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Autore: callistas    14/10/2011    24 recensioni
Per chi aspettava, eccomi tornata come promesso.
Allora, non voglio anticiparvi niente, ma voglio dirvi che questa storia è la prima cosa seria che ho scritto.
Ci sarà una gran voglia di uccidere qualcuno e incoraggiare chi è sempre rimasto nell'ombra.
Ho cercato - davvero, ci ho provato - a mantenere l'identità del personaggio originale, ma dopo un pò sono riuscita a cadere ancora nella trappola infame dell'OOC.
E' una DracoxHermione, una coppia che adoro.
Vedremo il loro rapporto evolversi grazie a qualcosa che accade a Hermione. La tematica è trita e ritrita, ma ho voluto intasare il sito anche con una mia personale visione delle cose.
Spero possa piacere.
Se sì, commentate.
Se no, commentate.
Se forse, commentate.
In ogni caso, fatemi sapere che ne pensate.
W la democrazia!
Un bacio a tutti i passanti, callistas.
Genere: Commedia, Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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20 - Giovedì A tutte voi, il mio più sincero bentornate.
Per chi aspettava, ecco il tanto atteso “giovedì” dell’anno.

Forse avreste voluto una rivolta generale o forse un bell’infarto collettivo di tutta la scuola, a parte i prescelti, ovviamente, fatto sta che io l’ho immaginata così.
Spero di non aver deluso nessuno e se l’ho fatto mi dispiace.
Spero comunque che lo accettiate come parte integrante della storia.

Buona lettura, callistas.









VERITA’ NASCOSTE
GIOVEDI’

Finalmente il tanto agognato giovedì arrivò.
E con esso la consapevolezza che i cieli si sarebbero rovesciati, i mari si sarebbero ritirati, la luna avrebbe collassato e che un buco nero, creatosi nel giro di una notte, aveva inghiottito la terra e originato al suo posto un universo alternativo, dove l’assurdità avrebbe regnato al posto della normalità.
O almeno, questo era ciò che l’intera ammutolita massa studentesca pensò nel vedere Hermione Preston varcare la soglia della Sala Grande con la divisa di Serpeverde addosso e, non contenta, andare a fare colazione tra le serpi, precisamente tra Albert Jacob Preston e Draco Lucius Malfoy.
Che godevano spudoratamente di quel cambiamento, tanto da bagnarsi le pregiate mutandine.
“Posso avere un attimo la vostra attenzione?” – Silente fu abile nel prevenire una rivoluzione di massa.
Gli studenti cercarono di guardare il preside, ma i loro occhi continuavano a restare incollati su Hermione, che faceva colazione tranquillamente, come se mangiare tra le serpi fosse una cosa più che normale.
“Come sicuramente avrete notato…”
Hermione sorrise, mentre masticava un biscotto.
“… la signorina Preston si è unita alla casa di Salazaar Serpeverde.”
Un brusio si levò tra i quattro tavoli. Da parte del settimo anno di Tassorosso si alzò una ragazza, che credette di parlare a nome di tutti.
“Chiedo scusa, preside…”
“Sì, signorina Pickens?”
“… ma il Cappello Parlante può cambiare la destinazione di uno studente in questo modo?”
“Il Cappello Parlante si attiva solo se posto sulla testa del soggetto che deve essere smistato. In questo caso, ha smistato la signorina Preston a Serpeverde, perché l’idea è partita dalla diretta interessata.”
Quattro tavolate di studenti si girarono per guardare esterrefatti Hermione, che salutò con la mano.
“Ma non si può!” – urlò Ron, da Grifondoro. Era scattato in piedi. – “Se così fosse, ognuno di noi potrebbe decidere di cambiare casa da un giorno all’altro!”
“Quando quello parlerà perché prima ha pensato, verrà il Giudizio Universale.” – disse Hermione, che fece ridere sia Albert sia Draco.
Ron vide i due sghignazzare e divenne rosso.
“Questo è vero, signor Weasley, ma se le intenzioni di chi vuole cambiare casa sono più che giustificabili, il Cappello Parlante non può fare altro che esaudire la richiesta.”
“E cosa potrebbe mai giustificare questo cambiamento?” – chiese il rosso.
Hermione guardò prima Albert e poi Draco, trovandoli sgomenti tanto quanto lei.
“E io sono stata nella stessa casa di quell’idiota per sette anni?” – chiese Hermione a voce bassa.
Draco preferì non commentare. Anche se concordava appieno sull’ “idiota”.
“Non credo spetti a me discutere di questo, signor Weasley. Sono sicuro che riuscirà a parlare con la signorina Preston e a chiarirsi.”
“Aspetta e spera.” – disse Hermione, sottovoce, ancora allibita.
Ron non volle insistere e tornò a sedersi.

Ginny era rimasta senza parole. Com’era possibile che Hermione avesse deciso di andare a Serpeverde così, da un giorno all’altro?
Cercò il suo sguardo e lo intercettò. Per la prima volta non la capì. Tornò a girarsi, con il volto tirato. Comprendeva il suo bisogno di staccarsi da Ron e Harry e… anche da lei, ma non pensava che sarebbe arrivata a tanto.
Si rigirò e vide che stava parlando con suo fratello.
E si sentì terribilmente sola.
La colazione riprese, ma la rossa non toccò più cibo. Si sentiva come esiliata, condannata a vivere in un mondo di cui lei non faceva più parte.
Aveva rovinato tutto. E la colpa era solo sua.




