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Autore: MiaStonk    10/06/2011    9 recensioni
Se con 'Corner of your Heart' vi avevo incuriosito, se adoravate il rapporto che legava James a Lisa e se avreste voluto sapere di più sull'amicizia di Rose, Albus e Scorpius... è qui che dovete fermarvi.
Dal quinto capitolo:'Quella fu una lunga notte, una notte fatta di segreti, passioni e amore. Di rimpianti, di ripicche e dolore. Una notte che forse avrebbe cambiato irrimediabilmente la vita di sei ragazzi. Fu così che le prime luci dell’alba arrivarono come un sollievo per molti di loro.
I tenui raggi del sole accarezzarono tre letti quella mattina. Illuminarono lenzuola in cui si erano consumati taciti peccati e sentimenti sopiti. Rischiararono il volto pallido di una ragazza dai lunghi capelli biondi e il volto arrossato, accanto a qualcuno i cui occhi verdi brillavano nella semi oscurità della stanza.
Incontrarono due corpi abbracciati, che dividevano un unico guanciale su cui si univano ciocche rosse a ciuffi biondi, chiari come i raggi di una luna che aveva appena lasciato il posto al suo rivale.
Scoprirono mani intrecciate e corpi semi nudi di due ragazzi che troppi anni prima avevano condiviso un sentimento che i loro cuori non riuscivano ad accantonare.
Quella fu una lunga notte e il giorno che ne seguì sarebbe stato probabilmente, ancora più lungo.'
Partecipa al contest 'Long fiction battle-sfida all'ultimo capitolo' di Marisol
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Rose/Scorpius
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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                                                                                                  hh

 

Dinanzi ad un camino spento, sprofondando in una rossa e comoda poltrona, James Sirius Potter sfogliava distrattamente il libro di Incantesimi. Sotto di esso, sulle sue ginocchia, ben nascosta la Mappa del Malandrino a cui, di tanto in tanto, dava un’occhiata.

 

“Cosa fa di bello Lisuccia?”

 

“Credo studi, è in biblioteca…”

 

James spalancò gli occhi, sobbalzando e voltandosi a fissare suo cugino Fred con un cipiglio seccato e indispettito. L’altro, dal canto suo, scoppiò giustamente in una sonora risata. Non era la prima volta che riusciva ad incastrarlo in un simile tranello, sicuro che il primo pensiero dell’altro fosse proprio l’amichetta d’infanzia, la giovane Serpeverde.

 

“E’ indubbio caro cuginetto, l’unico sano di mente nella nostra famiglia, sono io!”

 

Alla smorfia di James, l’altro gonfiò il petto, continuando a parlargli con malcelata supponenza, forte delle assurde condizioni in cui tutti gli altri erano precipitati.

 

“Miseriaccia, siete Grifondoro o sbaglio? Siete Weasley o sbaglio? Rose si crogiola nella sua apatia, tu rifiuti di tirar fuori le palle, persino Dominique si è rammollita!”

 

“La mia situazione è completamente div…”

 

“Diversa? Davvero? Qui si parla di sentimenti Jamie, di amore. E tu te la fai sotto, è questa la verità! Merlino, sei stato tirato su a pane e coraggio e ti tiri indietro alla prima tremarella?”

 

“Non si tratta di paura!”

 

“Di cosa, sentiamo… “

 

Era raro che i due cugini, sempre ligi alle burle e al divertimento, si impelagassero in simili discorsi. Il più delle volte si dilettavano in argomenti frivoli per il solo piacere di parlare e stare l’uno accanto all’altro. Ma come la vita vuole, si cresce e arriva il momento di appendere i giocattoli al chiodo per affrontare tutt’altro, che di divertente aveva ben poco.

 

James si rialzò, avvicinandosi al camino e compiendo qualche passo avanti e indietro, portò una mano a scompigliare quei capelli neri, già indomabili e sospirò pesantemente. Fred lo fissava con sguardo deciso, l’idea di far cadere il discorso non gli sfiorava neppure.

