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Autore: ferao    05/07/2011    8 recensioni
- Cos’è quello, Bunbury? - domandò a bassa voce Evangeline, vedendo arrivare Percy.
Bunbury smise di osservare un gruppo di maghi e puntò gli occhi da avvoltoio sul ragazzo. - Temo sia lo sposo, Evangeline.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Weasley | Coppie: Audrey/Percy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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- Questa storia fa parte della serie 'Una brezza lieve' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Non vedo come sia possibile raccontare di tre giorni di sonno magico indotto da una pozione. Insomma, suppongo che si faccia qualche bel sogno, o che si sentano le voci delle persone attorno… ma, francamente, è difficile esserne certi. Voglio dire, quanti di voi hanno avuto un’esperienza simile? Due, tre persone?
Bene, allora per favore pensateci voi a raccontarlo agli altri, che io non ne sono in grado.
Tutto ciò di cui il narratore può parlarvi riguarda quello che accadde al risveglio di Audrey. Che poi, non è affatto meno interessante del resto.
 
Uscì dal sonno come da una lunga apnea, con la testa leggera e allo stesso tempo piena di confusione. Audrey aprì un occhio, poi un altro, e subito li richiuse entrambi, ferita dal tipico biancore delle stanze d’ospedale che rifletteva una luce fastidiosamente elettrica.
Cos’è? Che c’è? Dove diamine sono finita?
Riprovò ad aprire gli occhi, poco alla volta, e pian piano li abituò alla luce. Meglio.
Ora, dove sono?
Che fosse sdraiata era fuor di dubbio; sentiva un materasso rigido e un morbido cuscino sotto di sé.
Dunque sono in un letto. Okay.
Poi?
Sbatté le palpebre e si sforzò di sollevare un po’ la testa per guardarsi attorno, ma cedette subito. Si sentiva curiosamente debole; provò a muovere le gambe, poi le braccia. Sì, c’è tutto.
Ma dove sono?
Riprovò a sollevarsi e stavolta ci riuscì; Audrey si puntellò sui gomiti e riuscì finalmente a osservare la stanza in cui si trovava. Molto ampia, molto bianca; una specie di… qualcosa che sembrava… un lettino di ferro era accostato ai piedi del letto. Da una vasta finestra a sinistra entrava una luce rossastra, doveva essere quasi il crepuscolo; la luce illuminava direttamente le spalle di una figura seduta accanto al letto, con le braccia incrociate appoggiate sul materasso e la testa a sua volta adagiata su di esse: Percy dormiva in quella posizione, respirando piano.
Ancora frastornata, senza capire bene cosa stesse facendo, Audrey allungò una mano verso di lui e gli sfiorò un gomito. Percy si svegliò con un sobbalzo, raddrizzandosi e guardandosi attorno smarrito; finalmente posò lo sguardo su Audrey, e parve svegliarsi del tutto.
- Ehi…
A vederlo, anche Audrey si sentì un po’ meno confusa. Accennò un sorriso. - Ehi…
Percy si strofinò gli occhi al di sotto degli occhiali storti, poi le rivolse a sua volta un sorriso tirato e stanco. Era molto, molto più pallido del solito.
- Da quanto sei sveglia?
- Da… ora. Credo.
Perché, dormivo? Non mi ricordo. Dove sono?
Il sorriso di Percy si allargò un po’, per poi spegnersi un istante dopo. Il ragazzo si alzò dalla sedia per avvicinarsi a Audrey, e lei poté notare il suo abito; involontariamente le sfuggì un commento.
- Sei… elegante - mormorò, raddrizzandosi e mettendosi seduta.
Percy strinse i denti e si rabbuiò. - Sono stato a un funerale.
All’improvviso la mente di Audrey si snebbiò. Ricordò tutto: il gufo, Hogwarts, il dolore e il Coso…
Cazzo, il Coso!
Con orrore si guardò subito il ventre, e lo scoprì decisamente meno gonfio di prima. Lo tastò, terrificata, e lo sentì molle e vuoto.
No no no no no…
Fu come tornare indietro di mesi, al giorno dell’udienza; solo che stavolta non erano i Dissennatori a metterle in testa pensieri orribili, ma l’accecante evidenza di quella pancia vuota.
No no no…
Scosse la testa più volte, mentre le lacrime iniziavano ad offuscarle la vista. No no…
- Audrey… - iniziò a dire Percy, che si aspettava quella reazione. Lei però non lo ascoltava: il suo ventre era troppo vuoto perché potesse pensare o sentire altro.
- Oddio, Percy, oddio, oddio… - gemette, sempre scuotendo il capo.
- Audrey, tranquilla, non è come…
Ma Audrey non sembrava affatto intenzionata a stare tranquilla. Si coprì il viso con le mani e scoppiò a singhiozzare, disperata.
- Oddio, che ho fatto, non dovevo venire, non dovevo, non dovevo, mi dispiace, mi…
- Audrey…
- … L’ho perso, l’ho perso, l’ho perso…
- Bennet, è tutto a posto. Ascoltami.
Se non fosse stata in preda alla disperazione, Audrey si sarebbe stupita non poco sentendo che Percy le accarezzava i capelli e le parlava in modo tranquillizzante. Quando mai era stato così… confortante?
- Va tutto bene. Non l’hai perso. Calmati.
Percy aspettò che i singhiozzi di Audrey cessassero, parlandole con voce sommessa e calma e continuando ad accarezzarla. Finalmente, la ragazza prese un gran respiro e riuscì a guardare Percy.
- Che vuol dire che… che non…
- Ti ho portata all’ospedale in tempo. Va tutto bene. - Percy era serio, ma disse questa frase rischiarandosi un po’. - Latika si è occupata di te, anzi, di voi… È tutto a posto, sul serio…
A spiegare la situazione meglio di quanto stesse facendo Percy ci pensò il Coso in persona. Uno strillo inatteso provenne dallo strano lettino ai piedi del letto.
Audrey sgranò gli occhi, sbigottita. Guardò Percy, che le rivolse un piccolo sorriso e si staccò da lei, per poi avvicinarsi al lettino. Si chinò su di esso e prese in braccio qualcosa che urlava in evidente ricerca di attenzioni.
La ragazza rimase pietrificata, mentre Percy si avvicinava di nuovo a lei e le porgeva qualcosa. Restò immobile, senza avere il coraggio di allungare le mani per prendere quello.
- Bennet… - fece Percy, dopo qualche secondo. - Non morde mica, ricordi? Sei stata tu a dirmelo.
Audrey si riscosse e guardò Percy, poi si decise a prendere il Coso. Istintivamente se lo sistemò tra le braccia, come se non avesse fatto altro per tutta la vita; non appena l’ebbe preso Percy si mise in disparte, allontanandosi di un paio di passi dal letto, e l’osservò.
 