A rimarcare quel fatto importante che era il cambio di casa di Hermione ci pensò Piton, finalmente soddisfatto di avere la Preston tra le sue fila.
“Benvenuta nella mia casa, signorina Preston.” – fece Piton, davanti a tutti. – “Spero possa trovarsi a suo agio qui con noi.”
La leziosità con cui Piton si mise a scivolare sulla propria bava fu quasi stomachevole. Per non parlare dell’assoluto, nonché assurdo sgomento che i Grifondoro palesarono nel sentire Piton vezzeggiare Hermione come un gattino bagnato, quando fino all’anno precedente l’avrebbe volentieri usata come ingrediente per una delle sue pozioni.
“Grazie professore.” – rispose lei, contenta nell’aver lasciato di stucco i suoi ex-compagni.
Essendo in quel modo Grifondoro rimasto spaiato, Hermione andò a sedersi vicino a Ginny, lasciata sola da Harry che era tornato accanto a Ron, probabilmente per parlare di quel suo cambio di rotta. Si sentì bene quando tornò a sedersi vicino l’amica, che però sembrava persa in un mondo tutto suo. Si preoccupò.
“Molto bene. Riprendiamo da dov’eravamo rimasti.” – disse Piton, che con un gesto secco della mano fece apparire sulla lavagna gli ingredienti per la Felix Felicis. – “Avete le due ore a disposizione. Iniziate.”
Hermione andò a prendere gli ingredienti nell’armadio, mentre Ginny accese la fiamma sotto il calderone.
“E’ troppo alta.” – fece notare Hermione.
La rossa credette di avere le allucinazioni. Le era sembrata un’eternità da quando Hermione le aveva rivolto la parola l’ultima volta. Si abbassò e notò l’errore.
“Ah, sì…” – disse, distrattamente. Legò i capelli in una coda bassa e aspettò che la ragazza le dicesse cosa fare.
Stupidamente, si rese conto che non avevano più quella complicità.
“Cosa devo fare? Sto al calderone o vuoi che affetti gli ingredienti?”
“Ehi, va tutto bene?” – le chiese Hermione, mettendole una mano sulla spalla.
Ginny la scostò delicatamente. Gli occhi le divennero lucidi e annuì.
“Sì… allora? Cosa devo fare?”
“Affetta gli ingredienti.”

Cinque minuti più tardi, Ginny stava tagliando minuziosamente gli ingredienti, seguendo pari passo le istruzioni del libro. Non aveva voluto accettare l’aiuto di Hermione, non perché non lo volesse, ma perché sentiva di non meritarlo.
Non dopo la pugnalata che le aveva dato.
Suddivise i preparati in vari mucchietti, applicando un foglietto con sopra scritto i loro nomi, così Hermione avrebbe potuto prenderli e gettarli nel calderone senza necessariamente prenderli dalla sua mano e avere, in quel modo, un contatto con lei.

Non so cosa le stia succedendo. È schiva e ha lo sguardo perso. Più volte l’ho dovuta riprendere perché stava tagliando troppo finemente certi componenti. Eppure sa che certe parti non vanno sminuzzate troppo. Cosa le sta succedendo?
Forse sono stata io che ho esagerato nel cambiare casa senza dirglielo. Dio, non so più cosa devo fare. Sono ancora arrabbiata con lei per quel suo volta gabbana, ma dall’altro lato mi manca. È stata l’unica a starmi vicino quando ne avevo bisogno e ora sembra lei quella che necessita aiuto.
Cosa devo fare?
Inoltre, lei ancora non sa niente di Harry e del suo tradimento e non so se dirglielo o meno. È così innamorata di lui che ho paura interpreti male il mio gesto.
Non so davvero cosa fare.









Il momento di fare qualcosa si presentò in una fredda e piovosa sera di fine Novembre. Assodato che il cambio di casa di Hermione non era un pesce d’Aprile anticipato – o posticipato, a seconda di come si voleva vedere la cosa – gli studenti ripresero le proprie vite, arrivando a un punto in cui sembrava che Hermione avesse sempre fatto parte di quella casa.
Grazie a lei, i rapporti con le altre case sembravano essere migliorati. Tassorosso e Corvonero si erano visti bendisposti a creare cooperazione con quella casa che un tempo avrebbero volentieri buttato fuori a suon di calci, ma rimaneva l’ostacolo più grande: Grifondoro.
A causa di Harry e Ron, la casa dei coraggiosi stava lentamente andando allo scatafascio, per non parlare di Harry e Ginny che continuavano ad avere una lite un giorno sì e l’altro pure.