 

“Vedi, il fatto è che… “

 

Non terminò la frase, un’agitata Lisa Baston attraversò il ritratto della Signora Grassa, e in pochi passi fu davanti a James che, per puro spirito di sopravvivenza, indietreggiò. A suo dire, gli occhi della ragazza mandavano lampi che avrebbero potuto incenerirlo da un momento all’altro.

 

“Cosa cazzo significava quella domanda?”

 

“Perché tutta l’armata Serpeverde ha la nostra parola d’ordine?”

 

“Rispondi per la miseria!”

 

Il giovane Grifondoro si voltò lentamente verso il cugino che, lungi dall’aiutarlo, sghignazzava allegramente, rialzandosi poi e strizzando l’occhio ai due.

 

“Io me ne vado a dormire! Lisuccia non me lo ammazzare, ho idea che potrebbe mancarmi!”

 

E trottò gioviale fino al dormitorio maschile, sotto lo sguardo esasperato e deluso di James. A che serviva avere quella caterva di cugini se, quando ne aveva bisogno, non erano mai nei paraggi a dargli manforte? Sospirò, affondando le mani nelle tasche e riportando lo sguardo su Lisa che , braccia incrociate, sembrava non volersi muovere di un millimetro.

 

“Cosa credi significasse?”

 

“Perché non me lo dici tu?”

 

“Magari perché non ne ho voglia?”

 

“Potremmo smetterla di rispondere ad una domanda con un’altra domanda?”

 

“Hai iniziato tu!”

 

“AHHHHH!”

 

Lisa portò le mani alla testa, accasciandosi sul divano vicino, dondolando il corpo avanti e indietro e infine avvicinando il capo alle ginocchia. James, che era sobbalzato per l’urlo disumano, puntò lo sguardo oltre le scale del dormitorio maschile dove gli era sembrato di sentire qualcosa. Fu distratto nuovamente dai movimenti della ragazza e dai suoi borbottii. Le si avvicinò cauto, indietreggiando ancora quando lei rialzò il capo.

 

“Sono stanca James, sono davvero stanca. Decidi quando entrare nella mia vita e quando andare via, ma io non sono una bambola. Non puoi giocare con me e poi rimettermi nella scatola. E non hai idea di quanto sia difficile amare qualcuno che continua a deluderti.”

 

Si rialzò, avvicinandogli e puntandogli quegli  occhi chiari e lucidi nei suoi, pretendendo almeno un contatto visivo. James la osservava, restando immobile dinanzi a lei, non accennando a replicare.

 

“La risposta alla tua domanda è si, ti amo ancora. Ti ho amato quel giorno di tanti anni fa, quando trovai quel quadrifoglio. Ti ho amato quando ti chiamai per la prima volta Potter e quando abbiamo iniziato a non rivolgerci più la parola. Ti ho amato quest’estate quando mi hai baciato per la prima volta e in questi mesi che hai afferrato il mio cuore solo per giocarci quasi fosse un boccino d’oro.”

 

Un altro passo verso di lui, nemmeno un metro li divideva. La voce di Lisa era calma, lei stessa sembrava tranquilla, o come aveva affermato, semplicemente stanca.

 

“La verità James è che ho dato il mio cuore, tanti anni fa, ad un ragazzino cocciuto e brontolone e non me lo sono più ripreso.”

 

“Lisa io…”

 

“Dimmelo James, dì che hai paura così come ne ho io. Ammetti che un Grifondoro se la sta facendo sotto e non solo per me, ma per Dean, per tutto. Quando riuscirai ad accettare che anche tu sei fatto di carne e ossa, sarà tutto più chiaro”

 

E si voltò, avanzando di qualche passo lontano da lui, voltandosi un’ultima volta prima di attraversare il ritratto e andare via.

 

“Ma non metterci troppo, ti ho già dato metà della mia vita, non so se valga la pena dartene ancora.”

 

E James la osservò sparire dietro il dipinto, portando le braccia lungo i fianchi e boccheggiando, confuso, stordito. Si voltò solo quando Fred, sgranocchiando una mela, scese gli ultimi gradini, rivelando la sua presenza.