Coso… sei proprio tu?
Era un po’ sciocco continuare a chiamarlo Coso, adesso che non era più un Coso ma un neonato vero e proprio, con le sue orecchie, le sue manine e tutto.
- Ernie? - azzardò Audrey, rivolta più a se stessa che a Percy.
- Temo di no - rispose lui, trattenendo un sorriso. - Grace aveva ragione, è una bambina…
Audrey sgranò ancora di più gli occhi. - La seconda femmina Weasley da generazioni - aggiunse Percy, con una voce in cui Audrey poté individuare una certa dose di orgoglio, nascosta dietro ad una strana amarezza.
- A-Allora… - balbettò la ragazza, tornando a osservare la bambina - …Pernille?!
Percy emise un verso che esprimeva inequivocabilmente un forte disgusto.
- Non si era detto Lucy? - gemette, preoccupato.
- Lucy è un nome sciocco - commentò Audrey, senza staccare gli occhi dalla sua bambina. - Se proprio vuoi il nome inglese, accontentati di Molly.
Dopodiché rimasero entrambi in silenzio, troppo presi da pensieri diversi per poter parlare ancora. Solo Audrey tornò a parlare, qualche minuto dopo, ricordandosi di una cosa.
- Hai detto… un funerale?
- Parliamone dopo.
Poi silenzio.
Era già abbastanza strano essere lì, tutti e due – tre – insieme; ci sarebbe stato tempo, dopo, per raccontare gli avvenimenti di tre giorni prima.
 
 
 
 
Il maggio del 1998 non fu un mese facile, per la comunità magica inglese: tutti avevano qualcosa – una grande cosa – di cui gioire, ma molti avevano perso più di quanto si osasse pensare; questo binomio di immensa felicità e sofferenza inconsolabile accompagnò numerose famiglie lungo quel maggio, che – a dispetto di quanto ci si aspettasse – fu segnato da un maltempo quasi invernale. Sembrava una beffa, tutta quella pioggia: le persone che non desideravano altro che un po’ di sole per trovare la forza di tornare a sorridere si ritrovarono a combattere, oltre che contro il proprio malessere interiore, anche contro quello che l’atmosfera quasi novembrina ispirava.
Era più difficile, sotto quel cielo così scuro e minaccioso, smettere di pensare ai propri morti.
 
Il martedì di maggio in cui Kingsley Shacklebolt, Ministro della Magia ad interim, dispose l’immediata scarcerazione dei detenuti per reati connessi con lo stato di sangue e i comportamenti immorali, pioveva un po’ di meno. Una gran folla si radunò nell’Atrium del Ministero, dove si attendeva l’arrivo di decine di persone (non era chiaro il motivo per cui il Ministro avesse deciso di far arrivare gli ex-detenuti proprio lì; si vociferava che fosse un modo per dimostrare il totale cambiamento di rotta del Ministero… come se ce ne fosse bisogno).
In mezzo alla gran folla di persone che aspettavano il ritorno di amici, figli, fratelli e genitori, stavano anche Percy e Audrey. Lei era stata dimessa giusto il giorno prima, dopo mille raccomandazioni da parte di Latika, e, nonostante le fosse stato prescritto “riposo assoluto”, si era rifiutata di mancare a quell’appuntamento.
- Non arrivano ancora - sbuffò impaziente la ragazza, guardandosi attorno nervosa. - Quanto ci mettono?
- Smettila di agitarti - la rimbrottò Percy, altrettanto impaziente ma meno propenso a dimostrarlo. - Non è facile spostare così tante persone da Azkaban…
- Ma quanto ci mettono?! - esclamò lei, ignorandolo. - Manca l’aria, qui dentro!
- Io ti avevo detto di non venire; nelle tue condizioni sarebbe stato meglio se…
- Oh, ma piantala. Latika ha detto che sto bene, non cominciare a… Guarda! - fece Audrey, dandogli una gomitata nelle costole. In uno dei camini dell’Atrium era apparsa una gran fiammata verde, e dopo due secondi una donna era rotolata fuori, sporca di fuliggine e di prigione.
- Agnes! - strillò una signora, presumibilmente la madre della donna; si fece largo in mezzo alla folla, corse verso di lei e l’abbracciò, scoppiando a piangere. Dovette però spostarsi immediatamente da davanti al camino: un’altra donna era saltata fuori, seguita subito da un vecchio e da un ragazzo che non doveva avere più di diciott’anni.
Mille esclamazioni di esultanza furono emesse dalla folla, mentre a poco a poco tutti i camini si aprivano ed espellevano con delicatezza gli ex-detenuti di Azkaban. Le persone si accalcarono le une sulle altre, cercando di raggiungere i camini; dovunque si sentivano singhiozzi, risate, strilli di contentezza da parte di chi era riuscito a raggiungere la persona attesa.
Ci volle mezz’ora prima che il grosso dei rilasciati raggiungesse il Ministero e si ricongiungesse ai famigliari; poi la situazione si tranquillizzò: molti lasciarono l’Atrium ansiosi di tornare a casa, e in breve rimasero solo una trentina di persone ad aspettare gli ultimi.
Audrey strinse più forte la mano di Percy, improvvisamente allarmata.
- Perce, non si è ancora visto… E se…
- Non gli è successo niente, vedrai, è solo…
Sobbalzarono: finalmente, nel camino di fronte a loro era apparsa una sagoma estremamente magra, estremamente malconcia ed estremamente inconfondibile. La sagoma mise piede fuori dal camino con passo un po’ malfermo e barcollò fuori, incerta.
Percy e Audrey l’osservarono per qualche secondo, come se non credessero davvero di averlo di fronte a loro, finalmente. Per fortuna che almeno Audrey aveva conservato una certa prontezza mentale, altrimenti sarebbero rimasti ore e ore lì a fissarlo.
- Adams! - strillò la ragazza, correndo incontro all’amico e avvinghiandosi a lui con uno slancio tale che lo fece quasi cadere a terra.
- Adams, Adams, finalmente! - continuava a dire Audrey, ridendo forte. Sembrava assolutamente insensibile alla puzza e alla sporcizia di cui era ricoperto Adams: l’unica cosa importante, in quel momento, era abbracciarlo forte e cancellare più di otto mesi di separazione e sofferenze.
Dopo qualche secondo di smarrimento anche Adams scoppiò a ridere, piano, e rispose all’abbraccio; poi si accorse di Percy, che era rimasto indietro e cercava di non far notare i suoi occhi lucidi.
Adams si staccò da Audrey e zoppicò verso Percy, rivolgendogli un gran sorriso.
- Capo, quale onore… - declamò Adams tutto pomposo, accennando a fatica un finto inchino.
A sentire quel tono anche Percy sorrise, e gli tese una mano. Adams lo guardò incredulo, scosse la testa e lo stritolò in un abbraccio soffocante.
- Non si stringe la mano a uno che è appena uscito di prigione, ragazzino! - rise Adams, felice come non era mai stato in vita sua.
 
