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Autore: sehunssi_    06/08/2011    4 recensioni
Minho aveva venticinque anni, una carriera ben avviata come manager per una società sportiva e soldi a volontà. La sua macchina, una delle più costose sul mercato, gli era stata regalata per il suo compleanno dal suo migliore amico, nonché fidato azionista della compagnia: Lee Jinki.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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3.

Minho tornò a casa, sfinito da quella giornata che sembrava non finire mai. Appena entrato si levò le scarpe, che sistemò accuratamente vicino alla porta. Si levò la cravatta, buttandola sul divano lì vicino e si sbottonò la camicia. Finalmente poteva respirare. Decise di farsi una doccia, giusto per rilassarsi un po’ prima di prepararsi cena. Si diresse verso il bagno, seminando vestiti per il corridoio: li avrebbe raccolti poi. Aprì l’acqua calda, si sfilò i boxer ed entrò nella doccia. L’acqua calda che gli scorreva su tutto il corpo lo rilassò a tal punto che passò quaranta minuti col getto d’acqua addosso, senza lavarsi né niente. Dopo un’ora buona, passata a meditare su come rovinare la vita al nuovo arrivato, uscì, legandosi l’asciugamano sui fianchi.

Sì, Choi Minho era un vanesio di prim’ordine. Amava guardarsi allo specchio, quel corpo scolpito da dure ore di palestra e diete ferree. Ringraziò il buon Dio di avergli donato così tanta bellezza. Fece un po’ di smorfie davanti allo specchio, ogni tanto anche lui si concedeva qualche minuto da cretino. Si ricompose, pensando all’immagine che doveva mantenere. Si asciugò il viso, un po’ di deodorante ed uscì dal bagno, dirigendosi verso la propria camera. Aprì il proprio cassetto del comò, prese un paio di mutande – rigorosamente nere – e le indossò. Optò solo per un paio di pantaloni: aveva troppo caldo per mettersi anche la maglia del pigiama.

Cucinò qualcosa di veloce, mangiando davanti al pc perché – come diceva sempre a Jinki – un vero uomo d’affari non lascia mai indietro i proprio doveri. Anche stavolta era rimasto indietro in ufficio, troppe scartoffie e troppi momenti di riflessione presi per decidere come torturare il nuovo arrivato, e quindi aveva dovuto portare con sé il lavoro a casa.

Si stiracchiò, stanco e guardò l’orologio: mezzanotte e mezza. Si guardò intorno, ammirando il perfetto ordine maniacale del suo appartamento. Decise di andare a letto: era veramente troppo stanco e non riusciva nemmeno a tenere gli occhi aperti. Si sarebbe alzato prima la mattina, ma in quel momento aveva proprio bisogno di riposo. Spense il computer, facendo attenzione a salvare tutti i file, e andò in camera sua. Aprì un po’ la finestra, per far circolare aria durante la notte, si infilò nel letto e dopo essersi sistemato per bene si addormentò.

-

Risponde la segreteria telefonica di Choi Minho, si prega di lasciare un messaggio dopo il segnare acustico.”

Il “biiip” fu così forte che Minho scattò a sedere, svegliandosi di soprassalto. Guardò l’ora sull’orologio: le tre e quarantacinque. Si stropicciò gli occhi, e nel buio della sua stanza cercò di afferrare il telefono. Mugugnò un “’ronto?” aspettando che qualcuno dicesse qualcosa dall’altra parte della cornetta.

“Minho! Sei ancora sveglio?!” disse una vocetta allegra.

“Jinki.” Disse secco l’altro. “Vai a fare in cul-“

“Momento, aspetta, fermo! So benissimo che ore sono ma… emergenza!”

Minho si passò la mano sui capelli, scompigliandoli leggermente.

“Cosa?” chiese.

“Ecco, uhm, devo chiederti un favore. Un grande favore. Immenso, enorme.”

“Dimmi.”

“Dunque, hai presente la mia ex cognata? Quella quarantenne discreta, capelli corti uhm-“

“Conciso Jinki, conciso, sono le quattro del mattino qua.”

