Capitolo 6
– La spada di Grifondoro (II parte)
“LASCIALO
STARE!”
Un’improvvisa
e fortissima folata
di vento investì James e Voldemort, separandoli di colpo.
James rotolò a terra,
sforzandosi di non mollare la presa sulla spada di Grifondoro
nonostante la
fitta lancinante alla spalla.
“No!
Lily, no!”
Che
diavolo ci faceva lì? Perché
era tornata indietro, anziché fare come le aveva ordinato?
Non avrebbe dovuto
venire a salvarlo, quella testarda imprudente ragazza…
Voldemort,
che si era
immediatamente ricomposto, scoppiò in
un’agghiacciante risata.
“Credi
davvero di poter fare
qualcosa contro di me? Crucio!”
Lily
tentò di rispondere con un
altro incantesimo, ma la Maledizione era troppo potente. Si
raggomitolò su se
stessa, stringendosi le braccia intorno al corpo e contraendo il volto
in una
smorfia di dolore. Poi cadde a terra, priva di sensi.
Voldemort
rise ancora più forte.
“No!”
James
tentò di rialzarsi, ma con
un movimento secco la bacchetta di Voldemort lo scagliò
lontano. Rotolò su se
stesso e sulla spalla lancinante, gridando.
“Lily!
No! Lasciala stare!”
“È
così debole ed inetta che è
bastata un po’ di sofferenza per metterla immediatamente al
tappeto. Non ti
vergogni, Potter? Dovresti stare insieme a gente più forte…”
James
stava per urlare di nuovo,
quando colse un movimento con la coda dell’occhio alla sua
sinistra. Si voltò,
e intravide un luccichio fra gli alberi. Si avvicinava. A poco a poco,
veniva
verso di lui.
Non
capiva che stava succedendo.
Voldemort gli dava le spalle.
“Vediamo
se un’altra dose può servire
a farle riprendere i sensi… Crucio!”
Improvvisamente,
James capì di
cosa si trattava.
Era
la cerva. Il Patronus di
Lily. Senza emettere un solo suono, stava venendo verso di lui.
Aveva
qualcosa in bocca. La sua
scopa.
James
rimase immobile, non osando
muovere un solo muscolo.
“Avanti,
stupida ragazzina,
svegliati!”
La
cerva depositò la scopa ai
piedi di James, mentre la voce sussurrata di Lily gli giungeva alle
orecchie.
“Devi
portare la spada entro i
confini. Io tratterrò Voldemort. Non osare fermarti, James,
non osare
fermarti!”
James
afferrò la scopa, poi
sollevò l’arma con il braccio ancora sano.
Il
loro compito era portarla in
salvo, portarla a Hogwarts.
“Lily…”
Non
era forte abbastanza per
combattere Voldemort. Ma quella spada respingeva i suoi incantesimi. E
lui
aveva di nuovo la sua scopa. Volare era ciò che sapeva fare
meglio. Doveva
recuperare Lily e volare verso Hogwarts, o morire nel tentativo.
“Cosa
si prova a veder morire la
persona che ami, Potter?”
“STUPEFICIUM!”
Un
fiotto di luce colpì Voldemort
nell’esatto momento in cui si era voltato verso James,
cogliendolo troppo di
sorpresa perché potesse reagire. Lily aveva solo finto di
essere svenuta.
In
men che non si dica James
schivò l’incantesimo che Voldemort fece partire
dalla bacchetta non appena
riuscì a risollevarsi da terra dopo il colpo ricevuto da
Lily; balzò sulla
scopa, afferrò sua moglie per la vita trascinandola in alto
insieme a lui e
cominciò a sfrecciare verso le guglie di Hogwarts ad una
velocità che
probabilmente non aveva mai raggiunto, neppure nella più
agguerrita delle
partite a Quidditch.
Una
serie di muri di pietra
cominciarono ad elevarsi dal terreno lungo il loro percorso, ma James
li scansò
tutti. Aveva smesso di sentire il dolore, teneva solo le due mani salde
sul
manico della scopa. Lily reggeva la spada, dietro di lui.
Cominciarono
a volare frecce di
fuoco dalle loro spalle. James volava a zig-zag, muovendosi
più veloce che mai.
Quando una delle frecce colpì la scopa, Lily spense
immediatamente il fuoco con
la bacchetta.
