Cominciai ad andare a scuola, facendo i compiti
regolarmente.
Che pacchia, solo un quadernetto da compilare e niente da
studiare!
Il giorno dopo il mio arrivo avevo scoperto di essere in
classe con Jacob e la sua nuova fiamma, Maura.
Strinsi una forte amicizia con entrambi, erano davvero
simpatici e disponibili.
Avevo appena finito i compiti quando sentii il cellulare
vibrare, lo presi in mano e aprii l'sms che mi era appena arrivato.
Era di
Maura.
«Ciao, vuoi venire a casa mia verso le 17.00 ? Viene anche
Jacob».
Risposi digitando il messaggio alla velocità della luce.
«Va benissimo, allora alle 17.00 davanti a casa tua».
Ero felice, anche se mi mancavano da morire le mie amiche
"reali" e i miei genitori.
Guardai l'orologio appeso al muro, erano le 15.00 ed era
troppo presto per recarmi all'appuntamento,
dato che Maura abitava a pochi minuti di cammino da casa
mia.
Allora andai in salotto, con il cellulare in tasca, e mi
guardai intorno.
Optai per il karaoke, lo accesi e scelsi come canzone Last
Friday Night di Katy Perry.
Inutile dire che stonai al massimo. Poi guardai la TV finché
non mi accorsi che erano le 16.50.
Allora mi alzai, mi pettinai in bagno, mi sistemai, presi la
borsa con l'essenziale e uscii in direzione di casa Fortuna.
Arrivai e nello stesso momento arrivò anche Jacob.
Maura uscì per accoglierci dopo che ebbi suonato al citofono
e, come potete immaginare, lei e Jacob si salutarono scambiandosi un bacio appassionato, poi salutarono me abbracciandomi.
«Avete già fatto i compiti?», ci chiese la signora Fortuna
dalla cucina, mentre noi eravamo seduti nei morbidi divani del salotto.
«Sì!!!», esclamai in contemporanea con Jacob, il quale non
era un amante dello studio.
«Perfetto ragazzi, fate come se foste a casa vostra. Io devo
andare a fare una cosa, i Loschi mi stavano ancora spiando con il telescopio,
devo dirgli quattro parole...», aggiunse e si allontanò a passo spedito.
«È normale, crede di essere spiata da tutti e va nelle loro
case a fare delle crisi isteriche», mi spiegò Maura con nonchalanche,
mentre io
la fissavo perplessa.
Osservai il sontuoso salotto in cui ci trovavamo mentre
continuavamo a parlare del più e del meno;
i mobili erano di classe ed era tutto disposto in perfetto
ordine.
Ad un certo punto la signora Fortuna, o meglio, Fiona,
rientrò.
«Di cosa state parlando?», domandò sentendo il nostro
chiacchiericcio.
«Oh nulla mamma, scuola, compagni di classe, professori...»
«Volete che vi racconti una storia di famiglia?»
«Certo!», rispondemmo tutti in coro.
Ero davvero incuriosita.
«Bene, allora cominciamo. Quando ero solo una ragazza
neodiplomata vivevo in un appartamento a Sim City.
In quel periodo conobbi un
ragazzo di nome Bernardo, Bernardo Fortuna».
Bernardo? La storia era appena iniziata eppure già mi
intrigava.
Intanto Maura era pietrficata, sapeva di chi stava parlando
sua madre, e naturalmente anche Jacob.
«Avevo da poco iniziato la carriera che mi avrebbe portato a
essere Direttrice qui a Colleverde e intanto io e questo ragazzo iniziammo a
frequentarci, diventammo amici, poi migliori amici e successivamente nacque
qualcosa tra di noi. Passò il tempo... ci fidanzammo e poco dopo
scoprii di essere incint», a quel punto guardò Maura.
