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Autore: Victoria McKagan    04/10/2011    6 recensioni
Il biondo non accennava a smettere, e il suo pianto diventava sempre più forte e lamentoso di secondo in secondo.
Sembra uno gnu che gnua... gnua... si dice gnua? ...Già, ma che verso fa lo gnu?
Il suo migliore amico era sull'orlo dell'esaurimento nervoso, sciolto in lacrime fra le sue braccia, e lui stava a pensare agli gnu. Si diede nuovamente dell'imbecille.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se decidete di imbarcarvi nella lettura di questa long-fiction, sappiate che questa è appunto la mia prima long-fiction in assoluto. Mi ero cimentata nella scrittura di un paio di stupidaggini, sempre sui Ganzi e Rozzi, una delle quali molto molto demenziale, mentre l'altra deprimentemente introspettiva, riguardante la biografia di Duffone.
Intendiamoci, non che questa nuova storia sia ad un livello superiore delle altre, per carità! Anzi, forse potrebbe rivelarsi addirittura peggiore, chissà.
Comunque, non partiamo così scoraggiati: questa fiction è narrata dal punto di vista di Slash Bellicapelli (i quali pensieri diretti sono scritti in corsivo), ambientata nel periodo antecedente di  poco all'uscita di Appetite. Tratta a grandi linee di un grande e strano amore che non doveva essere nato, di una fuga improbabile e ingarbugliata nei posti più remoti per sfuggire a... beh, non posso certo raccontare tutto subito. Il tutto scritto in modo comico-tragico ad alternanza.
Può sembrare una banalissima storia inizialmente, ma vi prometto che a breve la situazione si farà insolita e mooolto movimentata.
Cercherò sempre di aggiornare nel minor tempo possibile, scuola permettendo!

Buona lettura, e lasciatemi qualche recensione, mi raccomando!





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1. Lost in his own mind.




Non c'era niente in quel dannato frigo, niente.
Poteva continuare a guardarlo per ore, ma nessun pezzo di cibo vi sarebbe magicamente comparso dentro, doveva rassegnarsi.
-Duff! Hey! ... Man, ci sei?
-Mmmh. - La voce assonnata dell'amico gli arrivava lontana.
-Alza il culo se non vuoi morire di fame! Già sei brutto, anoressico poi faresti ancora più schifo.
-Fanculo. Forza, andiamo dove devi andare...- Il biondo comparve sulla soglia della cucina, gli occhi strizzati, i capelli più ingarbugliati del solito e con addosso un paio di boxer bianchi e slargati che avrebbero potuto benissimo essere quelli di un pensionato ottantenne. Slash alla sua vista soppresse una risata gonfiando le guance: Duff era particolarmente nervoso da appena sveglio, se gli fosse scoppiato a ridere in faccia dopo averlo scomodato dal suo letto probabilmente l'avrebbe sollevato da terra con una mano sola e l'avrebbe appeso all'attaccapanni.
-Che dici, ce li vogliamo mettere un paio di pantaloni? Io non ho problemi, lo sai man, ma penso che i cassieri del minimarket non gradiranno le tue mutande. - Duff era il gran pensatore del gruppo ma, come a tutti i grandi pensatori succede, molte volte gli sfuggivano le cose più basilari. Duff, che fino a quel momento era rimasto  immobile sullo stipite della porta a fissarlo interrogativo, improvvisamente spalancò gli occhioni, come illuminato dalle parole di Slash. Ricomparve un minuto dopo in pantaloni di pelle e con i capelli bagnati.
-Fai troppo Flashdance...
-Oh ma che cazzo vuoi stamattina!? Che devo fare, andare in un salone di bellezza prima di poter aggirarmi al tuo fianco, sire?!
-Hey, hey, non ti scaldare man. Forza, andiamo al minimarket.
Si era svegliato a mezzogiorno o giù di lì, e perciò aveva una fame assurda. Era talmente tanto affamato che se non avesse ingoiato qualche tramezzino al prosciutto nel giro di pochi secondi avrebbe potuto mangiarsi Duff intero, il che non era certo un'impresa facile, data la stazza del bassista.