 
 
- Allora, raccontatemi tutto ciò che mi sono perso durante la mia… vacanza forzata.
Percy aveva sempre saputo che Adams era una forza della natura, ma ogni volta che ne aveva una prova se ne sorprendeva. La lontananza da Azkaban faceva già sentire i suoi effetti: sbarbato, lavato, cambiato e seduto di fronte a Audrey al tavolo della cucina, Adams sembrava proprio quello di una volta. Certo, aveva l’aspetto sciupato e devastato di chi ha passato troppo tempo in galera, ma per fortuna il suo spirito appariva intatto.
Fu Audrey a rispondere ad Adams, mentre Percy si affaccendava attorno ad una teiera.
- Un sacco di cose, Adams! Non hai idea! Non so nemmeno da dove cominciare…
- Beh, per esempio potresti parlarmi del tuo processo. Com’è andata a finire? Il tuo ragazzo, qui, mi aveva detto qualcosa ma… non ero nelle condizioni di capire granché.
- Oh, alla fine si è risolto tutto. - Audrey si voltò verso Percy e gli rivolse un gran sorriso. - Percy ha chiesto ad una sua amica l’albero genealogico di mio padre, ed è riuscito a portarmelo in tempo.
Poi la ragazza si rabbuiò. - Adams, mi dispiace che… insomma, non siamo riusciti a far nulla per te. Avrei tanto voluto…
Adams la fermò, stringendole la mano. - Aud, va bene così. L’unico modo in cui avreste potuto aiutarmi era inaccettabile, per cui ne ho fatto volentieri a meno. - Sorrise, e ringraziò Percy che gli porgeva il tè.
- E poi - continuò Audrey, - è successo che quella schifosa Umbridge ha iniziato a prendere di mira Percy, con la scusa che si era esposto per un caso di discendenza sospetta…
Parlò ancora dei lunghi mesi di separazione, poi della battaglia. Adams ascoltava, rapito: sembrava che non aspettasse altro che sentire di nuovo voci amiche, umane.
- … E poi mi sono risvegliata, e in quattro e quattr’otto mi sono ritrovata ad essere mamma!
Adams sobbalzò, sputacchiando del tè. Fissò stupito entrambi i ragazzi: Audrey era raggiante e soddisfatta della sorpresa dell’amico, mentre Percy, arrossito, teneva lo sguardo chino sulla propria tazza.
- Oh, Godric… - mormorò Adams, poi si schiaffò una mano sulla fronte. - È vero, capo, me l’avevi detto! Come ho fatto a dimenticarmene?
Lo stupore si tramutò in una risata profonda e baritonale. - Ah, dannazione, quel posto ha danneggiato seriamente la mia memoria! Non credo che ci tornerò mai più, nossignori…
Finito che ebbe di ridere, si rivolse ancora a Audrey, eccitato. - E allora, com’è? Maschietto, femminuccia o un po’ tutti e due?
- Per adesso è femmina - scherzò la ragazza. - La seconda femmina Weasley da generazioni - aggiunse compiaciuta, guardando Percy che le rivolse un sorriso timido ma orgoglioso.
- E dov’è adesso? Si può vedere, o il papà ne è già geloso?
- L’ho lasciata a mia madre, per oggi; non vedeva l’ora di spupazzarsela un po’… Percy, tutto bene?
Il ragazzo si era alzato in piedi, di scatto. Deglutì, imbarazzato.
- Sì, sì, ehm… Devo solo… ehm…
Lanciò un’occhiata di scusa alla ragazza e uscì, diretto al bagno.
 
Non era facile. Non era facile per niente.
Quel mese di maggio 1998 non era affatto facile tornare alla normalità.
Che poi, normale… Cos’è normale?
Per quasi tre anni, la normalità di Percy era stata vivere da solo, senza contatti con la sua famiglia. Con tutta la sua famiglia.
Adesso, tutto d’un tratto, non solo era tornato strisciando dalla sua famiglia – alla quale mancava qualcuno, ma era meglio non pensarci – ma ne aveva formata una lui stesso. Questa è normalità?
Non era normale che qualcuno si rivolgesse a lui come al papà di una bambina. Non era normale che lui non avesse più un fratello, non era normale che tutti gli rivolgessero alternatamente congratulazioni e condoglianze e lui non riuscisse a rispondere né alle une né alle altre.
Non era normale che tutto il mondo andasse avanti e voltasse pagina e lui rimanesse lì, bloccato da qualcosa senza nome che non lo faceva né sorridere né piangere, ma solo star male.
Non era normale, adesso, che il suo amico Ernest Adams fosse uscito di galera e lui non riuscisse a gioirne. Non era normale sentir parlare della propria figlia e non sorriderne.
 