“Ma si può sapere perché continui ad aggredirmi?” – urlò Ginny.
Harry l’aveva trascinata in giardino perché visto il freddo che faceva, nessuno si sarebbe addentrato fuori dalle mura del castello per andare a spiarli.
Una leggera pioggerellina li stava infradiciando e Ginny continuava a starnutire e a chiudersi nel mantello, che non offriva più protezione.
“Io ti aggredisco? Non mi stai più accanto come una volta!”
“Ma che diavolo dici?!?” – urlò lei, scandalizzata. – “Se non faccio altro da una vita! Sono anni che aspetto che tu ti accorga di me! E quando arriva il momento di stare insieme tu che fai? Continui a dirmi che oggi non puoi, domani forse… ti sembra il modo di tenere in piedi un rapporto?”
“Io ci provo! Ma tu non mi aiuti!”
“Ma si può sapere cos’altro vuoi da me? Da quando Hermione ha smesso di rivolgermi la parola tu non mi hai mai chiesto come stavo!” – iniziò a tossire convulsamente, ma Harry sembrava più interessato a litigare con lei che non al suo stato di salute.




“… è che sono nervosa. Gli abiti lunghi non fanno per me.”
“Quante paranoie che ti fai. Guarda che non devi mica fare le acrobazie. Devi solo camminare. È tanto difficile?”
Hermione voleva ucciderlo.
“Sì, ma se inciampo? Se cado davanti a tutti? Non ci voglio neanche pensare!”
“Per essere stata una Grifondoro sei piuttosto paurosa, lo sai?”
“E’ solo perché con un abito da sera daresti adito a voci poco carine sulla tua virilità, ma vorrei vedere te al posto mio, Blaise.”
Il moro rise.
“Dai Hermione…” – disse una voce femminile. – “… sarà divertente.”
“Candy, io non voglio fare brutte figure…”
“Ti capisco, ma pensa a quante bocche lascerai aperte quando verranno a sapere che Hermione Granger è sempre stata in realtà Hermione Preston. Andrei a quella festa solo per vederle!” – disse Candy, guardando la festa da un’altra prospettiva.
Hermione sollevò eloquentemente le sopracciglia fino all’attaccatura dei capelli. Un ottimo punto di vista al quale lei non aveva pensato…
“Mmmm… sai che ti dico? Non hai tutti i torti…”
Candy rise e cercò l’approvazione di Blaise, che però era totalmente assorbito da qualcosa che stava accadendo fuori dalla finestra.
“Blaise? Blaise, che c’è?” – chiese Candy.
Hermione lo guardò e si girò.
“CAZZO!” – urlò il moro, staccandosi dalla sua ragazza per correre verso il giardino.
Hermione aveva assistito impietrita alla scena e corse dietro al moro pure lei. Candy, che non aveva capito niente, li seguì a sua volta.




Ginny si ritrovò a terra con una mano sulla guancia.
E piangeva.
E mentre piangeva, si chiedeva com’era stato possibile arrivare a permettere a un ragazzo di alzare le mani su di lei. Tutto il sudiciume che la stava ricoprendo da quando aveva voltato le spalle a Hermione stava iniziando ad avanzare sempre più velocemente e, a breve, l’avrebbe anche sepolta viva.
Harry si pentì immediatamente del suo gesto e corse per aiutarla a rialzarsi, ma un pugno diretto sul naso lo fece volare all’indietro di qualche metro.
“NON LA TOCCARE, BASTARDO!”
Ansante e ricoperto da piccole goccioline che gli scivolavano giù per il collo, Blaise Zabini si era letteralmente materializzato davanti a Ginevra Weasley per salvarla.
Aveva visto Potter metterle le mani addosso e la molla era scattata. Aveva abbandonato Candy senza pensarci un attimo e ora si stava rendendo conto di quello che aveva appena fatto.
“Ginny!”
La rossa si girò e vide Hermione correre verso di lei. La vista però iniziò ad annebbiarsi e si stese lentamente a terra.
Nonostante l’acqua che la stava bagnando, si sentì bene.
Poi, fu il buio.









“Credete che si sveglierà?”
“Non lo so. Ha la febbre alta.”
“Solo un pazzo può uscire dal castello con questo tempo.”
Le voci le giungevano ovattate e sembravano trapanarle quel poco che era rimasto del suo povero cervello, che non chiedeva altro che religioso silenzio.
“Ehi, si sta svegliando…”
“Ginny? Ginny mi senti?”
L’unica cosa che sentiva, a parte il mal di testa lancinante, era una mano calda che stringeva la sua. Continuò a girare la testa, in cerca della fonte di tutto quel baccano per dirle di stare zitta, ma tutto quello che fu in grado di dire furono solo poche parole sconnesse, che nessuno riuscì a capire.
“Cosa? Cos’hai detto?”
“Basta…” – biascicò lei.
“Cosa sta succedendo qui?”
La voce di Madama Chips fu peggio di una cannonata sparata vicino alle sue orecchie.
“La signorina Weasley ha bisogno di riposare. Tornate più tardi quando si sarà ripresa e sarà cosciente!”
Malamente, Madama Chips buttò fuori i tre ragazzi, che si ritrovarono a fissare la porta laccata di bianco con su scritto “Infermeria”.
Più sotto, i più audaci avevano scritto con un inchiostro che nessuna magia era in grado di levare “Lasciate ogni speranza o voi che entrate.”
“Che modi…” – borbottò Candy.
“Ha ragione, però… Ginny ha bisogno di riposare.” – disse Hermione. – “Blaise, andiamo?”
“Dove?” – chiese il moro, colto alla sprovvista. – “Da Pansy. Dovevamo discutere della mia festa.”
“Ah sì?”
Candy li guardò perplessa.
“Se non si parla di te le cose te le scordi però, eh?” – fece Hermione. – “Candy ti spiace se te lo rubo per un paio d’orette?”
“No, certo che no Hermione. Non strapazzarmelo troppo, però.”
“Oh, tranquilla.” – disse la riccia, ammiccando.
L’attimo successivo i tre si separarono.
“Sul serio dovevamo andare da Pansy?” – chiese il moro.
“No. Io e te dobbiamo parlare.”
E Blaise capì subito a cosa si riferisse. Lo condusse al settimo piano, dove la Stanza delle Necessità sembrava aspettarli. Hermione fece avanti e indietro tre volte prima che la porta si materializzasse davanti a lei. L’aprì e fece cenno al moro di entrarvi.

