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Autore: unleashedliebe    28/09/2011    7 recensioni
2008, il tour dei Tokio Hotel viene interrotto a causa dei problemi alla gola del cantante Bill Kaulitz.
“-Tu sei musica- sussurrai guardandolo negli occhi, mentre il suo viso si apriva in un sorriso innamorato.
-Sembri un’illusione- sussurrai. -Sono qua, al tuo fianco- mormorò caldo, rabbrividì.
-Sei bello, troppo. È normale domandarsi se esisti veramente, sai? Tanta perfezione in una persona non è ammessa. Tu, tu sei l’eccezione alla regola Bill-"

L’amore colpisce all’improvviso, non si è padroni di scegliere la persona di cui ci si innamora, succede e basta. Questo Bill e Mel lo sanno bene.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO VI (R)
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Fu la voce squillante di Rossella a svegliarmi il giorno successivo, soffrivo di mal di testa allucinante e sentivo tutte le ossa indolenzite.
-Ehi Mel non scendi per la colazione? Sei in ritardo- entrò senza tanti complimenti, fissandomi attenta.
-Mh- dissi a fatica io, -penso di avere la febbre- sbuffai.
Si avvicinò posando la mano sulla mia fronte, al contatto rabbrividì.
-Oddio Mel ma scotti! Aspetta che vado a prendere un termometro!-  tornò due minuti dopo e non perse tempo, mi infilò il termometro sotto il braccio e cominciò a battere nervosamente i piedi a terra.
-La smetti di agitarti così? Metti ansia anche a me! E’ solo un po’ di febbre..- il suo sguardo preoccupato non mi permise di continuare.
-Non è solo un po’ di febbre, lo sai che, qualunque cosa è amplificata nelle tue condizioni? Sei già abbastanza debole!- sbuffai annoiata, ogni volta era la stessa storia.
-Non fare quella faccia, lo sai. Non ti ricordi cos’è accaduto l’ultima volta?-

Domanda ironica, certo che me lo ricordavo: avevo la febbre alta e tutti i sintomi della malattia, quali tosse, vomito, pallore, si erano amplificati, portando emorragie e il conseguente ricovero.
Avevo rischiato di morire, ma ero ancora viva, quindi perché rivangare il passato?
-Si, non l’ho dimenticato- mugugnai.
-Non puoi uscire da questa stanza, vado a chiamare il dottore per sostenere degli esami, mi raccomando non muoverti-
Le parole “non uscire da questa stanza” pesavano come un macigno sul mio già debilitato cuore, se non potevo uscire non potevo vedere Bill! Aveva l’operazione fra due giorni, dovevo sostenerlo, stargli affianco!
Sentì le lacrime salire agli occhi, istintivamente presi il telefono e gli scrissi un messaggio.

“Bill merda! Mi sono presa l’influenza, non posso muovermi dalla stanza.. mi sa ci rivedremo dopo l’operazione! ):”

La risposta, come al solito, non si fece attendere.

“Cosa? Davvero Mel? Cavolo! Io ho bisogno di vederti. Appena c’è meno gente vengo su da te”

Gli angoli del mio viso si arricciarono in un sorriso involontario. Era l’effetto che aveva su di me.

“Bill, non devi. Ho l’influenza, potresti ammalarti”

Già sapevo che convincerlo a non venire sarebbe stato inutile, per quanto poco lo conoscessi non ci voleva molto a capire che, una volta messa un’idea in testa, era impossibile distoglierlo.

“Sono vaccinato, pff! Io vengo comunque (;”

