In
the End [31 ottobre / 1° novembre 1981]
Guardava dalla finestra del suo
appartamento il mondo che festeggiava e avrebbe dato qualsiasi cosa per essere
là fuori a fare il bambino con i suoi amici; anche ora che aveva passato i
vent’anni non c’era un giorno che non rimpiangesse i loro scherzi, la vista dei
capelli spettinati di James, gli occhi di Lily, la risata timida di Peter che
nascondeva il coraggio di essere un Custode Segreto…
e rimpiangeva anche la fiducia che aveva riposto in Remus, il modo in cui si
era fidato di lui senza riserve e come per questo tutto il suo universo si
fosse lentamente sgretolato mentre notava tanti piccoli dettagli sbagliati,
mentre Peter, terrorizzato all’idea della conclusione a cui
stavano arrivando, gliene faceva notare altri chiedendogli rassicurazioni,
chiedendo che lui prendesse in mano la situazione e gli dicesse che Remus era
uno di loro.
Ma lui non aveva potuto perché
aveva la responsabilità di dire a James ciò che James, dall’alto della sua
bontà, non voleva sentire, lui aveva la responsabilità di proteggere Harry, che
Lily per prima gli aveva miracolosamente affidato, temendo che loro non
riuscissero a superare anche questa battaglia, e lui non aveva potuto fare
altro che schierarsi dalla parte del più debole, il suo figlioccio, anche se
questo voleva dire rinnegare Remus. Anche se questo aveva voluto dire oscurare
il sorriso di James, l’uomo che era sempre allegro, e incupire gli occhi di
Lily, la donna che non piangeva mai, e ferire Peter, quello che voleva essere
soltanto rassicurato.
Guardò ancora i bambini in
costume, che non sapevano che i veri mostri erano davvero in giro per le strade, e poi distolse lo sguardo dal
vetro, con negli occhi l’ultima scia verde del mantello di un bimbo che correva
in mezzo alle zucche arancioni. Si gettò sul divano e chiuse gli occhi, finendo
con l’assopirsi per la noia.
Quando spalancò gli occhi nel
buio della stanza tutto ciò che sapeva era che l’ultima
cosa che aveva sognato era il riflesso verde che gli era rimasto impresso nelle
retine e che il batticuore era dovuto a quanto fosse stupidamente
impressionabile e non a un motivo reale, perché il verde era solo il mantello
di un bambino e non un incantesimo.
Guardò l’orologio e vide che era
mezzanotte e cinque, quindi tanto sarebbe valso tornare a dormire, ma Sirius
sapeva che stavolta non ci sarebbe riuscito neanche con una pozione calmante,
non con quel riflesso che si agitava nella sua testa, una testa
già squilibrata di suo come James si divertiva sempre a fargli notare.
Prese in mano la foto che teneva
nel tavolino e che aveva cercato di non guardare più, non fosse altro per la
presenza di Remus, e gli occhi gli caddero su Peter, che si era nascosto
all’ombra di James.
Decise che voleva vederlo in quel
momento e al diavolo le restrizioni per la sua sicurezza, i Mangiamorte di
sicuro non avrebbero controllato tutto il traffico babbano
di tutta l’Inghilterra e lui sarebbe andato in moto, quindi non sarebbe stato
così facilmente rintracciabile. Mise vestiti babbani da motociclista, con tanto
di casco per nascondere la faccia, e si precipitò fuori sentendo la cara
vecchia eccitazione al pensiero di una buona corsa in moto.
Non ci mise neppure mezzora, pur
stando attento a non investire i bambini rimasti per le strade, perché Peter
non viveva lontano. Almeno lui ci teneva a mantenere un qualche legame, invece
che a sparire come altra gentaglia a cui aveva creduto
in passato.
Non si stava più divertendo e
maledì Remus per questo, smontando dalla moto e andando a bussare di fretta a
casa dell’amico. Attese e bussò ancora, finché non cominciò a preoccuparsi del
fatto che Peter non si svegliasse.