La stanza era molto accogliente e rispecchiava in pieno l’eleganza del gusto di Hermione. Un caminetto acceso, due poltrone davanti ad esso e un tavolino che sorreggeva due tazze per il the e una teiera.
Blaise non volle sedersi subito. Andò davanti al camino e appoggiò l’avambraccio contro il piccolo cornicione. Hermione invece prese posto alla poltrona e servì il the in silenzio.
“Ti ascolto.” – gli disse semplicemente.
Il moro sorrise amaramente. Da quando la Weasley gli era entrata dentro, si comportava troppo imprudentemente. Gli aveva fatto perdere letteralmente la testa.
“Sei tu che mi hai portato qui.” – rispose, svicolando.
“Blaise?” – l’ammonì lei, ponendo sul tavolino la teiera.
Il moro si girò e si appoggiò contro il caminetto.
“Fai prima a dirmi cosa vuoi sapere.”
“Fai prima a iniziare da dove vuoi tu.” – disse lei, a tono.
“Non lo saprei davvero…” – disse, appoggiando la testa contro il muro e chiudendo gli occhi.
“D’accordo.” – disse lei.
Blaise aprì gli occhi e andò a sedersi in poltrona. Prevedeva una lunga chiacchierata…




Ginny si svegliò una mezz’ora più tardi.
Aveva ancora la testa che sembrava volerle scoppiare da un momento all’altro, ma sembrava che il dolore si fosse attenuato. Si portò una mano alla fronte e costatò con fastidio che la febbre non era scesa di molto.
Ma… aveva sognato o aveva sentito veramente delle voci, prima? Erano vagamente famigliari, ma la frittura che stava al posto del suo cervello sembrava non voler collaborare. Mamma se stava male… si girò su un lato e si tirò su le coperte fino alle orecchie, terribilmente rosse. La coperta che aveva addosso teneva molto caldo e l’aiutò a cadere di nuovo in un sonno tranquillo. Eppure di una cosa era sicura.
Aveva sognato Blaise che l’aiutava con Harry.




