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Autore: Madtora    22/08/2011    1 recensioni
Il mio nome è Grattastinchi, e come potete ben vedere sono un esemplare di gatto persiano dal pelo rosso, lungo e soffice come ce ne sono pochi al mondo (....)E se non ci credete, statemi un po' a sentire, anche se le vostre misere orecchie non sono degne di ascoltare la storia della grande banshee Aibhil O' Brien e del suo gatto.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Inizia il viaggio di Abihil e Grattastinchi. Una ragazza, un gatto, accomunati da un colore: il rosso. Rossi i capelli di lei. Rosso il pelo di lui. Rosso il sangue che inizia a sgorgare.

 

Passammo alcuni giorni nel bosco. In silenzio. Abihil non parlava, e io tacevo per solidarietà. In quei giorni vagammo per le pianure, che stavano mano a mano mutando colore, passando dal verde smeraldo al rosso fuoco. Un colore che io e Abihil amavamo. Grazie al rosso della vegetazione potevamo passare inosservati ovunque passavamo. La mia mamma non voleva stare in mezzo alla gente, e di certo io non l'avrei costretta. Stavo vicino a lei tutto il tempo, tranne quando andavo a caccia di cibo per lei. Giorno dopo giorno, notavo dei cambiamenti in lei. I suoi bellissimi occhi viola a volte tendevano ad incupirsi, sfumandosi di nero, e in quei momenti percepivo un brivido che partiva dalla punta delle orecchie fino alla punta della coda. In quei momenti la natura sembrava fermarsi, nessun animale osava muoversi, come se non volesse distrarla, o farsi catturare dal suo sguardo. Questo stato durava generalmente una decina di secondi, e io non mi preoccupavo molto. Ero un giovane gattino inesperto.

Un giorno mi allontanai da Abihil un po' di più. Stavo dando la caccia ad un grosso falco, più per divertimento che per necessità. Anche il falco sembrava divertirsi, visto che faceva di tutto per farsi notare da me. Ad un certo punto sentii dei passi umani avvicinarsi. Erano due uomini, uno dei due sembrava camminare a fatica. Uno era molto anziano, e aveva tra le mani un lungo bastone nodoso. Era vestito poveramente, con un saio marrone scuro e dei sandali ai piedi. Al collo portava una grossa croce di metallo. Il suo accompagnatore era una ragazzino molto magro, dagli occhi neri e nervosi che continuavano a guardarsi intorno. Avrà avuto una decina di anni, e indossava quelli che dovevano essere gli unici vestiti di tutta la sua vita tanto erano sporchi. I suoi occhi si posavano molto spesso sulla croce del vecchio. Li osservai per un po', controllando che non si avvicinassero troppo al luogo dove avevo lasciato Abihil.

Manca poco ormai padre, a breve arriveremo al villaggio”.

Grazie figliolo, senza il tuo aiuto mi sarei perso. Ho sentito che un villaggio a Est è stato colpito dalla maledizione del Diavolo, e mi hanno chiamato per portare benedizione.”

Fu tutto molto veloce. Il ragazzo rallentò di qualche passo in modo da farsi precedere dall'uomo anziano, e prese dal terreno una grossa pietra. Si guardò nuovamente intorno, e poi colpì l'anziano sulla nuca, con tutta la forza che aveva in corpo. Sentii un suono sordo, e poi delle chiazze rosse schizzarono via, in ogni direzione. Di fronte a me avevo il viso del vecchio, che al momento dell'impatto spalancò gli occhi e dato l'evento inaspettato si morse la lingua. Se ne staccò un pezzetto, che cadde vicino alle mie zampe. Mi leccai il pelo colpito da alcune gocce di sangue, e vidi il ragazzo strappare improvvisamente la croce dal collo del vecchio, e iniziò ad ululare di gioia.

mi spiace vecchio padre, ma tanto le tue preghiere non sarebbero state di conforto a nessuno. Quando la gente del Piccolo popolo decide di intervenire nelle faccende umane, nessuno può farci nulla, e tutti sanno che a sterminare la popolazione di Limerick. Vendendo la tua croce e questo splendido arco preso in quella città, potrò mangiare come si deve per almeno una settimana!!!!!”.

Avevo già sentito quel nome. Era il nome del paese di Abihil. Non ebbi tempo di rifletterci sopra, poiché non appena il vento cessò di ripetere il nome della città, tutto si fermò. E qualcuno iniziò a cantare.

 

Non so dire bene cosa successe. Persi i sensi.

