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Autore: Doll_    04/05/2011    10 recensioni
June è un'adolescente riservata e timida che al secondo anno di liceo viene inevitabilmente attratta nella tana del lupo cattivo. Jack è più grande e affascinante, ma anche col suo carattere intrattabile e scontroso, riesce a far innamorare di sé la ragazza e a portarla a letto, per poi lasciarla come suo solito. Peccato che l'anno dopo i due verranno messi a stretto contatto a causa dell'imprevedibile destino che, seppur detestandosi, li unirà sempre più...
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'June e Jack'
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Sad Celebrations


John si era seduto accanto a me sul prato, offrendomi la sua giacca per coprirmi dal freddo dato che quel vestitino era come insesistente.
“Pensavo.” Risposi solamente, rivolgendo lo sguardo davanti a me. La luna era piena nel cielo scuro e coperto di stelle. Il prato era umido ma faceva abbastanza caldo da essere sopportabile.
Avevo sussultato appena era venuto a cercarmi, sperando vanamente che fosse un'altra persona, ma comunque preferivo la sua compagnia a quella di molta altra gente lì in mezzo. Io e John ci scambiavamo spesso qualche parola e sapevo che ci era rimasto deluso quando aveva scoperto che i suoi metodi di conquista su di me non avevano alcun effetto e la sua bellezza il minimo potere. Mi dispiaceva per lui ma i miei sentimenti non ne volevano sapere. Nessuno li avrebbe costretti...
“Sei una tipa molto pensierosa tu, eh?” Chiese gentilmente, avvicinandosi.
“Abbastanza.” Sorrisi. Non ero proprio in vena di cercare di essere perfetta per loro. Quella sera la mia autostima era calata sotto terra. Come al solito, quindi...
“A cosa pensavi, se posso.” Domandò, cercando evidentemente di attaccare bottone.
“Ti sei mai sentito tanto inutile da pensare che se ci fossi o meno, non farebbe la differenza?” Sbottai, voltandomi a guardarlo, girando di poco il busto.
Lo avevo colpito impreparato, fu chiaro anche per l'albero davanti a noi.
“Scusami... E' logico che tu non possa capirmi. Sei il leader della scuola.” Continuai, parlando più a me stessa che a lui. Sapevo di star parlando a vanvera, che poche settimane prima o anche quella mattina stessa, non avrei mai avuto il coraggio di rivolgermi a lui in quel modo, ma al momento ero così presa dai miei pensieri che la realtà sembrava essere solo un lontano sogno sfocato.
“Ti sbagli.” Mi riscosse lui, facendomi rialzare il viso. “Anche io mi sento spesso così. E' dura dover mantenere ogni giorno una certa reputazione, tener conto di ogni gesto per paura di qualche giudizio... Non dico che porto una maschera ma ogni tanto vorrei comportarmi diversamente da come sono costretto a fare.” Spiegò, seriamente preso da quei discorsi. In quell'istante conobbi il vero John.
“Nessuno è costretto a fare qualcosa. Se piaci per quello che sei, e sono sicura che è così, sei libero di comportarti come più preferisci.”
“Forse ti stai confondendo con Jack. E' lui quello che può fare quello che vuole e continuare ad essere adorato da tutti. Semplicemente, perchè a lui non gliene frega niente di nulla e nessuno. E probabilmente è quello più furbo di tutti.” Fece spallucce, amareggiato ed evidentemente deluso da quella consapevolezza.
Mmm.. E così John aveva dei complessi d'inferiorità verso suo cugino Jack?
“Hai mai provato a fare qualcosa al di fuori degli schemi?”
“Una volta ho aiutato una professoressa a raccogliere dei libri che le erano caduti a terra.. Una sciocchezza, ma per una settimana non fecero altro che dire che mi ero rammollito, che volevo fare il ruffiano e, addirittura, che mi piaceva quella professoressa... Quella di biologia! Che ha cinquantasei anni, un marito e tre figli!” Fece, indignato ma facendomi comunque ridacchiare da quella inaspettata reazione. Si stava sfogando con me. Me che non aveva mai conosciuto. Non sapevo se esserne lusingata o terrorizzata. “Per rovinarti sarebbero in grado di fare qualunque cosa.”
