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Autore: kymyit    10/08/2011    3 recensioni
Una nota casa discografica americana decide di lanciare una band giapponese visual kei: gli Shunkashuutou.
Una dei dirigenti invita nella sua villa, insieme agli ospiti asiatici, il suo amico d'infanzia italiano Iyv, il ragazzo di lui e la sua sorellina, Hogan ed Helena Russell.
Quando poi Haruka, la cantante, verrà trovata morta spetterà proprio all'italiano e al suo socio rimboccarsi le maniche e venire a capo del complicato mistero.
Perché niente è come viene fatto sembrare.
Se poi ci si mette un medico legale con cui Iyv ha un conto in sospeso, la situazione non è certo delle migliori.
Il resto dei presenti, eccetto Mafuyu, e forse Emily, rimase confuso a quella rivelazione. Persino Iyv restò a bocca aperta, perché aveva certo sospettato una soluzione così romanzesca, ma era troppo… romanzesca, appunto, e l’aveva accantonata nella sua mente per ricercare le prove ed evitare di seguire immediatamente una pista che avrebbe potuto rivelarsi fasulla.
La sua regola principale era: non concentrarti mai su un qualcosa, vaglia le varie ipotesi, prendi tutto per plausibile e solo dopo sfoltisci le idee, quando sarai sicuro che alcune possano essere scartate.
E prove ce n’erano a favore di quella verità, mancava il movente, e temeva di saperlo. Era in casi come quelli che bisognava puntare il fascio di luce teatrale sul colpevole e farsi spiegare, raccontare, ogni cosa.

[Rat: arancio, rosso al terzo capitolo, ma non troppo rosso]
Genere: Sentimentale, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Iyv & Hogan'
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Capitolo 6: Tessere la tela d’inganno

Brilla sottile, nella leggera foschia,
baluardo di luce, unica via.
Lanterna lucente, trappola per mosche.
Aracnidi sembianze ha la Verità.
Strazia le membra, scioglie gli inganni.
(Vedova Nera, Shunkashuutou)


Il sipario era appena calato sul secondo atto della tragedia.
Il silenzio dilagava nella stanza dal momento in cui era stata insinuata l’accusa.
Mitsutani sorrise, amaramente.
-Come… come può dire questo?- domandò ad Hogan –Non… non è una prova sufficiente per accusare una persona.-
-Giusto.- accorse in sua difesa Mafuyu –Il signor Mitsutani non farebbe mai una cosa del genere. Tutti quelli che lo conoscono potrebbero confermarle che è una persona davvero per bene.-
E Hogan assentì, ma ribatté –Non sempre una persona per bene lo è davvero.-
-Ma lui ha il terrore del sangue!- esclamò ancora Mafuyu.
Anche Shuukako protestò –Non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere! Non ad Haruka almeno!-
-Andavano molto d’accordo loro due.- spiegò Natsuya –Non è concepibile…-
Iyv allora domandò –In che senso andavano molto d’accordo?-
-Haruka era una ragazza molto aperta caratterialmente.- disse il signor Mitsutani –La mia figlia minore le somiglia molto, quindi non mi veniva difficile trattare con lei, ecco.-
-Avete avuto degli screzi?- chiese allora Iyv.
-No, non particolarmente gravi.- disse ancora –A volte la rimproveravo perché dava troppa confidenza alla stampa e lei capisce, signor Nightingale, che coi giornalisti bisogna trattare con molta attenzione.-
-Già, comprendo.- disse ancora Iyv e poi disse a Hogan –Patrick, la tua idea è suggestiva, ma non credo che possa essere stato lui a…-
-C’è un’altra cosa che mi ha lasciato un po’ perplesso.- lo interruppe l’americano –Prima ho perquisito le camere e nella sua c’era la valigia chiusa con la combinazione.-
-E allora?- domandò l’uomo.
-C’è una piccola macchia di sangue sopra.-
In quel momento, tutti trattennero il fiato.
Ma il signor Mitsutani disse.
-Mi sono tagliato prendendo il rasoio, prima di cena.-
In effetti, prima della cena non era rasato. Hogan continuò ad accusarlo –Potrebbe essere il sangue della vittima, però, e la scientifica domani lo analizzerà. Fa prima a confessare e risparmiarsi un vergognoso arresto.-
L’uomo scosse il capo.
-Non sono stato io.- ripeté dopo aver deglutito.
-Perché non ci mostra il contenuto della valigia?- propose Iyv allora.
-Giusto!- esclamò Natsuya –Se non è lei il colpevole, l’arma del delitto non sarà lì, no?-
Mafuyu convenne con il rosso e anche Shuukako.
-Allora, mi dica la combinazione della valigia.- ordinò perentorio il falso detective.
Il giapponese annuì, più tranquillo rispetto a poc’anzi.
-Certo… - disse –E’ 4322, signore.-
-Molto bene.- disse Hogan e fece cenno ad Iyv e agli altri di seguirlo.
Entrarono tutti nella camera da letto dell’uomo e Hogan mostrò la macchia, dopodiché, indossando i guanti in lattice fece ruotare i numeri componendo la combinazione e un click secco segnò l’apertura della valigia.
C’erano dentro dei vestiti, riviste, un astuccio con il set da barba, spazzolino e dentifricio e un piccolo involto di carta, seminascosto in un angolo.
Hogan lo prese e scartò l’incartamento, per poi sbattere in faccia, o quasi, l’evidenza agli astanti.
-E questa, signori…- annunciò –E’ l’arma del delitto.-
Un coltello da cucina, dalla lama liscia e il manico nero. La carta che lo avvolgeva presentava qua e là chiazze scarlatte. Mitsutani impallidì e cercò di fuggire, ma il signor Bowen lo afferrò per un braccio e Hogan per l’altro.
-Non sono stato io!- gridò disperato più e più volte. –Sono innocente!-