 

Quando mi risvegliai trovai Abihil di fronte a me. Stringeva tra le mani un arco. Lo riconobbi, era l'arco di suo padre. Le sue lunghe dita affusolate lo stringevano così forte che le sue nocche erano diventate bianche. Mi alzai, e mi avvicinai a lei. Solo allora vidi. I suoi occhi. Neri, con appena dei riflessi violacei. Contornati di un rosso fuoco. I suoi capelli, i suoi bellissimi capelli rossi risplendevano ora del colore della notte più buia. Rimasi fermo per alcuni secondi, fin quando i miei occhi non videro un movimento alle sue spalle. Il ragazzo giaceva accanto al corpo del vecchio. Muoveva a malapena le dita.

A......iu.......to......”.

Abihil si voltò verso di lui. E iniziò a ridere. Rise come solo una bimba può fare. Con una risata cristallina, una risata che normalmente avrebbe fatto sorridere chiunque, ma che in quel momento mi gelò il sangue. Il ragazzo era terrorizzato, glielo si leggeva in faccia.

questo arco non è tuo. Non te lo meriti. Apparteneva ad un grande uomo, lo sai? Un uomo forte, e potente.”.

Il ragazzo stava palesemente tremando.

hai ucciso un uomo vedo. Un vecchio. Gli hai spappolato il cervello per cosa, per rubargli un oggetto che probabilmente ti avrebbe regalato se gli avessi detto che avevi fame. Questo non va bene. Ora dovrò punirti, lo sai?”.

Il ragazzo provò a dire qualcosa, ma venne interrotto da un urlo. Potente. Assordante. Prolungato. Un urlo capace di perforare i timpani, di insinuarsi in ogni fibra dell'essere per risuonare ancora, e ancora, e ancora. Un urlo che fece vibrare il corpo del ragazzo, gli fece battere violentemente il cuore, lo fece gonfiare tanto che sembrava volesse uscirgli dal petto. Finchè il movimento incessante del suo cuore non si fermò, e un rivolo di sangue iniziò a colargli lungo la bocca. Guardai Abihil. Riuscì a voltarsi verso di me e poi svenne.

Rimase così, inerte, per circa due giorni. Per due giorni non mi allontanai da lei. Mai. La nascosi nel bosco, in modo che nessuno la vedesse. Delle persone trovarono i due cadaveri, e diedero l'allarme in città. C'era chi parlava dell'urlo della Banshee che era risuonato per intere leghe, chi pregava, chi si disperava. E io aspettavo. Aspettavo che Abihil si risvegliasse. Mano a mano i suoi capelli tornarono rossi. Non avevo paura, era la mia mamma.

Quando aprì gli occhi era sera. Mi guardò con uno sguardo innocente, e il sorriso sulle labbra. “Ciao, piccolo. Hai fatto il bravo mentre la mamma riposava? Ho fatto un sogno bellissimo, io e te, lontani, che giocavamo tutto il giorno. Te facevi un sacco di fusa, e io ti coccolavo dietro il collo, dove so che ti piace tanto”.

Non si ricordava nulla di ciò che era successo. Decise di mettersi in marcia perché una volta aveva sentito di una distesa d'acqua chiamata mare, e voleva vederla e farmela vedere. Riprendemmo il viaggio, senza incidenti, e senza cambiamenti in lei.

Una sera, dopo circa una settimana di cammino, giungemmo ad un villaggio. Era abbastanza lontano dal nostro, e decidemmo di entrarvi certi che nessuno ci avrebbe associati agli incidenti avvenuti precedentemente. Era giorno di mercato, e Abihil si divertì a girarlo. Passò per tutte le bancarelle ad osservare entusiasta i vari giocattoli, i vari ninnoli, tutto sembrava interessarla. Presa dall'entusiasmo non vide una vecchina che era ferma, e le cadde addosso.

Le chiedo scusa signora, ero poco attenta! Spero che non si sia fatta male!”

L'anziana si voltò, e notammo che era cieca da entrambi gli occhi. Posò una mano sulla testa di Abihil, che subito si ritrasse con un gesto abituale, chiudendo gli occhi pronta a ricevere una sberla. La mano della vecchia si posò delicatamente sulla sua testa, e quel gesto inaspettato fece ritrarre Abihil velocemente.

seguimi, bambina. E anche tu, gatto, vieni con noi”.