“Forse proprio perchè sanno che a te dà fastidio, cercano di attirare la tua attenzione. Con Jack non ci provano nemmeno perchè sanno che lui non reagirebbe neanche sotto tortura, quindi non c'è divertimento.” Sorrisi dolcemente, osservando i suoi bei lineamenti sotto la luce fioca della luna.
“Jack ha capito tutto della vita.” Sentenziò infine, facendomi sussultare.
“Non dire così. Sembra che tu invece non abbia capito niente solo perchè hai un carattere completamente diverso dal suo. Non ha senso. Ognuno è unico a suo modo..”
“Francine mi ha detto quello che hai fatto per lei. Sei stata molto carina.” Cambiò improvvisamente argomento, non riuscendo a sostenere il precedente.
“Non ho fatto nulla.” Minimizzai, come mio solito.
“Hai detto lo stesso quando l'hai aiutata col pizzaiolo. Sei buona, June, ammettilo.” Mi sorrise, finalmente, tranquillizzandomi un po' di più. Infondo mi dispiaceva averlo rattristato a causa dei miei stupidi pensieri e i miei dubbi da adolescente depressa.
“Non mi conosci, John, non puoi dirlo.” Feci, misteriosa come sempre.
“Ma vorrei. Per ora ho capito che sei riservata, ma la prima a farsi avanti se c'è da aiutare qualcuno. Strano che fin'ora nessuno ci abbia mai provato con te.” Avvicinò ancora di più il viso al mio, costringendomi a guardare il buio di fronte a me.
“Beh, ineffetti non è che io abbia una scia di spasimanti alle mie spalle... Ed è per questo che ti dico che non mi conosci bene affondo. Evidentemente c'è qualcosa che proprio non va in me.” Probabilmente perchè sono una fredda, cuore di pietra, ragazza testarda ed insensibile fino al midollo, continuai mentalmente.
“Immagino che sia solo perchè sei troppo complicata da decifrare ed estremamente impenetrabile.” Possibile che una persona riuscisse a conoscere il tuo carattere, la tua personalità, anche senza averti parlato troppo a lungo? Ero un libro tanto aperto?
“A me sembra che tu sia riuscito bene a.. decifrarmi.”
“Ho detto quello che avrebbe capito chiunque. E' per questo che i ragazzi non ti si avvicinano. Li allontani tu con la tua inconsapevole freddezza.”
“Mmm.. Grazie. Peccato che non sei il primo che me lo dice.” Risposi, amareggiata.
“Ma io trovo tutto questo infinitivamente eccitante... Te l'ha mai detto qualcuno, questo?” Mi sorprese, facendomi ricordare con tristezza che Jack aveva detto molte altre cose simili a questo, ma più poetiche. Dio, quanto mi mancava...
“Mi dispiace ma sono tutto fumo e niente arrosto. Le tipe come me sono eccitanti da scoprire ma da buttare appena si arriva alla sorpresa. Succede sempre così.”
“Ma ci sono persone che sono sempre da scoprire.” Mi sorrise, ritornando il belloccio pieno di sé.
“Beh, io non sono fra queste.” Assentii, ricambiando il sorriso.
“Sei troppo cattiva con te stessa, June.” Mi guardò negli occhi, seriamente. Ora era fin troppo vicino a me.
“Ma è la verità.” Sussurrai, agitata per la vicinanza.
“Non credo proprio.” Sussurrò di rimando anche lui, avvicinandosi ancora di più e volgendo lo sguardo sulle mie labbra. Oh, cavolo.
Feci giusto in tempo a spostarmi, così che con le labbra toccasse solo il lato delle mie in un bacio casto e senza significato.
“Scusami, non dovevo. Sono stato troppo affrettato.” Fece subito, allontanandosi da me e alzandosi come se si fosse scottato.
“Non ti preoccupare...”