“Da quando è iniziata questa cosa con Ginny?” – chiese Hermione, portandosi alle labbra la tazzina.
Blaise si perse con lo sguardo nel vuoto.
“Non lo so. So solo che una mattina mi sono svegliato e… l’ho vista diversa.” – Blaise strizzò gli occhi per cercare di ricordare. – “Credo fosse stato quando… avete fondato l’ES. C’era dentro anche lei, vero?”
“Sì.”
“Lo immaginavo. Avevo notato un cambiamento. Prima era sempre timida, impacciata, riservata… poi, d’un tratto è cambiata. All’epoca, non sapevo che aveste fondato quell’Esercito per combattere il Male, ma solo che vi trovavate per fare chissà che ed è stato da quel momento che l’ho vista più sicura di sé. E a me piace molto la sicurezza in una ragazza.”
“Ma cosa ti ha fatto scattare la molla di avvicinarti a lei?”
“La fine della guerra.” – rispose Blaise, come se non avesse aspettato altro che quella domanda. – “Finalmente ero libero da tutte le stronzate di mio padre e potevo fare quello che volevo. Ho iniziato, cercando un contatto con lei.”
“E lei?” – la domanda sorse spontanea e legittima.
Blaise rise sommessamente.
“Pensava che le stessi facendo degli agguati.”
Hermione sorrise.
“E in un certo senso era così.” – continuò il moro. Non guardò mai Hermione in faccia, ma continuò a rimanere con lo sguardo fisso nel vuoto, come se traesse da esso tutti i particolari di quello che era accaduto fino a quel momento. – “Io l’aspettavo. Sempre.”
Eppure…
“Eppure ti sei messo con Candice.”
Solo allora il ragazzo la guardò, come se si fosse ricordato solo in quel momento della sua presenza.
“Non avevo alternative.”
“C’è sempre un’alternativa, Blaise.”
“Mmmm… no, non in questo caso. Lei è troppo presa da Potter per rendersi conto che ci sono altri che potrebbero amarla ugualmente. O forse anche di più.”
Hermione non replicò a quell’affermazione – purtroppo – veritiera. Ginny meriterebbe molto di meglio, se solo aprisse gli occhi e se ne accorgesse.
“Temo tu abbia ragione. È dal suo secondo anno che spasima per lui.”
Blaise non fu affatto felice di quelle parole, di quella verità così scomoda, ma la accettò. Per troppo tempo aveva negato la Verità, vivendo nel buio. Ora era giunto il momento di affrontarla, comportandosi da uomini.
“Ma è cambiato, purtroppo. E in peggio. Non so cosa gli sia preso a lui e a quell’altro.” – le dava perfino fastidio pronunciare i loro nomi, limitandosi a connotazioni come “lui” o “quello”. – “Pensavo fosse una cosa passeggera, ma non è stato così.”
Blaise inghiottì a vuoto. Lui sapeva perché Potter e Weasley si stavano comportando in quel modo, eppure qualcosa dentro di lui gli impedì di aprire la bocca, perché temeva che Hermione potesse ritornare sui suoi passi, che tutti i piccoli progressi fatti fino a quel momento dalla casata di Serpeverde andassero a puttane, obbligandoli a far ritorno a quell’oscurità nella quale per anni avevano vissuto.
E che ora nessuno rivoleva indietro.
“Posso chiederti perché Candy?” – chiese, sorseggiando altro the, distraendo Blaise dai suoi pensieri.
“E’ come me ed è arrivata nel momento del bisogno.”
Hermione non capì.
“Puoi spiegarti meglio?”
“Io e lei… non siamo propriamente fidanzati.”
La riccia sbarrò gli occhi e la tazzina le tremò nelle mani, motivo per il quale la rimise subito sul tavolino.
“Ma…”
“Diciamo che il nostro è più un accordo. Ci limitiamo a sostenerci, in attesa di tempi migliori.”
“Tu non sei normale…” – disse, con gli occhi fuori dalle orbite. – “Vi state facendo entrambi del male.”
“No.” – disse, scrollando le spalle. – “Ci stiamo aiutando.”
“Anche Candy…”
“Lei è stata mollata, ma da come si comporta è ovvio che è ancora innamorata di lui.”
“E lui chi è?”
“Un certo Jason McCallister, di Corvonero. Non so se lo conosci…”
“No, mai sentito.”
“Poco male. Comunque al momento preferisco così.”
“Preferisci un’imitazione dell’amore a un amore vero?”
“Oh, certo! Perché Ginevra si sveglierà tra poco e correrà da me giurandomi amore eterno, vero?”
“Non volevo dire questo.”
“Dai Hermione…” – fece lui, stizzito. – “L’amore è una colossale stronzata. Che aiuti il mondo a girare per il verso giusto è una cosa. Credere che al mondo esista la tua anima gemella è un altro.”
“Tu però credi che Ginny lo sia.” – ribatté prontamente Hermione, scaldandosi. – “Altrimenti perché tutti quegli appostamenti per stare con lei?”
Blaise non rispose. Certo che sapeva che la rossa era la sua anima gemella, ma per non soffrire aveva deciso di chiudere tutte quelle credenze popolari in un cassetto e buttare via la chiave. Non era mai stato un asso nell’esprimersi con i propri sentimenti, abituato com’era fin da piccolo a vedere il padre portarsi dentro casa una donna diversa ogni notte, mentre la madre doveva fare finta di niente. Ma quando era entrato in gioco quel muscolo che lo teneva in piedi, si era ribaltato tutto, così aveva provato a lanciare dei segnali.
Che purtroppo non erano stati colti.
Seccato, si alzò e si rimise a posto la cravatta.
“Questa discussione mi ha annoiato.”
“Blaise aspetta!” – Hermione lo fermò prima che uscisse. – “Voglio solo dirti una cosa su Ginny, poi decidi tu quello che vuoi fare.” – vedendo che non se ne andava, continuò. – “Ginny è una di quelle persone che capisce i sentimenti degli altri ancora prima che li capiscano i diretti interessati, ma quando si tratta di lei, non connette. Non ci arriva proprio. Quindi se tu le hai invitato dei segnali è più che probabile che non li abbia colti non perché non avesse voluto vederli, ma perché non c’è proprio arrivata.”
Blaise rifletté bene sulle parole della riccia. Era tentato. Voleva crederle, ma non voleva più soffrire.
“So che ci sei rimasto male per averla vista con lui, ma dopo quello che è successo credo sia il caso che tu ti rifaccia avanti.”
Blaise non rispose e uscì dalla stanza. Hermione lo rincorse e si affacciò sulla porta.
“Blaise! Blaise non scappare! Ti stai comportando da vigliacco!” – troppo tardi. Il moro aveva già svoltato l’angolo e immaginò che non l’avesse sentito.

Ma si sbagliava.
Aveva sentito eccome e sapeva che la ragazza era nel giusto. Stava scappando come un codardo, ma non poteva farci niente. Ginny era troppo innamorata di Potter per potervi rinunciare senza lottare.
E lui non voleva rimanere fregato per la seconda volta.