Non avevo fatto alcun rumore, quindi mi sorprese l'essere stato individuato da una anziana cieca, ma nonostante tutto la seguimmo. Attraversammo tutto il villaggio, con la gente che ci guardava incuriosita prima di tonare a guardare la merce esposta. La sua casa era all'estremità del villaggio, e sembrava molto povera. Non aveva porte, ma solo un ramo di vite che scendeva dal tetto, ricoperto di erbe rampicanti molto fitte. Una volta dentro notammo che le pareti non erano fatte di legno o di pietra, ma di argilla compatta. All'interno c'era soltanto una sedia, un tavolo con una ciotola e molti, moltissimi vasetti. La vecchina si sedette.

avvicinati bambina”.

Abihil si mise di fronte a lei. La vecchia la fece voltare e le mise le mani sulle spalle per farla inginocchiare di fronte a lei. Dopo di che, inaspettatamente prese a pettinarle i capelli. La ragazzina non era mai stata pettinata in vita sua, e stava già per allontanarsi da questa curiosa pratica, ma le mani della vecchia iniziarono a muoversi con gran maestria, e alla fine la cosa iniziò a piacerle. I suoi occhi si rilassarono, e posso giurare che si sarebbe messa a fare le fusa se avesse saputo come farle. Osservai le due donne a lungo, notando ogni loro movimento.

gatto, immagino avrai un nome.”

certo che ho un nome, vecchia, ma se non conosci la mia lingua non potrò mai dirtelo. Mi sembra ovvio” pensai tra me e me.

Te pensa solo a dirlo gatto, capirti o meno è un problema mio”.

Rimasi sorpreso da questa sue parole, e iniziando a leccarmi delicatamente una zampa pensai “Il mio nome è Grattastinchi vecchia. E voglio proprio vedere se riuscirai a capirmi”. Passò qualche minuto, e soddisfatto (l'avevo avvertita che non poteva capirmi) mi accucciai sul pavimento.

Grattastinchi mi sembra un bel nome gatto. Denota un temperamento...curioso. Ma si addice a te, che di curioso hai anche il colore del pelo dopotutto” disse la vecchia mentre sorrideva.

Rimasi esterrefatto. Come aveva fatto quella vecchia a sentirmi, a capirmi? E perché tutto questo lasciava basito solo me, visto che Abihil era ancora ion trance a causa delle carezze di quella donna? Alzai il pelo e iniziai a soffiare verso di lei.

buono gattino, se avessi voluto farvi del male ve ne avrei già fatto”.

Detto questo smise di pettinare Abihil, che sembrò tornare tra noi.

bene, Abihil e Grattastinchi, il destino vi ha unito, ma è stato beffardo con voi. Vi ha unito quando non avrebbe dovuto. Smettila di soffiare gatto, e ascolta bene quello che ho da dire. Bambina, ormai è chiaro, te sei una Banshee, e da quello che ho sentito toccandoti anche molto potente. Una portatrice di morte e sventura. I tuoi capelli sono rossi a causa del sangue delle vittime che mieterai. Il rosso è un colore nefasto per voi. Si gatto, anche per te. Dovresti averlo capito, non sei un gatto normale, sei dotato di poteri magici. Sei un gatto benedetto dalla luna, un portatore di giustizia. E non ci vuole un genio per capire che una portatrice di morte non sempre può andare d'accordo con un portatore di giustizia. A volte le due cose riescono a conciliarsi, ma non sempre. E' bene che vi separiate presto, in modo che nessuno dei due intacchi la natura dell'altro. Altrimenti ne soffrirete. Tanto. Troppo”.

La voce della vecchia si velò di un misto di tristezza e malinconia, ma tornò subito ferma. “vedo che la morte ti ha già seguita bambina, e vedo che tu l'hai protetta gatto. Avete seguito la vostra via. Continuate a farlo, e noterete il bivio tra di voi”.

non mi allontanerò mai dalla mia mamma”.

dovrai farlo gatto, sarà necessario”

piuttosto preferisco morire”

allora la morte ti seguirà, ti braccherà e poi ti prenderà”

l'unica persona che la morte prenderà oggi sarai te, vecchia”.

Buio. Improvviso. Poi un urlo di donna, talmente straziante e acuto che orecchie umane non lo avrebbero percepito. Ma le orecchie della strega lo sentirono bene. Sentii un colpo secco, poi le iride bianche della vecchia diventarono inizialmente rosate, poi di un rosso intenso, fino a scurirsi in due grumi di sangue. Mi voltai lentamente. Dove prima era seduta la mia mamma, con lo sguardo tranquillo, ora c'era una giovane donna dagli occhi neri, i capelli prima corvini, ma che poi si tinsero lentamente del colore del sangue, come se questo gli colasse lentamente dalla testa. La bocca piegata in un sorriso soddisfatto. Era Abihil. Ma non era la mia mamma.

 

   
 
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