Scossi la testa ridacchiando, in fondo mi faceva solo piacere vederlo. Troppo immersa nei miei pensieri non mi accorsi che l’infermiera mi stava sventolando la mano davanti al viso.
-Cosa fai sempre tra le nuvole? Ti sei innamorata eh?- fece Rossella, facendomi arrossire. –Non reagire così, non c’è nulla di male, e poi hai scelto proprio un bel ragazzo!- strizzò l’occhio, prima di sollevare il termometro.
-Trentotto e mezzo, sei messa male ragazzina. Il dottore ha detto di prendere queste- mi porse una scatola di pastiglie, -ricorda che se esci lo verrò a sapere e finirai nei guai- disse fintamente minacciosa.
-Si capo! Adesso puoi andartene, ho sonno!- domandai tornando sotto le coperte, mi gettò un’occhiataccia e uscì. Mi girai più volte nel letto, cercando di riassopirmi ma era difficile, nonostante avessi un bel pigiama e anche la coperta ero travolta da brividi di freddo decisamente spiacevoli, senza contare la sensazione di bruciore alla gola, stavo congelando ma nello stesso tempo le guance andavano in fiamme.
Odiavo ammalarmi, forse avrei dovuto dare retta a Gustav.

“Che fai piccola ammalata?” scrisse Bill.

“Faccio il tifo per i miei anticorpi, affinché sconfiggano questa maledetta influenza. Già non ne posso più! Tu invece? ” risposi.  

“Mi annoio! Oggi pomeriggio dovrebbe venire a trovarmi Tom. Adesso però non so che fare.

Se venissi a trovarti?”

Bill no! Non vorrei contagiarti!”

“Figurati! E’ da un secolo che non mi ammalo! (: Aspettami!”

Piantai la mia faccia sul cuscino, facendo forza con le mani sul materasso per alzarmi, dovevo rendermi lontanamente presentabile: guardandomi allo specchio capì che era una battaglia persa in partenza. Occhiaie marcate, guance rosse, viso pallido, occhi smorti, almeno non dovevo preoccuparmi per i capelli! Recuperai un vecchio maglione nell’armadio e mi sedetti a gambe incrociate sul letto, poco dopo entrò Bill, illuminando la stanza con il suo sorriso. Quel giorno non aveva trucco, indossava una semplice tuta che faceva intravedere tutta la sua magrezza, i capelli erano legati in una coda.
-Ciao superstar- salutai, impendendo che venisse ad abbracciarmi, -ti ho detto che ho la febbre, osi troppo abbracciandomi! Sono un ammasso di germi vivente!- esclamai facendolo ridere.
“ammasso di germi viventi, questa era bella Dichterin (;” compose sulla tastiera.
-In effetti, sarà la febbre che brucia gli ultimi neuroni rimasti!-
“Non incolpare la febbre, da a Cesare ciò che è di Cesare!” ridacchiò.
-Sei pessimo superstar. Allora dimmi un po’, mancano due giorni all’operazione.. in ansia?- domandai.
“Beh, sì! Penso sia normale, no?”
-Normalissimo, te lo dico io che di operazioni ne ho passate tante, anche più rischiose della tua, nonostante ciò mi spavento ancora! Sai, io sono morta due volte, e sono rinata due volte. Mi ritengo molto fortunata-
Sbarrò gli occhi, ed io continuai –Sì, sono finita in coma per due volte, ne sono sempre uscita. Prima o poi la fortuna mi abbandonerà, speriamo il più tardi possibile! Due a zero per me!-
“Mi ricorda una mia canzone questo! (;”
-Hai qui il testo?- domandai curiosa, lui annuì tirando fuori dalla borsa che aveva portato il quaderno in cui teneva tutte le canzoni. Estrasse un foglio e me lo porse, lessi il titolo “Wir sterben niemals aus”, molto appropriato.

“Restiamo sempre
ci urliamo nell'infinito
io grido quasi sempre
quando da qualche parte resta qualcosa
noi sentiamo
non siamo pronti per la fine
non moriremo mai
ci portiamo fino a tutti tempi”