Percy tornò in cucina, e sentì che Audrey parlava ancora della bambina.
- … ancora bene come trattarla, sai, è così strano… voglio dire, è stato tutto così inaspettato…
- Immagino. - Adams sembrava sinceramente entusiasta di quella novità. Continuò a tartassare Audrey di domande sulla neonata, poi sulla battaglia, poi su mille altre sciocchezze.
Ne aveva un dannato bisogno. Aveva bisogno di chiacchiere, di tè e di notizie; che riguardassero pannolini o massimi sistemi non era poi così importante.
Aveva bisogno di normalità. La sua vita si era fermata, mesi prima, ed era stata sostituita da qualcosa di innominabile che gli aveva fatto scordare il significato della parola “normale”; adesso era lì, lontano dai Dissennatori e da tutto ciò che rappresentavano, in una casa dov’era ben accolto, a parlare di argomenti qualsiasi.
Cos’altro poteva desiderare?
Finalmente era tutto come doveva essere. Tutto normale.
 
 
 
Il tempo passava. Una settimana, due… A metà giugno finalmente smise di piovere e iniziò a fare caldo, un caldo piacevole come si può conoscere solo in Inghilterra.
In un mese e mezzo la comunità magica aveva cercato di raggiungere un proprio equilibrio, e sembrava che finalmente iniziasse a riuscirci. Dopo il rilascio dei prigionieri ingiustamente detenuti ad Azkaban sembrava che tutto sarebbe tornato come prima, se non meglio.
Certo, non mancarono i momenti di rabbia pura, come quello che seguì il processo alla famiglia Malfoy; i due uomini, Lucius e Draco, sarebbero stati sicuramente condannati ad una lunga permanenza nel carcere di Azkaban (che, seppur privato della presenza dei Dissennatori, rimaneva comunque un luogo di espiazione piuttosto temuto), se non fosse stato per l’intervento di Potter.
- Riconoscenza - ringhiava Arthur mentre usciva dall’aula di tribunale, seguito da un Percy più silenzioso che mai. - Li ha fatti assolvere per riconoscenza verso quella… quella…
Percy non replicò. Da tempo non vedeva suo padre così arrabbiato; per quanto ne sapeva, poi, era la prima volta che se la prendeva direttamente con Harry.
Sbuffando feroce, Arthur risalì verso l’Atrium, sempre con Percy alle calcagna. Era evidente che l’uomo  non voleva incontrare né Potter, né tantomeno i Malfoy.
- Figuriamoci, adesso pretenderanno anche delle scuse, quegli animali… Pretenderanno che li si riabiliti pubblicamente… Oh, lo so, come ragionano queste persone, saranno…
Non era l’unico a protestare, ovviamente: altre persone avevano manifestato la propria delusione e la propria acredine contro i Malfoy in modo molto più vistoso, persino nell’aula di tribunale in cui erano state eccezionalmente ammesse. Nulla però turbava Percy come quell’odio nella voce di suo padre.
Tutti i Weasley stavano reagendo alla morte di Fred, ciascuno a modo proprio. Molly non si fermava mai: trovava sempre qualcosa da fare, sia alla Tana sia altrove, da Bill o da Charlie; sembrava che si tenesse ancora in vita solo grazie a quell’iperattività, e questo preoccupava mortalmente i suoi figli.
George non parlava dal due maggio. Si era completamente chiuso a riccio, ben deciso a non avere contatti con nessuno, se non strettamente legati alle necessità di bere e mangiare. L’unica persona di cui tollerasse la compagnia era il suo migliore amico, Lee: con lui sì che parlava, e molto. L’argomento poteva essere uno e uno solo.
Quando poi Lee tornava a casa, George restava completamente solo con se stesso, rifiutando chiunque cercasse di aiutarlo o solamente di stargli vicino. Era… esasperante.
Percy… Beh, si sentiva schiacciato. Schiacciato tra il dolore, la voglia di stare accanto ai suoi parenti e la consapevolezza di doverli aiutare, e il desiderio di non sprecare neanche un attimo di quelli che poteva trascorrere con Audrey e la bambina. In genere cercava di fare entrambe le cose: adesso era disoccupato, per cui aveva tutto il tempo che voleva da passare con l’una o l’altra delle sue famiglie. Audrey insisteva perché stesse il più possibile con i suoi, ma Percy lo trovava estremamente deprimente; d’altra parte, si sentiva in colpa a rimanere in casa con sua figlia senza far nulla per sostenere i suoi genitori. Schiacciato, si sentiva schiacciato.
La reazione di Arthur, infine, era altalenante. Spesso era immerso in una profonda prostrazione, che strideva orribilmente con l’iperattività di Molly; altre volte sembrava non riuscisse a star fermo, e si chiudeva nella rimessa a trafficare con quei suoi strani aggeggi Babbani.
C’era però una reazione che Percy e i suoi fratelli odiavano in particolare: la rabbia. Arthur Weasley era un uomo mite e buono, fin troppo; ma, come tutti gli uomini troppo buoni, era in grado di esplodere all’improvviso, se provocato troppo e troppo a lungo. Lucius Malfoy lo sapeva bene, sin da quando aveva rischiato di essere pestato da lui al Ghirigoro; e anche Percy poteva dire, non senza vergognarsene, di aver sperimentato la portata della rabbia di Arthur Weasley.
Quel giorno Arthur era furibondo con i Malfoy e con Harry, ma Percy sapeva benissimo che ogni suo pensiero era fermamente e costantemente rivolto a Fred.
La rabbia era tutta per la morte di Fred, non per altro.
- … Si è montato la testa, quel ragazzino, adesso pensa di essere un dio in terra…
- Papà, per favore… - borbottò Percy, una volta fuori dal Ministero.
Arthur parve riscuotersi, sentendo la voce del figlio. Smise di parlare e si voltò a guardarlo, come se si fosse accorto solo allora della sua presenza.
- Perce, ma…
- Per favore. Smettila. Non dici sul serio, e lo sai.
Non aggiunsero altro. Percy aveva un’espressione talmente distrutta che Arthur non seppe cosa dire.
I due si limitarono a guardarsi. Non avevano parlato molto, dal due maggio; in un mondo diverso, meno ingiusto, avrebbero potuto ricostruire tutta la serie di fili che si erano spezzati tra loro… Ma non era quello, il mondo più giusto. Quello era il mondo che aveva rovinato la loro famiglia e impedito ad ogni altra cosa di andare avanti.
Tra Percy e Arthur, in quel mese e mezzo, c’era stato solo tanto silenzio.
- Scusami - fece Arthur dopo qualche secondo, distogliendo lo sguardo. - Ho esagerato.
- No, avevi ragione.
Ripresero a camminare. Nessuno dei due aveva voglia di tornare a casa; la Tana non sembrava più così accogliente, per Arthur, costretto ad assistere al dolore di sua moglie e suo figlio. Percy, da parte sua, aveva timore a staccarsi da suo padre, a lasciarlo solo con i suoi pensieri.
- Senti… - disse il ragazzo, quando ebbero fatto una cinquantina di passi l’uno a fianco dell’altro. - Ti va di… fare un salto a casa mia? Così, giusto per… vedere com’è.
Questa richiesta era molto più strana di quanto non possa sembrare; nessun Weasley, infatti, aveva mai messo piede in casa di Percy. In effetti, nessun Weasley aveva nemmeno ancora conosciuto Audrey; a parte i brevi momenti all’ospedale,  il due maggio, in cui avevano appreso attoniti la notizia dell’esistenza di una compagna di Percy e persino di una loro figlia, non c’erano stati altri contatti tra la famiglia di Percy e quella formata da lui stesso. Non c’è un motivo particolare per questo fatto: probabilmente Percy pensava che fosse troppo presto, Audrey non voleva intromettersi, e i Weasley avevano ben altri problemi da risolvere.
Capirete quindi perché Arthur titubò molto e a lungo, prima di decidere.
 
