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Autore: callistas    01/07/2011    17 recensioni
Per chi aspettava, eccomi tornata come promesso.
Allora, non voglio anticiparvi niente, ma voglio dirvi che questa storia è la prima cosa seria che ho scritto.
Ci sarà una gran voglia di uccidere qualcuno e incoraggiare chi è sempre rimasto nell'ombra.
Ho cercato - davvero, ci ho provato - a mantenere l'identità del personaggio originale, ma dopo un pò sono riuscita a cadere ancora nella trappola infame dell'OOC.
E' una DracoxHermione, una coppia che adoro.
Vedremo il loro rapporto evolversi grazie a qualcosa che accade a Hermione. La tematica è trita e ritrita, ma ho voluto intasare il sito anche con una mia personale visione delle cose.
Spero possa piacere.
Se sì, commentate.
Se no, commentate.
Se forse, commentate.
In ogni caso, fatemi sapere che ne pensate.
W la democrazia!
Un bacio a tutti i passanti, callistas.
Genere: Commedia, Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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05 - La fine di un incubo, l'inizio di un sogno Ciao a tutte!
Come prima cosa, voglio che sappiate che mi rendete molto felice con i vostri commenti, per lo più curiosi e attenti. Siete delle acute osservatrici e di questo mi compiaccio.
Dunque, abbiamo visto nel capitolo scorso come Silente abbia appreso della notizia di Hermione e che l’abbia comunicata al resto del corpo insegnanti.
Adesso, rimangono solo gli studenti di Hogwarts… hihihi…
*me malefica*
Ma prima di lasciarvi al solito capitolo, che se Merlino vuole facciamo andare avanti la storia, vorrei ringraziarvi e soddisfare le vostre curiosità, per quanto mi sarà possibile.

_araia: ehi! Welcome back, darling!
Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, comunque sì. La nostra cara Hermy (non sopporto questo diminutivo!!!) tornerà a scuola e avrà un incontro un po’ speciale.
Anzi due, no dai… diciamo uno e mezzo… o forse uno e un quarto? Boh, decidi tu quando lo vedrai.
Sì, Silente è sempre sibillino, come giustamente deve essere.
Però adesso non posso dirti di più, anche se mi piacerebbe rivelarti tutti i retroscena.
Grazie per aver recensito anche il terzo capitolo. Spero di poterti togliere qualche curiosità senza sbottonarmi troppo. Allora, Harry e Ginny non stanno ancora insieme, perché sono nella fase che io amo definire “Harmony”, hai presente quei libretti dove i due protagonisti fanno un tira e molla che alla fine stanca? Ecco, siamo lì. Più avanti verrà una svolta anche per loro.
Per la donna del quadro ti posso dire che no, non è la nonna di Hermione. I parenti verranno presentati più avanti.
E il caro Draco… - ma sei fissata con lui, per caso? ^^ - deve aspettare il suo turno, spiacente.
Sono contenta che la citazione ti sia piaciuta, quella di Dante, dico. Spero di non aver fatto un collegamento troppo debole, ma quando ho immaginato la scena della cella, mi è subito venuto in mente il conte Ughy.
Dai, adesso ti lascio leggere il capitolo nuovo, che spero ti piaccia.
P.S.: sto andando avanti con il seguito di Sex and the City. Conto di vederti anche lì quando lo posterò.
Superbaci!

Witchmelanie: ciao streghetta! Certo che posso tenerti sulle spine! Sono o non sono l’autrice di questo scritto? Sono o non sono bastarda? Sì per entrambe le risposte! ^^
Devo ammettere che la storia della casa ha fatto molto scalpore. Mi fa piacere che vi appassioni in questo modo. Comunque non ti preoccupare.
Ogni cosa a suo tempo.
Un bacio e buona lettura con il rientro a scuola di Hermione.
Callistas.

Zamby88: ciao! Sono contenta che il capitolo ti piaccia anche se so che può risultare statico, visto che non accade nulla di eclatante – ricordo che siamo ancora all’inizio. Mi fa piacere che ti sia unita alla schiera dei miei “fanz” – me sborona – se ti metti in coda, posso marchiarti l’avambraccio sinistro come mia nuova discepola…
HAHAHAHA!
Scherzavo, dai… è il destro!
Comunque, spero che anche questo nuovo capitolo ti possa piacere e invogliare a rimanermi accanto fino alla fine.
Bacioni, callistas.

Bluflame: grazie davvero! E io sono contenta di avere te come nuova lettrice e commentatrice. Hai letto la mia precedente fic? Sono contenta che ti sia piaciuta, anche se era in un ambito decisamente diverso e senza magia. Ti dirò… non sapevo se postarla o meno, ma mi dispiaceva lasciarla lì e così mi sono decisa. Grazie per averla letta.
Sai che sei la prima che mi dice di non voler saper nulla per non guastarsi la suspence? Grande! Così mi risparmi il supplizio di non poterti dare i dettagli della storia. Sai, io per prima vorrei spifferare tutto e subito, anche per via di certe idee che mi sono venute in mente durante la storia e che hanno lasciato me per prima sorpresa, ma non posso… sarebbe favoreggiamento!!!
Per ora, spero tu voglia goderti questo capitoletto e ringraziarti per il tuo “minimo sindacale” che rispetto a quello di altri è decisamente sotto la soglia!
Bacioni e buona lettura!

Kasumi_89: hallo! Visto come ti rigiro il vecchio Piton? E non è ancora finita qui! Aspetta di sapere perché vuole Hermione nella sua casa! Forse sarà una motivazione banale, ma io credo che a volte sia la più semplice. Oh, so che magari non avrai capito molto da questo mio contorsionistico pensiero, ma spero che quando arriverà il momento, tu ti possa ricordare di queste poche righe e convenire con me che certe volte – è il caso di dirlo – “l’apparenza inganna”.
Per Albert non posso dire niente, alias non confermo e non smentisco. Quando arriverà il momento dedurrai tu.
Sì, so che dipingere un Albus Silente che non sa qualcosa ha del paranormale, ma sai che ti dico? Il fatto che non fosse al corrente di tutto e di tutti com’è sua – fastidiosa – abitudine non è un fatto insolito. Silente è certamente un grande mago, ma non dimentichiamoci che è prima di tutto un uomo e anche se ha la bellezza di cento e passa anni – salute! – credo sia umanamente impossibile sapere tutto di tutti – anche se a volte farebbe comodo una cosa simile.
Beh, la questione della casa è top secret. No comment. Spero tu capisca.
Intanto, per calmarti l’ansia, leggiti il capitolo, sperando che ti piaccia.
Bacioni, callistas.