-E quando leggo ciò che scrivi posso solo pensare che, qui, il poeta sei tu, non io. E’ fantastica, non vedo l’ora di ascoltare le tue canzoni, davvero-
“Manca poco! Poi potrai sentirle.. se andrà tutto bene” abbassò lo sguardo, io sollevai la sua testa delicatamente con la mano, facendo collidere i suoi occhi nocciola con i miei azzurri.  
-Andrà tutto bene, lo sento. Sei un ragazzo troppo speciale perché ti sia tolta la voce, che sicuramente è bellissima e perfetta.. come te- sussurrai senza distogliere lo sguardo, sentendomi avvampare ogni secondo di più dopo la confessione.
Non riuscì ad oppormi questa volta, fui travolta dal suo abbraccio tanto che feci fatica a mantenermi in posizione eretta, rischiando di finire buttata a letto con lui sopra, allora si sarebbe stato davvero imbarazzante. Mi guardò negli occhi e vidi tutta la gratitudine che non riusciva a esprimere a parole, tutta concentrata in quei diamanti nocciola. Si avvicinò al mio viso e poggiò un bacio sulla guancia, vicino all’angolo della bocca. In quel momento il mio corpo non reagiva, era completamente paralizzato, in balia della perfezione assoluta, ipnotizzato da lui. Rimase qualche secondo appoggiato con le labbra sulla mia pelle, per poi spostarsi più in là, raggiungendo la mia bocca.
Niente, zero, ero passiva, non riuscivo a far nulla. Sentivo il suo respiro su di me, io respiravo lui. Vaniglia e menta. Respiravo la sua dolcezza. Respiravo l’amore.
Posò le sue labbra sulle mie, un contatto debole, quasi inesistente. Casto. Puro.
Morbide, soffici. Perfette. Come lui.
Si staccò poco dopo, continuando a guardarmi, in attesa di una mia reazione.
Sbattei le palpebre, inerme. Chiusi gli occhi, riprendendo il controllo di un corpo in balia di se stesso.

Era una mandria di elefanti quella che si agitava nel mio stomaco?

-Bill..- sussurrai fissandolo, -è.. è meglio che tu vada ora- mi guardò incredulo, fissandomi attento per un attimo, poi senza attendere oltre si alzò e mi lasciò sbattendo la porta.
Crollai. Mi buttai a peso morto sul letto.
Non poteva essere successo davvero, doveva essere una sorta di incubo.
...O sogno?
Era troppo tardi per me ormai, neanche una settimana ed ero stata conquistata da lui.
L’avrei evitato, per lui c’era via di fuga: innamorarsi di me era una trappola, un’ingiustizia.
Non si può amare qualcuno che potrebbe dissolversi da un giorno all’altro, non gli avrei mai dato la felicità che si meritava, sarei stata un ostacolo alla sua carriera, alla sua vita.

“Lo sapevo, lo sapevo.
Dovevo stare più attenta.
In che casino mi sono cacciata?
Che fare ora? Semplice. Nulla.
Resettare, cancellare, sparire.
Lui è il cantante più amato di tutta Europa,
lui è la Luna, io una stella che brilla di luce riflessa.
Si merita il meglio, ossia tutto ciò che non sono io.
Quel bacio sarà solo un ricordo, archiviato come sbaglio.
..Sbaglio bellissimo però, uno dei più belli sicuramente.
Che non si deve ripetere.
Ce la posso fare, ce la devo fare.
Lui mi ha baciato per gratitudine sicuramente,
perché dopo tanto qualcuno stava al suo fianco per
un’amicizia disinteressata. Gratitudine, solamente questo.
Io invece ero annebbiata dalla febbre.
Mi odierà?
Forse per un poco, poi tornerà nel suo mondo,
e io verrò etichettata come una semplice comparsa.
A volte la vita è proprio complicata.
A volte è troppo ingiusta.
A volte, è semplicemente stronza.”

Le parole scritte su carta cominciarono a sformarsi, diventando macchie di inchiostro nero informi.
Modellate dalle lacrime, andavano offuscandosi e confondendosi.
Mi tornarono in mente le parole di mia madre “immagina cosa può succedere in un mese Mel”, ne avevo appena ricevuto un assaggio.

* * *

Nel frattempo Bill era uscito dalla mia stanza, ugualmente agitato e confuso. Tutte le reazioni si aspettava tranne un rifiuto del genere, di essere cacciato senza spiegazioni; pensava avrei gridato, pianto, preso a schiaffi, magari anche risposto.. invece mi ero limitata a guardarlo fredda. Non era consapevole di ciò che mi aveva spinto a farlo, io lo facevo per lui. Ritornato nella sua camera si buttò aspettando l’arrivo del gemello.