“Ci
siamo! Tieni duro!” urlò
James. “Quella è la barriera! Ce
l’abbiamo fat-”
Voldemort
si Materializzò di
fronte a loro, alzò un vortice che li fece roteare lontano
in un testa-coda
vertiginoso, ma poi una pioggia di scintille esplose contro di lui e lo
mancò
per un soffio. La scopa era come impazzita. James vide Aberforth e
Fanny
attaccare Voldemort insieme e allora tentò di fermare il
manico che vorticava
e puntò dritto contro la barriera. La passò
reggendosi con una mano sola, la
spalla ferita faceva troppo male, e allora la scopa inchiodò
di colpo e Lily
venne sbalzata in avanti dall’urto, senza che avesse fatto in
tempo a tenersi,
precipitando e schiantandosi al suolo.
*
“Non
dovremmo tornare a
riprenderla? James ci ha detto di portarla in salvo…” disse Peter, ansimante.
“E
chi diavolo si occupa di
questi scocciatori nel frattempo?” replicò Sirius,
scagliando un Petrificus Totalus
sul Mangiamorte più
vicino. “Non possiamo fare altro per quella testa di rapa. Ci
ho provato a
convincerla, ma non ha voluto sentire ragioni”.
“Puoi
darle forse torto?” obiettò
Remus, facendo apparire una barriera d’acqua che li protesse
tutti e tre dall’Incantesimo
d’Incendio che era stato scagliato contro di loro.
“Ehi! Sono arrivati i rinforzi!” urlò Peter, gioioso, vedendo planare verso di loro cinque figure a bordo di una scopa. Gideon, Fabian, Frank, Alice e Edgar li avevano raggiunti sul luogo dell’attacco, non appena erano riusciti ad avvertirli.
“Era
ora!”
esclamò Sirius, con una risata trionfante.
Remus
stava duellando con un
Mangiamorte. Sollevò lo sguardo per errore, fu una
distrazione automatica di
cui si rese conto quando ormai era troppo tardi.
“NO!”
Avvenne
tutto in una manciata di secondi, senza che Remus potesse avere il
tempo di reagire ed impedire cheSirius
che gli si parasse davanti e prendesse l’incantesimo diretto
a lui in pieno
petto. Sentì il tonfo del suo corpo che cadeva esanime ai
suoi piedi, mentre il respiro gli si frantumava in gola. Non
poté correre in suo aiuto perché dovette prima
fronteggiare il Mangiamorte che
aveva scagliato il colpo, sul quale si lanciò con una
ferocia che non aveva mai
pensato di avere. Quello iniziò ad arretrare,
finché quasi non si confuse con
il gruppo di suoi compagni che era stato accerchiato dagli altri membri
dell’Ordine
giunti in loro soccorso. Sirius non gli rivolgeva la parola da giorni
per via
di quello che era successo fra loro, eppure ora si era messo in mezzo
per
difenderlo senza un solo secondo di esitazione. Pregando che non fosse
morto,
combatté gettandosi in mezzo alla mischia, inseguendo
l’uomo incappucciato che
tentava di sfuggirgli, uguale a tutti gli altri, un corpo senza volto.
Lo perse
di vista, poi lo vide, era uscito dal gruppo, tentava di scappare. Lo
inseguì e
scagliò incantesimi a raffica, senza dargli il tempo di
reagire, si accanì e lo
colpì più e più volte fino a che non
lo ebbe fatto precipitare nel piccolo e
ripido burrone davanti a lui.
Lo
osservò trionfalmente
capitombolare giù per la scarpata, un corpo inerte come
quello di Sirius che,
poco fa, era caduto ai suoi piedi. Si sentì stringere il
cuore in una morsa
mentre cercava di immaginare il dolore che quell’uomo stava
provando. Il dolore
che gli spettava per aver colpito Sirius. Rimase ad osservarlo fino
all’ultimo,
sentendo l’odio defluire dalla punta delle dita, appagato dal
gesto compiuto.
Appena
toccò il fondo, però, il
cappuccio volò via dal volto dell’uomo.
Quello
non era lo stesso Mangiamorte
che stava duellando con lui. Era certo di avergli intravisto almeno
mezza
faccia, coperta da barba e baffi folti.
Quello
che giaceva lì in basso,
invece, aveva i tratti pallidi e acerbi di un ragazzo molto giovane.
