Sono contenta che la storia sia stata apprezzata, e spero di ricevere i vostri pareri anche in questo primo capitolo.
Buona lettura ♥
Too much is made of what’s in me
Not enough about how I strive
Keep an eye on your world it’s cheating
Keep an eye keep an eye on me
« Ahi.
» Sussurrai piano quando un po' di ovatta bagnata di
disinfettante venne posata sulla mia guancia livida. Sentivo dolori
dappertutto, avevo lividi ovunque e non riuscivo a muovermi. Il ragazzo
davanti a me, però, sembrava non accorgersene e
continuò imperterrito nel suo lavoro. Sì che se
rimanevo lì steso per terra, sarei dovuto andare in
ospedale, ma un minimo di sensibilità, no? Provai
ad allontanare il volto dalla sua mano, ma lui continuava ad eliminare
la distanza avvicinandosi sempre di più.
« Perchè mi aiuti? » Dissi piano, un
gesto involontario. « Non me ne rimango fermo quando
qualcuno sta per essere
massacrato. » Soffiò apatico,
vicino alla mia faccia. Abbassai gli occhi, mantenendo il mio solito
sguardo vacuo. Non mi interesseva che qualcuno mi aiutasse. Feci per
alzarmi, ma le mie gambe non collaboravano e sentii una fitta
terribile allo stomaco, come un buco nero che si stava aprendo dentro
di me. Caddi sulla poltrona sopra cui ero
seduto precedentemente e misi le braccia contro la
parte ferita istintivamente. Quella sensazione era qualcosa di
terribile. « Fammi
vedere. » Proclamò il ragazzo,
alzandosi dalla sedia di fronte a me. Alzai lo sguardo verso di lui, e
ciò che vidi, fu uno sguardo verde acqua,
talmente profondo e talmente vuoto allo stesso momento. Mi
girai da un lato con il viso e con il busto.
« Sei un medico? » Anche
se il suo aspetto era quello di un ragazzo giovane e quindi la risposta
era scontatamente un no, la posi comunque. Dovevo davvero mettermi
nelle mani di quel tizio? L'avevo detto con il mio solito tono apatico.
« No, » Sussurrò avvicinandosi,
« ma chissene frega. »
Serrai di più la stretta contro il mio stomaco
dolorante e socchiusi gli occhi quando una fitta più
dolorosa delle altre mi trafisse in due. Sentì il respiro
del ragazzo vicino al collo, e lo vidi far scendere la cerniera della
felpa blu. Alzò la maglietta bianca che avevo sotto e
scoprì il mio stomaco violaceo. Mi fissava tra lo scettico e
il preoccupato, come se avesse capito che quella era stata solo una
delle tante volte che venivo picchiato. Si allontanò e
andò a prendere una specie di pasticca bianca da un
armadietto. Lo guardai probabilmente in modo strano, dato che mi
rispose così. « Mio padre è un
medico. » Disse come a giustificare la presenza di
una cassetta piena di farmaci e garze. Prese dell'acqua dal frigo e ne
versò un po' in un bicchiere con disegnate delle fragole. Me
la porse, ma dato che non lo afferrai subito,
mi guardò male e disse: « E' un
antidolorifico. » Presi la pasticca e la
ingoiai. Abbassai lo sguardo, anche quello faceva parte del mio
carattere rimissivo. Sentivo uno sguardo acqua puntato su di me, quasi
fastidioso. Mi girai guardando a destra, verso la finestra coperta da
tendine sottili e bianche. « Matt. »
Sussurrò poco dopo e lo guardai. Il mio sguardo azzurro si
rifletteva nel suo e probabilmente attendeva una risposta. Non ero mai
stato un tipo espansivo, e forse ero anche un po' asociale.
L'unico motivo per cui risposi fu per educazione. Ero abituato a farmi
prendere in giro per il nome che avevo. « Abyss.
» Sussurrai talmente piano, che ero certo non mi avrebbe
sentito. Meglio così, in fondo non mi interesseva
granchè. Nè lui e nè io parlammo, per
un tempo che sembrò interminabile. Osservai il bicchiere con
le fragole. « E' carino. » Dissi.
Mi guardò negli occhi. "Mh?" Disse con un verso.
« Il bicchiere. » Sussurrai.
« E'....carino. » Un breve
silenzio poi la sua voce vibrò nell'aria.
« Dici? » Soffiò.
Annuì, voltando lo sguardo verso la cucina. Io seduto sulla
poltrona con disegnati dei fiori, lui sulla sedia di legno. Pensai
davvero fosse passata un'eternità.
