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Autore: jinajin    06/06/2011    2 recensioni
Era ridicolo che lei, guerriera dell'amore, non avesse neanche uno straccio di ragazzo.
Minako Aino si da al vagabondaggio notturno, alla ricerca del ragazzo che popola i suoi sogni.
Quella notte tirava una leggera brezza invernale e Minako era intenta a saltare da un tetto all’altro nel distretto di Shibuya. [...] Una voce profonda aveva attirato la sua attenzione. Cercò con lo sguardo il proprietario della voce nella folla che usciva dal locale. Lo trovò accanto ad una vetrina di un negozio, accompagnato da altri tre uomini. [...] Non riusciva a vedergli il volto, perché il ragazzo le stava di spalle ed era intento a chiacchierare con i suoi amici. Era tentata di scendere dal tetto e avvicinarsi per scoprire il volto del ragazzo. Ma non era il caso visto che indossava le vesti di Sailor Venus e se invertiva la trasformazione aveva addosso solo il pigiama.
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Minako/Marta, Sorpresa, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
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1 ~ First Encounter 
 

Passeggiava allegramente da un tetto all’altro, cantando l’ultima canzone della sua idol preferita. I piedi, dal passo leggiadro, ticchettavano leggeri come le lancette di un orologio da polso. Il vento gelido ululava e si accaniva violentemente, scompigliando la lunga chioma della guerriera. Uno dei lunghi ciuffi le finì in mezzo al viso. E persa la vista per pochi secondi, la nostra Sailor Venus perse l’equilibrio, in una maniera a lei poco consona: scivolò da un cornicione e per poco non cadeva dal tetto.
«Maledizione!» esclamò, mentre cercava di non perdere la presa dal cornicione.
Di certo non merito il titolo di dea della bellezza ora come ora!
Con un ultimo sforzo s’issò sul cornicione, sedendosi con i piedi a penzoloni e con il fiatone. Si passò una mano sulla fronte per asciugarsi il sudore. Poi abbassò lo sguardo e osservò la gente che si perdeva nella vita notturna. Passava tanta gente e lei continuò a guardarli, finché non scorse per caso un paio di odango. Per vedere meglio, Minako si sporse di qualche centimetro. Non era sicura se erano stati due odango, colpa del sonno stava per dirsi. Ma dopo un’altra occhiata attenta appurò che erano quelli di Usagi. Chi andava al giro con degli odango biondi come i suoi? La cosa strana era l’ora tarda e il quartiere. Rimase a rimuginare per dieci secondi e alla fine decise di seguire l’amica.
 
2:05 AM, Roppongi.
Aveva seguito i due codini fino a Roppongi. Usagi era entrata in un locale, lo STB 139. Minako si era fermata dentro ad un vicolo nella parte opposta della strada e aveva invertito la trasformazione. Appena le luci si affievolirono il buio tornò a inondare tutt’intorno alla ragazza. Invece di proseguire, Minako si era nascosta dietro a un bidone per non farsi vedere con solo il pigiama addosso. Cominciò a cercare qualcosa, in maniera alquanto agitata come per paura di non trovarci quello che stava cercando, nelle tasche dei pantaloni del pigiama. Appena toccò il freddo metallo del Crescent Compact, Minako si rilassò e lo tirò fuori. Aveva deciso di ritirarlo fuori dalla cassetta di sicurezza che teneva sotto il letto qualche sera prima. Poi controllando il calendario, per capire quando ci sarebbe stata la luna piena – che serviva per caricare il crescent compact -, che era stata appunto la sera prima.
Se lo rigirò tra le dita guardandolo da ogni angolo possibile. Quell’oggetto era stato il suo asso nella manica quando aveva affrontato la Dark Agency. Una volta aveva rischiato le penne solo perché non aveva dato ascolto ad Artemis, rimanendo senza difese perché il portacipria lunare era rimasto a batteria scarica.
Dal vicolo partì un’altra scarica di luci, rivelando infine una donna sulla ventina, vestita di un solo miniabito blu prussia e con décolleté nere tacco 12. Avanzò con sicurezza verso l’entrata del STB 139.
 