«Bernardo era felicissimo ma l'appartamento dove vivevamo
non era adatto a un neonato, così cercammo casa e comprammo questa villa, che
all'epoca era in vendita a un prezzo stracciato. Venduto l'appartamento a Sim
City ci trasferimmo, preparando anche la cameretta per il nascituro. Vivemmo
momenti felici tra queste mura, il tempo passò velocemente e arrivò il giorno
del parto. Ero a casa, in riposo dal lavoro per maternità, quando mi accorsi di
aver perso le acque. Non avevo capito di cosa si trattava, mi cambiai e non ci
badai. Ma poche ore dopo sentii dei dolori acuti al ventre, e Bernardo era al
lavoro. Gli telefonai in preda al panico e lui arrivò qui poco dopo; ormai non
c'era più tempo per chiamare l'ambulanza e Maura nacque in casa, grazie ai
suggerimenti che il 911 ci passava al telefono. Eravamo davvero una famiglia
felice, ora. Pochi mesi dopo ci sposammo e io divenni la signora Fortuna. Ma la
felicità non durò a lungo», il suo viso si oscurò.
«Dodici anni fa, quando Maura aveva tre anni, Bernardo si
sentì male all'improvviso mentre la stava cullando. Gliela presi di mano e la
rimisi nella culla, lei ci guardava spaventata, aveva capito che qualcosa non
andava. Disse "pa-pà" con le lacrime agli occhi mentre lui veniva
trasportato nell'ambulanza ormai privo di sensi». Una lacrima scivolò sul viso
della ragazza, quello era l'unico ricordo che le era rimasto di suo padre, l'unico.
«Salii nell'ambulanza con loro dopo aver chiamato la
babysitter pregandola di fare presto e dicendole che avrebbe trovato la bambina
nella sua culla. Arrivati all'ambulatorio di Colleverde, Bernardo venne
visitato da un medico, gli fece molte domande e una tac, infine analizzò i
risultati con un collega oncologo chiamato da Sim City apposta. Io intanto ero
accanto a mio marito, che giaceva nel letto candido dell'ambulatorio.
Il medico tornò da noi alcune ore dopo e ricordo ancora la
sua voce quando ci annunciò che...», dovette interrompersi a causa delle
lacrime che cominciavano a scorrere copiose sul suo viso, «ci annunciò che
aveva un tumore al pancreas allo stato avanzato e che era impossibile curarlo,
le metastasi si stavano diffondendo in tutto il corpo. In poche parole lo aveva
condannato a morte. Piangemmo insieme tutta la notte, e quella mattina Bernardo
venne trasferito all'ospedale di Sim City. Cominciai a fare la spola tra casa
nostra e l'ospedale, e ormai Maura passava più tempo con la babysitter che con
me. Poi smisi di andare ogni giorno dato che dovevo lavorare e badare a nostra
figlia, però andavo a trovarlo due volte alla settimana appena finivo i turni.
Il tempo cominciò a scorrere, e più tempo passava più diventava debole e
cianotico, inoltre aveva perso tutti i capelli a causa delle chemio che faceva.
Due anni dopo quel maledetto malore, due anni chiuso in ospedale, io ero andata
a trovarlo come al solito. Stava malissimo. Gli strinsi la mano. Lui mi guardò,
mi disse che era arrivato il momento di andarsene e che dovevo avere cura di me
e di Maura, che non dovevo arrendermi per nulla al mondo. Io gli strinsi ancora
di più la mano e gli chiesi che cosa stava dicendo. Lui continuò a fissarmi
senza dire nulla e e chiuse gli occhi. Sentii il bip piatto
dell'elettrocardiogramma, mi voltai e iniziai a gridare aiuto. Arrivarono
medici e infermiere che fecero di tutto per rianimarlo, ma ormai non c'era
nulla da fare. Bernardo era morto. E pochi giorni dopo la sua unica figlia
avrebbe compiuto cinque anni».
Maura sbarrò gli occhi, «vuoi dire che papà è morto poco
prima del mio compleanno? E perchè non me l'hai mai detto?», lei la guardò,
«scusami, scusami tanto, davvero, ma non volevo che tu soffrissi proprio prima
del tuo compleanno. Sono passati già dieci anni da allora...».
Rimanemmo in silenzio, tutti a guardarci senza dire nulla,
io avevo abbassato la testa perché sentivo gli occhi inumidirsi e odiavo farmi
vedere così.
«Mi dispiace davvero moltissimo Fiona... e Maura», riuscii
solamente a sussurrare.
«Oh, non preoccuparti», rispose tra i singhiozzi.
Si calmò e passammo il pomeriggio in allegria cercando di
non pensare troppo a quel racconto drammatico, verso sera tornammo a casa
felici e contenti. Ormai mi ero ambientata a Colleverde, ma ero determinata a
tornare a casa.