Remus trattenne
il fiato. Era quasi sicuro di conoscerlo. Allora Sirius aveva ragione,
si era
unito realmente a Voldemort. Ma se l’avesse lasciato
lì, il suo stesso signore
non avrebbe probabilmente avuto pietà di lui, vedendolo
sconfitto.
Si
guardò intorno. Nessuno stava
badando a lui. Perciò, scelse di agire.
Si
calò rapidamente giù per il
burrone e arrivò in fondo. Aveva colpito Regulus con
numerosi Schiantesimi,
perciò non era certo che potesse bastare un Reinnerva
per rianimarlo. Tuttavia, avrebbe comunque tentato.
Prima,
però, doveva nasconderlo.
Guardò in alto per controllare che nessuno li stesse tenendo
d’occhio, dopodiché
afferrò il corpo inerte del ragazzo e lo trascinò
rapidamente dietro al tronco
rinsecchito dell’albero più vicino.
Per
seconda cosa, lo disarmò. Non
desiderava essere freddato dal ragazzo per reazione istintiva non
appena
l’avesse risvegliato. Erano pur sempre schierati da due parti
opposte.
Infine,
si fermò a riflettere.
Aiutarlo era davvero la cosa giusta? In fondo, si era unito a
Voldemort. Aveva
fatto una scelta, teoricamente. Ma quanto era stato realmente frutto
della sua
volontà, fra le più che probabili pressioni dei
genitori e il rancore nei
confronti di Sirius?
Scosse
la testa, sospirando. Non
poteva non avere pietà di lui.
Tentò
diverse volte. Dopo un po’,
finalmente, Regulus cominciò ad aprire gli occhi. Mentre era
ancora stordito,
lo zittì con un Incantesimo di Silenzio, prima che si
mettesse a gridare e li
facesse scoprire. In effetti, fino a pochi minuti prima
l’aveva aggredito con
ferocia fino a che non l’aveva visto stramazzare al suolo.
Forse nell’urto si
era rotto una gamba, data la posizione innaturale in cui la teneva
piegata.
All’inizio,
non appena lo
riconobbe, lo guardò con il terrore più puro
nello sguardo. Poi tentò di
urlare, come aveva previsto. Dopodiché cercò di
alzarsi per fuggire, ma il
dolore glielo impedì istantaneamente.
Remus
strinse i denti. Ora veniva
la parte più difficile.
“Non
voglio farti del male, devi
cercare di stare fermo”, gli disse, e in tutta risposta
Regulus provò ad
alzarsi di nuovo, ma anche questa volta non ebbe successo.
“Dico
sul serio, prima non volevo
colpire te, ti ho confuso con un altro. Ora stammi bene a sentire:
voglio
soltanto farti andare via di qui. Dopodiché ti
restituirò la voce e la
bacchetta e faremo finta di non esserci mai visti. Sei
d’accordo?”
Regulus
lo fissò immobile, senza
battere ciglio, il petto che si abbassava e si sollevava velocemente.
Era un
incredibile misto fra il riflesso esatto di Sirius e la sua
contraddizione, nel
modo in cui lo guardava e cercava di fargli credere che non aveva paura
di
morire in quel momento.
“Se
le mie intenzioni fossero
quelle di ucciderti, potrei farlo ora senza nessun problema. Lascia
perdere
quell’ipotesi. L’alternativa qual è? Che
sono pazzo?”
Gli
tese la mano, sperando che
accettasse. Probabilmente lui non lo capiva, ma non era giusto che si
fosse
condannato senza pietà ad un destino simile. Avrebbe dovuto
essere a Hogwarts a
finire il suo ultimo anno di scuola, non a rischiare la vita per un
essere
malvagio che, non appena non gli fosse servito più,
l’avrebbe schiacciato come
una mosca. Nonostante l’astio che intercorreva fra lui e
Sirius, non lo
meritava. Forse aveva ancora una possibilità di salvarsi.
“Regulus,
andiamo, non abbiamo
tempo da perdere!”
Estrasse
la bacchetta e la agitò,
con impazienza.
“Avanti,
dimmi, dove vuoi essere
portato?”
Il
ragazzo boccheggiò, come se
una mano invisibile avesse appena smesso di stringergli la gola in una
morsa.
Remus rimase fermo di fronte a lui, con la mano ancora tesa, aspettando.
“A
Londra, c’è un’amica. Marple
Avenue”, mormorò infine Regulus.
“Bene.
Ora tieniti forte”.