Harry Potter si trovava nel suo letto, intento a pensare a quello che era successo poche ore prima con Ginny. L’aveva schiaffeggiata!
Ancora non ci credeva.
Si guardò la mano destra e poi si toccò il naso, ora guarito, ma che aveva avuto un incontro ravvicinato con il gancio destro di Zabini. Se ci pensava, ancora gli veniva ancora da piangere.
Erano giorni che non facevano altro che litigare, per i motivi più svariati. Ritardi ad appuntamenti, dimenticarsi il mesiversario, sedersi vicini durante le lezioni… fino a che era esploso. Non ce la faceva più.
Trovava alquanto stupido ricordarsi mensilmente il giorno in cui si erano messi insieme, per non parlare del fatto che lei gli chiedeva continue rassicurazioni sul loro rapporto e la cosa cominciava a pesargli.
Poi un sorriso malandrino gli increspò le labbra.
Romilda, invece, era un altro paio di maniche. Ed era molto più discreta. Nemmeno a lei piaceva ostentare il loro rapporto in pubblico. Certo, il loro era ancora segreto, ma gli aveva assicurato che non era il tipo da “amore, ma quanto mi ami?” poiché era una cosa che stava stretta anche a lei.
E poi era molto più femminile di Ginny. Indossava sempre i tacchi e quando si dovevano vedere, purtroppo di nascosto, si faceva sempre bella per lui. Capitò più di una volta che indossasse lo stesso vestito per due giorni di fila, ma c’era sempre quel particolare, quella spilla o quegli orecchini che facevano la differenza.
Forse doveva lasciare Ginny e rendere pubblica la sua storia con Romilda, anche per una questione di correttezza nei suoi confronti.
Decise di fare così. Quando Ginny si sarebbe ripresa, l’avrebbe mollata.
Non era poi così stronzo…









Ma non accadde nulla.
Da quel giorno, Harry non disse a Ginny che voleva lasciarla, Blaise non fece nulla per avvicinarsi a lei, Hermione non disse all’amica del doppio gioco di Harry e Ron e tutti continuarono a non fare nulla.
Ma una cosa accadde, però. Le due ragazze sembravano essersi riavvicinate. Entrambe, anche se dopo quello che era successo non l’avrebbero mai confessato a voce alta, avevano bisogno dell’altra, un bisogno che Ginny sapeva di non meritare…




“LO DEVO FARE IO?!?” – urlò la rossa, nella Stanza delle Necessità.
Hermione l’aveva portata lì apposta e aveva chiesto, oltre a una stanza accogliente, che fosse anche insonorizzata, perché era certa della reazione dell’amica che si era appena verificata.
“Lo trovi tanto strano?”
Si erano riappacificate da poco, neanche una settimana. Si erano trovate per caso in anticipo durante una lezione in cui Grifondoro e Serpeverde erano insieme e si erano ritrovate a chiacchierare. Come i vecchi tempi.
Erano seguiti un paio di sorrisi, delle risate.
E un abbraccio un po’ impacciato, anche se sapevano che la cosa necessitava di ben altro per essere risolta. Ma l’idea di Hermione, una volta venuta a conoscenza delle tradizioni legate alla festa che Myra voleva dare in suo onore, era stata quella di chiederlo a Ginny.
“SI’!” – urlò lei, alzandosi e iniziando a camminare in tondo. – “E poi, adesso me lo dici? Non sono organizzata! Il vestito! Il trucco, l’acconciatura, le prove… tu non puoi farmi questo… NON ADESSO!”
La divertivano sempre quei siparietti e solo in quel momento si accorse di quanto le erano mancati.
“Dovrei essere io quella terrorizzata da tutto questo, non tu.”
Ginny si sedette accanto a lei, appollaiandosi sul divanetto.
“Devi fare bella figura! Non… non puoi avere vicino una che non si sa muovere! È una cosa molto importante, questa!”
“Appunto perché è importante, voglio che tu sia con me.”
Ginny le sorrise grata.
“Scusa… ma non posso accettare.”
Hermione sospirò di frustrazione.
“Perché no?”
“Hermione, io… sai com’è messa la mia famiglia. Non possiamo permetterci certe… distrazioni.” – disse, preferendo descrivere così la sua situazione economica.
“Ma quello penserò io.” – fece Hermione, seria.
Ginny negò.
“Sai che non amo la carità, Hermione.”
“La mia non è carità. Fa parte della tradizione della festa. La ragazza introdotta in società deve in quell’occasione, saper dimostrare di aver buon gusto, vestendo la sua Accompagnatrice. Quindi visto che ho scelto te, ti dovrai attenere a questa regola.”
“Hermione io…”
“…vorrei che accettassi.” – concluse Hermione.

Con quello che ti ho fatto? Sarei solo una sfruttatrice, ma se ci tieni che io venga, allora verrò. So che la tradizione vuole questo e so anche che il vestito dovrebbe rimanere a me, ma alla fine te lo restituirò. Sarà solo un prestito e nient’altro.

“D’accordo.” – rispose Ginny, contenta che Hermione avesse pensato a lei e a come avrebbe risolto la faccenda dell’abito.