-Shaaaron, carissima! - Ammiccò sorridente e gioviale alla cassiera bionda, grassa e bassa che a cose normali non si sarebbe mai filato, ma che siccome gli faceva portar via un sacco di roba gratis riteneva degna di considerazione.
-Lecca poco il culo, prenditi quello che devi prendere e sparisci.
Bah, che gente scorbutica si trova in giro!
-Grazie mille tesoro! - Senza fare troppi complimenti si gettò a capofitto fra gli scaffali. Duff fece per seguirlo, ma la tozza mano dalle unghie laccate di Sharon lo bloccò per un braccio.
-Hey, lui no.
-E chi cazzo sono io, scusa?! Perché lui sì e io no... - Slash, con un'efficacissima mimica facciale, gli fece segno di tacere. Una volta sicuro del silenzio del biondo bassista, continuò il suo viaggio fra gli scaffali, agguantando qualche pacchetto di patatine, un pollo arrosto, una confezione di prosciutto e un cartone di latte. Si prospettava una colazione ricca di proteine.
-Ci vediamo, bellezza! - salutò occhiolinando alla cassiera, che lo guardava con un misto di stupore, pena e intolleranza, dopo aver tirato via per un braccio un Duff stordito.

Stavano mangiando sugli scalini di fronte ad un portone. Sperò che nessuno dovesse uscire o entrare in quel palazzo, perché avevano imbastito una bella apparecchiatura per smantellare la quale non sarebbe bastata mezz'ora. Ma i suoi pensieri non si fermavano al porcile cui stavano dando pian piano vita. I suoi pensieri giravano più che altro intorno allo strano comportamento che il bassista aveva assunto da un paio di settimane a quella parte; quella mattina in particolar modo gli sembrava molto assente, quasi il suo cervelletto pensatore avessa cambiato sede e non si trovasse più nel suo corpo, bensì disperso in un oblio la cui origine a Slash non era data sapere.
-Man, che hai?
Era stato semplice e diretto, come al suo solito, aspettandosi al massimo un "che cazzo te ne frega", o un "niente, che vuoi che abbia". Infondo, non gli sembrava di aver fatto una gran domanda, tantomeno invadente.
Invece Duff si alzò allontanandosi col cartone del latte, lasciandolo lì con un coscio di pollo in mano, in completa solitudine. Si alzò a sua volta, inseguendolo, e abbandonando la spazzatura con i resti di cibo su quei gradini. Lo raggiunse, e lo prese per una spalla.
-E' successo qualcosa? Ti abbiamo fatto qualcosa? - Insistette. Nulla.
-E che cazzo, almeno rispondimi! - Fu un momento e Duff aveva lasciato cadere il latte, impegnando le sue mani per sbattere il chitarrista al muro e tirarlo su di peso.
-Sono stanco, Slash. Stanco. - Gli ringhiò sul viso. La rabbia interiore dell'amico gli era arrivata assieme al calore del suo fiato, altrettanto forte e vicino.
Lo lasciò andare, e i suoi piedi toccarono di nuovo terra. Lo guardò andarsene a passo lento e deciso, con la sua tipica andatura da vichingo troppo magro, ma stavolta non lo seguì.