“Beh, per farla molto breve: la signora ha un figlio e lo ha affidato al sottoscritto.”

“… E io cosa centro?”

“Bene, la signora parte dopo domani, ma come sai io non sarò a casa prima del fine settimana e quindi, uhm, ecco, insomma… -“ Jinki si bloccò, perché aveva appena sentito un tonfo provenire dall’altra parte del telefono: qualcosa o qualcuno era appena caduto in terra. “Minho?” chiese incerto.

“C-ci sono. “

“Ecco, mi chiedevo se potevi ospitare il figlio finchè non torno.”

“Mi rifiuto.”

“Hai fatto cadere il telefono in terra, sperando che non ti chiedessi niente?”

“N-no scemo! Sono solo caduto mentre cercavo l’interruttore della luce. E comunque mi rifiuto.”

“Ti prego Minho, ti prego, ti prego, ti prego. Ha quasi diciotto anni, è indipendente, mica ti sto chiedendo di guardare un neonato! Fallo per me… In nome della nostra amicizia.”

Minho riusciva perfettamente ad immaginarselo Jinki, con gli occhi grandi grandi che gli chiedeva in ginocchio di fargli un favore. E lui, a quegli occhi, a quello sguardo, non poteva proprio resistere. Sospirò, passandosi la mano sinistra sul viso.

“E… va bene. Ma quando torni quello muove il culo a casa tua, sia chiaro.”

“Certo, certo, da te deve solo portare lo stretto necessario per questi giorni, il resto lo faccio portare direttamente da me. Grazie, sei un amico.”

Prima che potesse controbattere qualcosa, Jinki tirò giù il telefono. Minho rimase immobile, seduto per terra, con la schiena appoggiata al comodino. Un coinquilino. Un giovane coinquilino di soli diciotto anni, anzi diciassette. Chissà com’era. Chissà come si chiamava, che scuola frequentava e se aveva la fidanzata. Magari era più bello di lui. Si mordicchiò le unghie, ansioso. Non avrebbe più chiuso occhio, si conosceva troppo bene. Si alzò in piedi e decise di cambiare l’ordine dei calzini nel cassetto del comò. Sì, era decisamente agitato.

-

“Pensi che domani andrà bene?” chiese Jonghyun mentre si infilava la canottiera.

“Certo, ovvio che andrà bene. Ho fiducia in te.” Rispose Kibum, mentre si infilava nel letto. Jonghyun gli sorrise, ed entrò anche lui sotto le coperte. Dormivano nello stesso letto, perché avevano una sola camera e perché non potevano permettersi un appartamento più grande. Non che questo infastidisse Jonghyun, anzi, per lui non c’era nessun problema. Peccato che lo stesso non si poteva dire di Kibum, che passava almeno venti minuti, ogni sera, a fissarlo mentre si addormentava.

La realtà era questa: Kibum era innamorato di Jonghyun. Solo che l’altro non lo sapeva, e non lo avrebbe mai saputo. Aveva fatto fioretto Kibum, e aveva deciso di non dichiarare i propri sentimenti al fine di non rovinare la loro amicizia. A lui bastava vedere Jonghyun tutti i giorni, parlarci, scherzarci e dormirci insieme, da amici. Niente di più e niente di meno.

“Spengo la luce!” disse Jonghyun ridacchiando. “Buonanotte Kibummie.”

“Buonanotte Jjong” rispose l’altro, girandosi su un fianco e cercando, almeno per una volta, di addormentarsi per primo.

- - -

Ooookay, piccolo regalo prima di partire due settimane per la bellissima Sicilia. Non avrò il mio pc con me, quindi mi sarà impossibile aggiornare sia questa fic che l'altra, perdono ;_; Al ritorno dovrò prepararmi bene per gli esami, ma cercherò comunque di scrivere il nuovo capitolo di If I were a Girl. Per il resto, spero che questo nuovo capitolo vi piaccia (: Commenti e critiche sempre ben accette :3

Un bacio a tutte e ci "leggiamo" presto -come sono simpatica- <3333

  
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