«Petey,
sto entrando!» annunciò, aprendo senza fare troppi complimenti e tenendo la
bacchetta pronta in mano.
Accese la luce e vide, con
sollievo, che la casa era in perfetto ordine.
«Ehi, Peter! Sveglia!» urlò,
affacciandosi nel salottino e poi andando alla camera da
letto. «Petey?»
Il letto non era stato toccato e
Sirius si accigliò: «Sei in bagno? Andiamo, giovane
uomo, ci facciamo un dolcetto e un whisky assieme!»
Ma la porta del bagno era aperta e
Peter non c’era.
Sirius si fermò a guardarla,
completamente confuso e senza capire perché avesse all’improvviso tanto freddo anche
con il giubbotto addosso.
«Peter? Wormtail?
Sei in casa, vero?»
domandò, più a se stesso che a lui.
Era impossibile che Peter fosse
uscito, non lui che era il Custode Segreto.
Non lui che era sempre stato un
po’ codardo.
Vorrei
sapere chi potrebbe mai essere così codardo da tradire i propri amici e l’Ordine… Mi sembra assurdo! E non provare a dire il nome che
so che stai pensando, perché lui non è mai stato codardo!
James su questo aveva avuto
ragione, almeno Moony un codardo non lo era mai
stato.
«No.» sussurrò, facendo un altro
inutile giro per la casa e aspettandosi che Peter spuntasse da qualche parte,
magari addormentato, «No, no, no…» mormorò.
“Se
non mi faccio sentire ho i miei motivi!” Remus lo
aveva guardato con una furia che lo aveva fatto arretrare. Era pallido,
magrissimo e Sirius aveva pensato a quanto sembrasse
un lupo mannaro sulla via del morire di stenti, cosa che in effetti era. “Come
puoi pensare che io stia facendo la bella vita? Ma mi vedi?”
“No,” aveva risposto Sirius freddamente, e avrebbe detto
qualsiasi cosa del resto per allontanare la spia da James, “Non ti vedo perché
non ci sei mai. Non mi fido neanche più di te, Remus, non sei più l’amico che
eri. E credo che dovresti stare alla larga da noi, se
hai intenzione di darti ai viaggi come stai facendo ignorando il fatto che
James e Lily-“
Non
aveva neanche potuto continuare, Remus gli aveva sferrato un destro dritto in
faccia e si erano ritrovati a rotolarsi a terra in preda alla rabbia, e
frustrazione, più violenta.
E
quando se n’era tornato a casa, Sirius era sicuro più che mai che fosse Remus
la spia. Del resto Remus non era mai stato un violento con loro, era sempre
stato un represso, quindi o stava cedendo o quella era una vera faccia che non
gli aveva mai mostrato, sepolta insieme a tutte le
bugie che aveva rifilato loro in quegli anni.
Per
Peter era la seconda possibilità, quello era il Remus lupo mannaro.
E se invece fosse solo stato
sotto stress come tutti per via della guerra? E se fosse stato in giro per
conto dell’Ordine? Come avrebbe reagito lui se Remus lo avesse accusato a quel
modo dopo tutto quello che stava facendo?
Avere Peter che confermava aveva reso tutto più vero…
Ma se fosse P…
Urlò per cancellare quel
pensiero, correndo indietro, alla porta, a prendere la moto. Non poteva
smaterializzarsi o lo avrebbero rintracciato subito nei dintorni di Godric’s Hollow e se si stava
solo comportando da pazzo paranoico non era certo il caso di farsi seguire dai
Mangiamorte e diventare lui il responsabile di un omicidio.
Se
fosse Peter la spia?
Dimenticò il casco, saltò sulla
propria moto, cominciò a correre e spiccò il volo, salendo più in alto
possibile.
Non stava succedendo davvero, di questo ne era convinto. Si sarebbe risvegliato nel proprio
appartamento di lì a qualche secondo.