Erano trascorse delle ore estenuanti. Quante non lo sapeva. Forse erano passati solo dei minuti. Dei giorni no. O forse sì, ma certo non li aveva trascorsi a contorcersi per liberarsi. Ormai poteva definirsi a buon punto. Sentiva il nastro adesivo che gli legava le braccia allentarsi e anche quello sulla bocca.
Il brusio che udiva oltre quel buio si era affievolito per poi scomparire, ma c’era nuovamente qualcuno all’esterno. All’inizio pensò si trattasse dei suoi rapitori, ma poi aveva percepito i loro discorsi. Erano solo dei ragazzini, quindi era stato rinchiuso da qualche parte da chissà chi.
E chissà perché.
-Ah!- esclamò.
Con un ultimo colpo di spalla era riuscito a strappare definitivamente il nastro adesivo che gli teneva incollate le labbra.
-Aiuto!- gridò –Aiutatemi!-
Il brusio all’esterno si affievolì.
Poi una voce parlò –Avete sentito?-
-Forse ci siamo fatti troppe canne, ehehe.-
-Aiutatemi, vi prego!- urlò ancora, con quanto fiato aveva in gola.
-Queste non sono canne.- commentò meravigliata una terza voce e qualcuno batté sulla parete metallica della sua prigione.
-C’è qualcuno qui?-
-Si!- esclamò –Vi prego, fatemi uscire!-


Trascorsero altri interminabili minuti, poi un forte schianto e la parete metallica s’aprì. Il buio fu sopraffatto da una rassicurante luce azzurra soffusa.
Poi un’esplosione di bianco e di voci.
Le luci delle torce elettriche lo accecarono e si spaventò a morte alla vista delle pistole, ma fu un attimo.
Era libero.
Le sue mani furono liberate dal nastro adesivo e qualcuno gli gettò sulle spalle una coperta. Un uomo lo sorresse fino all’ambulanza parcheggiata lì davanti e una graziosa infermiera si occupò di controllare che stesse bene. Non poteva dire di essere completamente apposto, ma eccetto il malessere della prigionia non si sentiva messo così male.
Poi rammentò una cosa di vitale importanza.
La persona che gli aveva chiesto di chiamare una volta arrivato a destinazione.
C’era solo lui in casa, prima della partenza. Nella sua mente lo sfocato ricordo di qualcosa di umido che si premeva contro le sue labbra.
Nel container dov’era tenuto prigioniero fu constatata immediatamente la presenza tracce di cloroformio sparso nel pavimento. Ecco perché aveva dormito così tanto.
-Che giorno è?- chiese all’infermiera e questa gli rispose –E’ il 15 di settembre.-
Sospirò. Era trascorso appena un giorno, più o meno…
Non sapeva perché l’aveva fatto, ma non poteva starsene con le mani in mano, perciò chiese ancora alla donna –Per favore, può prestarmi il suo cellulare?-