 

“Cazzo Jim Jim, sei sicuro di non averle date a lei le tue palle?”

 

                                                                       ***

 

Stesa accanto a lui, su un letto apparso nella stanza delle Necessità, dove entrambi avrebbero passato la notte, Angelica ascoltava rapita ogni parola che dalle labbra di Dean usciva. Quella sera le aveva raccontato la sua storia, attimo dopo attimo, dolore dopo dolore. Le aveva parlato di quel giorno in cui scoprì di essere malato, del momento in cui l’aveva rivelato a James, e ai suoi migliori amici. Di quando, coraggioso o semplicemente rassegnato, aveva accettato la sua condizione.

 

E di come aveva sentito ogni convinzione crollare, una volta che lei era entrata nella sua vita. Di come aveva cercato di impedirlo e di come avesse fallito. Di come si fosse innamorato di lei, guardando ben oltre l’apparenza e della prima volta che aveva desiderato con tutto sé stesso essere diverso, esserlo per lei.

 

Stringeva la sua mano Angelica, con forza, senza nemmeno rendersene conto. Ogni parola era un graffio in più al suo cuore, una crepa che contribuiva a lacerarlo completamente. Si era imposta di essere coraggiosa, di esserlo per lui, ma il dolore che provava iniziava ad essere insopportabile, ogni giorno di più. L’idea che da un momento all’altro avrebbe potuto perderlo, la paralizzava. E andava avanti, aggrappandosi ad ogni istante, ad ogni sguardo, ad ogni gesto, con terrore.

 

“ Sei tutto ciò per cui vivo, Dean. Non so cosa sarà di me, quando tu non ci sari più”

 

Il ragazzo l’abbracciò, lasciando che posasse la testa sul suo petto, ascoltando i battiti di quel cuore meschino, malato. La sua mano carezzava con delicatezza ciocche dei suoi biondi capelli, sfiorandone con dita tremanti il viso.

 

“Vivrai per te stessa, Angelica. Per la persona meravigliosa che sei, per la straordinaria strega che diventerai”

 

Le posò una mano sul mento, rialzandole il viso così da poterla guardare negli occhi.

 

“Promettimelo, Angelica. Promettimi che vivrai”

 

E lei annuì, avvertendo quel groppo in gola che minacciava di sciogliersi. Non pianse nemmeno quella volta, non poteva. Sentiva il respiro irregolare di Dean solleticarle il volto e chiuse gli occhi, baciandolo. Sfiorando la sua bocca con una dolcezza che nemmeno sapeva le appartenesse, guidata da un sentimento che avvolgeva ogni parte del suo essere, che la infettava con un’intensità tale da stordirla.

 

Fecero l’amore quella notte, con passione e ingordigia, lo fecero più e più volte senza mai stancarsi del sapore dell’altro. Lo fecero come se quella fosse stata la loro ultima volta, ignari che il loro presentimento si sarebbe rivelato corretto.

 

Angelica non dormì molto quella notte. Rimase accanto a lui, sfiorando la sua pelle, guardando ogni piega del suo volto per imprimere nella memoria ogni dettaglio dell’uomo che amava. E pianse, finalmente riuscì a versare quelle lacrime che aveva trattenuto con tanta volontà. Lacrime che bagnarono il suo volto e quello di Dean, unendo ancora di più due corpi che da lì a poco tempo, sarebbero stati divisi per sempre.

 

                                                                        ***

 

La sala Comune dei Serpeverde era semivuota quella sera. Il solito divano nero, di fronte ad un camino spento, era occupato da un Albus sonnecchiante, una Rose immersa nella lettura di un libro decisamente enorme e uno Scorpius che, più che prestare attenzione al suo tema, continuava ad osservare la sua migliore amica.

 

Ma l’apparente quiete fu interrotta dall’arrivo di un’agitata Lisa Baston che, dando un calcio al divano, fece sobbalzare il povero Al e rialzare il capo degli altri due.

 

“L’ho fatto!”

 

“Fatto cosa?”