« Ti...ringrazio. » Dissi,
guardandolo negli occhi, deciso a tornare a casa. Camminai verso la
porta da cui ero entrato. Presi lo zaino che era all'ingresso, e misi
una mano sulla maniglia. Sentì dei passi dietro di me, e mi
girai. « Alle 6. »
Sussurrò di nuovo apatico, con le braccia lunghe sui fianchi
e lo sguardo fisso. « Eh? »
Riuscì appena a dire. « Domani alle 6 di
mattina di fronte il mare. » Lo guardai confuso,
dove voleva arrivare? « Perchè? » Dissi
incerto, non sapendo cosa volesse. « Tu vieni. Mi
devi un favore, no? » Sussurrò e poi
tornò nella stanza dove fino a poco tempo prima
eravamo stati noi. Aprì la porta e uscì.
Percorsi la strada di casa lentamente, facendo attenzione a non passare
per qualche vicolo. Di botte ne avevo avute abbastanza per oggi e anche
per domani. Dopo una ventina di minuti, arrivai a casa. Presi le chiavi
dallo zaino ed entrai. Le luci spente, la casa vuota, come al solito.
Andai direttamente nella mia camera, dove mi sdraiai sul letto morbido
e chiusi gli occhi. Ero stanco, mi addormentai con ancora i vestiti
addosso.
Mi svegliai che erano le cinque di mattina. Non mi sorprendeva, ero
andato a dormire alle 7 e di conseguenza mi svegliai prima.
Sentì tutti i muscoli doloranti, tanto che all'inizio pensai
di non potermi alzare di lì. Poi ricordai quello che aveva
detto quel ragazzo. "Alle sei di fronte al mare. Mi devi un favore,
no?" Scossi la testa, a malapena mi alzavo dal letto quel giorno.
Rimasi fermo a guardare il soffitto per circa dieci minuti, quando
capii che non mi sarei riaddormentato. Con cautela, mi mossi e feci un
passo in direzione dell'armadio. Presi un paio di jeans e un maglione
molto più largo di quanto non avrebbe dovuto essere. Guardai
fuori dalla finestra e notai il cielo grigio. Sospirai, come
sempre del resto.
Pov Matt.
Sapevo che nonostante avessi fatto lo spaccone a dire le sei di
mattina, non sarei riuscito ad alzarmi presto. Non so nemmeno io
perchè mi interessasse arrivare puntuale. Sarà
per il fatto che quando prendo un impegno lo mantengo, sempre e
comunque. Mi svegliai con il suono della sveglia del cellulare che
segnava le 5 e mezza. Sinceramente non credevo che quel ragazzino
sarebbe venuto. Però, doveva come minimo farlo. Come gli
avevo ricordato, lui mi doveva un favore. Anche se in quel caso e anche
in questo, ero più io che volevo fare un favore a lui. Mi
preparai piuttosto velocemente, e uscendo di casa e rientrando poco
dopo perchè mi ero dimenticato lo zaino. Sarei
dovuto andare a scuola, dopo. Mi diressi verso il punto di incontro, lo
avevo scelto perchè ero certo che fosse un punto conosciuto.
Anche se avevo visto davvero poche persone fermarsi su quel muretto
bianco. Camminai piano con lo sguardo basso. Quando lo rialzai, vidi un
ragazzo seduto su quel muretto. Con lo zaino sulle gambe e l'aria
annoiata. Non sapevo perchè, però, ero felice che
fosse venuto. Mi avviai verso di lui, che appena sentì
qualcuno avvicinarglisi alzò lo sguardo. Quando gli fui di
fronte, alzò una mano in segno di saluto. Era il ragazzo
più difficile che avessi mai incontrato. Dopo me.
« Sei venuto. » Sussurrai a bassa
voce, guardandolo. Mi riguardò a sua volta, sempre con
quegli occhi vuoti, quasi vacui. Era come se quegli occhi fossero solo
di un azzurro profondo, tanto profondo da perdercisi. Ma che oltre
questo, non ci fosse nulla. Il volto era quello di un bambino, con gli
zigomi violacei e l'espressione da cane bastonato. Alzò le
spalle, guardando dall'altra parte. Perchè dovevo infilarmi
in certe situazioni? « Andiamo. » Feci per
farmi seguire e con un po' di difficoltà scese dal muretto.
Probabilmente risentiva dei pugni di ieri. Mi seguiva a qualche passo
di distanza, dietro di me. Mi fermai e mi venne a sbattere contro.
Alzò gli occhi verso di me, e li riabbassò.
« Puoi anche camminarmi a
fianco. » Dissi guardandolo un po' male. Cosa
temeva, che l'avrei morso? Si mise accanto a me e camminnammo verso un
parco. Era sempre deserto, dato che era lontano dal centro della
città. Quando arrivammo si guardò intorno
spaesato, senza capire bene quello che stava succedendo. Mi
guardò interrogativo, come a porre una domanda silenziosa.
« Da oggi, cominciano le tue lezioni di auto-difesa.
» Sussurrai per rispondergli. Mi fissò male e fece
per andarsene quando lo afferrai per un polso. « A
me le cose stanno bene così come
stanno. » Disse, a bassa voce. « Proprio
come immaginavo, a te non frega niente se ti picchiano.