Il signor Mitsutani era stato rinchiuso nella sua stanza, con buona pace di tutti i presenti.
Fu deciso di tornare tutti a dormire (o per lo meno a provarci) e attendere così l’arrivo della polizia, con annessa la squadra scientifica. Shuukako fu invitata a dormire insieme ad Emily ed Helena insieme alla signorina Salomè e la camera con dentro il corpo di Haruka sigillata.
Iyv ed Hogan erano di nuovo soli, di fronte al loro letto sfatto.
E l’italiano era così distratto che Hogan avrebbe potuto farselo all’istante e non si sarebbe neppure lamentato. C’era qualcosa che lo turbava profondamente, da un bel pezzo ormai, perciò l’americano si limitò a domandargli cosa diavolo avesse.
-E’ da un po’ che hai una faccia da funerale. Allora?-
Lui si sedette sul letto a peso morto.
-E’ stata uccisa una ragazza, Hogan.- rispose, come se l’altro non riuscisse a provare dispiacere.
Hogan annuì.
-Non è quello che ti turba così tanto.- rispose, buttandosi sul letto anche lui, ma sdraiato.
Incrociò le braccia dietro la testa e fissò il soffitto.
-E’ per colpa di questo Breakmouse che sei così?-
Iyv prese a ridere come un ossesso. Una risata liberatoria, ma almeno era sincera.
-Oddio, Breakmouse!! Dimmi che l’hai detta apposta, Hogan!-
Quello arrossì violentemente e si voltò, imbarazzato come non mai. Segno che no, non l’aveva sparata per farlo ridere. Anche se il risultato era gradito.
Iyv prese a martellargli il ginocchio con il palmo della mano.
-Oddio, basta!- esclamò ridendo –Non… soffoco… Breakmouse…-
Si sarebbe voluto sotterrare, Hogan, ma di certo era meglio sotterrare Iyv. Lo afferrò bloccandogli la testa con un braccio sotto il collo e lo costrinse sul materasso.
-Che hai da ridere, pidocchio?!- sbottò, per poi pizzicargli insistentemente le guance. Al grido di
–Mi arrendo! Mi arrendo!- finalmente lasciò andare l’investigatore, che rilassò i muscoli, ormai anch’egli supino sul letto.
-Hogan ti amo!- esclamò, come in un sospiro.
L’interpellato arrossì ancora, ma si limitò a rispondere –Ti avrei già ucciso…- abbassò la voce -…se non ti amassi anche io.-
Il biondo si rigirò su un fianco, coi lunghi capelli ormai sfatti e gli occhi colmi di lacrime.
-Sono contento che mi sopporti anche così.-
Al che Hogan lo guardò con diffidenza.
-No, così non ti sopporto, ti preferisco quando sei insopportabile come al solito.-
Gli aveva appena strappato un’altra risata. Come poteva non amare l’uomo più spassoso dell’universo? Nonostante rimpiangesse gli amici perduti a Sealand, Iyv ringraziava il cielo per esservi andato. Perché, se invece non si fosse impuntato per seguire quel caso, Hogan non l’avrebbe proprio incontrato.

La prima volta che si erano visti, lo ricordava come fosse solo ieri. Lui l’aveva salutato con un cenno della mano e gli aveva anche detto –Ciao, caro!- con un tono che faceva concorrenza con quello di ogni buon travestito di strada che si rispetti. E Hogan, sempre in cenno di saluto, gli aveva accordato il dito medio e la sua occhiata sprezzante.
Non era cambiato di una virgola, apparentemente, perché il caratteraccio rognoso ce l’aveva sempre. Ma Iyv, ormai, lo conosceva come le sue tasche. Era come un libro aperto, senza parole nascoste o codici da svelare. Era splendido nella sua semplicità.
Ma forse era solo lui a vederlo così meraviglioso, perché era di parte.