Andy blackshoot: beh, i miglioramenti sicuramente arriveranno, ma come ho già detto, per certe cose occorre tempo.
Sono contenta che le battute dei due professori ti siano piaciute. Ho sempre desiderato una McGranitt più umana e meno altezzosa, come mi sembra di vedere nei film.
Intanto ti auguro una buona lettura, sperando di trovare un tuo prossimo commento al prossimo capitolo.
Bacioni!

Hermione59: vero. Hermione è divisa a metà: da una parte ci sono Harry, Ron e Ginny e dall’altra i suoi genitori. Come al solito, vorrà compiacere tutti a discapito di se stessa, ma ce la farà? Ne sarà in grado?
Beh, se tieni conto del fatto che i Weasley sono purosangue, vedrai da sola che non sono tutti razzisti, anche se questo tipo di atteggiamento è da impartire agli insegnamenti dei genitori (uno a caso, Malfoy).
Però… l’idea del San Mungo non è malaccio… no, scherzo. Credo di avergliene fatte passare di tutti i colori a ‘sta povera ragazza che forse il reparto di psichiatria non le gioverebbe proprio.
Beh, più che le facce, descriverò gli atteggiamenti. Spero di aver fatto un buon lavoro.
Intanto grazie per il tuo commentone. Mi piace sempre leggere questi articoli di giornale! ^_^
Grazie e buona lettura!

HJ: sì, sì… mi è proprio comodo chiamarti così.
Dunque, premesso che mi fa piacere che la storia ti stia “acchiappando” così tanto, non posso fare commenti sulla casa di Hermione. Se è stata smistata a Grifondoro una ragione ci sarà, no? E poi hai ragione tu: ne devono succedere di cose prima di quella questione…
Concludo, dicendo che il mio film preferito è Pane, Dramione e fantasia!!!

Tinotina: oh, adesso ti riconosco!
Mi mancavano le tue recensioni da critico d’arte, ma andiamo in ordine. Sì, ho messo tante novità e tranquilla, me la sbroglio da sola. Infatti, adesso sto rivedendo per l’ennesimamente mila volta la storia, per evitare che ci siano incongruenze troppo evidenti o fastidiose quindi tranquilla. Coi problemi che IO ho creato, me la vedo IO.
Ti piace la novità del fratello? Sarà che io ne ho due e senza di loro mi sentirei sola e ho voluto dare a Hermione quella bella sensazione di avere accanto qualcuno che non sia necessariamente una madre o un padre.
Beh, per quanto riguarda il fratello, devo passare oltre. Verrà anche il turno di Albert di raccontare la sua storia e ti dirà tutto lui e tranquilla: non manca molto a questo punto della storia, almeno così un quesito si sarà risolto.
Mi sembra di capire che la questione della casa di Hermione prema molto, ma che avete tutte? Solo perché a Serpeverde c’è Draco e la mia è una Dramione non significa necessariamente che la ragazza debba cambiare bandiera!
Mah…
Sì, decisamente ho capito che parteggi per la Mc, ma vedremo più avanti come si evolverà la faccenda.
Sono contenta di averti rallegrato la giornata. Per me è fonte di immensa gioia sapere che i miei scritti allietano le giornate di persone come te.
Non c’è nulla di più bello che leggere!
A questo proposito, buona lettura!

Piccola pucci: no tesoro, non sono malefica.
Sono STRONZA! Ooooooooohhhhhhhhhhhhh! Chiamiamo le cose con il loro nome! Sono una maledetta stronza! e me ne vanto!
HAHAHAHAHAHA!
Ma tornando seri…
*si ricompone*
… tra non molto, Albert racconterà ciò che è successo a qualcuno e allora ti verranno svelati i tuoi dubbi o almeno, quello che riguarda Albert. Quella di Jean è stato un mero tentativo di salvarsi in extremis, o di arrampicarsi sugli specchi, come preferisci.+
Silente si è dimostrato un uomo, perché sono dell’idea che al mondo nessuno è perfetto, magia o meno. Ritengo che essere perfetti comporti una vita alla lunga stancante, perché si deve fare sempre la cosa giusta, accontentare tutti, prevenire le reazioni degli altri… quando magari una vita vissuta all’insegna del “cercare” di raggiungere la perfezione è meglio, perché devi sempre migliorarti.
Mi spiace farti aspettare così tanto, ma consolati. Adesso potrai leggerti il tuo capitolo in santa pace!
Anche al tuo ultimo quesito, Albert e Hermione ti sapranno rispondere esaurientemente.
Bacioni!

Laura malfoy: ok, nessun giornale, ma stai studiando per diventarne una, vero?
Elthon è un personaggio che mi piace molto. Ho cercato di umanizzarlo il più possibile, nonostante il suo essere Capo degli Auror. Anche lui come Silente, in primis, è un uomo e lui è un uomo a cui hanno portato via la figlia e che ha vissuto senza di lei per ben diciassette anni. Certo, vorrebbe poter tornare indietro nel tempo, ma sa che farebbe prima a cercare di costruire qualcosa nel futuro. Per questo ha detto che “imparerà a conoscere” i gesti della figlia.
Hermione è un personaggio a sé stante. È attorno a lei che gira la faccenda, non dimentichiamolo e poi… soprattutto perché è Hermione.
Sono contenta che Minerva ti sia piaciuta e anch’io ho immaginato il naso di Piton. Non so se ti ricordi nel film di “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban” dove Piton becca Harry con la Mappa del Malandrino e Piton gli ordina di leggere cosa c’era scritto. Ad un tratto, dopo aver elencato i soprannomi dei Malandrini, ha detto “… e lo invitano a tenere la sua lunga appendice fuori dagli affari altrui”. Ho pensato subito a quella scena e pure io mi sono messa a ridere quando la scrivevo!
Sono piacevolmente colpita dal fatto che ti piaccia la violenza, perché qui ce ne sarà parecchia. Forse non tutta fisica, ma tanta di quella verbale.
Grazie per la tua recensione. Ti lascio leggere il capitolo in santa pace, sperando che ti piaccia.