 

“Ho detto a James che sono da sempre innamorata di lui e… “

 

Al sorrisino malizioso dei due Serpeverde e all’aria sbigottita e insieme soddisfatta di Rose, Lisa tentennò prima di continuare. Sospirò, irrigidendosi agli sguardi che la osservavano curiosi e maledisse la sua idea di metterli al corrente di quanto accaduto solo pochi minuti prima. Ma sentiva il bisogno di parlare con qualcuno e non voleva infastidire Angelica, occupata in qualcosa di molto più importante che ascoltare i suoi vaneggiamenti.

 

“… e gli ho anche ordinato di darsi una mossa perché non lo avrei aspettato per tutta la vita”

 

Bugiarda, sapeva bene che non avrebbe amato mai nessun altro, non a quel modo.

 

“Ben detto! Persino zio Ron si è deciso dopo soli sette anni!”

 

Rose lanciò un’occhiataccia risentita al cugino, spintonandolo con una gomitata, per poi riportare l’attenzione su Lisa.  Quest’ultima sapeva quanto la Grifondoro la conoscesse, e quanto poco potesse convincere lei del fatto che prima o poi si sarebbe arresa. Entrambe sapevano che quel giorno non sarebbe mai arrivato e con uno sguardo, riuscirono a comunicarselo.

 

“In fondo… tutti prima o poi gettano la spugna in amore”

 

Alle parole di Scorpius, tutti presero a fissarlo perplessi. Era raro che il ragazzo si lanciasse in simili disquisizioni, solitamente ne fuggiva come se quei discorsi sull’amore potessero infettarlo. Evidentemente, pensò Lisa, qualcosa in lui era cambiato.

 

Rose aveva sgranato gli occhi, guardandolo con un’espressione sia esasperata che stupita. Visti i precedenti tra loro, quelle parole, uscite dalle sue labbra, risultavano quanto meno bizzarre e non poté non scorgervi, allo stesso modo, una sfumatura di accusa e rimpianto.

 

“Non tutti… mia madre non l’ha fatto, zia Ginny nemmeno, senza contare Fred e la qui presente Serpe bugiarda”

 

Lisa roteò gli occhi, sospirando. Lanciò un’occhiata eloquente ad Al che tuttavia non sembrava intenzionato a perdersi quella conversazione che si prospettava decisamente interessante. Cercò di richiamare la sua attenzione, senza ottenerla. Fin quando, esasperata, non lo afferrò per un braccio, trascinandolo fuori dalla Sala Comune, ignorando bellamente le sue proteste.

 

Naturalmente né Scorpius, né Rose si accorsero della dipartita dei due, troppo impegnati a fronteggiarsi e perdersi nello sguardo deciso dell’altro.

 

“E tu?”

 

Rose sussultò, deglutendo amarezza mischiata alla saliva. Sentiva le labbra secche e la gola ardere e pensò, scioccamente, che avrebbe desiderato bere dell’acqua. Fissava l’espressione del ragazzo, un misto di attesa e rassegnazione. Com’era possibile che due emozioni così diverse albergassero sullo stesso volto pallido?

 

Non rispose, distogliendo lo sguardo per puntarlo su un punto imprecisato della stanza, fin quando non ricadde, inconsapevolmente, sul libro di fiabe che tante volte gli aveva letto. Ripensò alla favola babbana che Scorpius tanto amava, alla storia di quel ranocchio che riuscì a riprendere le sue sembianze solo dopo aver trovato il vero amore.

 

Un amore che l’avrebbe reso libero. Il suo di amore invece, l’aveva resa schiava del dolore, incatenandola ad un’insana illusione. Il ragazzo seguì il suo sguardo, soffermandosi anch’egli ad osservare il libro. Lo prese, aprendolo e leggendo lui stesso quella fiaba tanto amata e odiata al contempo. Le pagine erano consumate, le parole quasi illeggibili, ma non fu difficile per lui continuare. Ogni frase era marchiata nella sua mente.