Era passata una settimana da quel loro incontro e ognuna era tornata alla propria vita. Hermione ormai faceva parte dei Serpeverde a tutti gli effetti e Ginny stava cercando di mandare avanti il suo rapporto con Harry come lo stercorario fa con la sua pallina di cacca.
L’immagine di per sé non è molto edificante al fine di descrivere il suo rapporto con il ragazzo, ma era ciò che realmente stava accadendo. Ginny spingeva, spingeva e Harry si limitava a essere una pallina inerme e lasciare che gli eventi lo travolgessero.
Alla fine, il moro non aveva avuto il coraggio di dire a Ginny che voleva rompere con lei, perché aveva ancora qualche riserva su Romilda.
Era come diviso a metà: da una parte, c’era la voglia di avere una ragazza come Romilda, bella, di classe, sempre ben vestita, ma con anche un bel carattere. Dall’altra, c’era la paura che fosse tutta una facciata, solo per riuscire a mettersi con lui e guadagnarne in pubblicità personale.
Poi c’era un’altra parte, quella più piccola ma concentrata di tanto egoismo, in cui Harry non voleva lasciare Ginny perché con lei si sentiva al sicuro, protetto.
E tra l’avere un rapporto che era un’incognita, ma che poteva rivelarsi una vittoria, e un rapporto ormai andato alla deriva, ma che lo avrebbe sempre accolto come un’ancora di salvataggio in mezzo a una tempesta, beh… la scelta si rivelava molto difficile.
Ma nonostante il senso di sicurezza che Harry provava quando stava con Ginny, non riusciva a fare a meno di litigare con lei.
Era scoppiato l’ennesimo litigio tra i due e per l’ennesima volta Ginny aveva lasciato correre.

Erano entrati nella seconda settimana d’Avvento e l’aria in Sala Comune era così fredda che sembrava di stare in Antartide.
Ginny era perennemente stanca, sfibrata da tutto quel macello che era la sua vita sentimentale. Dormiva poco e male, aveva gli occhi perennemente cerchiati da un alone bluastro che prima non c’era mai stato. La sua figura, sempre ritta e fiera, ora assomigliava più a un vecchio con la gobba, che arranca per trascinare la sua carcassa in giro per il mondo. La testa era perennemente chinata verso il pavimento e sempre e solo all’ultimo si accorgeva che stava per andare a sbattere contro qualcuno. I suoi movimenti erano scattosi, quasi fosse un robot.
Sapeva di non poter più andare avanti così, ma non riusciva più a dire di no. Si accorse che il fondo, quel fondo che credeva di non aver ancora toccato, non solo era passato, ma si era anche impegnata con tutta se stessa per scavare una buca per scendere ancora più in basso. La luce le sembrava molto lontana e la risalita, una faticaccia.
Così decise che si sarebbe accontentata di guardarla da lì.

Hermione era molto preoccupata per lei.
Durante le lezioni la beccava spesso con lo sguardo fisso nel vuoto. Sì, si era accorta delle valige sotto gli occhi, così di come si stesse rovinando da sola. Aveva insistito che fosse lei la sua Accompagnatrice, perché sperava in qualche modo di tirarle su il morale. Le erano sempre piaciute quel genere di feste e da quando entrambe si erano ritrovate a frequentare Hogwarts non facevano altro che fantasticare sui loro vestiti.
A parte quella scenata in cui le disse di non essere pronta a un evento simile, non c’erano più state reazioni da parte sua.
Era un morto che cammina.

“Oh, pensi di rispondermi prima di domani?”
“Cosa?” – Hermione si girò di scatto, spaventata. Persa com’era nei suoi pensieri, non si era accorta che Albert la stava chiamando da dieci minuti buoni.
“Buon giorno, eh?” – ironizzò lui. – “Ma che hai? Sei sempre con la testa per aria in questo periodo.”
Hermione fece una faccia scocciata.
“Scusa, Albert… ho qualche pensiero.”
I due erano nella Sala Comune di Serpeverde, seduti sul divanetto. Il ragazzo la tirò verso di sé e l’abbracciò.
“Posso aiutarti?”
Hermione andò con il pensiero all’unica persona che poteva aiutarla e scosse la testa.
“No, grazie.” – disse abbracciandolo. – “Però se stiamo così un pochino mi aiuti…” – disse, stringendolo.
Albert sorrise e intensificò l’abbraccio.
Quando le toccavano i capelli, avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche uccidere. Quella coccola sulla testa la rilassava sempre e molte volte la faceva sprofondare nel sonno. Ma era troppo piena di pensieri per cedere quella volta, così si limitò a godersi quell’intimità con il fratello. Albert si stese sul divanetto e se la tenne sul petto, continuando sempre nella sua missione. Hermione girò la testa per guardarlo in faccia.
“Posso chiederti una cosa?” – chiese Hermione.
“Dimmi.”
“Cosa ne pensi di Candy?”
“La ragazza di Blaise?”
Hermione volle aprirsi in un monologo chiarificatore, ma lasciò perdere.
“Sì. Come ti sembra?”
“Una a posto, perché?”
“Così. Non ne abbiamo mai parlato. Quindi lei ti piace…”
“Sì, gelosa?” – chiese, con un sorrisetto malizioso.
“Di te? Ma figurati…” – rispose Hermione con un gesto annoiato della mano.
Albert se la prese a male e con un colpo di reni, che fece andare la pressione sotto i tacchi a Hermione, la portò sotto di sé e s’infilò tra le sue gambe. Prese a farle il solletico.
“NO! NO!” – Hermione prese a urlare e a ridere nello stesso tempo, cercando di dimenarsi dalla presa del ragazzo, un po’ troppo forte per lei. – “Albert no! Basta!”
“Riformulo la domanda: sei gelosa?”
“NO! NO!”
Albert fece una faccia molto eloquente e continuò a torturarla.
Quando dalla porta entrarono Draco, Blaise, Theo e Daphne videro la scena e non poterono fare a meno di guardarsi perplessi.
“Io vado ad aiutare Albert.” – fece Dahne, dirigendosi dalla coppia. – “Al, ti serve una mano?”
Il ragazzo la guardò e annuì.
“Tienile le braccia.”
Hermione sgranò gli occhi e guardò l’altra “nemica”.
“Non oserai…”
“Oso, oso…” – di scatto la prese per i polsi e glieli tirò fin sopra alla testa, permettendo ad Albert di torturarla come meglio credeva.
La riccia si dibatteva, ma con scarsi risultati.
“SI’! SI’!”
Blaise, Theo e Draco sgranarono gli occhi.
“SONO GELOSA, OK?”
Ottenuta la tanta agognata risposta, Albert si fermò e la guardò soddisfatto.