Lo
so che è tutto vero… La spia! La spia! lo contraddissero i suoi pensieri,
sconnessi e urlanti.
Scosse la testa e accelerò
ancora.
Ci sarebbero volute comunque ore
e il gelo gli stava già spaccando le mani ma non era niente in confronto a
quello che sentiva dentro.
Vi
porto via di lì subito… Dove li porto? Dovrò chiamare
Dumbledore, dovrò avvertire l’Ordine… Magari però non è Peter, magari mi sto sbagliando, Peter è
con Dumbledore per qualche motivo… Dio, Remus, mi
dispiace!
E Sirius volò più veloce che mai,
cercando di scappare da se stesso e da tutti i pensieri che lo stavano
attaccando. In cuor suo già pensava che James, Lily e Harry fossero morti, lo
aveva pensato dal primo momento in cui aveva sognato quel maledetto bagliore
verde. E sapeva che era colpa sua.
Ma non volevo.
Volevo
solo salvarli.
Ci
ho provato così tanto e non è servito a niente…
Stanno
bene!
Ricordava benissimo il momento in
cui aveva ucciso i Malandrini. Lui, non la spia, la spia
non era mai stata parte dei Malandrini, era una spia e andava uccisa, niente di
più. Ma lui…
“Devo
dirti una cosa e mi odierai per questo, ma devo farlo perché Harry è in
pericolo,” aveva esordito, seduto nella poltrona
davanti a James, non osando neppure guardarlo negli occhi.
“Parla
subito,” gli aveva ordinato James in tono serio.
“Sai
che c’è una spia nell’Ordine…”
“Chi
è?” lo aveva interrotto James, e Sirius l’aveva guardato in faccia per un
momento. L’amico era inorridito e ovviamente contrariato alla sola idea.
“James…” mormorò lui. Sapeva di doverlo fare e sapeva che l’avrebbe fatto, ma questo non gli impediva di
vedere che James non era poi così turbato, che aveva ancora il cuore scoperto e
non si aspettava una tale pugnalata.
“Se
mi chiami James e non Prongs dev’essere
qualcuno molto vicino. Marlene?”
“Non
dire cazzate” sbottò lui e James quasi sorrise.
“Dai,
parla.”
“James,
è Remus.”
Si
era aspettato una qualsiasi reazione, anche un pugno,
soprattutto un pugno, ma non che James aggrottasse la fronte e non dicesse
nulla per qualche secondo.
E
poi capì il perché.
“E Remus cosa? Continua.”
Sirius
imprecò, alzando gli occhi al cielo e poi tirandosi su e facendo qualche passo.
“Penso… che Remus stia facendo la spia. Non ho ancora prove
schiaccianti, ma ne sono praticamente sicuro.”
Non
ci fu risposta.
E
quando si voltò a guardare James, lo trovò a fissarlo con una ripugnanza tale
che lo fece vergognare di aver aperto bocca.
“Sirius,
cosa cazzo hai bevuto? Io ti stavo prendendo sul serio, qui…” gli fece presente in tono leggermente troppo isterico,
alzandosi anche lui. “Stiamo parlando di Moony,
di nostro fratello…”
“Anche
Peter lo pensa” aveva sussurrato lui e aveva sentito per la prima volta gli
occhi bruciare. Non per quello che Remus stava facendo a lui ma per quello che
stava facendo a James, che avrebbe dato la vita per
ognuno di loro.
James
l’aveva guardato negli occhi e aveva fatto un gesto come se volesse mettergli
un braccio sulle spalle, ma poi aveva scosso la testa in segno di completo e
testardo diniego e si era lasciato cadere di nuovo sul divano. Aveva guardato
il pavimento per un lunghissimo minuto e Sirius era rimasto in piedi, con le
braccia abbandonate lungo i fianchi, sentendosi improvvisamente altissimo e
inutile e poi James aveva aperto bocca.