VERITA’ NASCOSTE
LA FINE DI UN INCUBO, L’INIZIO DI UN SOGNO

Era incredibile come lo stato d’animo di Hermione fosse soggetto a drastici cambiamenti d’umore. Dopo aver parlato con Elthon era tornata in camera sua, seguita dall’uomo, che l’aveva poi lasciata andare. Una volta entrata, si era buttata sul letto a pancia in giù e, senza nemmeno rendersene conto, aveva iniziato a piangere. Aveva cercato di soffocare il pianto, ma non c’era riuscita.
Nonostante l’odio che provava verso Jean Granger e il suo orribile atto, non poteva non sentirsi in colpa per come si stavano combinando le cose. Aveva passato un bel pomeriggio con Elthon nonostante non avessero parlato molto, ma poi il suo pensiero era andato a Jean e le sembrò in un certo senso di tradirla. Dopotutto, aveva passato con lei gli anni più importanti della sua vita e provare ancora una sorta di attaccamento filiale nei suoi confronti era quasi normale e comprensibile.
Merlino!, non faceva altro che piangere!

Erano trascorsi altri sei giorni da quando aveva parlato con Silente. Si sentiva immensamente sciocca a comportarsi in quel modo, pur sapendo che così non avrebbe concluso niente, ma non riusciva a smettere.
Myra ed Elthon, doveva riconoscerlo, erano stati cortesi nel concederle tutto quel tempo. In quei momenti, riusciva a perfino ad accantonare il proprio dolore e provare a immaginare come si erano potuti sentire loro quando avevano scoperto che lei era stata rapita, ma subito dopo si chiedeva, se loro riuscivano a capire come si sentiva lei a essere stata strappata alla sua vita, alle sue certezze.
Era un cane che si mordeva la coda.
Silente diceva che col tempo tutto quel dolore si sarebbe lenito.
Per la prima volta, dubitava delle parole dell’uomo che più stimava al mondo.
Ripensò a Harry, Ginny, Ron e a tutti gli altri. Si chiese come stavano, se la pensavano, se si erano chiesti che fine avesse fatto.
Doveva dare una svegliata a tutto quel torpore, non poteva andare avanti in quel modo. Si alzò da quella che temeva potesse diventare la sua più che prossima tomba e andò in bagno a sciacquarsi il viso.
Non sapeva ancora cos’avrebbe detto, ma l’importante era svegliarsi.
In un modo o nell’altro.




“Myra, mangia qualcosa, ti prego.”
“Non mi va…” – disse lei, con voce bassissima.
Elthon sospirò e avanzò il suo arrosto. Le mise una mano sulla sua e gliel’accarezzò.
Un elfo arrivò subito e sparecchiò la tavola, capendo al volo che non era aria.
“Forse non abbiamo gestito bene la cosa, Elthon.” – disse la donna, diplomatica nonostante la situazione. – “Forse… forse dovevamo andare più lentamente e darle modo di assorbire la notizia con più calma.”
Gli si strinse il cuore.
“Forse se le avessimo spiegato la situazione con altre parole si sarebbe convinta di più…” – lo guardò supplice e Elthon le sorrise amaramente.
Che glielo avessero detto in un modo o nell’altro poco sarebbe cambiato: la separazione sarebbe avvenuta lo stesso.
“E cosa sarebbe cambiato, amore?”
La donna iniziò a piangere in silenzio.
“Ci avrebbe odiato in qualsiasi caso.”
Aveva toccato il cielo con un dito quel pomeriggio di due giorni prima. Era riuscito a parlare con sua figlia con serenità, anche se forse una tale calma da parte sua era da ritenere sospetta. Poi tutto era tornato come prima, o quasi.
C’erano molti silenzi, spesso pesanti, con il risultato che per spezzarli, ognuno doveva tornare a farsi gli affari propri. Non era così che voleva che andassero le cose, ma cosa poteva fare per farle andare diversamente?
“Credo che parlare di odio sia fuori luogo.” – disse una voce.

Aveva percorso con maggior sicurezza quel corridoio e aveva sceso abbastanza velocemente le scale, quasi temendo di avere dei ripensamenti. Ma arrivata alla sala da pranzo si fermò e si nascose dietro il muro, origliando.
E li aveva sentiti.
Era sempre stata brava a percepire gli stati d’animo delle persone attraverso la loro voce, per questo, Ginny non l’aveva mai facile con lei. Poteva sorridere con le labbra e con gli occhi, ma la sua voce la tradiva sempre.
La voce di Myra, infatti, era un sussurro appena udibile, tanto che in certi punti dovette strizzare gli occhi per concentrasi al massimo.
Poi, smise di ascoltare i Preston e ascoltò se stessa.
Appoggiò la testa contro la parete e cercò di capire quale fosse la cosa giusta da fare, martoriandosi nel frattempo le mani.
No, non li odiava, solo… solo che non sapeva, non capiva, se loro riuscivano a mettersi nei suoi panni. Rapire un figlio a un genitore era un atto da Azkaban, lo sapeva perfettamente. In casi normali non avrebbe esitato a punire il colpevole nel nome della giustizia ma ora che era capitato a lei, si sentiva divisa a metà.
Dalla visita a Jean alla prigione erano passati ormai più di dieci giorni e ricordava perfettamente come si era sentita. Una donna che non può avere figli, come disse giustamente Elthon, ricorderebbe ogni particolare, anche il più stupido, del giorno in cui ha trovato sull’uscio di casa un bambino abbandonato ma Jean, lo disse lei stessa, ricordava un giorno e una copertina.
La odiava, ma allo stesso tempo le voleva ancora bene.
E sentiva di provare qualcosa anche verso quelle due persone. Era prematuro parlare di amore filiale, ma forse si poteva parlare di rispetto verso il loro dolore.
Prima di palesare la sua presenza, sperò che quei due signori rispettassero il suo.