Continuavo a rigirarmi nel letto, purtroppo fare finta di nulla non era semplice, sentivo di dovergli dare una spiegazione, anche falsa, ma pur sempre qualcosa. Decisi così di alzarmi, seppur a fatica, lavarmi il viso e scendere da Bill. Per evitare di farmi trovare dall’infermiera scelsi le scale;  quando arrivai giù ero praticamente sfinita, ma dovevo fare l’ultimo sforzo. Trovandomi davanti a quella porta mi sentì terribilmente agitata, trovai il coraggio ed entrai. Bill era appoggiato alla spalliera del letto, alle orecchie le cuffiette, immaginai ascoltasse Nena.
-Posso?- domandai indicando una sieda affianco al letto, lui annuì solamente.
-Volevo spiegarti il perché del mio comportamento- esclamai mentre cercavo di inventare qualche bugia al momento, non trovandone nessuna plausibile usai la solita vecchia scusa, -Non riesco che a vederti come un amico, nulla di più- pronunciai queste parole guardandolo dritto negli occhi, cosicché non pensasse stessi mentendo. Prese il cellulare.
“Non ti credo Mel. Di quello che vuoi.. ma non ti credo. Ho visto come mi guardi”
-Tutti possono sbagliare Bill, e tu ti sei sbagliato. Penso sia meglio non vederci per un po’- scrollai le spalle, con finto fare indifferente. Dovevo aver pur ereditato qualcosa da due genitori attori!
Hai un foglio?” chiese, lo guardai interrogativa, mi limitai a svuotare la mia borsa e trovare un blocchetto di carta, scrisse velocemente una strofa che non riconobbi.

“Mit jedem Hauch von dir, erlöst du mich
Wir sehen uns wieder - irgendwann
Atme weiter wenn du kannst
Auch wenn das Meer, unter dir zerbricht
Ich glaub an dich ”

E’ una mia canzone, si chiama Heilig. È troppo tardi ora per tirarsi indietro, ci siamo dentro entrambi, non devi decidere te per tutti e due! Tu mi piaci Mel” scrisse poi al telefono.
-Tu ti sei affezionato, te lo concedo, l’altro sentimento è solo un’illusione, t’interesso ma perché sono diversa dalle altre ragazze che hai incontrato e ciò fa si che t’intestardisca su di me.- sospirai, mentre mi guardava con disapprovazione. -E’ meglio che vada- mi congedai in fretta, uscendo prima possibile. Una volta fuori fui costretta ad appoggiarmi al muro, poiché mi sentì mancare. Proprio in quel momento m’imbattei in Tom, come al solito mi donò un’occhiata scettica e fredda, mista a compassione per il mio stato; non riuscivo a reggerla perciò abbassai lo sguardo e senza dire una parola tornai sulla mia strada.
Ogni passo verso la mia stanza sembrava un’epopea, alla presenza di Bill ero troppo concentrata su di lui per dare retta ai segnali che il mio corpo mi mandava, quali brividi e sforzi. Oltrepassai la porta e mi lasciai cadere sopra al letto, mentre cercavo nella borsa il mio cellulare per chiamare mia madre.

Non c’era.

Svuotai tutto il contenuto sopra il lenzuolo ma non ve n’era traccia, la consapevolezza d’averlo lasciato dal cantante mi fece impallidire: il piano di evitarlo e non vederlo per un bel po’ era miseramente fallito, prima ancora di cominciare. Sbuffai, ingurgitai una delle pastiglie datami dall’infermiera e aspettai cinque minuti perché facesse effetto, appena mi sentì poco meglio mi misi in piedi diretta nuovamente da Bill, mentre lo stomaco si contorceva per il nervosismo. Non presi le scale, sapevo che a quell’ora c’era poca gente in giro, infatti erano riuniti nella sala centrale per la pausa del pomeriggio e c’era il cambio di turno, quindi avevo un minimo di libertà. Con le gambe tremanti arrivai davanti alla porta, notandola socchiusa. Esitai a entrare, udendo la voce alterata di Tom.

-L’hai baciata? Dimmi che stai scherzando!- ci fu un momento di silenzio, il tempo perché il moro scrivesse la risposta supposi.