 
Il sonoro crack nel piccolo ingresso svegliò la bambina che Audrey era da poco riuscita a far addormentare; ne conseguirono il pianto della prima e la disperazione della seconda, già provata da una lunga notte di veglia.
- Oh, santissima Helga… Perce, dannazione! Ti ho detto di fare piano! - ululò, ignorando il fatto che così avrebbe agitato ancora di più la piccola. - No, Molly, dai, sta’ buona… Perce!
Prese la neonata urlante in braccio e si diresse come una furia all’ingresso. Adesso la fai addormentare tu, razza di insensibile! Ma ti pare! Una ci mette una vita a capire come si fa a calmare una neonata, poi arriva lui e me la sveglia!
- Maledizione, Perce, adesso tu… Oh!
Si bloccò a metà rimprovero. Alle spalle di Percy era comparsa una persona che Audrey aveva visto pochissime volte, ma tutte in circostanze particolari.
- Buon giorno - mormorò timidamente il padre di Percy, accennando un sorriso.
Audrey era una ragazza molto ben educata; la signora Bennet aveva fatto in modo che quella scapestrata di sua figlia fosse perlomeno in grado di ricevere ospiti in casa, o quantomeno di non sembrare una perfetta bifolca. Audrey, quindi, sapeva benissimo che avrebbe dovuto rispondere al saluto, far accomodare l’ospite inatteso e offrirgli qualcosa e magari intavolare una conversazione.
Beh, la signora Bennet si sarebbe vergognata moltissimo di lei, perché in quel momento Audrey non riuscì a fare nessuna di quelle cose. Era talmente sorpresa che rimase lì ad occhi sgranati, mentre la bambina si agitava protestando per tutta quella confusione.
- Audrey, - fece Percy, timidamente, - questo è mio padre. Papà, Audrey.
- Lo so - dissero Arthur e Audrey in coro, cosa che rese entrambi ancora più imbarazzati.
Una bifolca, sono una bifolca! Dov’è la mia zappa? Dov’è il mio aratro?
In un raro momento di sensibilità, Percy sembrò capire quello che la ragazza stava provando, perché le sorrise e prese in braccio Molly. - Ci penso io, tranquilla…
Mentre Percy si allontanava, con la bambina improvvisamente e miracolosamente calma, Audrey e Arthur rimasero a guardarsi, decisamente a disagio. Alla fine fu lui a parlare.
- Allora, ehm… Ci siamo già conosciuti, o sbaglio?
Eh, come dimenticarlo? Ti avevo scambiato per tuo figlio, quando hai trent’anni di più e la metà dei capelli!
- Ehm… sì. L’ascensore…
- Già. - Arthur spostò per due volte il peso da un piede all’altro, con un gesto che fece sorridere Audrey: era identico a Percy quando era imbarazzato.
- Così… - riprese Arthur, guardandosi attorno - Sei la fidanzata di Percy.
- No - disse lei in fretta. Poi si corresse. - Sono la sua compagna, non stiamo per sposarci.
- Ah. Capisco…
Calò di nuovo il silenzio. Audrey si sarebbe aspettato di tutto tranne che essere finalmente presentata a un membro della famiglia di Percy; come al solito non aveva fatto domande, quando Percy le aveva raccontato tutta la sua vicenda con i Weasley, e come aveva già fatto in passato si era limitata ad aspettare che lui si sentisse pronto a presentarla “ufficialmente”.
Sì, beh, sarebbe stato meglio se fossi stata pronta anch’io, insomma!
Quella visita a bruciapelo era… dannatamente inaspettata. Doveva esserlo anche per suo suocero (Numi! Suocero!), perché nemmeno lui sembrava a proprio agio.
- Bella casa - commentò Arthur dopo essersi guardato attorno. - Piccola ma bella.
- Oh, grazie. Sì, beh, adesso che c’è la bambina diventerà ancora più piccola…
- Lo diventerà prima di quanto credi, vedrai.
In fondo, non era poi così terribile parlare col padre di Percy. Probabilmente poi il signor Weasley era ancora più imbarazzato di lei; insomma, Audrey immaginava che non fosse stato facile, per lui e per gli altri, assimilare l’idea della sua esistenza.  È proprio il genere di cosa che non si mette in conto, quando si litiga pesantemente con un familiare: non si va a pensare che questi, mentre non vi parlate e non vi vedete, ti renda zio o nonno con il contributo di una sconosciuta.
- Bene, ehm… - bofonchiò. - Vuole, ehm… qualcosa? Tè, caffè…
- Sono a posto, grazie.
- Oh, va bene.
Ancora silenzio. Ma quanto ci mette Percy a sistemare Molly?
- Ehm… Io… - Audrey si passò una mano tra i capelli, tesa, - Insomma… Percy mi ha detto di, beh, suo figlio, e… Beh, mi dispiace…
- Grazie - rispose Arthur, asciutto.
- Io… Beh, ovviamente non l’ho mai conosciuto, ma… Beh, Percy mi ha parlato molto di lui, e di tutti voi, e…
Non sapeva più cosa dire. Audrey aveva paura che toccando quell’argomento avrebbe scatenato reazioni indesiderate in suo suocero (Numi!), ma per fortuna non accadde. Arthur si limitò a fare una piccola smorfia, che però sembrava più un sorriso che altro.
Dalla stanza da letto non si sentivano più gli strilli della piccola Molly, segno che Percy era riuscito a farla finalmente riaddormentare. E in metà del tempo in cui ci riesco io. Vorrei proprio sapere come fa…
- Credo sia calma, adesso - mormorò Arthur, guardando come Audrey verso la camera. - Pensi che potrei, uhm… vederla?
A Audrey non fu necessario rispondere, perché Percy aveva già fatto capolino dalla stanza e, sorridente come non era da molto tempo, faceva cenno a suo padre di entrare.
 