Myra ed Elthon si girarono di scatto verso la porta, trovandovi Hermione. Si alzarono di scatto in piedi.
“Er… ciao… come… come stai?” – chiese Elthon. Non si era decisamente aspettato di trovarsela lì davanti.
“Posso entrare?” – chiese lei.
“Certo! È… è casa tua!” – rispose Myra con enfasi.
Sentì Elthon stringerle la mano in una morsa letale e si morse la lingua. Forse metterla di fronte alla realtà dei fatti in quel modo così diretto non era la via giusta per arrivare a lei.
Hermione sospirò e iniziò a guardarsi intorno. Cadde un silenzio così pesante che sembrava pesare sulle spalle.
“Sì…” – fece Hermione, alla fine. – “… suppongo di dover iniziare considerarla come tale.”
I cuori dei coniugi Preston iniziarono a battere furiosamente.
“Io…”
“Vuoi sederti?”
Hermione sorrise debolmente e negò con un cenno della testa.
“No, grazie. Ho… ho bisogno di stare in piedi un po’.”
Elthon tirò a sé la donna, per sostenerla.
Per sostenersi.
Le gambe minacciavano di non reggerlo più.
La ragazza entrò nella sala da pranzo e il confronto con quella in chi aveva vissuto da bambina fu inevitabile. Gli occhi le divennero lucidi nell’arco di un secondo.
“Ho…” – portò due dita alla gola per fermarne il tremolio. – “… sinceramente non so cosa devo fare. Ho provato tante volte a chiedermi cosa potevate aver provato quando sono stata portata via da voi e ho sempre immaginato che dovevate aver sofferto tanto.” – si sentì infinitamente stupida per aver detto una cosa così scontata. Certo che dovevano aver sofferto! Erano due genitori che avevano appena scoperto che la loro figlia era scomparsa! Come avrebbero dovuto sentirsi?
Myra si portò una mano davanti alla bocca per sopprimere i singulti. Hermione le sorrise: lei faceva la stessa identica cosa.
Fu un pensiero fugace, ma l’aiutò a pensare che forse non erano poi così lontani come lei pensava.
“Ma… mi chiedo se, però voi capite quello che sto passando io. Siete entrati… con irruenza nella mia vita…”
Elthon abbassò lo sguardo, ripensando alle parole della moglie e al modo in cui la situazione era stata gestita, ma si sa: l’impazienza fa commettere errori.
“… l’avete fatta in mille pezzi…”
A Myra scappò un singhiozzo.
“… e…” – anche Hermione era sull’orlo delle lacrime. – “… e nonostante questo mi… mi si chiede di fare la cosa giusta. Ma non so qual è!” – disse, lasciandosi andare a un pianto disperato.
Myra abbandonò la mano del marito per correre da sua figlia. L’abbracciò forte, ispirando il suo profumo e saggiando la consistenza dei suoi capelli. Anche sua madre, Elaine Sandrine Sinclaire, la nonna materna di Hermione, aveva sempre avuto quei capelli ribelli, ribelli come il suo carattere.
Hermione l’abbracciò d’istinto. Era stanca di sentirsi sola e, mentre scendeva le scale, si chiese se magari non potesse dividere e condividere quella solitudine che sentiva pesare nel cuore. Magari avrebbe fatto anche meno male. La ragazza andò ad appoggiare il mento sulla spalla della donna e lo sguardo le cadde su… suo padre.
Lo vide in disparte, come un essere a se stante, e la cosa non le fece piacere. Sembrava chiederle – implorarle – con lo sguardo un briciolo di quell’abbraccio che stava dando a sua moglie. Si staccò dalla madre, con dolcezza, e andò dritta verso di lui.
E lo abbracciò.
Elthon chiuse le braccia attorno alla vita di sua figlia. La sollevò da terra di qualche centimetro, dovendo però fare violenza su se stesso per non spezzarle la spina dorsale.
Non era pronta per chiamarli mamma e papà, ma forse era pronta per conoscerli.




Qualche minuto più tardi, quando ogni lacrima fu asciugata, i tre si ritrovarono in salotto, di fronte al caminetto.
Stavano comunicando.
“Ti voglio mostrare una cosa, Hermione.” – disse Myra, alzandosi dal divano.
Andò verso uno scrittoio e tirò un cassetto, estraendo quella che di primo acchito le sembrò una fotografia. La ragazza la prese in mano e capì di essere lei.
“Sono io?” – chiese Hermione, accarezzandosi.
Nella foto, Myra stringeva un frugoletto dormiente in una copertina rosa con i coniglietti bianchi. Sorrideva all’obiettivo, ignara che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe visto e toccato sua figlia.
“Eri appena nata. Io non volevo che tuo padre scattasse fotografie, perché ero inguardabile.”
Hermione non lo avrebbe mai detto a voce alta ma Myra non era mai stata bella come in quella foto.
“Ma l’ha fatto lo stesso, prendendomi di sorpresa. Col senno di poi, sono felice che l’abbia fatto, altrimenti il dolore della tua perdita mi avrebbe fatto uscire di senno, portandomi a credere che eri stata solo frutto della mia fantasia, che non eri mai nata.”
Hermione stava in mezzo a loro, con addosso una coperta lilla.
“Posso chiederti che nome avevate scelto per me?” – chiese Hermione.
Non seppe dire cosa l’avesse spinta a fare quella domanda, ma voleva sapere che nome le avrebbero dato i suoi genitori.
“Hermione Eloise Elaine Preston.” – rispose Elthon. – “Sono i nomi delle tue nonne.”
“Sono dei bei nomi.” – disse Hermione.
Elthon si scambiò uno sguardo carico di emozione con la moglie. Myra riprese la fotografia che la ritraeva con la piccola Hermione e se la mise in grembo.
“Io… vorrei tornare a scuola.” – disse Hermione, sperando di non aver rotto quel bel momento.
“Certo, è giusto.” – fece Elthon. – “Lo studio è importante, anche se credo che un po’ di normalità non ti faccia male.”
Hermione gli sorrise, imbarazzata che avesse capito subito le sue vere intenzioni.
“Bene!” – fece Elthon, alzandosi in piedi. – “Andiamo a preparare le valige, allora.”
Hermione scese velocemente dal divano, lasciando indietro una malinconica Myra. Aveva appena ritrovato la figlia e ora se ne doveva separare subito.
“Tu non vieni?” – chiese Hermione che, notata la faccia della donna, temette di aver fatto o detto qualcosa di sbagliato.
Myra le sorrise e si alzò.
“Certo, andiamo.”
I tre si avviarono verso la camera di Hermione per preparare i bagagli.