«Kunz, sventola a ore 15!».
Un uomo seduto al banco, dai lunghi capelli argentati, si volse verso il suo amico. Non degnò di uno sguardo la donna vestita di blu che era appena entrata e ordinò un altro drink.
«Non t’avevo detto che non m’interessa?» disse l’uomo, appena il barman gli riempì il bicchiere con altro scotch.
L’amico, dai corti capelli biondi, lo fissò di traverso per lunghi attimi per poi ritornare con lo sguardo sulla donna in blu.
«Se non avessi un debole per le more, l’avrei già abbordata… » disse, mentre sorseggiò il suo gin tonic.
 
Minako proseguì per tutta la sala, alla ricerca di Usagi. Un paio di volte sorrise, compiaciuta dagli sguardi che metà sala, di sesso maschile, le aveva riservato. Trovò Usagi infondo alla sala. Era seduta accanto al suo Mamoru e stava bevendo un drink analcolico alla frutta. Mamoru, invece, era intento a scandagliare la sala, forse per cercare un cameriere.
Ma certo… Minako che ti aspettavi da Usagi? Non è mica come te, che te ne vai al giro di notte alla ricerca del ragazzo che vive nel tuo mondo onirico…
Minako stava per fare dietrofront per andarsene, ma colta da un’improvvisa voglia di ficcare il naso un po’ ovunque, desistette e rimase. Avanzò verso il bancone, ticchettando con i tacchi e ondeggiando i lunghi capelli arricciati, cogliendo parecchi paia di occhi intrisi di gelosia.
Minako, regina di cuori e nemica nr. uno delle donne!
Occupò uno dei tanti sgabelli alti e schioccando con una mano si guadagnò l’attenzione del barman. Il quale abbandonò il biondino, al quale stava shakerando un cocktail, per andare a servirla.
«Ehi, idiota!» gridò il biondino.
Il barman lo ignorò di sana pianta e chiese a Minako cosa lei desiderasse. Lei ordinò un semplice drink analcolico e fece una linguaccia al biondino.
«Ma come osi?!» esclamò quello.
Minako stava per ridere, ma si trattenne dal farlo quando vide che il biondino si era alzato e a grandi falcate le si era avvicinato.
«Capisco che sei donna e bella, ma questo non ti dà il diritto di comportarti come una principessa!» la sgridò il ragazzo.
Parecchia gente si era girata per osservare con interesse quello che stava succedendo al bancone. Minako, con la coda dell’occhio, vide che anche Usagi e Mamoru si erano voltati verso di loro.
«Principessa a me?» disse Minako, più a se stessa che al ragazzo iracondo.
Scoppiò a ridere.
«Non è la prima volta che mi comporto da tale».
Una mano s’appoggiò sulla spalla del ragazzo, facendolo sussultare.
«Jadeite, smettila» ordinò una voce.
A Minako si erano illuminati gli occhi. L’uomo che aveva appena parlato era il proprietario della voce profonda dell’altra volta. Alto, lunghi capelli argentati e portamento elegante. Proprio lui.
Finalmente riesco a vederlo in faccia!
L’uomo, che intanto era riuscito a calmare l’amico, la squadrò da capo a piedi. L’attenzione però durò poco, un decimo di secondo al massimo. Infine, aveva distolto gli occhi, di un blu-grigio, per rivolgersi all’amico.
«Si torna a casa» disse, trascinando via Jadeite.
Minako era rimasta allibita. Sia dal fatto che l’uomo era un dieci superlativo, come lei amava classificare i ragazzi, sia da come l’aveva trattata. Non era cosa nuova che lei finiva ignorata dal ragazzo di turno, ma il loro rapporto – al momento durato nientemeno un decimo di secondo - quasi inesistente era risultato in una catastrofe senza pari.
«Mina, che ci fai qui?» chiese una voce che conosceva bene.
Si girò per trovarsi di fronte a Usagi, la quale indossava un’espressione divertita.
«T’ho visto al girello e così ho deciso di seguirti!» sbuffò Minako.
«Ma come hai fatto a… mi hai rubato la penna lunare?!» disse Usagi, sbuffando di rabbia.
Minako tirò fuori il portacipria a mezzaluna e lo sventolò davanti alla faccia sbuffante della sua Princess.
«Ah!» esclamò Usagi.
 