 
Da quel momento fu molto semplice, per Audrey, diventare un membro della famiglia Weasley.
Inizialmente era Arthur ad andare a trovare figlio,  nipote e quasi-nuora a casa loro, e sempre da solo. Un giorno, però, a sorpresa portò anche Ginny. Quando Audrey la riconobbe per la ragazza che aveva visto non appena entrata a Hogwarts, per poco non si mise a ridere: ricordava ancora con precisione l’espressione sconvolta con cui Ginny aveva appreso la notizia di stare per diventare zia.
Anche Ginny stava reagendo al lutto per Fred; era giovane e forte, e aveva assorbito l’urto sicuramente meglio di quanto non avessero fatto i suoi genitori. Come vide la bambina si fiondò a prenderla in braccio e a rimirarla, felicissima.
- È cresciuta un sacco, in due mesi - commentò, entusiasta. - Ehi! Ti ricordi di me? Sono la zia Ginny!
La piccola fece un gran sorriso in risposta a quello di Ginny, e la ragazza gorgogliò estasiata.
- Sai, - disse Arthur a Audrey, mentre Percy, colto da un piccolo attacco di gelosia, cercava di riprendere Molly dalla sorella (“Dai, ridammela...” “No, altri cinque minuti!”), - mia moglie mi ha detto che le farebbe piacere conoscerti. Perché non… venite tutti e tre a cena da noi, uno di questi giorni?
Era martedì, iniziava il mese di luglio, e da lì ebbe inizio la consuetudine dei martedì sera di Percy e Audrey alla Tana. Le prime volte non furono esattamente felici: per quanto tutti si sforzassero di mantenere un’atmosfera normale, l’aria che si respirava era ancora decisamente pesante. Quelli che facevano i maggiori sforzi per tenere su le serate erano i ragazzi più giovani; in genere, però, questi sforzi erano vanificati da George, il cui silenzio sembrava coprire le voci di tutti.
Percy usciva da quelle serate sempre più triste e imbarazzato, immaginando come Audrey dovesse sentirsi a stare in compagnia di una famiglia ancora in lutto; lei, però, non diede mai mostra di fastidio o disagio, anzi.
Aveva desiderato talmente tanto conoscere la famiglia del suo compagno, che già il fatto di essere lì tra loro la rendeva felice; inoltre sapeva perfettamente di non potersi aspettare momenti allegri da loro. Hanno perso un figlio, dannazione: sarebbe strano se non si sentissero ancora abbattuti…
Uno di quei martedì Audrey divenne a tutti gli effetti parte della famiglia. Come suo solito era seduta tra Percy ed Hermione Granger; davanti a lei sedevano Ginny, Ron e George, che a quanto le avevano detto era stato il fratello gemello di Fred. Abituata ormai al silenzio pesante che George manteneva, Audrey era solita non rivolgersi a lui; si sentì quindi fortemente sorpresa quando si rese conto che, contrariamente al solito, George la stava fissando insistentemente.
Audrey si volse verso di lui, guardandolo interrogativa. George seguitò a fissarla senza batter ciglio.
A un certo punto schioccò la lingua e disse:
- No, mi sbagliavo. Tu esisti davvero.
Mentre tutti attorno al tavolo tacevano, colpiti da quell’imprevisto, Audrey ribatté senza pensarci:
- Però. Si nota tanto, eh?
George non replicò. Abbozzò quello che sembrava un sorriso, poi riprese a mangiare in silenzio.
Nella quiete che seguì, su tutti i Weasley, originari e acquisiti, gravava una forte consapevolezza: Audrey Bennet era appena diventata una di loro.
 
 
 
 
Un po’ a fatica, il tempo passò. Passò l’estate e arrivò la fine di agosto; in quel periodo Arthur cercava di convincere Percy a tornare a lavorare al Ministero. Il ragazzo non ne aveva la minima intenzione: la sola idea del Ministero gli faceva ribrezzo.
- Non ci torno, papà, è inutile che tu insista - ripeteva almeno due volte al giorno.
- Perce, finirai col pentirtene - replicava stancamente Arthur ogni volta.
Tutto inutile: Percy sembrava disposto a fare qualsiasi lavoro purché non implicasse un incarico ministeriale di qualsiasi livello. Se poco tempo prima era stato esasperante nel suo attaccamento al lavoro, adesso quel rifiuto era altrettanto irritante, se non di più.
- Tuo padre ha ragione, Perce, - sbottò Audrey una sera, stufa di sentire Percy lamentarsi, - finirai col pentirtene. Sai lavorare al Ministero, sei bravo nel tuo lavoro, quindi perché non lo fai e basta?
- Non ci torno.
- Sei infantile.
- Va bene, ma non ci torno.
- Persino Adams è tornato a lavorare. Adams! Nonostante a lui e agli altri ex detenuti sia stato garantito il vitalizio! E io aspetto solo che Molly sia un po’ più grande per riprendermi il posto. Solo tu ti ostini in questo modo!
- Non. Ci. Torno.
- Se non torni al Ministero ti lascio.
- Non lo faresti mai - disse Percy, con una traccia di preoccupazione nella voce.
- Ne sei così sicuro?
Percy non ribatté; aprì la bocca ma non rispose. Non era un tipo impressionabile, ma due cose gli facevano paura: le aule giudiziarie e la determinazione di Audrey.
Quella notte, in preda al nervosismo, decise che l’indomani avrebbe parlato con suo padre.
Dannata strega. Vince sempre lei.
 