“Ho rovinato tutto, lo so. Scusami, davvero.” Continuava senza nemmeno sentire le mie rassicurazioni.
“John, no..” Stavo per ribattere, ma lui se ne andò improvvisamente lasciandomi nuovamente sola e con il doppio dei dubbi precedenti.
Che avesse fatto la classica tecnica del pentito per poi aspettarsi una mia reazione positiva, e cioè che mi alzassi, lo raggiungessi e lo ribaciassi, oppure era davvero dispiaciuto e risentito?
Non lo avrei mai saputo, almeno in quel momento.
Passarono altri minuti nei quali la mia fantasia e i miei pensieri continuarono a vagare nella mia mente senza meta o punto d'incontro.
Fatto stava che avevo addosso ancora la giacca di John, così feci per alzarmi svogliatamente per andare a riconsegnargliela, quando una sagoma scura mi bloccò all'istante.
“John, avevo io la tua giacca...” Iniziai, sperando davvero che fosse lui.
“Non sono John.”
“Jack?” Biascicai, improvvisamente senza più respiro e col cuore in gola.
“Stavi con mio cugino?” Lo sentii avvicinarsi fino a quando la luce di un lampione leggermente lontano, riuscisse ad illuminarlo del tutto.
In quell'istante invece fui sicura dell'esistenza degli angeli... seppur demoniaci.
“E' andato via quasi mezz'ora fa.” Spiegai, risultando, almeno alle mie orecchie, come una patetica giustificazione.
“Ma hai la sua giacca.” Constatò, col minimo turbamento. Continuava a guardarmi come se non mi stesse realmente vedendo.
“Avevo freddo e me l'ha prestata.” Ancora con le giustificazioni.
“Ti stava bene. Potevi tenerla, poi gliela riporti più tardi.” Fece con nonchalance, sedendosi a terra dove poco prima ero seduta io.
“V-vuoi rimanere qui?” Deglutii, sentendomi una vera e propria cretina.
“E' vietato?” Domandò, continuando a guardare di fronte a sé.
Sbuffai. Inutile parlare normalmente con un individuo talmente testardo come Jack. Mi rassegnai e mi risedetti a terra, leggermente distante da lui.
“Perchè devi sempre parlarmi così, me lo spieghi?” Me ne uscii di getto, facendolo voltare a guardarmi come fossi impazzita e, sì, lo ero proprio se in quel momento avevo davvero detto quello che credevo di aver detto.
“Così, come? Parlo a tutti così.” Spiegò, colto leggermente di sorpresa.
“Beh, non farlo con me. E' fastidioso.” Già che c'ero, tanto valeva vuotare il sacco.
“Mi dispiace per te, ma io faccio quello che voglio e non mi metto certo ad ascoltare le lamentele di una ragazzina come te.” Spiegò anche lui, con estrema calma, come se mi stesse elencando la lista della spesa e non mi avesse appena ferita ingiustamente.
“Con questa ragazzina che disprezzi tanto ci hai fatto l'amore, Jack. Non mi sembra che in certi momenti mi detestassi tanto.” Sputai come veleno, lasciandolo quasi senza parole. Ecco, quasi.
“Immaginavo che prima o poi avresti tirato fuori questa storia.” Biascicò, spazientito.
“Se ti ha fatto così tanto schifo scoparmi potevi anche rifiutarmi!” Ero diventata persino volgare, adesso. Ma era colpa di Jack. Tutta colpa sua che riusciva a tirare fuori il peggio di me.
Fu un decimo di secondo che mi ritrovai sdraiata sul prato con lui completamente sopra di me.
“Taci, non sai nemmeno di cosa stai parlando.” Sussurrò, come lama tagliente.
Non replicai. Rimasi ferma e immobile sotto di lui, senza nemmeno respirare per non rischiare di inalare il suo profumo e perdere la testa. Restammo così per qualche minuto fino a quando Jack non si rialzò in piedi e lanciandomi un'ultima occhiata indifferente, se ne andò definitivamente e, nuovamente via da me.

