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Autore: Jules_Black    25/06/2011    5 recensioni
"Ci incontreremo dove il mondo è silenzioso".
Ogni mattina parte, dalla stazione di un paese quasi sconosciuto, il treno delle 7 e 32, quello "che non ritarda mai". Nella penultima carrozza, i posti della terza fila sono sempre occupati. Eppure non sarà così, non per sempre.
Dal capitolo I:
"Aveva maledetto quella vecchia automobile, ormai ridotta ad un ammasso informe di lamiera, vetri infranti e vite spezzate. Aveva provato a non pensare che tra soli due giorni avrebbe dovuto affrontare da sola il treno vuoto di periferia, quello delle 7 e 32 che non ritardava mai di un minuto.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5. Anni dopo


Dieci anni dopo, dalla vita aveva ottenuto tutto quello che voleva. Il lavoro dei suoi sogni era lì, a portata di contratto, i binari del treno, distorti, erano tornati a correre verso l’orizzonte. Nessuno si ricordava più di lei: ogni tanto tornava a percorrere le strade del suo paese, passando attraverso le bocche della gente senza essere definita puttana.

Sembrava che il suo fantasma, quello che aveva perso il treno ed aveva pianto sulla tomba bianca, si fosse volatilizzato tra le pieghe del tempo, rimasto immobile, cristallizzato, in un vecchio cassetto polveroso. Lalla se n'era andata via, Fede era sparita dietro le sue menzogne. Del passato non le rimanevano che briciole, foglie secche e qualche ombra di vecchi sorrisi che ogni tanto- forse troppo spesso- le passavo sulle labbra rosse.


Davide le era rimasto dentro, leggero e docile, ormai dimenticato e sostituito da visite, ricette, operazioni. Famosa in un mondo distante, si era lasciata alle spalle il treno delle 7 e 32. Aveva corso più veloce di lui oppure era rimasta indietro? Il passo accelerava, i minuti diventavano anni ed il suo mondo continuava ad urlare. Frammenti di bottiglie erano rimasti nascosti sotto il letto, insieme a quel bagaglio di foto, libri e –perché no?- speranze, che si era portata via prima di cambiare aria.

Aveva sconfitto la morte, così come i principi sconfiggevano i draghi e poi sposavano le principesse. Aveva sconfitto il dolore, mandandolo giù come una di quelle pillole amare che era costretta a prescrivere ai suoi pazienti. Aveva sconfitto quella parte di sé che si era lasciata andare, deviando da una vita un tempo perfetta. Un muro di mattoni la divideva dal passato.

Maddalena- perché ora il suo nome andava bene- aveva ottenuto tutto. La morte di Davide era stato un incidente di percorso, l’amicizia di Lalla l’ultima delle finzioni, la cattiveria di Fede un esempio da imitare. Aveva schiacciato ogni emozione, riducendola ad un flebile agglomerato di anni.


E quando tornò alla loro stazione per l’ultima volta, il bagaglio che si portava dietro era pesante. Lo stringeva affannata, il peso degli anni che le incurvava la schiena, la mente annebbiata dal lavoro. Maddalena stava per intraprendere il suo ultimo viaggio, quello vero, quello definivo.

Dentro la sua valigia aveva messo tutto, perfino il suo passato. E nel silenzio della stazione – perché alla fine il rumore si era spento- lo rivide. Era bello come quando aveva diciannove anni, e lei era vecchia, con i suoi ottanta. Gli sfiorò la mano in un gesto d’affetto dimenticato. E poi chiuse gli occhi, invasa dalla musica del silenzio.

Due giorni dopo, morì. Il mondo era corso avanti, le nuove generazioni avevano pianto per lei, l’uomo che aveva sposato –forse per finzione- era rimasto solo. E Maddalena aveva aperto il suo bagaglio. Era rimasto ancora qualche coccio di bottiglia, qualche sigaretta, la laurea, il lavoro, i tacchi di vernice, il rossetto rosso e la collana di perle. E, in fondo, l’amore per Davide.


La valigia rimase vuota.


Dovunque lei fosse finita, ormai c’era silenzio.

   
 
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