 
Uscì fuori che il Ministro ad interim Kingsley Shacklebolt era in cerca di un assistente da mesi, e che aveva accolto con entusiasmo la proposta di Arthur di assumere suo figlio Percy. L’unico problema era convincere quest’ultimo a tornare a lavorare in quell’ambiente, problema risolto brillantemente da Audrey.
Con grande riluttanza iniziale, poi con sempre maggior soddisfazione, Percy Weasley ricoprì per molti anni l’incarico di assistente del Ministro Shacklebolt, e non gli diede mai motivo di lamentarsi di lui.
 
 
Altri mesi, altre stagioni. Un soffio di vento, ed era già novembre. Ginny Weasley era diventata la madrina della piccola Molly, che iniziava una decisa esplorazione del mondo: qualsiasi oggetto le capitasse sotto tiro finiva immancabilmente a contatto con la sua bocca da lattante; ciò coincise con un aumento della capacità di Audrey di tenere la casa in perfetto ordine.
La famiglia Weasley aveva finalmente iniziato a pensare ad altro che non fosse la battaglia. Ad esempio, iniziavano tutti a chiedersi quando Percy si sarebbe deciso a sposare Audrey.
- Ormai dovrebbero averlo già fatto… - commentò la signora Weasley distrattamente, in un momento in cui non era preda della sua ormai abituale iperattività. - Mi stupisce che proprio Percy… Da lui una cosa del genere…
Gli altri non erano tradizionalisti come la signora Weasley, ma pensavano tutti che un matrimonio, dopo sei mesi, fosse proprio quello che ci voleva per distrarsi un po’.
- La mamma ha ragione, Perce: sarebbe anche ora - diceva Ron, nei momenti in cui era sicuro che Audrey non sentisse.
- Sarebbe così bello, una festa in famiglia! - incalzava Ginny.
- Senza contare che avremmo qualcosa di diverso a cui pensare - aggiungeva Bill.
Discussioni simili si svolgevano ormai di continuo, nei martedì sera alla Tana, sempre lontano dalle orecchie di Audrey. Percy aveva provato a spiegare che la ragazza era decisamente contraria al matrimonio, che lui aveva già provato a proporglielo (- Sì, ma l’hai fatto in un modo orribile!) e lei aveva già risposto di no (- Non ti ha risposto, ha solo smesso di parlarti!) e che se avesse ripreso l’argomento l’avrebbe solo fatta arrabbiare (- Che sarà mai? Una Banshee? Andiamo, Perce…); ma niente. I suoi fratelli insistevano, i suoi genitori osservavano, e tutti si aspettavano che lui convincesse Audrey al grande passo.
 
Da parte sua, Percy sapeva perfettamente cosa fare.
Non sarebbe andato contro Audrey. Non avrebbe anteposto la propria felicità a quella di lei. Certo, lui avrebbe desiderato veramente sposarla, e non solo perché lo richiedevano i suoi parenti… Ma Audrey era più importante. Se non voleva, non voleva.
Non sarò io ad insistere. Non sarò io a farla sentire costretta a fare qualcosa.
Perché, poi? Non stiamo già bene così?
Sì.
Non importa quello che voglio io.
Tanto mi direbbe comunque di no, è inutile anche provarci.
E poi non saprei nemmeno come chiederglielo.
Sarebbe bello, però.
Già.
 
 
 



 
 
- Sposami.











Piccole note prima dell’annuncio vero e proprio (da leggere, per cortesia!):
1) Niente, non c’è niente da fare. Adoro Arthur. E il bello è che lui sembra adorare me, perché decide di apparire nella mia storia quando meno me l’aspetto. Tanto per dirvi, la prima volta che ho scritto questo capitolo lui non compariva affatto, nemmeno di striscio; poi a un certo punto è apparso, e poi Percy ha avuto la bella idea di invitarlo a casa sua, e… alla fine ha preso sempre più spazio. Ma non mi importa, io lo adoro.
2) Non c’entra niente, ma guardatevi questa fanart. Mi ha fatta ridere veramente un sacco (e ha fatto imbarazzare molto Percy ^^):
 http://slinkers.deviantart.com/gallery/217757?offset=24#/d17o3d0
(spero capiate l’inglese!)
3) Arthur rischia di pestare Lucius nella “Camera dei Segreti”; spero vi ricordiate quell’episodio, perché è uno dei miei preferiti ^^
(Eh, come, no, ci avrei giurato. Nulla ti rende più felice di una scazzottata all’irlandese, giusto?)
Gius-ehi, tu! Torna nello sgabuzzino, ti ho già detto che non puoi intervenire nelle note d’autrice!
4) NO MARY SUE. Audrey non diventa all’improvviso colei che salva i Weasley dalla malinconia, né si trasforma nell’amica del cuore di George. Okay? Il fatto che abbia dato occasione a quest’ultimo di iniziare a riaprirsi al mondo con una piccola battuta è collegato solo al di lei legame con Percy, NON al fatto che sia talmente brava/bella/buona da compiere miracoli. Oh.
Audrey è una brava ragazza un po’ bifolca, e basta.
5) Queste musiche hanno accompagnato buona parte della faticosa stesura di questo capitolo:
http://www.youtube.com/watch?v=r0SoF0orkpI
http://www.youtube.com/watch?v=HEt2XdN_TbQ
http://www.youtube.com/watch?v=MDTlQ9xgtGk&NR=1



E ora, le ciacole:

Ma salve, miei cari!
Perdonatemi il ritardo, ma purtroppo l’estate, per la sottoscritta, non porta riposo e tempo libero ma solo maggior carico di studio e maggior quantità di impegni; le ff sono state il mio ultimo problema, ahimè.
Inoltre ho scoperto di avere dei seri problemi, quando si tratta di sganciarsi dalla linea temporale della Rowling e parlare del dopoguerra.
 