“Non
ti credo.”
Se solo James non fosse sempre
stato così di parte forse Sirius si sarebbe anche
convinto che avesse ragione lui, anche solo per quanto lo voleva credere. Ma James era sempre stato dalla parte dei suoi amici con una
lealtà cieca e Sirius voleva proteggerlo e non aveva pensato neppure per un
istante che James potesse vederci giusto.
James era fatto
così, era quello buono, era l’eroe, quello con l’anima che andava mantenuta
innocente e intatta, lontana dallo schifo che stavano vivendo perché James era Prongs, era il
loro leader, era quello che li aveva uniti in primo luogo e di cui tutti
avevano bisogno, mentre lui era l’altro
leader, quello che faceva il lavoro sporco, quello che doveva andare sino in
fondo perché se non lo faceva lui non l’avrebbe fatto nessuno, per quanto male
questo lo facesse sentire.
Lily era a metà strada tra di
loro; Lily non aveva voluto dubitare né di Remus né di lui, ma era una madre e
voleva che suo figlio stesse bene non importava cosa dovesse sacrificare per
questo, perciò si era affidata al suo giudizio. Voleva bene a Remus e aveva
detto che non credeva fosse la spia, ma tutto era possibile, perciò se Sirius
lo pensava sarebbe stata attenta anche per James.
Lily, che ora era sua sorella
quanto James era suo fratello, che gli aveva chiesto di accompagnarla all’altare… che più che una sorella era…
“Stai
piangendo?” le aveva chiesto e lei aveva sbuffato.
“L’altro
giorno James era in ritardo e mi sono messa a piangere per la paura. Io. Per la
paura, capisci? Non vedo l’ora che il bambino sia nato.”
“Già,
che colpo per la signora Potter…” aveva sogghignato
lui, sapendo di essere il suo preferito al momento, grazie agli ormoni, e di
non rischiare di essere colpito.
Lily
aveva incrociato le braccia sopra il pancione con aria battagliera: “non mi vedrai piangere mai più. Non per paura almeno. Vedrai.”
Le
aveva fatto cenno di sedersi sul divano accanto a lui e poi le aveva detto: “non ti prenderò in giro, non vale ora. Perché
piangi?”
“Stavo
leggendo un libro… e la protagonista muore alla fine
della storia” borbottò lei.
“Beh,
se piangi per una morte è okay, anche se non è reale…” aveva accennato lui, cauto, “purché tu ti ricordi
che è solo un libro e che nessunissima protagonista morirà nei dintorni.”
“Cosa
ne sarà di Harry o Mary, se mai mi succedesse qualcosa?”
E
lui aveva ingenuamente pensato che si riferisse al parto, perché ne stavano
parlando poco prima e perché soltanto lei e James sapevano della Profezia in
quel momento.
“Non succederà niente.
E in ogni caso ci sono io, sarei un ottimo aiutante per James”
le aveva detto, vagamente scherzoso.
Lei
lo aveva guardato coi suoi occhi verdi speranzosi e
aveva accennato un sorriso, “lo so. Te l’ho sempre detto che saresti diventato
un grande uomo, Black o meno, no?”
Sirius
aveva gonfiato il petto con aria volutamente arrogante, ancora lontano dal
futuro discorso in cui lei glielo affidava ufficialmente, “e avevi ragione!”
“Sono
seria” aveva ribattuto lei con dolcezza, “suona davvero stupida come cosa ma… sono fiera di te.”
E
si era rimessa a piangere, perché in quei giorni lei era così. Solo che questa
volta per poco non piangeva anche lui.
Non era solo una sorella, era
un’altra famiglia, un’altra madre
come lo era stata Dorea.
Non aveva mai avuto tanta paura
in vita sua.