-Te l’ho già detto, quella non mi piace- non pronunciò neanche il mio nome, si limitò a concentrare una buona dose di disprezzo sul pronome dimostrativo in questione.
 Ancora silenzio.
-Sei troppo ingenuo Bill! Sinceramente, va bene che vive qua da quattro anni, ma è impossibile non ci conosca! Non c’è una radio qui? Non ha il canale musicale nella televisione? Ti sta prendendo in giro, ti ha proprio in pugno: sei cotto!-
Silenzio.
-No, non sei cotto, figuriamoci!- sbuffò, -E non è solo questo-
Silenzio.
-Bill, lo sai. È malata! Ti rendi che, comunque, una storia fra voi due non potrebbe mai funzionare?- calcò sull’avverbio, sentì la sua voce penetrarmi le ossa, facendo male, era tagliente.
Silenzio.
La malattia sembrava niente in confronto all’effetto che le parole del rasta ebbero su di me.
-Vaffanculo, non voglio discutere per lei- disprezzo. Mi disprezzava.
Silenzio.
-Sì ce l’ho un cuore cazzo! Un cuore che non si fa abbindolare così!- il suo tono era sarcastico.
Silenzio.
-Stai sbagliando tutto, davvero. Arrenditi, lascia correre! Ne incontriamo migliaia di ragazze, perché lei? Dimenticala, neanche un mese e lascerai questo posto, senza tornarci più. La conosci da neanche una settimana, non puoi esserti innamorato di lei, è assurdo!-
Silenzio. Per quanto le parole del gemello mi facessero soffrire – quasi sentivo il mio cuore gemere ad ogni sillaba aguzza – non potevo negare avesse ragione, fottutamente ragione. Silenzio.   
-Non ho detto che sia impossibile affezionarsi a una persona dopo poco, ma ciò mi sembra improbabile, esagerato, stupido-
Silenzio.
-Bill, non fare così, ti prego- lo sentì muoversi verso il letto, mentre un singhiozzo soffocato invase la stanza. Seguì altro silenzio.
-Intendi il cellulare? Devo riportarglielo?- capì il cantante avesse individuato il mio cellulare, fuoriuscito probabilmente quando avevo aperto la borsa per estrarre il blocchetto, e l’aveva indicato al fratello.
Avevo sentito abbastanza, mi girai velocemente diretta verso la mia camera, camminando fitta, temendo d’esser beccata a origliare.
Cinque minuti dopo ero sotto le coperte, attendendo nervosamente l’arrivo del chitarrista. Per ingannare l’attesa scrissi qualcosa.

“Improvvisamente è iniziato tutto,
velocemente ho stroncato ciò che era andato creandosi.
Già me ne sto pentendo, ma non torno indietro.
Potrei? Sì, lui probabilmente ne sarebbe felice, e anche io.
Non posso però, io non merito lui e lui merita più di me.
Non voglio che gli sia precluso nulla,
stando con me ciò succederebbe.
Starò qui, beandomi del suo sorriso da lontano,
sperando non si affievolisca  a causa mia,
non ho una tale influenza su di lui,
credo, spero
Lo ripeto, la vita è proprio stronza. ”