Spero vivamente che esami e pagelle siano andati bene, e che vi prepariate a passare delle belle vacanze. A questo proposito, debbo annunciare che sto per prendermi una vacanza anche io.
Ebbene sì, carissimi: fino a settembre non avrò modo di scrivere alcunché, men che meno di aggiornare la long. Mi dispiace lasciarvi “a secco” per così tanto tempo, anche perché in origine contavo di finire la storia entro luglio, ma il tempo è tiranno…
…Insomma, per farla breve, visto che Percy deve tornare a lavorare urgentemente al Ministero e io sarò impegnata con vacanze, fidanzato e due campi scout, dobbiamo lasciarci qui, per il momento. Prometto solennemente che non sparirò, e che a settembre riprenderò con i consueti aggiornamenti.
Nel frattempo, se siete in cerca di qualcosa da leggere, in fondo alle note troverete dei link a fanfiction che mi hanno particolarmente colpita o a pagine di autori che ritengo meritevoli di essere letti. Non ho indicato il nome delle storie nei link, così sono sicura che, almeno per curiosità, ci darete almeno uno sguardo ^^
Leggete e recensite, oh miei adorati lettori! (E se poi leggete pure le altre mie storie, non mi lamento affatto ^^)
Nel frattempo, vi ringrazio calorosamente per avermi seguita finora, per l’affetto che avete dimostrato per questa sciocca long e per tutti i complimenti che ho ricevuto.
E ora… no, Perce, piantala, piantala! Ho detto di no, li spaventeresti, smettila sub-
 
Niente come il vecchio Levicorpus per placare le escandescenze di una scrittrice esagitata.
Oh, sono in diretta? Ehm ehm. Prova. Prova. Sì, mi pare funzioni.
Salve a tutti. Dubito che siano necessarie delle presentazioni, perché tutti voi sapete benissimo chi sono, e io non potrei comunque sentirvi se anche forniste le vostre generalità. Quindi, salve a tutti.
Non è la prima volta che riesco a impadronirmi della tastiera, come alcune lettrici ben sanno, ma la “ragazza” che mi ospita in questo periodo è poco propensa a farmi comunicare direttamente con tutti voi; a fronte di questa nostra lunga separazione, tuttavia, sento che è giunto il momento di un breve discorso di commiato per i MIEI lettori.
Unitamente alla cosiddetta “signorina” Ferao, mia non proprio gentile ospite, desidero porgervi i miei più calorosi ringraziamenti per l’interesse dimostrato in questi mesi verso di me e verso la mia storia. Nonostante alcuni di voi non si siano fatti scrupoli a ribadire più volte una feroce e inspiegabile antipatia nei miei confronti…
 
Inspiegabile un CORNO! Mettimi giù, scimmia occhialuta!
 
…sono estremamente lieto del fatto che molti lettori e lettrici hanno preso a cuore le mie vicissitudini, arrivando persino a riconsiderarmi e a valutarmi in maniera più benigna. Non posso negare che parte del merito vada alle doti scrittorie della mia biografa, “signorina” Ferao…
 
Parte del merito? PARTE DEL-oh, Merlino, se scendo ti riduco a cibo per Kneazle!
 
…alla quale quindi dedico un ringraziamento. È con dispiacere tuttavia che devo mettervi sull’avviso, in quanto la suddetta “signorina”, se anche presenta delle vaghe ma indiscutibili abilità nell’arte del “fanwriting”, sembra soffrire di una grave deficienza dei più elementari sentimenti di accoglienza: sconsiglio a chiunque di andarla a trovare, poiché il suo concetto di “ospitalità” si traduce immancabilmente in uno sgabuzzino polveroso e in avanzi di cibo scadente.
 
È anche troppo, rispetto a quello che ti meriti! TU, lurido ingrato, schifoso viscido verme, tu brutto…
 
*Silencio* Tuttavia, bisogna dare a Godric quel che è di Godric, indi per cui ringrazio sentitamente la suddetta Fera e soprattutto ringrazio voi, egregi lettori e sensibili lettrici, per il vostro gentile interessamento.
Sono certo che, al mio ritorno dal Ministero, Fera ed io vi ritroveremo tutti qui con la stessa fedeltà di cui avete dato prova in questi mesi.
Ora, signori e signorine, devo proprio scappare, altrimenti perderò l’ultima Passaporta per l’Inghilterra. So che è consuetudine fra voi salutarvi mandandovi “un abbraccio” o smancerie simili, ma sono dell’opinione che si debbano ricuperare usi e costumi più civili e adeguati al MIO livello: perciò, mi congederò da voi con una semplice stretta di mano.
Cordialmente
Percy I. Weasley
 
P.S.: Quasi dimenticavo. Troverete nelle vostre caselle e-mail (sì, perché io SO usare i vostri marchingegni Babbani, al contrario della notoriamente imbranata Fera) dei volantini propagandistici a sostegno della mia candidatura a membro permanente del Wizengamot: siete pregati di diffonderli il più possibile tra parenti ed amici, meglio se maghi. Grazie.
 
 
 
 
…Ah, già, quasi dimenticavo: *Finite Incantatem*
A presto, Fera! Ti manderò Hermes appena arrivo, così non starai in pensiero!
 
 
 
…Sarò molto più in pensiero sapendo che è arrivato sano e salvo in Inghilterra…
 
Improvvisamente mi sento meno propensa a tornare a scrivere a settembre. Chissà perché.
Vabbè. Perdonate questo infelice stacchetto, ma da secoli Percy bramava di comunicare direttamente con voi… e sa diventare mortalmente insistente, se ci si mette.
 
Buone vacanze, o comunque buona estate, miei cari!
Un abbraccio e svariati bacioni invadenti e bavosi, tanto per compensare l’umidiccia stretta di mano di P.W.
Sempre vostra
Fera
 
E non dimenticate di dare un’occhiata a questi link! RECENSITE queste storie, soprattutto, perché lo meritano e perché farete felici le autrici!
 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=747138&i=1
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=734833   
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=733273 
http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=54430
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=741475 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=748168&i=1
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=742292
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=744317
http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=106913  
http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=738547
http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=115280
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=752282&i=1
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=747138&i=1
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=749539
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=746435


...ah, se poi volete leggere e recensire anche le mie storie io non mi lamento di certo ^^
Ri-buone vacanze
Fera

   
 
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