Correva e correva
e poi vide la casa, lontana ma ancora in piedi. E poi vide il fumo. E poi,
atterrando violentemente e alzando lo sguardo, vide anche il piano di sopra
distrutto e lasciò cadere la moto a terra, precipitandosi verso la casa da cui
giungevano i singhiozzi di qualcuno che sembrava Hagrid, a giudicare dal rumore
esagerato che rimbombava per la casa.
La porta era semi-aperta e lui
quasi le sbatté contro, accompagnandola con una mano e reggendosi alla maniglia
quando rischiò di cadere in avanti. Mentre si raddrizzava
lo vide.
I suoi occhi vagarono e si
fermarono agli occhiali, rotti, per terra a un metro da lui. Lasciò andare la
maniglia lentamente, incredulo, e poi sentì il sangue
gelarsi nelle vene e corse da James, sbattendo a terra di schianto e
afferrandolo per la maglia.
«James, James…
è tutto okay, non è niente…» sussurrò, tastandogli il
petto in cerca di una traccia di vita, «James, no, James, no, no, no, no… per favore non… J… Non…»
Poggiò una mano sul suo petto e
lo fissò in attesa. Di lì a un secondo James avrebbe inspirato violentemente o
qualcosa del genere, forse avrebbe tossito, e poi lo avrebbe guardato e avrebbe
sorriso come un idiota.
Sirius lo guardò negli occhi,
aperti e immobili, realizzò che l’amico non riusciva a
vedere nulla senza occhiali e così strisciò verso di essi e li infilò con
frettolosa cura sul viso di James, che era rigido in un’espressione di accusa.
Poi lo scrollò debolmente,
guardandolo speranzoso, e ordinò un flebile: «Guardami.»
James continuò a fissare il
soffitto con accusa.
James
saltò sul suo materasso, facendolo oscillare disgustosamente e strappandogli di
mano il libro di Trasfigurazione con tutto l’entusiasmo dei suoi tredici anni. Gli sorrise da sotto i capelli più spettinati del solito e…
«James…
guardami?» supplicò debolmente.
Rendersi conto che era morto lo fece
sentire come se una mano gli squarciasse il petto, afferrasse la sua anima e la
strappasse via, lasciando lì soltanto il guscio vuoto che era il suo corpo
tremante davanti all’amico che non l’avrebbe guardato mai più.
«Sirius?» chiamò una voce
lontanissima e lui sollevò lentamente lo sguardo fermandosi a metà del petto di
Hagrid. Aveva le braccia incrociate e Sirius pregò che avesse una bacchetta da
qualche parte e che lo uccidesse subito.
«S-Sirius,
mi-mi dispiace t-tanto…» disse Hagrid, tra un
singhiozzo e l’altro, «C-che
vergogna, con il p-piccolo Harry così piccolo! Ma James e Lily gliel’hanno fatta vedere, loro, hanno vinto loro alla fine!»
Sirius non capì di cosa stesse
parlando e abbassò il viso esangue su James.
«Sono eroi…
Erano eroi loro, e poi erano tanto bravi, Capiscuola…»
Lentamente il senso delle sue parole
stava penetrando la mente ottenebrata di Sirius, che sollevò di nuovo la testa
che sentiva pesantissima e stavolta riuscì a guardare Hagrid in faccia, coi lineamenti che si deformavano in una smorfia di completo
orrore: «Dov’è Lily? Harry?»
«Lily c’è al piano di sopra… Quel mostro l’ha fermata nella camera! Il-»
«Oh no.» lo interruppe Sirius,
con le labbra che quasi si tiravano in un ghigno isterico mentre lui si doveva
aiutare con una mano contro il muro per alzarsi, «Oh, no, no…
Lily?»
Scattò a tutta velocità,
attraversando il soggiorno e ignorando Hagrid che gli urlava qualcosa dietro, e
saltò sulle scale senza preoccuparsi di scivolare tra polvere e calcinacci e
slittando sull’ultimo gradino. Deviò subito verso la camera
da letto e si affacciò alla porta.