Raccolsi una lacrima sfuggita dal mio controllo, facendola sparire velocemente, prima che arrivasse alle labbra, non ne volevo sentire l’amaro sapore.
Come da previsione, Tom Kaulitz si presentò in camera mia e vi entrò con fare spavaldo, senza bussare, sfidandomi con gli occhi. Sostenni lo sguardo, mentre appoggiavo i miei scritti sotto il cuscino.
-Mel- salutò lui con un cenno del capo, appoggiandosi all’armadio.
-Tom- il mio tono era incolore, stanco.
Sentivo il peso della giornata sulle spalle, l’effetto della febbre in salita e la gola che bruciava per la tosse.
-Grazie per avermi portato il cellulare- dissi prima ancora che lo tirasse fuori dalla tasca, mi fissò incredulo per un attimo, mi spiegai, -Ero venuta a riprendermelo, ho pensato fosse meglio tornare su, non volevo interrompervi-
-Hai.. sentito?- si avvicinò al letto, mantenendo l’andatura sicura.
-…Tutto- confermai. –Voglio chiarire alcune cose, se posso- il ragazzo annuì.
-Non ho mai sentito una vostra canzone: ho la tv, certo, ma la guardo raramente, come puoi vedere preferisco leggere e ascoltare i miei cd- indicai la libreria, colma di volumi e dischi. –Non avrei avuto motivo di mentire, cosa ci guadagnavo? Non mi sono avvicinata a Bill con secondi fini, anzi.. è stato lui ad avvicinarsi a me. Avrei dovuto mantenere le distanze, ci ho pensato troppo tardi. Cosa pensi Tom? Sono malata di leucemia, non cretina. So che una persona come me è solo un peso, non potrò mai assicurare la felicità che lui sicuramente merita. Ah, senza scordare che domani potrei essere morta- lo vidi fissarmi stranito, colpito dal tono incolore usato per pronunciare l’ultima frase.
-Comunque te l’ha detto no? L’ho fermato quando ci siamo baciati-
-Perché l’hai fatto?- mi interruppe.
-Bill mi piace, tanto- arrossì, -Se tutto ciò si fosse sviluppato in un altro ambiente non avrei opposto resistenza, sarei stata la ragazza più felice della terra. Invece..- presi fiato, -proprio perché mi piace preferisco che si dimentichi di me, il suo tempo con me è sprecato e non porta nulla, lo farei soffrire, ed è l’ultima cosa che voglio.-
Soppesò le mie parole, annuendo pensieroso.
-Non sei come pensato. Ti devo delle scuse- pronunciò infine, -Tienitele strette, Tom Kaulitz non si scusa praticamente mai- l’avevo intuito questo, pensai.
-Non devi scusarti, avrei reagito allo stesso modo anche io- strizzai gli occhi, sentendomi salire un attacco di tosse improvviso. –Posso chiederti due favori?- domandai.
-Dipende- diplomatico e secco come al solito.
-Impedisci a Bill di salire a trovarmi, capirai perché..- feci enigmatica e seria.
-Evito di chiederti la motivazione, qualcosa mi dice non me la dirai. Comunque okay, lo farò- sorrisi.
-Il secondo è più semplice, puoi chiamarmi il dottor Güllimber? È di turno ora, nel centralino di questo piano. Chiedigli di venire per favore- tossì ancora, usando un fazzoletto per coprirmi la bocca.
-Tutto bene?- sembrava quasi preoccupato. La sua espressione dura vacillò per un secondo, il suo sguardo sembrò scaldarsi, per poi tornare controllato come prima.
-Si Kaulitz, solo l’influenza. Il dottore deve fare un controllo, tutto qui. Sono viva, per ora-
Ricambiò il sorriso, annuendo.
Se ne andò e fui subito raggiunta dal dottore.
-Tutto bene piccola Mel?- domandò con il tono pratico. Piccola Mel, mi chiamava sempre così, da quattro anni prima. Era un uomo simpatico, sui quarant’anni, dall’aspetto tipico tedesco: capelli biondi-rossicci, occhi castani e bel fisico, carismatico.
-Complicazioni- dissi semplicemente, mostrando il fazzoletto sporco.
..sporco di sangue.

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NdA:
No, non sono morta.. almeno non ancora! Purtroppo ho avuto in periodo duro sia a causa della scuola sia per motivi personali, per cui non sono stata molto al computer e infatti ho trascurato EFP e sono rimasta indietro con parecchie storie.. prima o poi riuscirò a mettermi in pari! Spero non vi siate dimenticati di me e di questa fanfiction! Almeno la mia assenza è ripagata da questo capitolo abbastanza lunghetto! Chiedo venia, non ho riletto quindi possono essere presenti errori qua e là. 
Ringrazio chi ha recensito la volta scorsa e anche chi segue silenziosamente! Ricordo, commenti mai hanno ammazzato nessuno! Vi costa un minuto e rende migliore una mia giornata! :D 
Detto questo, domani ho la verifica di matematica. Pregate per me. Aiuto.
Un bacio,
Unleashedliebe ( Louder )
   
 
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