Jack era abituato a lanciare il sasso e a nascondere la mano. Prima parlava, poi lasciava la frase a metà, e infine scappava facendoti restare con l'amaro in bocca per la curiosità.
Ora: cosa aveva voluto dire con quella frase intimidatoria?
Stufa di restare lì seduta a non fare nulla, constatando anche che erano solo le dieci, mi alzai e mi decisi ad andare alla festa per riconsegnare, come prima cosa, la giacca a John.
Risalita dalla collinetta, non era nulla cambiato, anzi. Era anche peggiorato! Dalla casa si sentiva della musica assordante che le coppie nascoste dietro i famosi cespugli non sembravano nemmeno sentire, date le esclamazioni di godimento che ne provenivano. Camminavo a testa bassa, alzandola solo per vedere dove andare, con quei tacchi allucinanti, nel prato, sentendomi lo sguardo di non pochi ragazzi allupati addosso. Fortuna che Francine mi aveva assicurata di non lasciarmi mai sola... Tzè.
Entrai in casa giusto in tempo per vedere arrivare una bottiglia vuota di non ricordo cosa, diretta dietro la mia testa che, fortunatamente, abbassai al momento giusto per non restarci uccisa.
“June, tutto bene?” John mi era venuto subito incontro, notando la mia espressione sconvolta dallo shock.
“S-sì..” Deglutii, mentendo alla grande. No, che non stavo bene! Stavo per morire!
“E questa chi sarebbe?” Un'altra voce maschile mi sorprese, facendomi voltare nella sua direzione e scorgere un ragazzo alto, biondo e con gli occhi castani, non bellissimo ma di certo non brutto.
“Bruce, questa è June, un'amica di Alicia e Francine. June, questo è Bruce, il fratello di Stacy.” Ci presentò gentilmente, come suo solito.
Ma io non ero ancora in condizioni di capirci qualcosa quindi annuii percettibilmente, e mi riportai una mano sul petto, come a cercare di controllare i battiti.
Poi, perchè John aveva detto che ero solo un'amica di Alicia e Francine? Non ero anche amica sua, forse? Certo, non ci conoscevamo molto, ma avevamo parlato spesso e quella chiacchierata di poche ore prima era stata comunque un passo avanti.
“Mmm... Davvero un bel bocconcino.” Apostrofò quel licantropo, squadrandomi da capo a piedi, facendomi pensare che al posto degli occhi avesse una vista a raggi X.
“Uhm.. Sì, piacere anche mio.” Borbottai, levandomi la giacca di John e porgendogliela alla svelta, non volendo altro che andarmene da lì. “Ero venuta a darti questa, grazie.” Sorrisi per poco, sentendo ancora di più, ora che mi ero definitivamente “denudata”, lo sguardo insistente di Bruce.
Girai velocemente i tacchi ed uscii dal salone, non prima di aver sentito il cugino di Stacy, dire a John: “Non te la sei ancora fatta, quella...?”
Sarei tornata indietro se non fosse stata per la voglia incontrollabile di uscire a prendere un po' d'aria.
Mi sentii improvvisamente al sicuro, ma purtroppo la calma durò poco perchè fui raggiunta subito da Stacy, che sembrava aver bevuto più del dovuto.
“Ehi, tesoro! Come mai quel muso? Su, bevi questo!” Gridò nel mio povero orecchio, appoggiandosi alla mia spalla come salvagente, mentre mi porgeva il suo bicchiere pieno di un contenuto rossastro. “E' buono!” Alitò sotto il mio naso, un misto fra menta e fragola.
Fortuna che non le piace il contatto fisico con le ragazze, pensai, sentendomi inevitabilmente a disagio.
“Ehm, veramente io.. non bevo.” Deglutii, cercando di deviare la strada del bicchiere verso la mia bocca.
Solo io e alcune mie amiche potevamo sapere perchè era meglio che stessi alla larga dall'alcol.. E anche Jack lo sapeva bene.
Non lo reggevo affatto. Un goccio era capace di mandarmi subito in tilt, facendomi parlare a vanvera, spifferare la verità su tutto e sparare cavolate a più non posso.