L’armadio, riempito solo pochi mesi prima di tutto ciò che la squadra di Elthon aveva trovato a casa Granger, venne di nuovo svuotato e sistemato accuratamente nel baule di Hermione, con l’apposito incantesimo, affinché ci stesse tutto dentro.
Mentre Myra faceva avanti e indietro dall’armadio al baule, a Hermione si accese una lampadina solo in quel momento.
“C’è un ragazzo a scuola…”
“Nome, cognome, età e albero genealogico!” – fece Elthon, lasciando sgomento Hermione.
“Elthon!” – fece Myra, imbarazzata. – “Scusalo… deformazione professionale.” – e gli ringhiò contro. Peccato non avesse niente di abbastanza pesante da tirargli dietro.
Avevano fatto una fatica enorme a riuscire ad avere un dialogo decente con Hermione e non era il caso di rovinarlo con stupide gelosie.
L’uomo si ricompose, mentre una deliziosa strisciolina rossastra gli colorò le guance, come nei cartoni animati.
“B-beh… s-si chiama Preston… Albert Preston e… e mi chiedevo se… alla luce dei fatti lui…”
Il sorriso di Myra ed Elthon – che si era ripreso – fu la risposta di Hermione.
“Sì, Albert è tuo fratello. Hai avuto modo di parlargli?”
Hermione abbassò lo sguardo sulla maglietta che aveva in mano.
“A dir la verità no. Lui è di Serpeverde e… tra la sua e la mia casa non corre molto buon sangue… se capite quello che intendo.”
“Oh, capiamo perfettamente.” – fece Elthon.
“Ti ha presa in giro?” – chiese invece Myra, mentre Elthon si faceva serio.
“No, no anzi, ha sempre evitato di farlo. Non che intervenisse in mia difesa, ma almeno non dovevo difendermi anche da lui.”
La sistemazione delle valige terminò dopo quindici minuti circa. Erano arrivate le sette e mezzo ed era ora di cena. Hermione aveva una fame terribile, dovuta al fatto di sentirsi decisamente meglio, se non a livello emozionale, ma a quello fisico. Prima di sedersi a tavola, Elthon si assentò cinque minuti per fare una cosa e lasciò da sole le due donne.
“Non… non sapendo cosa ti piace, ho detto agli elfi di preparare un po’ di tutto.”
Hermione sentì di poter mangiare tutto quello che era stato servito in tavola.
“Non… non ho nessun problema. Mangio di tutto.”
Myra ne fu felice e si accomodarono al tavolo, in attesa del padrone di casa che stava scrivendo una breve lettera. Comunicò il nome del destinatario al gufo che volò via.
“Eccomi qui, scusate. Iniziamo la cena?”
Cenarono in tranquillità, continuando a chiacchierare di argomenti leggeri.









Anche a Hogwarts era ora di cena ed era insolito ricevere posta a quell’ora del giorno. Perfino i professori si stupirono di quel gufo solitario che era planato nella Sala Grande, ma quando videro a chi stava andando incontro, capirono che forse qualcosa si stava muovendo.
“Ehi, chi ti scrive a quest’ora?” – chiese Blaise, facendo ondeggiare la sua forchetta.
Draco si spostò prima di vedere il suo occhio attaccato ai rebbi della forchetta.
Albert aveva trattenuto il fiato per tutta la lettura. Erano poche righe, ma per lui significavano tutto.

Caro Albert,
domani tua sorella farà ritorno a scuola. Prenderà l’Espresso delle 8 e sarà a scuola verso l’ora di pranzo. Abbine cura, te la affidiamo fino al ritorno per le vacanze natalizie.

Con affetto,
tuo padre.

Senza dire niente a Blaise, che stava morendo dalla curiosità, si alzò dal tavolo e andò dritto a quello dei professori. Confabulò con il preside per qualche minuto e ringraziò con un inchino, segno che aveva ottenuto quello che aveva chiesto.
Tornò al suo posto e mangiò con gusto.
“Allora? Che succede?”
Era risaputo che Blaise era un curioso di prima categoria e, anche se gli dispiaceva un po’, non aveva mai detto ad anima viva cos’era successo alla sua famiglia. Non che non si fidasse di lui o del gruppetto che lo aveva accolto senza fare tante domande, ma il dolore che provava per quella separazione forzata era talmente forte che a volte aveva il potere di mozzargli il respiro in gola.
“Domani devo conoscere una persona.”
Blaise fu tentato di chiedergli chi fosse, ma rinunciò quando Albert chinò il volto sul piatto e ricominciò a mangiare come un automa.
Blaise e Draco si guardarono un attimo, chiedendosi cos’avesse il loro amico da qualche giorno a quella parte.