Sarebbe andato a farsi un paio di birre da Morgan, e poi sarebbe tornato, ciucco e tranquillo, come faceva sempre quando era nervoso. Intanto lui se ne era andato a casa. Non c'era anima viva, quel giorno. ...Ma dove diavolo sono finiti tutti? Non c'è più senso dell'unità in questo gruppo!
Detto fatto, la porta di quella specie di casa-garage si aprì, e ne accapò Steven con Izzy al suo seguito.
Ed ecco che cominciava la quotidiana confusione: Steven aveva perso i calzini, Izzy gli offriva i suoi, Steven aveva perso anche le mutande, Izzy non gli offriva le sue, e Steven se ne aveva a male.
Nulla di insolito, ma qualcosa non gli tornava. Dapprima, aveva pensato che fosse il vuoto che regnava in casa, poi però, con l'arrivo dei due confusionari coinquilini quel senso di stranezza non se n'era andato, anzi. Qualcosa gli mancava.
Ma certo. Duff.
Duff era sempre accanto a lui, e lui erano sempre accanto a Duff. Andavano in giro in coppia, facevano qualsiasi cosa in coppia, e quando non c'era era come perdere un pezzetto di se. Un pezzetto di se che per di più stava soffrendo in qualche bettola infestata dalle piattole che vendeva birra e alcolici ad un prezzo più basso del normale.
E lui? Che aveva fatto? Aveva girato sui tacchi e se ne era andato via, non essendogli sembrato il caso di continuare a insistere, vista la reazione dell'amico. Ma che imbecille! Avrebbe dovuto continuare, continuare ad insistere anche a costo di prenderle, pur di estorcere a Duff il motivo del suo nervosismo, della sua rabbia, del suo star male.
Corse fuori di casa, attraversando l'isolato per andare ad affacciarsi alla vetrina del loro bar di fiducia. Era un posto un po' sgangherato, vecchio e piccolo, gestito unicamente da un anziano signore di colore, il loro più intimo confidente al di fuori della band, Morgan. Morgan era un tipo estremamente cordiale e socevole, e non c'era giorno che passasse senza che rivangasse di una qualche assurda storiella capitata secoli prima a lui e a quello che de definiva suo amicone fidato, Louis Armstrong. Per dare prova che non raccontava solo fantasiose baggianate, aveva affisso in bella vista una foto in bianco e nero, logorata dal tempo, proprio in mezzo allo specchio lercio che copriva la parete davanti al bancone, nella quale erano ben distinguibili un giovane e sorridente Louis Armstrong e un altrettanto giovane Morgan.
Ed eccolo lì, il vecchio Morgan, chino sul bancone con uno straccio in mano, accovacciato di fronte a Duff che, singhiozzante e a testa bassa, sembrava brocciolare parole insensate, forse più a se stesso che all'anziano barista.
Gli faceva tanta pena l'amico, quando aveva di quei momenti. Sembrava tornare bambino, e allora a quel punto era Slash a dover diventare l'adulto e sorreggerlo, dargli una mano. E non era certo bravo nel farlo, anzi, era abbastanza penoso e poco credibile.
Magari se avesse capito qualcosa, anche solo una cosuccia piccina piccina, giusto un indizio, di quella situazione forse sarebbe stato tutto un po' più facile.
Entrò e si sedette sullo sgabello accanto allo spilungone che, ripiegato sempre nella solita posizione, sembrava non essersi nemmeno accorto del suo arrivo, continuando a farfugliare frasi sconnesse.
-Io... non so.... rovinato, rovino tutto.... schifo... Mandy... non posso, no, non posso... mi farò ammazzare...
-Hey... Man?
-...Ma perché? Eh?!- Si voltò di scatto, finalmente, prendendo Slash per la maglietta e tirandolo a se. Per un momento credette che volesse baciarlo! Ma il suo sguardo, notò il riccioluto, era quello di un disperato che aveva perso il senno.
-Perché... cosa? Diavolo Duff, vuoi parlare o vuoi fare l'uomo del mistero per il resto dei tuoi cazzo di giorni?!
Duff fece quello che sembrava essersi trattenuto tanto, troppo a lungo dal fare, e che il moro non si aspettava certo che facesse, almeno non davvero, almeno non in pubblico. Scoppiò in lacrime e l'abbracciò. Il suono fragoroso del suo pianto riempì il locale, che fortunatamente era vuoto, come quasi sempre del resto. Praticamente lo stipendio a Morgan glie lo davano loro cinque. Forse era per quello che aveva così tanta pazienza...
Il biondo non accennava a smettere, e il suo pianto diventava sempre più forte e lamentoso di secondo in secondo. Sembra uno gnu che gnua... gnua... si dice gnua? ...Già, ma che verso fa lo gnu?
Il suo migliore amico era sull'orlo dell'esaurimento nervoso, sciolto in lacrime fra le sue braccia, e lui stava a pensare agli gnu. Si diede nuovamente dell'imbecille.
Non sapeva più che pesci prendere... forse Morgan sapeva qualcosa. Forse aveva capito i farfuglii confusi di Duff. Voltò a lui il suo sguardo. Stava asciugando un bicchiere bagnato con uno straccio, guardandolo intensamente, eppure si accorse immediatamente dell'occhiata del giovane. Poggiò il bicchiere e mise le mani chiuse a pugno sul bancone, come ad appoggiarsi, e si avvicinò al riccioluto chitarrista.
-C'è una signorina di mezzo. Una signorina che gli ha preso il cuore e se l'è portato via. Peccato che questa signorina si debba sposare fra un mese con un ragazzo... decisamente poco amichevole, diciamo.


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ULTIMO AVVERTIMENTO (poi vi prometto che non rompo più le palle, giuro!):
I personaggi femminili, spesso ragazzuole fantastiche, surreali, strepitose, amate da tutta la band e dintorni, simpaticissime, intelligentissime, furbissime, bellissime, altissime, purissime e levissime mi schifano profondamente. Quindi non preoccupatevi, non sarà ne l'angelica Barbie ne la rebbel cazzuta e superfiga di turno.
Au revoir!
Vick.
  
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