Mi rendeva esageratamente euforica, ecco.
“Ohh, avanti! Non devi mica guidare! Scaldati un po', sembri un ciocco di legno! Così non ti divertirai mai...” La sua voce aveva dei sbalzi di volume pazzeschi, tanto da farmi venire il mal di testa all'istante e farmi accettare solo per farla stare zitta.
Presi il bicchiere e, tappandomi il naso, mandai giù tutto il contenuto senza fermarmi neanche a riprendere fiato, sentendo poi il liquido ghiacciato scendere fino allo stomaco e stordirmi il cervello.
“Oddio! Spero che tu abbia mangiato qualcosa, almeno, ragazza!” Urlò, sostenendosi da sola per battermi le mani come se avessi vinto la maratona.
“Veramente... no, perchè?” Chiesi, ancora leggermente lucida.
“Sei fottuta, allora. Quel coso ti uccide ogni neurone!” Fece, attaccando a ridere subito dopo, senza più fermarsi e dirigendosi verso altra gente per raccontare l'avvenuto.
Oddio, e adesso? Adesso nulla, era troppo tardi. Avrei dovuto ficcarmi all'istante due dita in gola in modo tale da rivomitare tutto il contenuto, ma il tempo di trovare un bagno e l'alcol avrebbe fatto subito effetto.
Ero fottuta...
Sentivo già la lucidità scivolare via da me come sabbia fra le dita e la vista appannarsi senza una ragione ben precisa...
“June, ehi, mi senti?” La voce di Francine risuonava come se fosse a mille miglia distante da me e non ad un centimetro dal mio orecchio.
Non mi accorsi nemmeno di essere caduta a terra.
“Mhm?” Mugugnai, deglutendo e risentendo quel sapore strano in bocca.
“Cosa hai bevuto?!” Mi chiese, preoccupata.
“Mmm.. Non so... Me l'ha offerto Sssssstacy!” Farfugliai, strascicando ogni parola.
“Oh, Gesù!” Biascicò, portandosi le mani sulle labbra mentre io mi rimettevo in piedi e mi dirigevo imperterrita verso un tavolo apparentemente allettante.
“Ehi, dolcezza!” Mi venne vicino, fin troppo vicino, Bruce, con lo stesso bicchiere di Stacy in mano.
“Oh, ciao.. coso.” Sorrisi falsamente, continuando a camminare verso il tavolo.
“Hai bevuto, eh?” Mi chiese con quel sorriso stomachevole sul volto.
“No, macchè!” Borbottai, sbattendo contro il suo petto.
“Che ne dici se andiamo a divertirci un po', eh?” Non voleva proprio mollare.
“Perchè no?” Feci spallucce, appoggiandomi al suo braccio per non rischiare di ricadere a causa di quei tacchi maledetti.
Ci stavamo avvicinando alla porta di casa quando una mano afferrò il mio braccio e mi spinse dalla parte opposta a Bruce, facendomi sbattere nuovamente contro un altro petto.
“Ehi!” Sentii esclamare dal fratello della festeggiata.
“Ma non ti vergogni? Approfittare di una ragazza ubriaca!” Questa era la voce di John, lontana dalle mie orecchie anche se la sua presenza era vicina.
“Ma io volevo divertirmi!” Protestai, dimenandomi fra le braccia del mio 'salvatore'.
“Sta ferma.” Mi ammonii quella che riconobbi come la voce ferma e tagliente di Jack.
“Ohh! Adesso mi dai anche gli ordini!” Sbottai, accecata dal rancore e dalla rabbia verso tutto il male e la sofferenza che mi aveva causato.
“Sei ubriaca.” Senteziò, come a voler giustificare la sua mancanza di risposte.
“Lasciami in pace! Voglio divertirmi!” Mi dimenai ancora, capendo che quello a cui ero addossata era lui.
“Hai sentito che ha detto? Vuole divertirsi!” Ripeté Bruce, alle mie spalle.
“Lei non va da nessuna parte.” Fece John, ricomparendo nella conversazione.