Quella notte, né Albert né Hermione dormirono un secondo.
Hermione si era congedata verso le dieci e mezzo, anche se non percepiva nessuno stimolo per dormire. Passò l’intera nottata a guardare fuori dalla vetrata, fantasticando sulla giornata di domani. Avrebbe conosciuto suo fratello per davvero, anche se da parte della ragazza c’erano molte paure e altrettanti dubbi sulla reazione del ragazzo.
Sarebbe cambiato o si sarebbe schifato nell’avere una sorella Grifondoro?
Sentiva che lo sconforto si stava per reimpossessare di lei e lo scacciò con un sospiro.
L’indomani lo avrebbe scoperto da sola.









Alle otto in punto, Albert si ritrovò fuori dal cancello di Hogwarts. Gli venne accordato un permesso speciale per saltare le lezioni, vista la particolare condizione in cui la sua famiglia versava da ben diciassette anni, ma soprattutto per il fatto che Silente era sicuro che non avrebbe ascoltato nemmeno mezza acca dei loro discorsi.
Era il quindici di settembre e avrebbe ricordato quella data come la più importante di tutta la sua vita: finalmente avrebbe riabbracciato sua sorella.
Continuava ad allungare la testa per vedere se riusciva a scorgere la sagoma di una carrozza, anche se era ben consapevole che sarebbe arrivata solo verso mezzogiorno.
L’aria, a quell’ora del mattino, era particolarmente fredda e il ragazzo si maledisse in mille lingue per non aver indossato la sciarpa.

Aveva passato la notte a fare avanti e indietro per la stanza. Fortuna che Blaise, Draco e Theo avevano il sonno pesante, perché altrimenti li avrebbe svegliati e non era particolarmente incline a morire per aver interrotto il sonno di bellezza di Blaise, il vanitoso.
Aveva pensato a come poteva essere diventata sua sorella in quegli anni. Si ritrovò automaticamente a odiare quella donna che l’aveva portata via ai suoi genitori.
A lui.
Crescendo, aveva iniziato a capire che i suoi genitori non stavano bene. Trovava spesso sua madre con lo sguardo perso nel vuoto, suo padre che era sempre via per lavoro e lui che non capiva cosa stesse succedendo.
Aveva da poco compiuto nove anni e sebbene gli sembrasse che i suoi genitori fossero mentalmente presenti alla sua festa, c’era sempre un alone di dolore nei loro occhi. Così, si era fatto coraggio e a costo di fare i capricci e prendersi uno scapaccione, avrebbe scoperto la verità. Ricordava molto bene quel giorno, perché sua madre gli aveva fatto indossare i pantaloni che suo nonno Alphred gli aveva regalato.
Ma che non avrebbe mai messo nemmeno sotto tortura. Erano osceni.

“Mamma?”
Myra Preston non rispose. Stava guardando una fotografia, ma da dove si trovava, Albert non seppe dire chi o cosa stesse guardando.
Lo avrebbe scoperto di lì a poco. Richiamò la donna, perché era assorta e non lo aveva sentito.
“Mamma?”
Myra si girò di scatto e gli sorrise.
“Albert, tesoro… hai bisogno di me?”
Il bambino annuì. Ora che si trovava di fronte alla sua mamma, i dubbi iniziarono ad assalirlo, chiedendosi se stesse facendo la cosa giusta nell’iniziare quella discussione.
“Dimmi.”
Myra lo invitò a sedersi in braccio da lei, ma Albert rifiutò. La donna gli sorrise, immaginando che lui ormai era “grande” per quel genere di cose.
“Allora ometto, cosa c’è?”
“Cos’avete tu e il papà?”
Una domanda diretta, nonostante si fosse ripromesso di partire dal Pleistocene per prenderla larga. Ma non c’era riuscito. Voleva sapere tutto e subito.
“In che senso, tesoro?” – chiese la donna, perplessa.
“Siete sempre tristi. Non mi volete più bene?”
Tipiche paure dei bambini quando non ricevono più le adeguate attenzioni dai genitori.
“Ho fatto qualcosa che ti ha fatto arrabbiare?”
E sebbene si fosse promesso di non fare anche quello, Albert iniziò a piangere. Il silenzio della madre fu per lui come una conferma alle sue parole. Myra gli corse incontro e lo abbracciò, comprendendo solo in quel momento quanto male avessero fatto lei e suo marito, involontariamente, al loro bambino.
“No! No, tesoro, no! Non… non hai fatto niente, stai tranquillo!”
Albert la abbracciò, sollevato e Myra capì che non poteva più tenergli nascosta una cosa simile.
“Facciamo una cosa, va bene?”
Albert annuì.
“Stasera, quando torna il papà, ti diremo una cosa.”
Albert sospirò. Avrebbe voluto saperlo subito, ma se bisognava aspettare il papà, allora avrebbe aspettato.
“Va bene.”

Passò l’intero pomeriggio in camera, guardando la luce lasciare lentamente – fin troppo – il posto al buio. Quando guardò l’orologio a muro e vide che erano le sette, uscì come un tornado e si precipitò in salotto. Elthon era appena arrivato e stava discutendo con Myra di cosa dire al bambino.
“Albert!” – fece Myra, spaventata dall’ingresso del figlio.
“Mi dici cosa c’è?” – chiese subito il bambino.
I due si guardarono in faccia e annuirono. Fecero sedere Albert in mezzo a loro e iniziarono il loro incredibile racconto.

Quella notte non aveva dormito.
L’aveva passata a guardare il soffitto del suo letto a baldacchino, chiedendosi dove fosse finita la sua sorellina, se stava bene e se la persona che l’aveva portata via, almeno, le facesse mangiare il latte con i biscotti.
Dal mattino seguente, Albert iniziò a comportarsi in modo diverso. Sua madre lo beccava molto spesso a guardare il cielo e continuava a chiedersi se avessero fatto bene a dirgli tutto. Sembrava maturato in un colpo.
Mangiava tutto quello che gli si metteva nel piatto senza protesta e indossava i pantaloni di nonno Alphred senza battere ciglio. Faceva il bagnetto regolarmente e durante le feste non si attaccava alla gonna di sua madre per chiederle di tornare a casa.
Era un modo innocente che aveva Albert per dimostrare a quella persona che aveva portato via sua sorella che lui era un bravo bambino e che si meritava di riavere indietro la sua sorellina. Ma per quanto Albert non facesse i capricci, si comportasse fin troppo educatamente per un bambino della sua età, sua sorella non tornava mai a casa. La sua spensieratezza fu accantonata e quel modo così austero di comportarsi, divenne ben presto il suo modo di essere.