Le
pareti erano state decorate e piene di foto e c’era la
culla, e Lily che ci metteva Harry dentro e si voltava verso di lui con un sorriso
e poi Sirius
batté le palpebre perché investito da un fiotto di vento freddo e guardò i
pochi resti di muro ancora in piedi e le macerie sul pavimento bruciato e distrutto.
Un pezzo di legno appartenente alla culla stava ritto come una croce rotta
sopra un cumulo di pietre e, fuori dalle macerie ma sporca di polvere e
graffiata, c’era Lily, che Hagrid doveva aver estratto da sotto i resti del
tetto.
Sirius cadde in ginocchio,
sconfitto, e poi riuscì a spostarsi soltanto carponi, fermandosi accanto a lei
con la certezza che non avrebbe mai più avuto la forza di muoversi.
Aveva gli occhi chiusi, opera di Hagrid
che doveva aveva lasciato aperti quelli di James solo
per la fretta di vedere se qualcuno era sopravvissuto, ma le sue guance erano
bagnate di lacrime e l’espressione era ancora quella di chi stava pregando
qualcuno.
Sirius allungò una mano verso di
lei, non osando toccarla, e infine le sfiorò il viso, «No, ti prego… Sei una mamma, sei appena diventata una mamma… Avevo promesso…»
di salvarvi tutti, di
proteggervi, di essere migliore, e ho scelto Peter come Custode.
«Cos’ho
fatto?» si chiese, oltre l’orrore, trattenendo il respiro.
Il senso di colpa per un momento
sopraffece il resto e Sirius sentì le lacrime farsi
strada per emergere.
Non
smetterò mai di piangere, mai, voglio morire, voglio…
«Mi dispiace.» le sussurrò,
sentendosi in dovere di informarla almeno di questo, «È tutta colpa mia, io…»
«Sirius!» chiamò Hagrid.
«Uccidimi.» disse lui, ritraendo
la mano dal suo bel viso addolorato.
«Sirius, Tu-Sai-Chi
è sparito grazie a James e Lily e Harry, loro non ti vorrebbero morto! C’è il
piccolo Harry-» e la sua
voce fu interrotta un vagito.
L’oscurità dentro Sirius si
diradò. Non del tutto, non molto, ma lui si immobilizzò
e poi si tirò su, sbalordito e non osando crederci, e barcollò come ubriaco
verso Hagrid, poggiandosi allo stipite della porta e guardando tra le braccia
che il guardiacaccia teneva incrociate.
C’era un fagottino e ne spuntava
la testolina di Harry, un po’ sporca di sangue e con un brutto segno sulla
fronte. Il piccolo aprì gli occhi, gli occhi di Lily,
e mosse le manine da sotto la stoffa.
«Ma… come…» sussurrò Sirius
con voce strozzata.
«Non lo sa.» disse Hagrid,
intuendo al volo ciò che si stava chiedendo.
La sua vita aveva ancora un senso
ora, c’era una promessa che avrebbe mantenuto, e allungò le braccia verso
Harry, «Lo puoi lasciare a me, Hagrid, sono il suo padrino, ho promesso-»
«Non ce lo
posso lasciare a nessuno, Dumbledore mi ha detto di portarcelo a lui e solo a
lui!»
«Ma io
sono il suo padrino!» insistette Sirius con la voce che si stava trasformando
in un ringhio.
«Sì, ma sono gli ordini di Dumbledore!»
ribatté Hagrid, visibilmente dispiaciuto ma senza smuoversi di un millimetro, «Dopo lo prendi tu, vedrai! Ma
adesso lo porto da Dumbledore! Tu non ci devi avvertire Remus e Peter? Eravate
come a Hogwarts anche adesso, no?»
Peter.
Il resto delle parole di Hagrid
neanche le sentì, si raddrizzò abbandonando lo stipite e disse con una nuova
voce: «Sì, ora ho alcune cose da sistemare. Prendi la
mia moto, a me non serve più.»