Non vedevo nulla. Riuscivo solo e a malapena a distinguere le voci dei soggetti.
“Io.. voglio...” Ma la mia ennesima protesta non ebbe modo di essere finita dato che svenni all'istante proprio davanti a tutti, sentendo solo delle braccia forti sorreggermi prima che mi sfracellassi sull'asfalto e terminando, almeno per me, quella stancante serata piena di pressioni e tristi festeggiamenti...

“Ferma la macchina, Jack! Si è risvegliata!” Gridò la voce squillante e preoccupata di Francine, mentre i miei occhi anche se faticosamente, cercavano di riaprirsi.
A quanto capii dalla frenata successiva, Jack aveva seguito il consiglio di Francine.
“Voglio voooomitare...” Biascicai, dolorante.
E la mia richiesta venne subito messa in atto perchè improvvisamente mi sentii alzare e portare fuori dall'auto, all'aria aperta. Okay, né la mia testa, né tanto meno il mio stomaco stavano reggendo quel cambiamento di clima.
“Io e Alicia restiamo con lei.” Continuò lei, sostenendomi per un braccio mentre l'altro, probabilmente, era sorretto dalla sua amica.
“Dddove stiiiamo andaaando?” Biascicai, pentendomene subito dopo.
Iniziai a vomitare quella sostanza rossastra in men che non si dica, su quella che, alla luce della luna, doveva essere erba ai limiti della strada nella quale si era fermata la macchina.
Sentivo la mano di una delle due tenermi la fronte e un'altra reggermi i capelli mentre continuavo a tirar fuori quello che sembrava veleno mangia neuroni.
“Come ti senti?” Chiese Alicia, scandendo le parole come se fossi ritardata.
“Come se mi avessero appena presa a calci..” Ammisi.
“Beh, almeno non parla più in quel modo strano..” Constatò lei, diretta verso Francine, parlando di me come se non ci fossi.
“Già.” Assentì, l'altra.
“Grazie..” Ribattei, sarcastica, tanto per far capire loro che c'ero anche io e che mi ero momentaneamente ripresa.
“Scusa..” Ridacchiò la rossa “Ti riportiamo in macchina.. Riesci a camminare?”
“Se mi tolgo queste maledette scarpe, sì!”
“Ehi! Non offendere le mie Prada!” Esclamò, falsamente indignata, Alicia, mentre mi aiutava a togliermi quei tacchi spaventosi che tanto avrei voluto bruciare, se non fossero costate più di tutto il mio guardaroba messo insieme.
Un po' gattonando e un po' camminando stile homo erectus, riuscii a raggiungere la macchina e a risedermi ai posti dietro, senza però affrontare lo sguardo di Jack dal finestrino.
“Come stai?” Furono inevitabili la domanda e l'espressione premurosa di John, che si era girato subito per vedere in che condizioni ero ridotta.
“Meglio..” Borbottai, cercando in tutti i modi di nascondere la mia faccia sicuramente peggiore di quella di Franken Stein.
“Che insolente! Sei stata una stupida, lo sai!?” E come un fulmine a ciel sereno, neanche l'avesse studiato, Jack mi aggredì, colpendomi impreparata.
“Che ho fatto??” Chiesi incredula, sentendo già le lacrime brucarmi gli occhi.
Perchè quel tono così cattivo? Avevo vomitato... Mi ero sentita male. Forse era stata la bibita che mi aveva offerto Stacy, ma non avevo fatto nulla di male che io ricordassi; poteva capitare a chiunque! Non aveva alcun diritto di sgridarmi in quel modo come se avessi tre anni.
“Ohh, certo! Adesso nemmeno ti ricordi! Per tua informazione stavi per farti il fratello di Stacy, o meglio, lui stava per fare te, perchè non credo saresti stata molto partecipe in quelle condizioni...” Continuò a rimproverarmi, raccontandomi quelle cose che non stavano né in cielo né in terra.
Bruce? Quel tipo? Io, con quel... coso? Impossibile.
“JACK!” Alicia, John e Francine cercarono di placare la sua ira, richiamandolo all'unisono ma senza ricevere alcuna risposta dal diretto interessato.
