho dei gusti complicati, e nemmeno se la cucina americana non esiste!
Anche quella inglese non eccelle, ma almeno c’è!
“Un panino?“ propongo timidamente.
“Perfetto!” afferma con forza, prendendo il portafogli.
Cavolo, ma io non ho ancora cambiato i soldi!
“Robert, c’è un problema...”
“Cosa?” nella sua voce c’è una punta di irritazione.
“Io ho solo sterline...”
Lui mi guarda sbigottito e scoppia a ridere.
Io gli dico una cosa che mi imbarazza e lui ride?
“Cosa c’è da ridere?”
Sprizzo acidità da tutti i pori.
“Niente, è che ti fai  mille problemi sul cibo e poi pensi che i soldi siano una complicazione?”
Gonfio le guancie.
“Dai, offro io, e copriti, che non sembra ma fa freddo.”
Non mi ero neanche accorto che era calata la sera.
Sì, sono un tipo un po’ distratto.
Finalmente usciamo, e io dipendo completamente dal volere di Robert, che per quanto ne so potrebbe anche portarmi in un vicolo e ammazzarmi.
O peggio.
“A cosa pensi? Sembri sempre  da un’altra parte con la testa”
“Oh, a niente di particolare-solo a te che mi stupri in un angolo- scusa, non sono un gran conversatore.
“Tranquillo, tanto parlo io per tutti e due!”
Effettivamente non sta zitto un attimo.
Mentre io penso a tutto e a niente, lui parla del più e del meno, contento anche solo di essere ascoltato.
Io mi annoierei annoierei con uno come me.
“Eccoci!”
Siamo davanti ad un’ insegna al neon, in una strada piutttosto affollata.
“Black’s Cave, mh, nome inquietante” dico in tono sarcastico.
Non parlo molto, ma quando lo faccio sono insopportabile.
“Niente paura, conosco il gestore, il cuoco e il cameriere, tutta gente rispettabile.
Cioè, un po’ fuori di testa, ma rispettabili”
“Se lo dici tu...” e per la prima volta da quando sono qui gli sorrido.
Mi prende per un braccio e mi trascina dentro senza troppe cerimonie, è già la seconda volta che lo fa oggi!
“Ehilà!”
Una voce squillante e gioviale ci saluta, ma non intercetto la fonte.
Il locale è abbastanza accogliente, e tutto il soffitto è cosparso di foto di chitarre e bassi.
Sembra un Hard Rock economico, ma mi piace.
“Jack?”
“Arrivo!”
Da sotto il bancone spunta  un uomo decisamente tarchiato, con i capelli castano scuro leggermente unti e due furbi occhi neri.
“Jack!” “Robert!” “Jack!” “Robert!” Jack!” “Robert!” “Ok, può bastare!”  sghignazza Robert.
“Quanto tempo è che non ci vediamo ragazzo?”
“Da ieri Jack, vengo  qui praticamente tutti i giorni”
Si siede al bancone, e mi invita a fare lo stesso.
“Jude, ti presento il gestore, il cuoco e il cameriere di questo posto, Jack Black!”
“E questo chi è?” gli chiede incuriosito.
“Sono Jude, piacere.”
Dai Jude, ce la puoi a stringere amicizia, dai!
“Piacere ciccio. Robert, è carino, glil’hai detto che è carino, vero?”
Arrossisco e abbasso lo sguardo.
Ok, non ce la faccio.
“No Jack, non glil’ho ancora detto, ce li porti due hamburger?”
“Arrivano subito!”
Robert mi lancia uno sguardo diverito.
“Strano eh?”
“Già”
“Ci fai l’abitudine, è un bravo ragazzo”
“Sembra simpatico”
“Oh, e lo è! Quando è in forma non riesci a respirare per quanto ridi!”
Cala il silenzio, e anche se volessi, non saprei come spezzarlo.
“Di’ un po’-dice mentre afferra una birra dal frigo davanti a lui- com’è Londra?”
Aaah, Londra...
“Londra è...il complento opposto di New York, è fredda, maestosa, ordinata, altera...ma ci sono dei posti nascosti, così privati e familiari che quando li trovi ti senti a casa.
E’ una città che va scoperta lentamente, senza forzarla, come...”
“Te?”
Il cuore salta un battito, e mi perdo in quegli occhi, che hanno hanno delle bellissime venature verdi, ad un primo sguardo invisibile.
“GLI HAMBURGER!”
Se prima il mio cuore aveva saltato un battito, ora ne ha saltati quattro per la paura.
Per tutta la durata della cena non alzo lo sguardo dal mio panino (veramente buono, fra le altre cose), limitandomi ad ascoltare le conversazioni, che per quanto trattino di argomenti relativamente interessanti,mi infondono un senso di benessere che raramente provo.
Scoccano le undici e decidiamo che ora di tornare verso la scuola.
“E’ stato un piacere Jack”
“ Anche per me inglesino, trattami bene il simpaticone, e tu non salutare eh!”
Robert, di spalle, fa un gesto con la mano, prima di accendersi una sigaretta.
Lo raggiungo, dopo aver salutato.
Ha l’aria pensierosa, e malgrado la mia curiosità, non oso chiedergli cosa lo turbi.
“Pensavo-quest’uomo mi legge nella mente-mancano ancora due giorni all’inizio delle lezioni, cosa facciamo nel frattempo?”
Il fatto che ci conosciamo da un paio d’ore e che già parli al plurale mi darebbe un’enorme fastidio in condizioni normali, ma ho smesso  di credere che questa sia una situazione normale praticamente da subito.
Sopprimo a malapena uno sbadiglio, gudagnandomi un’occhiata di soppiatto.
“Per ora forse è meglio andare a letto...”
“Concordo pienamente, sono distrutto.”
Mi passa un braccio intorno alla spalle con estroversa noncuranza, avvicinando pericolosamente il  volto al mio.
Ora svengo.
“Sono felice di averti come compagno di stanza, anche se ci conosciamo da poco.”
Mamma, sono appena diventato completamente gay.










Ok, un finale decisamente insulso, me ne rendo perfettamente conto XD
Come tutto il capitolo più o meno, ma sorvoliamo.
Non rientrava assolutamente nella mia idea iniziale, ma sorvoliamo anche su questo.
Io dovrei studiare latino, invece sono qui a scrivere una nota cretina e ad ascoltare i Genesis, shalala XD
Basta, me ne vado, ringrazio tutti quelli che hanno recensito e preferito °A°
Alla prossima!
*per la cronaca, i greci antichi per lamentarsi dicevano ‘oi moi moi feu feu’ se trovassi l’alfabeto greco ve lo scriverei XD
Ah, il Mel del capitolo è Mel Gibson xD

  
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