 

“Nei tempi antichi, quando desiderare serviva ancora a qualcosa, c'era un re, le cui figlie erano tutte belle, ma la più giovane era così bella che perfino il sole, che pure ha visto tante cose, sempre si meravigliava, quando le brillava in volto…”

 

E lesse, lesse fino all’ultima parola, rialzando lo sguardo su Rose, il cui viso iniziava a bagnarsi di lacrime che, timide, sgorgavano da quegli occhi di un azzurro meraviglioso. Scorpius chiuse il libro, avvicinando la mano al suo volto, carezzandolo lievemente e cancellando, col pollice, il suo dolore.

 

“ Tu sei la mia principessa Rose. Sei tu che hai sciolto l’incantesimo in cui il mio animo era intrappolato. Tu mi hai risvegliato, dandomi speranza, affetto. Hai visto in me ciò a cui gli altri non volevano badare, sei andata al di là del mio nome e del mio passato. Tu che più di tutti, avresti dovuto odiarmi, mi sei stata vicina, sempre, offrendomi la tua mano e il tuo cuore. Ed io, povero stolto, non avevo capito che tu sei sempre stata l’unica, la sola persona che avrei potuto amare.”

 

La voce era roca, bassa. Rotta dal terrore di un rifiuto, di un addio. Senza riflettere, aveva deciso di aprirle il suo cuore perché quel peso era diventato troppo grande perché lui solo lo sopportasse. Voleva condividerlo con lei, avrebbe voluto condividere tutto con lei, con la sua migliore amica, con la donna che amava.

 

Si sorprese a ridere di sé stesso, a pensare a quanto trovasse giusto starle lontano e a quanto in realtà fosse sbagliato.

 

Non puoi sapere quando e con chi accadrà, ma se l’amore ti trova, non puoi respingerlo, cazzo!

 

“Ti amo Rose, dimmi che il tuo cuore è ancora mio.”

 

E lei rimase immobile, cercando di obbligare il proprio cuore a decelerare i battiti, costringendo il suo corpo a calmarsi e smettere di tremare.

 

Dimmi che il tuo cuore è ancora mio

 

Lo è, lo sarà sempre, maledizione!

 

E lo baciò, con violenza e passione, con desiderio e paura. Scorpius la strinse tra le sue braccia con possessione, avvicinandola a sé per tenersela stretta ed impedirle di allontanarsi ancora. Avevano giocato abbastanza, per un anno intero. Ora era arrivato il momento di affrontare la verità e una realtà che li voleva insieme, per il resto della loro vita.

 

E mentre due anime si plasmavano, altre due, poco distanti, si allontanavano.

 

                                                                     ***

 

Si guardò intorno Angelica, spesata e terrorizzata. Riconobbe quel luogo come la strada che aveva percorso quella notte, la notte in cui era fuggita dalla sua famiglia, dalla sua vita. Indosso aveva gli stessi abiti, più stropicciati e consunti.  Assottigliò le palpebre quando una figura le si avvicinò: era Dean.

Angelica lo osservò attentamente, era diverso. Sorrideva come aveva sempre fatto, ma nessuna sfumatura di tristezza impregnava la sua espressione, sembrava sereno come mai lo aveva visto. Gli si avvicinò, prendendogli una mano e sorridendo spontaneamente.

“Dove siamo?”    Chiese, e lui si guardò intorno, aggrottando la fronte.

“Non ne sono sicuro, ma non è qui che devi rimanere tu”

“Non capisco”

“Sei in ritardo, devi andare”

“Andare dove? “

“Non sono sicuro nemmeno di questo, Amore mio”

Angelica sbatté più volte le palpebre, avvicinandosi a lui e afferrando convulsamente il suo braccio. Un senso di terrore stava assalendola.

“Vieni con me”

Lui inclinò la testa, e questa volta sorrise mestamente. Scosse appena il capo, prima di donarle un bacio sulla fronte e voltarsi, incamminandosi lontano da lei. Angelica cercò di muovere un passo, voleva raggiungerlo, ma non ne ebbe la forza. Tentò di urlare, ma nemmeno quello le riuscì.

