28. The Story
Per
tutta la vita, Bobby si era vantato di non avere paura di niente: non aveva mai
avuto paura del buio, non aveva mai temuto i ragazzi più grandi di lui, non si
era mai spaventato nemmeno trovandosi uno contro quattro in un vicolo buio di
Detroit. Ma adesso Bobby Mercer, trentacinque anni di spavalderia e arroganza,
aveva paura di varcare la soglia dell’ospedale: aveva paura di trovarsi davanti
il dottor Turner, aveva paura di vederlo scuotere la testa con aria di
sconfitta. Peggio, aveva paura di trovarsi davanti Aaron, e di diventare
vittima della sua rabbia. In fondo, era stato lui a convincere Adia a
sottoporsi all’operazione.
Bobby
aveva voglia di piangere. Aveva pianto soltanto due volte in vita sua: la
prima, quando aveva saputo della morte di sua madre; la seconda, quando Jackie
gli era morto tra le braccia, sulla neve davanti casa. Bobby si strinse forte
il naso tra pollice e indice, scongiurando il pericolo di scoppiare in lacrime
davanti alla porta dell’ospedale. E se
invece fosse andato tutto bene?, pensò. Se
Adia ti stesse già aspettando, sveglia e sana? E se Aaron, invece di
picchiarti, volesse solo abbracciarti? Chiuse gli occhi per un istante,
ripensando all’ultima notte. “Sai, Bobby,
non credevo sarei mai arrivata a dirlo, ma… credo che tu ed io, in qualche
modo, siamo fatti per stare insieme” gli aveva sussurrato Adia, forse
credendolo addormentato, accarezzandogli i capelli come soltanto sua madre
aveva fatto. “Insomma, siamo diversi.
Siamo opposti. Ma forse ci incastriamo bene proprio per questo. Forse è giusto
così.”
Prima
di rendersi conto di aver mosso un passo, Bobby si ritrovò nell’atrio
dell’ospedale. Improvvisamente, si rese conto di non saper dove dirigersi. Si
guardò intorno per mezzo minuto, prima di decidersi a muoversi verso il banco
dell’accettazione. Mentre lo raggiungeva, cercava di mettere insieme le parole
giuste, senza successo. Che razza di qualifica aveva, per arrivare lì a
domandare dove fosse Adia? Abbozzò un sorriso all’infermiera in camice giallo che
alzò gli occhi domandandogli di che cosa avesse bisogno, ma prima ancora di
riuscire a parlare, una voce familiare lo chiamò. “Oh, buonasera, Bobby.” Si
voltò rapidamente in direzione della voce, incrociando il sorriso
dell’infermiera che si era occupata di Adia. “Me ne occupo io” aggiunse,
rivolgendosi alla collega. “Adia sta bene” lo rassicurò, mettendogli un braccio
attorno alle spalle e guidandolo verso un corridoio sulla sinistra.
“L’intervento è riuscito, e il dottor Turner sta finendo proprio adesso alcuni
controlli. Non si è ancora svegliata dall’anestesia” aggiunse, prevenendo una
domanda che forse non avrebbe nemmeno avuto il coraggio di arrivare, “ma
dovrebbe mancare poco. Comunque veda di convincere quel poveretto ad alzarsi
almeno per andare in bagno” disse ancora, a voce bassa, indicando un uomo
biondo raggomitolato su una delle fredde seggiole di plastica fissate alla
parete. Bobby annuì, e Carla lo lasciò andare.
“Ehi”
sussurrò ad Aaron, avvicinandosi a passo lento.
“Ehi”
rispose l’altro, alzando la testa. “L’intervento è andato bene, ma non si è
ancora svegliata.”
“Sì,
me l’ha detto…” iniziò Bobby, lasciando cadere a metà la frase.
“Il
dottor Turner è con lei” disse ancora Aaron, voltando appena la testa verso la
camera. “Sta finendo alcuni accertamenti.”
Bobby
annuì. “Ti… ti spiace se mi…”
“Prego”
lo interruppe l’altro, indicando una delle seggiole vuote.
Bobby
non fece nemmeno in tempo a sedersi, che immediatamente il dottor Turner uscì
dalla camera. “Buonasera” li salutò, facendoli scattare entrambi sull’attenti
come soldatini obbedienti. “Adia sta bene. Come vi avevo anticipato,
l’intervento è riuscito, esattamente come previsto. Ho appena concluso una
serie di accertamenti, e sembra proprio che non ci si possa lamentare. Dovrebbe
svegliarsi tra una decina di minuti. Normalmente permettiamo solo ad una
persona di restare con il paziente, ma… sono disposto a fare uno strappo alla
regola, sempre che mi promettiate di non affaticarla troppo.” I due uomini
annuirono. “Bene. Con permesso.” Il medico si congedò, e i due rimasero a
guardarsi per una manciata di secondi, decidendo chi dei due dovesse parlare
per primo.
Bobby
lasciò andare un sospiro profondo, chiudendo gli occhi per un istante. Alla sua
sinistra, Aaron si risedette. “Dio, ti ringrazio” mormorò, le mani giunte
davanti al volto. “Ho… ho dovuto litigare con Cecilia, per venire qui”
aggiunse, senza muoversi. “Lei non… credo che ce l’abbia a morte con te.”
“Ci
sono abituato.”
“Abbiamo
parlato, quanto?, due volte, eppure conoscerti… accidenti, conoscerti mi ha
cambiato. È come se improvvisamente fossi diventato capace di difendermi, di…
di agire. Io non ne sono mai stato
capace. Era… era papà, quello forte. Era papà quello che sapeva prendere il
controllo della situazione. Di ogni situazione.
Io ho sempre cercato di imparare da lui, ma non ci sono mai riuscito. Ma
adesso… adesso è come se avessi finalmente trovato il coraggio di farmi valere.
Con mia moglie e con le mie sorelle.” Fece una pausa e alzò gli occhi su Bobby,
rimasto in piedi a fissarlo. “Le ho chiamate. Le ho chiamate tutte. Sai, mentre il dottor Turner
operava Adia. Le ho chiamate e mi sono fatto valere. Ne ho dette quattro a
ognuna di loro, per come… per come hanno trattato Adia in tutti questi anni.
Per quello che hanno pensato di lei quando papà è morto.”
“Ne
sono felice.”
“Mai
quanto me.”
Bobby
accennò un sorriso, distolse lo sguardo e si sfilò lentamente il giubbotto,
improvvisamente conscio di quanto facesse caldo in quel corridoio. “Io credo…
credo che dovresti entrare. Adia starà per svegliarsi, le farà piacere avere un
viso familiare accanto.”
“Se
è per questo, forse troverebbe più rassicurante avere te vicino.”
“Aaron,
io…”
“Entriamo
insieme, Bobby. In fondo, il dottor Turner ci ha dato il permesso.”
Bobby
si lasciò convincere, e seguì Aaron all’interno della stanza. Con grande
sorpresa di entrambi, gli occhi di Adia erano spalancati. “Sapevo che vi
sareste piaciuti” mormorò, la voce arrochita dall’anestesia. “Sapevo che
sareste andati d’accordo” sorrise. Bobby sorrise a sua volta, lasciando andare
avanti Aaron. In fondo, pensò, forse Aaron ha ragione, e forse Adia e io
staremo insieme per tutta la vita. Forse Aaron ha ragione: forse siamo davvero
cambiati.