˜

 
Entrambi erano seduti su una balaustra ed erano impegnati in una discussione alquanto accesa. Lui insisteva a tenere un certo evento sulla terra. Minako, nei panni di Sailor Venus, negava l’idea di lui perché preferiva che l’evento si tenesse lì sulla Luna.
«Ma perché?» chiese lui.
Venus incrociò entrambe le braccia e alzò la testa, fiera.
«Il tuo principe sa difendersi e ha altri tre come te che gli fanno la guardia. La nostra princess, che è dotata di una curiosità tale che potrebbe distruggere il regno della luna in un sol colpo, è solo una ragazza e sulla terra si perderebbe subito!» rispose Venus.
Lui non aveva altre ragioni con cui poteva ribattere. Venus l’aveva spiazzato e così aveva vinto il duello. L’altra volta si erano sfidati a suon di spada e lui aveva vinto. Stavolta erano pari.
 
  «Minako, sua altezza reale la desidera al telefono!».
Artemis che aveva sentito l’urlo della madre di Minako, era salito per comunicarlo alla padrona. Ma la sua voce rauca non aveva avuto alcun risultato, poiché Minako era ancora nel mondo dei sogni. Perciò balzò sul letto e si avvicino, cauto e silenzioso, fino al primo orecchio che aveva trovato e urlò, dando sfoggio ai suoi miagolii nuovi di zecca, ottenuti grazie a tante ore passata a emulare un gatto che abitava vicino. Ciò che ottenne in cambio fu una sberla in pieno viso.
«AHIA!» gridò il felino.
Minako si era alzata di soprassalto e incidentalmente era scivolata, atterrando addosso al povero Artemis. Un altro ahia echeggiò per casa Aino.
«Artemis, per evitare che mia madre sospetti che io intrattengo presenze maschili in camera mia, più tardi va da Luna e restaci per un paio di settimane!» gli disse lei, riuscendo ad alzarsi.
«Mina!» urlò sua madre, dal piano di sotto.
«ARRIVO!» rispose lei, a pieni polmoni.
 
«Hai visto il tiggì di mezzogiorno?» chiese Usagi, dall’altro lato del telefono.
Minako, che era scesa di corsa, si stava appena riprendendo con dei lunghi respiri.
«No. Perché?» disse poi.
«Perché c’è un servizio che parla delle tue ronde notturne!» disse la voce, in lontananza, di Rei.
Merda.
«Usagi, la prossima volta che metti il vivavoce, avvertimi!» concluse Minako, sbattendo la cornetta del telefono al suo posto.
Merda, merda, merda! Di sicuro appena arrivo al tempio, mi silurano!
 

˜

 
«Kunz, hai visto il telegiornale?».
Che domanda stupida. Sì, l’aveva visto. Ogni mattina, alle otto spaccate, Kunzite accendeva la tv e guardava il tiggì. Più che altro lo guardava per il meteo, così sapeva se doveva portare con sé l’ombrello.
Prima che Jadeite lo chiamasse e lo assillasse con la sua mania delle guerriere sailor, Kunzite era intento a lavorare al pc. In quel periodo lavorava spesso a casa giacché il tempo allo studio non bastava mai.
«Jadeite, sto lavorando. Ne parliamo stasera, ok?» disse, con il solito tono austero.
Jadeite, soddisfatto dalla risposta, chiuse subito la chiamata. Kunzite sapeva che più tardi sé ne sarebbe pentito, ma per ora non ci badò. Lo studio presso il quale lavorava, era stato incaricato di un progetto molto importante e a Kunzite era stato dato l’onore di occuparsene. Né Jadeite né le sailor gli avrebbero fatto perdere tempo.

   
 
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