“Non dovevamo portarla!” Disse invece, sempre più irritato.
“Non credo a quello che hai detto.” Deglutii, mordendomi il labbro a sangue.
Solo lo sguardo che John mi lanciò, mi fece capire che quello che aveva detto Jack era la verità... “Oh, mio Dio...” Biascicai, quindi, addolorata.
Stavo iniziando a disperarmi quando John cercò di tranquillizzarmi, posando la sua mano sulla mia gamba, cosa che a Jack non sfuggì.
“E chi le ha prestato quel vestito?! Non vedete che è mezza nuda!” Jack sembrava incontrollabile. Non riusciva a calmarsi e fortunatamente non aveva ripreso a guidare altrimenti, come minimo ci saremmo schiantati da qualche parte.
“Era una festa, Jack, tutte le ragazze erano vestite così!” Cercò di giustificarsi Alicia, mentre la mia testa ricominciava a girare come una giostra senza freni.
In quel momento, però, un dolore lancinante al braccio mi riscosse e distrasse dalla discussione fra l'improvviso isterico Jack e Alicia.
“E questo livido?” Chiesi, strabuzzando gli occhi, prima che Jack potesse ribattere alla frase di Alicia, facendolo zittire subito.
John ancora mi guardava con quel misto di dispiacere e compassione, come uno che voleva dire qualcosa, senza rischiare di dire troppo... E allora stava zitto.
In macchina regnò il silenzio mentre io guardavo quella grossa macchia nera sul mio braccio, farmi sempre più male al tocco.
“E' stato Jack.” Parlò Francine, con voce timorosa. “L'ha fatto per tirarti via dall'abbraccio di Bruce.” Spiegò, volgendo prima lo sguardo a me, poi a Jack e viceversa.
“Ma.. E' ernome!” Deglutii, con voce spezzata.
“Preferivi farti violentare da quell'animale!?” Ecco che Jack ricominciava a sbroccare come un pazzo psicotico.
“Mi spieghi perchè urli e ti alteri tanto!?” Sbottai, stufa di quelle riprese umilianti.
“Io faccio quello che voglio!” Ripeté, mandandomi il sangue al cervello.
“Mmmm... DIO QUANTO TI ODIO!!!” Strillai infine, con i nervi a fior di pelle, uscendo dall'auto anche se scalza e dirigendomi verso il prato lì vicino.
Lo odiavo perchè in quel momento avrei voluto sentirmi dire che si stava comportando in quel modo perchè era preoccupato.. perchè teneva a me. Come una sciocca avrei voluto sentirmi dichiarare cose che da Jack non avrei mai sentito dire.
Rimasi in piedi, a guardare il cielo schiarirsi per un po', prima di sentire altri passi dietro di me farsi sempre più vicini.
Sicuramente era Francine, o John... Non mi aspettavo di certo Alicia o...
“Sali in macchina, altrimenti prederai freddo.” No, che venisse lui non me l'aspettavo affatto. Ma quanto poteva piacergli darmi ordini?
“Fammi indovinare.. Ti hanno costretto a venire, vero?” Domandai, acida come non lo ero mai stata con lui, senza nemmeno voltarmi a guardarlo.
“Indovinato. Ma dico sul serio..”
“A te non è mai importato nulla di me, perchè dovrebbe importartene ora?” Probabilmente un po' d'alcol era rimasto nel mio cervello, perchè da lucida non avrei mai detto quelle cose.
“Lo pensano tutti, ed io non mi spreco troppo a spiegarne il motivo.” Ammise, avvicinandosi e mettendosi di fianco a me, guardando anche lui l'alba.
E' tardi. Voglio andare a casa.” Feci, rigirandomi e cercando in tutti i modi di non far vedere le lacrime di quella consapevolezza a lui, che amavo sempre più di me stessa.

 

PS: UN GRAZIE INFINITO ALL'ARTISTA DELLA FAVOLOSA IMMAGINE DA COPERTINA SparksFly!!!!

   
 
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