» Lui annuì, ancora del tutto
indifferente a ciò che stavo dicendo. Allora sorrisi.
« E a me non frega niente se tu ti
rifiuti. »
« Immagino che le tue ferite ti
facciano ancora male. » Sussurrai rivolto
al ragazzino seduto su una panchina. Annuì mentre guardava
un uccellino seduto vicino a lui. Abyss, che nome strano. Era la prima
volta che lo sentiva. Però, effettivamente, gli piaceva. In
qualche modo gli si addiceva perfettamente. « E che
non hai le forze per muoverti. » Annuì
ancora una volta. Avrei dovuto immaginarmelo, oltre a essere stato
colpito forte, era un po' troppo magro di costituzione. Mi rivolse uno
sguardo interrogativo, quando capì che lo stavo fissando.
« Ah un'altra cosa. » Dissi
avvicinandomi a lui e sedendomi sulla ringhiera della panchina,
guardando dalla parte opposta alla sua. Alzò nuovamente lo
sguardo verso di me. « Potresti dare una risposta a parole e
non solo a gesti e non usare solo monosillabi? » Lo guardai
un po' male, ma lui sembrò non accorgersene. Alzò
le spalle. « Immagino che posso farlo... qualche
volta. » Disse guardando quello stesso uccellino che
adesso volava su un ramo. Socchiusi gli occhi quando disse qualche
volta. « Hai fame? »
Sussurrai guardandolo. Annuì con un "Mh". Mi alzai e andammo
verso un chiosco. Era aperto pur essendo le sei di mattina.
« Che cosa vuoi? » Dissi. Mi
guardò e indicò con il dito sulla vetrina una
merendina dalla confezione rossa. Il venditore la prese e la mise sul
bancone. Pagai io, in fondo, nel bene o nel male lo stavo costringendo
a stare lì con me, perciò, dovevo come minimo
offrirgli la colazione.
« Tieni. » Dissi passandogliela e
mi ringraziò. La guardò un
secondo, cercando da che parte si dovesse aprire. Lo
osservai divertito, a volte faceva cose buffe e le espressioni che
aveva mentre le faceva era qualcosa di...adorabile? No, il termine non
poteva essere quello giusto eppure in quel momento fu l'unico che mi
arrivò al cervello. Bevvi il caffè caldo mentre
lui mangiava con piccoli morsi quella merendina.
Feci un passo verso di lui, « Facciamo
un giro. » Sussurrai guardando le sue spalle. Lo
sentì dire un « Non puoi stare fermo un
attimo. » e poi prese lo zaino appoggiato sulla
panchina in ferro battuto. Si mise davanti a me e mi fissò.
Sinceramente, non riuscivo a capire cosa passasse nella sua testa.
Camminammo per una stradina vicino al mare, in silenzio. Nè
io nè lui avevamo aperto bocca. Proseguì per un
po' finchè capii che non mi stava seguendo. Guardai al mio
fianco, e infatti, lui non c'era. Mi girai e lo trovai a qualche metro
di distanza, accovacciato su se stesso. Mi avvicinai a lui, guardandolo
forse con leggera preoccupazione. « Non ti senti
bene? » Chiesi, immaginando che le ferite che aveva
dovevano fargli un dolore atroce. Mi guardò interrogativo,
come se avessi fatto chissà quale domanda.
« Eh? » Domandò con
quella vocina bassa. « Mi allacciavo la
scarpa. » Disse poi indicando il laccio bianco.
Stavo diventando ansioso per una cosa del genere? Alzò le
spalle e tornò in piedi. Quasi mi venne da ridere pensando
alla mia stupidità. « Sediamoci.
» Disse poggiando lo zaino sul muretto. Lo sguardo spento, i
capelli un po' scompigliati dal vento che si era alzato.
Annuì. Si sedette vicino a me e poggiò una mano
sul suo stomaco. Lo guardai di profilo, i capelli castani tendenti al
biondo gli erano finiti sugli occhi. Non so per quale diavolo di
ragione, allungai la mano verso di lui e glieli spostai dal volto. Mi
guardò con quell'aria interrogativa che in un solo giorno
avevo visto e rivisto. « Scusa. » Dissi
senza sapere esattamente per cosa mi stavo scusando. Alzò le
spalle e si voltò dall'altra parte. Un rumore leggero,
quello di una vibrazione, proveniva dal suo zaino. Lo prese e
tirò fuori il cellulare. Lesse qualcosa e scese dal muretto.
« Tra dieci minuti devo essere a scuola. Ci
vediamo. » Disse con tono apatico.
« Domani, alle sette. »
Sussurrai guardandolo. Lo vidi annuire e andarsene. Aspettai che
girasse la traversa e andai anche io verso la mia scuola.
Beh, ogni modo, spero via sia piaciuto,
bye bye.