E tra poco, avrebbe conosciuto sua sorella. Controllò l’orologio che i suoi compagni di stanza gli avevano regalato per il suo sedicesimo compleanno e vide che erano appena le nove e mezza.
Si sedette su un masso e aspettò.




“Albus, sei sicuro che non corra pericoli?” – chiese Minerva, beccando il preside a una finestra.
“Il mondo magico è al sicuro, ora.” – fece il preside, prendendo dal taschino della sua mantella un orologio.
“Non posso fare a meno di immaginare la reazione che avrà il ragazzo quando la vedrà.” – fece la donna, mettendosi una mano sulla guancia.
“Come te la sei immaginata?”
“Oh, Albus! Lo sai meglio di me! E’ un Serpeverde!”
“Credo che l’essere umano sia imprevedibile, Minerva. Credo che possa riservare molte sorprese e non tutte spiacevoli. Forza, andiamo… tempus fugit.” – e mentre lo diceva, un sorrisetto gli increspò le labbra.




Hermione si era appisolata durante la corsa del treno e quando si svegliò sgranò gli occhi.
Era già arrivata? Ma se aveva appena chiuso gli occhi?!
Scese dal treno e prese il suo baule, iniziando a tremare come una foglia. Lei lo conosceva di vista, così come lui. Avrebbe mai immaginato che sua sorella era niente meno che la studentessa più brillante/irritante di tutta la scuola? E se non l’avesse accettata? Se l’avesse ignorata?
Stava avendo un attacco di panico vero e proprio. Si fermò sul ciglio della strada, si piegò sulle ginocchia e iniziò a respirare profondamente. Una carrozza arrivò e si fermò davanti a lei. La porticina si aprì e la invitò a salire.
Tremava, mentre metteva meccanicamente un piede davanti all’altro.




Albert si svegliò di soprassalto.
Come diavolo aveva fatto ad addormentarsi? Era scemo?
Controllò immediatamente il suo orologio e scoprì che mancavano solo cinque minuti a mezzogiorno. Scattò in piedi, ma si piegò sulle ginocchia per il dolore. Si era addormentato in una posizione che un contorsionista se la sarebbe solo sognata e ora gli doleva tutto. Sgranchì le ossa e iniziò a tirare il collo.
La sua attesa non durò molto, perché dopo cinque minuti, una carrozza gli si fermò davanti.
Così come il suo cuore.




Per tutto il viaggio, aveva tenuto le mani incrociate in segno di preghiera attaccate alla bocca e gli occhi bassi.
Nonostante tutti quei cambiamenti, quegli scombussolamenti alla sua vita, una parte di Hermione pregava che Albert Jacob Preston la accettasse nella sua vita.
Aveva sempre invidiato i ragazzi che avevano fratelli e sorelle, perché vedeva quella in condizione una sorta di alleanza segreta che solo due fratelli sanno avere. Si spalleggiano, si sorreggono a vicenda. Quando sua madre… quando Jean le disse che non poteva avere bambini, si era intristita parecchio, ma aveva compensato quella mancanza con i libri.
Anche se non erano la stessa cosa.
Alzò gli occhi al cielo, quando sentì la carrozza fermarsi, e recitare un’unica preghiera.
Ti prego, fa che mi accetti.
Aprì la porta e lasciò che il suo destino venisse deciso, per la prima volta, da altri.




Albert vide la portiera aprirsi e istintivamente tirò il collo come una giraffa per cercare di cogliere qualsiasi particolare che lo avrebbe potuto aiutare a farsi una fugace idea di che genere di persona fosse diventata sua sorella.
Ma rimase deluso.
A scendere dalla carrozza, non fu sua sorella ma Hermione Granger, con tutto il suo armamentario appresso. Sospirò per un attimo frustrato, perché gli aveva rovinato la suspence.
“Granger…” – fece lui, notando un sorrisetto amaro formarsi sulla bocca della ragazza. – “Sei tornata a scuola, vedo.”
“Già…” – rispose lei.
Si sentiva strana nel parlare con suo fratello. Lo guardava, cercando in lui qualcosa di Elthon e Myra, notando come il ragazzo fosse la perfetta fusione dei suoi genitori: aveva la fierezza di Elthon e la delicatezza di Myra.
E lei cos’aveva?
“Ti spiace?” – fu riportata alla realtà. – “Sto aspettando una persona.”
Hermione serrò la mascella. Era già giunto il momento?
Ora o mai più, si disse.
“Stai aspettando tua sorella?”
Albert sentì il fiato bloccarsi a metà strada. Come faceva a sapere di sua sorella? Non ne aveva mai parlato ad anima viva! Fece un passo indietro.
“Cosa… cosa ne sai di mia sorella, tu?”
Hermione abbassò lo sguardo e si morse il labbro inferiore. Forse non aveva usato l’approccio giusto e si diede della stupida, perché l’attimo successivo migliaia di altre opzioni più valide e meno invasive si riversarono nella sua mente. Sgranò gli occhi e li puntò in quelli di Albert, notando quanto fossero simili ai suoi, quando sentì due braccia stringere forte le sue.
E immaginò che lo avesse notato anche lui da come la guardava.

Albert era furente.
Non capiva come mai la Granger sapesse di sua sorella. Subito pensò che lei lo avesse scoperto in qualche oscuro modo, poiché era molto brava a impicciarsi degli affari altrui, ma scartò a priori quell’ipotesi. Nulla era mai trapelato dai giornali o dalle persone coinvolte, quindi come diavolo faceva a sapere di sua sorella?
Perché…
Perché i suoi occhi erano così simili ai suoi?
La presa sulle sue braccia allentò fino a diventare un leggero tocco.