L’istante
dopo, Remus agitò la
bacchetta ed entrambi scomparvero, lasciando dietro di loro soltanto il
turbinio delle foglie secche sul terreno.
“È
qui?”
“Sì… quella casa là in fondo”.
“Quella
con la cancellata rossa?”
“Esatto”.
Remus
annuì in silenzio. Si
guardò attentamente intorno, sporgendosi lievemente dal
porticato sotto il
quale lui e il secondogenito Black si celavano agli sguardi furtivi
della notte
inoltrata.
“Sembra
che non ci sia in giro
nessuno. Andiamo”.
Prese
Regulus sotto braccio e lo
fece appoggiare alla sua spalla, di modo che potesse sorreggersi a lui
senza
appoggiare il peso sulla gamba rotta.
Il
ragazzo aveva smesso di
emettere fiato, fatta eccezione per qualche gemito di dolore che
talvolta gli
sfuggiva. Si muovevano lentamente, camminando rasenti ai muri. Remus
continuava
a guardarsi intorno e a tenere la mano sinistra infilata in tasca, la
presa
salda sulla bacchetta, nell’eventualità in cui si
manifestasse qualche presenza
indesiderata alle loro spalle.
“Perché
lo fai?” domandò infine
Regulus, seccamente, esalando in un soffio aspro quelle parole che
già
ronzavano da diversi minuti nella testa di Remus. A ben guardare, il
suo
comportamento non aveva alcun senso. Non aveva nessun debito od obbligo
nei
confronti di quel ragazzo. E non era nemmeno certo di poter affermare
che in
tal modo aveva fatto un piacere a Sirius, perché era
piuttosto convinto che, se
gliel’avesse riferito, il suo amico avrebbe cominciato a
sbraitare su tutte le
furie. Aveva sempre additato Regulus come un futuro Mangiamorte, quando
erano a
scuola, e alla fine ci aveva visto giusto. Le rare volte che lo
nominava, lo
faceva avendo cura di lasciar trasparire il maggior disprezzo possibile
dal suo
tono di voce. Ma davvero avrebbe potuto fare a meno di essere felice
sapendo
che si era salvato anziché morire indecorosamente durante la
sua prima
battaglia? Era pur sempre suo fratello.
Scosse
la testa, corrugando la
fronte.
“Ci
sono cose che rinuncio a
capire in partenza”, rispose, rassegnato. Non aveva idea di
cosa significasse
avere un fratello, men che meno avere un fratello ed odiarlo.
“Perché
non mi uccidi subito?”
replicò Regulus, con uno sguardo di sfida. “Hai
paura o vuoi illudermi fino
all’ultimo momento?”
Remus
scosse la testa,
gettandogli un’occhiata in tralice.
“Ti
ho già detto che se avessi
voluto ucciderti l’avrei fatto subito. Perché
sprecare energie?”
“Sei
amico di Sirius. E lui è
pazzo. Quindi sarai pazzo anche tu”.
“Allora
avevo ragione quando ti
ho chiesto se questa era la tua seconda ipotesi”.
“Mi
stavi inseguendo, mi hai
quasi ammazzato…”
“Te
l’ho detto, mi sono
sbagliato. Non stavo inseguendo te. Tu piuttosto, perché sei
fuggito?”
Il
ragazzo s’incupì, distogliendo
lo sguardo in preda alla vergogna.
“Tu
e i tuoi amici non mi avete
dato altra possibilità…”
“Bel
coraggio che avete, voi
Mangiamorte”.
Regulus
si irrigidì, cercando di
divincolarsi dalla presa di Remus.
“Hai
ragione, sono un
Mangiamorte! Che te ne importa allora di salvarmi la vita?”
Remus
si fermò, voltandosi a
guardarlo dritto negli occhi.
“Tu
forse non avevi ancora
esattamente realizzato il pasticcio in cui ti stavi andando a cacciare,
prima
di questa notte. Adesso, finalmente, ne hai avuto un assaggio. Quanta
pietà
ritieni che avrebbe avuto Voldemort se ti avesse visto ridotto
così, perché eri
fuggito anziché combattere, perché avevi avuto
paura? Forse l’hai già intuito,
ma ti do un aiutino: nessuna. Portandoti via di lì ho
semplicemente voluto
fornirti una seconda possibilità. Rifletti attentamente
sulla strada che hai
scelto e, se cambierai idea, sappi che ci sarà chi
è pronto ad accoglierti”.