-Iyv…- disse piano Hogan.
Dopo il riso, le lacrime avevano preso il sopravvento.
L’italiano nascose il volto fra le mani e le sue spalle si scossero frenetiche.
Emetteva dei mugolii che ricordavano i guaiti di un cucciolo indifeso. Così diversi dai finti piagnistei che inscenava per dispetto. Quando mai l’aveva visto piangere a quel modo?!
-Patrizio?- chiese allora l’americano e quello alzò appena il capo.
Hogan usava molto raramente il suo vero nome. Praticamente solo quando faceva discorsi di estrema importanza.
-Io… ero molto inesperto, allora…- sussurrò piano.
Hogan annuì.
-Me lo vuoi raccontare?-
-Aveva più o meno l’età di Helena…- singhiozzò ancora.
Hogan, per incoraggiarlo (questo non era proprio da lui) gli portò un braccio dietro la schiena e Iyv poggiò la testa sulla sua spalla, socchiuse gli occhi e respirò profondamente per qualche secondo.
-Se fossi stato più capace… lei non sarebbe morta…-
-Chi?- insistette l’americano.
-Sua sorella, Hogan.- Iyv sollevò appena lo sguardo colmo di sconforto e vergogna –Per questo lui mi odia così tanto.-
Era strano pensare che quel pazzoide scapestrato venisse ferito dal giudizio di qualcuno. La realtà dei fatti, lo intuì subito, era che Iyv odiava se stesso. E la presenza di quel Breakmouse… Blackmouse… Blackmoore, gli rammentava il motivo di tanto disprezzo per se stesso. Distruggeva ciò che lui cercava di ricreare, rigettandolo nell’abisso del senso di colpa.
Lo strinse a sé.
-Patrizio…- disse piano, con quella voce roca e sensuale da capogiro.
Iyv socchiuse gli occhi e deglutì.
-Si?- chiese.
-E’ successo e devi accettarlo.- gli disse.
-Non… non posso.- scoppiò in un pianto dirotto.
Hogan respirò profondamente e si limitò ad abbracciarlo.
Quando Helena piangeva, lo faceva sempre. Le carezzava la testolina biondo cenere per diversi minuti e lei si calmava, piano piano.
Passò le mani sui capelli biondi del compagno, per un po’. E anche con lui ebbe lo stesso, identico effetto calmante. Le sue dita massaggiavano la cute, trasmettendo al resto del corpo un senso d’inebriante pace cui era difficile sottrarsi. Aveva un tocco magico, il signor orso bruno, pensò Iyv, sorridendo appena.
Poi si separò da Hogan, piano.
-Vieni.- disse –Risolviamo il caso prima dell’alba e poi fuggiamo via. In barba a Breakmouse.- e gli scappò la risatina isterica di poco prima. -Ti amo, pasticcione.- disse ancora, in vena di smancerie, tirandolo verso la porta.
Hogan alzò gli occhi al cielo.
Pasticcione?
-Questa me la devo segnare.-
-Sono contento che anche tu mi ami.- continuò quello.
-Bene.- disse ancora l’americano, per poi prendergli il mento fra le dita. Lo fissò dritto negli occhi verdi e socchiuse il suo. Poteva sentire il respiro di Iyv sulla sua pelle, poteva scorgere le sue labbra schiudersi, le sue mani sulla pelle…



Mafuyu si frugò fra le tasche.
Prese il telefono che squillava e rispose nella sua lingua madre.
-Pronto?-
Corrucciò le sopracciglia e lanciò un’occhiata interrogativa verso Natsuya, poi rispose all’interlocutore -No, mamma, stai tranquilla… stiamo bene tutti. Sì… sì, il contratto l’abbiamo firmato, sì… scusa se non ho chiamato prima, cenavo… ciao mamma, ciao. Buonanotte…-
Chiuse la chiamata e rimase in silenzio tombale.
-Era mia madre.- disse dopo un poco, bianco in volto –Come diavolo faremo a dire ai nostri quello che è successo…- si sedette a peso morto sul letto.
Aveva appena mentito, ma quell’ultima domanda era legittima e una risposta ancora non l’aveva trovata. E benché fosse affranto da quella situazione, benché ormai sapesse esattamente come stavano le cose, Mafuyu Yukimura aveva le mani legate.

Doveva mettere Patrick Varsittart al corrente di quella chiamata, al più presto.

Fine capitolo 6


In ritardo pazzesco. Però posso dire che il prossimo capitolo è scritto per metà, visto che dopo aver scritto questo, mi sono resa conto di aver corso troppo e fra l'altro mi sono incartapecorita (??) con il caso. Ora ho chiarito a me stessa il piano di Iyv e deciso che cavolo dovrà fare l'assassino, mentre prima avevo in mente una cosa che non poteva stare in piedi.
Ma quanto è tenero Hogaaaaan!
Non sembra, ma è dolcino lui, quando consola Iyv dimostra che il caro detective se li sceglie bene i suoi polli **
Al prossimo capitolo!!

E per la cronaca SPAM TIMEEEE!! H iniziato a realizzare un fumetto su di loro. Sono ancora agli inizi, in realtà ho solo la prima pagina e la seconda in fase di rifinitura. Ecco qui il mio sito. Spero di non contravvenire a nessuna regola O_O http://iyvhogan.altervista.org/
   
 
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