Hermione stava per mettersi a piangere di fronte a suo fratello. Troppe emozioni stavano combattendo dentro di lei e lei stessa non sapeva a quale dar retta.
Albert la guardava, mentre i suoi occhi iniziavano a spalancarsi leggermente.
Doveva essersi accorto di star abbracciando sua sorella.




Albus Silente si allontanò con un sorrisetto dalla sua finestra, lasciando la giusta intimità a due fratelli appena ritrovatisi.




“Tu… tu… sei tu?”
Hermione tirò su col naso, facendo nascere un sorrisetto sulle labbra di Albert. Sapendo che la voce l’avrebbe tradita, si limitò ad annuire.
Albert sembrava volersela mangiare con gli occhi. Conosceva già Hermione Granger per fama, l’aveva intravista per i corridoi, ma mai le aveva prestato l’attenzione che meritava.
E ora, poteva farlo.
Se la strinse al petto e la rinchiuse in un abbraccio che sapeva di nuovo, di bello, di fratello e sorella.
Di un incubo finito.
Hermione non avrebbe mai sospettato una reazione simile, ma l’accettò più che volentieri. Timidamente, lo abbracciò a sua volta e scoppiò a piangere.
Giusto per non perdervi l’abitudine…
Rimasero in quella posizione per svariati minuti. Albert le accarezzò la schiena con la mano, fregandosene delle lacrime che scendevano pure a lui. Si staccò da lei, scostandosi i capelli dagli occhi con un gesto del capo.
Sua sorella.
“Finalmente ti hanno trovata…” – le spostò un ricciolo dagli occhi.
Hermione li chiuse per gustarsi quel tocco fino in fondo.
E starnutì.
Albert si spostò in tempo, prima di venir lavato completamente. La ragazza divenne una brace per la vergogna. Ma proprio un momento simile doveva rovinare?
“S-scusa… scusami, io…”
Albert rise.
“Non importa, anzi… rientriamo. Non voglio che ti prenda un accidenti.”
Hermione si sistemò la sciarpa e vi infossò dentro il naso per ripararsi. Albert la scortò all’interno, abbracciandola per le spalle.




Theodore Nott era un ragazzo conosciuto per il suo carattere silenzioso, posato, mite e raramente imprecava. Preferiva aprire bocca solo con cognizione di causa e lasciare le stupidaggini a gente stupida.
Era imbambolato di fronte a una finestra quando, a un tratto, si trasformò in uno scaricatore di porto.
“Oh porca puttana troia!”
Il fumo andò per traverso a Draco Malfoy, che stava parlando con Blaise di ragazze. Il moro si strozzò con la saliva e c’impiegarono non poco per riprendersi dallo shock.
“The… Theo… che cazzo ti prende?”
Theo prese Blaise per il cravattino e Draco per un braccio, smaltandoli alla finestra, in modo che guardassero ciò che i suoi occhi vedevano, ma che la sua mente rifiutava di elaborare. Blaise, che era alla fine della sua sigaretta, imprecò, lasciandola cadere per terra, visto che si era scottato il dito.
“La Granger? Che diavolo ci fa Albert abbracciato alla Granger?”
Era ora di pranzo e una bella chiacchierata chiarificatrice non l’avrebbe impedita nessuno. I tre si avviarono con passo celere verso i giardini, proprio nel momento in cui Hermione e Albert stavano entrando.

Albert non sapeva cosa dire, anche se avrebbe voluto tempestare la ragazza con una miriade di domande. Hermione, d’altro canto, non sapeva nemmeno lei come iniziare il discorso con lui, con il risultato che si ritrovarono entrambi a fare scena muta.
Appena varcato l’ingresso principale, Hermione si fermò e si diede una sistemata alla gonna. Albert si fermò come pietrificato.
“Stai bene? Ti serve una mano? Ti sei fatta male? Vuoi che ti porti il baule?”
Hermine lo fissò con la bocca aperta, sgomenta. Albert si rese conto di aver appena fatto una gran bella figura di cioccolata e arrossì.
“S-scusa…” – fece, sorridendo imbarazzato.
“Non… non ti preoccupare, io…”
“Immagino tu abbia una spiegazione più che valida per farti vedere abbracciato alla Granger.” – disse Theo, arrivato con gli altri in quel momento e abbandonando la sua compostezza per un atteggiamento più umano.
Hermione perse quella poca felicità che aveva faticosamente raggiunto per fare i conti con la dura realtà: la casata di Albert.
Albert gli sorrise, lasciando i tre decisamente stupiti.
“Uno molto valido, ragazzi. Scusate, ma ora ho da fare con questa signorina.”
Hermione arrossì e seguì Albert senza protestare. Il ragazzo passò in mezzo agli altri tre, lasciandoli decisamente basiti, perfino a Draco, solitamente estraneo a palesare emozioni troppo umane.
Ma prima di andarsene definitivamente, i suoi occhi grigi incrociarono quelli della Granger, color cioccolato.
Una smorfia, che poteva quasi essere scambiata per un sorriso, gli accarezzò le labbra.
Era la stessa definizione che aveva dato agli occhi di Albert qualche anno addietro…









Note di me:
Uhllallà!
Ritorno a Hogwarts!
I due fratelli si sono incontrati. Abbiamo visto i ricordi di Albert riguardo al giorno in cui è venuto a sapere di sua sorella e ha preso abbastanza bene il fatto che fosse Hermione, non trovate?
Beh, ci sono quelli che ci impiegano anni e altri che soprassiedono a piccoli difetti come l’essere una Grifondoro.
Uuuuuuuuuuuuuuuuuhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh
Piaciuto il finale di Draco che si è accorto degli occhi di Hermione?
Spero di sì.
Allora, la storia sta entrando nel vivo, finalmente. E se lo dice la scrittrice, è tutto un dire!
Prossimamente, su questo sito, colpi di scena!
Bacioni, callistas!
  
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