“E
chi? Sirius, forse?” rise
beffardo Regulus. Remus scosse il capo, con aria assente.
“Se
davvero tu lo desiderassi,
potresti fare in modo che perfino Sirius decida di proteggerti. Ma non
spetta a
me dirti come”.
“Ti
ringrazio di aver sprecato
fiato per me. Ora vattene, posso farcela da solo”.
Staccandosi
dal suo supporto, il
ragazzo si trascinò fino al cancello barcollando. Remus
sospirò, rassegnato,
dopodiché estrasse la bacchetta di Regulus dalla tasca del
mantello.
“Questa
potrebbe esserti utile”,
gli gridò, per poi lanciargliela fra le mani con precisione.
Regulus esitò per
qualche secondo, poi diede le spalle a Remus con aria incupita,
borbottando
qualcosa. L’attimo dopo apparvero delle grucce a sostenerlo,
ma non ci fu
bisogno che si muovesse ancora molto. Dalla porta della casa era appena
uscita
una ragazza dai capelli scuri che, appena lo vide, gli corse incontro a
perdifiato, sbiancando completamente in volto.
“Che
cosa ti è successo? Cosa ti
hanno fatto? Te l’avevo detto che era un’idiozia,
che non dovevi…”
Era
giovane, probabilmente della
stessa età di Regulus. Remus li studiò in
silenzio per qualche secondo,
osservando il giovane Black reagire con un teatrale gesto
d’impazienza.
“Non
mi è successo niente, quindi
ti prego, non metterti a piangere. Ora dammi una mano, per
favore”.
Lei
reagì prontamente,
offrendogli una spalla su cui appoggiarsi. Era davvero giovane, molto
probabilmente andava ancora a Hogwarts. Ma in quei primi e freddi
giorni di
gennaio era ancora tempo di vacanze natalizie e Regulus aveva saputo
immediatamente dove trovarla. Forse era una vecchia amica che non
vedeva da
mesi. Forse qualcosa di più.
A
un certo punto, la ragazza si
voltò verso di lui e incontrò volutamente il suo
sguardo. L’espressione
spaventata ed apprensiva per un momento sparì, lasciando il
posto ad un debole
sorriso.
“Grazie… chiunque lei sia,
grazie”, gli disse, e Remus non poté fare a meno
di sorriderle di rimando.
Forse, in qualche modo, lei avrebbe potuto aiutare Regulus a cambiare
idea
sulle sue scelte di vita. Ma non era più affar suo, da quel
momento in poi.
Aveva agito mosso da pietà nei suoi confronti, ma non era
sicuro di poterselo
permettere una seconda volta. Lui e quel ragazzo si trovavano a far
parte di
due schieramenti completamente opposti, fra i quali un risparmio di
colpi
poteva facilmente essere ricambiato con un subdolo attacco alle spalle.
Tuttavia,
forse, Silente avrebbe
approvato il suo gesto. In fondo, era lo stesso che aveva dato una
possibilità
ad un Lupo Mannaro.
*
James
rimase a fissare il corpo
inerte di Lily per ore, senza muoversi di un millimetro dalla sua
posizione. Era
precipitata soltanto da un paio di metri d’altezza, grazie a
Godric, ma lui non
aveva fatto in tempo ad estrarre la bacchetta e a fermare la sua
caduta.
L’urlo
di sconfitta di Voldemort
era comunque giunto alle sue orecchie nel momento in cui si era reso
conto che
la spada di Grifondoro si trovava ormai fuori dalla sua portata.
Era
stato sempre Aberforth ad
aiutarlo a prestare a Lily i primi soccorsi. Mentre la McGranitt
portava l’arma
a Silente, il suo scorbutico fratello aveva fatto portare
immediatamente Lily
al San Mungo. Aveva ricevuto tempestivamente tutte le cure possibili;
dopodiché
era stata sedata per garantirle il giusto riposo. Non era immobile e
mortalmente pallida come nel suo sogno e almeno quello lo rassicurava:
poteva
vedere chiaramente il ritmico abbassarsi e sollevarsi del suo torace,
che solo
ogni tanto veniva interrotto da qualche inconscio sussulto a cui poi
seguiva un
lieve movimento del capo, un girarsi sul fianco. Ogni tanto le prendeva
la
mano, per assicurarsi che la sua pelle fosse calda come quando, appena
sveglia,
gli accarezzava dolcemente una guancia.