E poi si voltò, quando il pianto di un bambino richiamò la sua attenzione, ma da nessuna parte riusciva a scorgerlo. Pensò di averlo immaginato e restò lì impalata ad osservare la schiena di Dean, a guardarlo andare via, via da lei.

 

Quella mattina Angelica si era svegliata di soprassalto, guardandosi intorno e calmandosi solo quando, riabbassando lo sguardo, vide Dean al suo fianco. Avvicinò l’orecchio alle sue labbra e fu sollevata nel sentirlo respirare, seppur irregolarmente. Si rialzò cauta, riafferrando la divisa e indossandola svogliatamente.

 

Avrebbe voluto restare lì fino alla fine dei suoi giorni, ma Dean non avrebbe mai permesso che non si presentasse ai suoi M.A.G.O, che disertasse a quel modo il suo futuro perché lei, al contrario di lui, un futuro l’avrebbe avuto. Già, ma a che prezzo, pensò. Non voleva vivere senza di lui, non voleva sopravvivere a lui.

 

Si abbandonò sul letto, sfiorando con le dita quel volto tranquillo, passando una mano tra le ciocche castane e sorridendo quando il ragazzo emise un mugolio di piacere. L’attimo dopo aveva riaperto gli occhi e la fissava ancora un po’ stordito e assonnato. L’attirò a sé, baciandola con impeto e adagiandola poi sul suo petto. Restarono stretti l’uno all’altro ancora per molto tempo, fin a che l’orologio non segnò l’ora di andare via, di lasciare la stanza.

 

Sulla porta si baciarono e Angelica ebbe bisogno di abbracciarlo ancora, di affondare il viso nell’incavo del suo collo e respirare a fondo il suo profumo. Rialzò il capo, ricambiando il suo sorriso, accettando il piccolo buffetto sul naso che il ragazzo le donò in segno di affetto.

 

“Sei in ritardo, devi andare”

 

Angelica sgranò lievemente gli occhi, un senso di deja vù la colse, ma lo ignorò, scuotendo il capo e annuendo. Gli strinse la mano, prima di dargli le spalle e incamminarsi nel corridoio del settimo piano, voltandosi un’ultima volta.

 

“Ti amo, ci vediamo più tardi”

 

Angelica sentì il bisogno di dirlo e di soffermarsi a guardarlo ancora. Quella fu l’ultima volta che lo vide, l’ultima volta che riuscì a perdersi nel verde dei suoi occhi e sentirsi felice.

 

Quando ella ebbe svoltato l’angolo, la smorfia di dolore sul volto del ragazzo si intensificò e quel sorriso che l’aveva sempre illuminato, si spense per non comparire mai più. Si accasciò, reggendosi al muro, e ritrovandosi sulla pietra fredda del pavimento.

 

Era arrivato il momento, pensò.

 

Ognuno di noi va per la propria strada: io a morire, voi a vivere.

 

Socchiuse gli occhi, mentre una lacrima gli carezzava il viso stanco. Il suo ultimo pensiero andò ai suoi genitori, a James, a Fred e Frank, a lei. Avrebbe voluto rivederli un’ultima volta.

 

Avrebbe voluto abbracciare i suoi e ringraziarli di quanto avevano fatto per lui, questo non era mai riuscito a dirlo. Ridere ancora insieme ai suoi compagni di stanza, burlarsi di James e dirgli quanto fosse stato orgoglioso di essergli amico. Stringere lei e dirle quanta vita era riuscita a dargli in quei mesi. Lei che pensava fosse stato lui a salvarla, quando a conti fatti era stato il contrario.

 

Ma non ne avrebbe avuto il tempo. Dean Finnigan morì quella mattina di maggio. Nella mente e nel cuore ancora l’immagine di coloro che avevano reso la sua breve vita degna di essere vissuta.

 

 

 

 

 

Non voglio aggiungere altro a questo capitolo, eccetto che sono tremendamente depressa! :’(

Mi scuso per non aver risposto alle recensioni precedenti, le ho lette tutte e vi ringrazio di cuore. Ma ho poco tempo in questo periodo e ho preferito aggiornare! :)

A presto!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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