«La moto?» ripeté Hagrid, «Ma è
la tua…»
«No. Prendila.»
tagliò corto lui, guardando Harry un’ultima volta.
Tornerò
a prenderti dopo aver vendicato i tuoi genitori. Aspettami.
Corse fuori e passò accanto alla
moto, cercando di non guardarla, di non sentire la voce di Remus che lo
implorava di rallentare o quella di James che rideva dei poliziotti babbani che
avevano cercato di fermarli. O quella di Lily che lo incitava a correre.
O quella di Peter che non ci
voleva neanche salire.
Girò un po’ a vuoto per Godric’s Hollow, sapendo di aver
bisogno di una mente fredda e logica prima di poter rintracciare il bastardo e
fargliela pagare, e guardò le luci che provenivano dalle finestre, tutte
persone svegliate dall’esplosione, tutte famiglie che avrebbero avuto un
futuro.
Cercò di non scivolare nella
pazzia, non prima di aver ricordato l’indirizzo della madre di Peter.
All’alba ci riuscì, ma era troppo tardi.
Si smaterializzò e fece qualche
passo, prima di vederlo. Era appoggiato a un palo elettrico e teneva la testa
bassa, il verme traditore.
Quello
non può essere dalla parte dei Mangiamorte, ho visto Remus parlarci!
Per
fortuna che ci sei tu, Sirius, non ci sarei mai arrivato!
Beh,
sei un bravo padrino, se non ci pensi tu…
Remus
non era a casa stamattina.
Cosa
ne pensi, Sirius?
Mi
fai copiare?
‘Wormtail’ mi piace! Io mi tengo Wormtail
come nome, va bene?
Si
vede che non sono abbastanza intelligente…
Fidati
di me.
Sirius sentì il suono di qualcosa
che andava in pezzi, dentro la sua testa, e poi lo chiamò. Una volta sola,
voleva solo guardarlo negli occhi e vedere la vita abbandonarli come aveva
fatto in quelli di James e Lily.
«Io…»
mormorò il traditore.
E poi, scandalosamente
incredibile, si lanciò in un giardino e corse.
«DOVE CREDI DI
ANDARE?» urlò, e poi sentì una risata isterica salirgli in gola. Sapeva di non
aver niente da ridere ma non c’era altro che poteva fare, non aveva lacrime da
versare, non ancora. Cominciò a correre seguendo la scia di Peter e pensando
che l’avrebbe torturato.
«TORNA QUI,
PETEY! TORNA DA SIRIUS!» cantilenò come se si stesse
rivolgendo a un bambino.
Lo seguì dalla strada, riuscendo a vedere tra le foglioline dei cespugli qualche guizzo colorato mentre il traditore continuava a scappare.
«WORMTAIL! ESCI FUORI!»
urlò ancora e quasi rise di nuovo, sentendosi esaltato come il gatto che sta
mettendo il topo in trappola. Avrebbe portato la sua testa a Dumbledore,
avrebbe fatto piangere il traditore come lui aveva fatto piangere a Lily, povera Lily, una mamma…
Wormtail saltò finalmente in mezzo alla
strada, urtando babbani e affrontandolo da parecchi metri di distanza.
La risata gli si fermò in gola
mentre stringeva le dita attorno alla bacchetta.
«SIRIUS!» urlò improvvisamente il
traditore, «COME HAI POTUTO, COME HAI POTUTO! SI
FIDAVANO DI TE!»
Sirius trattenne il fiato. Come
aveva potuto fare cosa? Non era stato
lui a ucciderli. O meglio, sì, li aveva uccisi eccome, ma non era un rimprovero
che Wormtail poteva porgli…
Ho
frainteso qualcosa? E se non è stato Peter, se in qualche assurdo modo fosse è stata colpa di qualcun altro e Peter pensa che è la sua?
Non
è Peter, è Wormtail, è lui il traditore, quelle
stronzate su Remus…
«LILY E JAMES, SIRIUS! COME HAI
POTUTO?» urlò ancora.