Si
toccò distrattamente la spalla
sinistra. Anche la sua ferita era stata medicata. Sapeva che gli
sarebbe
rimasta una profonda cicatrice, ma l’avrebbe diplomaticamente
considerato un
marchio da vero Grifondoro, dato il modo in cui se l’era
procurata.
Si
coprì il volto con le mani e
chiuse gli occhi, cercando di ottenere un vago e momentaneo sollievo.
Il sogno
di quella mattina era stato inequivocabilmente premonitore. Se Lily
l’avesse
preso sul serio, forse l’avrebbe ascoltato e se ne sarebbe
rimasta a casa
anziché precipitarsi a combattere Voldemort. Il suo corpo
era rimasto
enormemente provato da quella battaglia, sia per le numerose fratture
provocate
dalla caduta che per il dolore sopportato quando Voldemort
l’aveva torturata.
L’amava con tutto se stesso, ma certe volte era davvero
troppo testarda. Del
resto, però, era sempre stata così: anche quando
non aveva ancora l’incarico di
Prefetto o Caposcuola e, quindi, un presunto dovere che pesasse sulla
sua
coscienza, si era sempre precipitata a difendere le persone senza
pensarci due
volte. Non avrebbe potuto aspettarsi nulla di diverso dalla Lily adulta
che ora
combatteva nell’Ordine della Fenice.
Era
inutile impedirle di scendere
in campo con lui e gli altri. Non c’era alcuna argomentazione
abbastanza
efficace per farla desistere. Neppure se il prezzo da pagare era
quello,
risvegliarsi con un corpo martoriato che solo dopo molti giorni sarebbe
guarito. Ma James si disse che sapeva già cosa fare, in
fondo. Non aveva avuto
bisogno di rifletterci: fin da quella mattina aveva avuta ben chiara
nella
mente quell’unica e indiscutibile idea. Se mai il suo sogno
si fosse avverato,
si sarebbe ucciso. Non poteva sopportare una vita senza di lei, neppure
se
avessero sconfitto Voldemort e ottenuto ciò per cui
lottavano ogni giorno.
Si accontenta di cause leggere la guerra del
cuore,
Il lamento di un cane abbattuto da
un’ombra
di passo.
Si soddisfa di brevi agonie sulla strada di
casa,
Uno scoppio di sangue, un’assenza
apparecchiata per cena.
(Fabrizio De
André, Disamistade)
Nota di fine
capitolo: dare corpo a questa storia mi
sta complicando sempre di più la vita. Non avevo previsto di
far entrare
Regulus così nella storia, eppure, alla fine, il mio
desiderio di onnipotenza
del “gestisci-mille-personaggi-alla-volta” ha
prevalso XD il fatto è che
Regulus è un altro dei grossi interrogativi che mi tormenta
riguardo a questo
“periodo buio” su cui la Rowling ha detto ben poco.
Sappiamo che, pur essendosi
unito ai Mangiamorte, a un certo punto cambia idea e decide di
distruggere
Voldemort. La Rowling liquida il tutto con la storia di Kreacher, ma
poi, da
lì, come caspita avrà fatto un ragazzino di
diciassette anni a scoprire tutte
quelle cose sugli Horcrux, di cui, a quanto pare, non si trovano
informazioni
dettagliate in nessun libro facilmente reperibile? Non credo che
Voldemort se
ne fosse vantato davanti a lui. Più volte lo vediamo
preoccupato di tenere
nascosto il segreto, neppure a Bellatrix – che è
la più fidata fra i suoi
Mangiamorte – rivela cosa esattamente le ha fatto nascondere
nella sua camera
blindata della Gringott. Regulus, molto probabilmente, non era un
Mangiamorte
così importante. Avevo già provato ad immaginare
una possibile soluzione per
questo problema, e ci avevo scritto su una storia di tre capitoli,
postata
ormai tanto tempo fa… il punto è che non mi
tornavano i conti, perché ho poi
scoperto che Regulus muore prima che muoia l’altro
personaggio su cui mi sono
basata per quella storia. Ergo, nei prossimi capitoli
fornirò una versione un
po’ diversa, ma che a me convince comunque. Anche se sono
affezionata a quella
fanfiction, fu il mio primo tentativo di noir/storia di terrore e
quindi
resterà lì dov’è XD
Bene,
credo di aver detto tutto. Con i
prossimi capitoli si chiarirà un po’ dove voglio
andare a parare.
A
presto!