Sirius notò con un secondo di
ritardo che gli stava puntando la bacchetta contro e
cercò di ripararsi mentre Wormtail faceva qualcosa di
strano con le mani.
Il colpo non arrivò direttamente
a lui però, perché fu tutto quanto a esplodere.
Tutto
è esploso dentro e tutto è esploso fuori… pensò incoerentemente tentando
di alzarsi; un urlo gli ferì le orecchie e poi altre urla, altro dolore, altre macerie…
Si mosse verso Wormtail, che non riusciva più a vedere, e inciampò contro
la gamba di qualcuno. Un altro morto, altri morti…
Proseguì dolorosamente avanti,
scivolando quasi in un cratere in mezzo alla strada e passandogli attorno.
Quando arrivò nel punto in cui Wormtail stava in piedi fino a poco prima
e guardò a terra si ritrovò a fissare un dito.
Un
dito, quello che
forse avrebbe lasciato lui se l’avesse… se l’avesse…
Ed
è quello che penseranno, non è così? Tu lo sapevi, avevi programmato tutto…
Sirius rise a bassa voce,
guardando il dito. «Sempre a far finta di essere un incapace, ed invece eri il più furbo… Ah, Petey, ci hai fregato tutti…»
borbottò con la voce che si alzava per volontà propria, e poi fu scosso da
un’altra risata senza suono, che si trasformò ben presto in una molto, molto
più rumorosa e gracchiante.
Non sapeva neanche più perché rideva ma si piegò in due con una mano contro lo stomaco e
gli occhi brucianti di lacrime mentre continuava a ridere.
Qualcosa gli bloccò i movimenti e
sentì una voce dire: «Non ci sarà bisogno di un processo…»
«Non posso crederci…»
disse un altro, e Sirius si rese conto di essere circondato da Auror, cosa che
lo fece ridere ancora più forte, perché era tutto andato come Wormtail voleva.
«Fosse
per me lo ammazzerei prima di arrivare ad Azkaban,
guarda qua…» sbottò un Auror, indicando una donna a
terra in un lago di sangue. Sirius era d’accordo con lui.
Eccetto che non c'era bisogno di alcun assassino, lui era già morto.
E ruggì un'altra risata, gli occhi fuori dalle orbite che si riempivano di lacrime.
Finiva così.
Questa l’ho
scritta subito dopo il fattaccio con la mia amica che ci ha mollate e mi ha ferita
come poteva, salvo poi fare marcia indietro quando era troppo tardi. La Wormtail, sì.
Per voi questo non sarà il
capitolo più triste, me ne rendo conto, ma per me lo è proprio per questo e perché
adoro Sirius.
Lily ogni tanto ha pianto, lo so,
ma le prime volte era una ragazzina e quando è
cresciuta ha versato le sue lacrime praticamente solo per A morti e B la
gravidanza che le ha scombussolato gli ormoni – a differenza di Alice che l’ha
presa con più aggressività che cambi di umore continui - per questo Sirius definisce
in cuor suo quella che non piange mai, praticamente lei è meno emotiva anche di
James alla fin fine. E ho sempre pensato che uno con una madre come Sirius abbia
continuato in un certo senso a cercare una figura
materna, e Lily, che lo amava incondizionatamente e che era “fiera di lui”
e lo sosteneva in un certo senso
svolgeva quel ruolo.
In
the end si riferisce alla canzone dei Linkin Park, perché doveva essere una songfic
prima che mi ritirassi da un contest proprio per via
di quella mia amica (troppo male a scriverne) e perché mi è stata ispirata un
po’ dal ritornello “I tried so hard (…) but in the end it doesn’t even matter”
. Sirius ci ha provato più che poteva, ma ciò che conta, almeno per lui, è che James
e Lily siano sotto terra alla fine.
E vi dovevo dire qualcosa di importante ma non me lo ricordo proprio.