Quella risposta fu come un pugno nello stomaco di Draco, ma quando la vide alzarsi dal divanetto, con le guance arrossate per il troppo ridere, gli occhi lucidi e la camicetta messa in qualche maniera, il primo pensiero che gli sfiorò la mente fu che aveva appena finito di fare sesso.
E il biondo dei capelli di Albert iniziò a ricordargli vagamente il suo.
Sgranò gli occhi e si portò lentamente una mano su di essi.
Oh-merda…, fu tutto ciò che pensò.









Note di me… no, da oggi cambio.
Babbudoyo’s Corner: ^^
Scusate, ma amo troppo Colorado.

Dunque, anche se si trova alla fine, voglio parlare dello spoiler che finalmente ha trovato il suo contesto. Nessuna trasmigrazione dell’anima o robe simili, come aveva ipotizzato qualcuna, e nessun sogno, come aveva ipotizzato qualcun’altra.
È semplicemente l’inconscio di Draco che sta facendo i doppi turni per cercare di dare una svegliata a Draco. ^.^
Spero che ora sia un po’ più comprensibile. E ben accetto, soprattutto.

Detto ciò, torniamo all’inizio.
Lo scherzetto di Hermione del ballo di Halloween si è rivelato essere l’amara verità. La divisa di Serpeverde che aveva indossato per la festa non era altro che l’antipasto per le vere portate che inizieranno a fioccare da questo giovedì. All’inizio volevo farla entrare direttamente in classe, ma poi mi sono detta che no, che bisognava fare le stronze a tutti i costi – o non sarei io ^^ – e l’ho fatta entrare dal portone della Sala Grande.
Non contenta, l’ho messa in mezzo al fratello, perché mi sembrava una scelta ovvia e a Draco, il cui godimento per le facce alienate degli altri studenti, due in particolar modo, avevano causato qualche danno – riparabile – al sistema idraulico centrale. ^____^

Ron e la sua uscita.
Spero non me ne abbiate a male, ma sento che è un mio dovere sottolineare sempre e comunque la stupidità di quel ragazzo. Giusto questa settimana ho visto HP7 e I Doni della Morte (dovevo vederlo al cinema con il volume a tremila, ma la mia amica mi ha bidonato >_<) e ho osservato la scena in cui Ron torna dopo essere scappato a causa dell’influsso del medaglione di Regulus.
Ma si può essere più inutili e patetici?!?! Chiedo scusa a chi ama questo personaggio, ma io proprio non lo reggo.
Comunque non divaghiamo…
Ho voluto mettere un cammeo all’ignoranza di Ron, sottolineando in questo modo quanto sia più giusto che Hermione fraternizzi sempre di più con Serpeverde.
Ok, con Draco. ù_ù

Piton.
Scusate, scusate se ho vivisezionato questo personaggio, ma mentre scrivevo la scena di lui che da il benvenuto a Hermione nella sua casa, non potevo non immaginarmelo mentre si inginocchiava e apriva le braccia in segno di sottomissione.
Poi è tornato il solito stronzo con gli altri, ma con Serpeverde, ora che è completa delle sue più fulgide piantine (Draco e Hermione), il mondo per lui può anche andare a pezzi.
Forse sto diventando una pervertita, ma sempre mentre guardavo HP7 e Piton che entrava a Malfoy Manor dove stavano per uccidere la profe di Babbanologia, ho sentito un certo solletico al cervello nell’immaginare Piton con Hermione… quell’uomo mi sta ispirando troppo sesso selvaggio… devo controllarmi. u_u

Ginny.
‘Sta benedetta ragazza non riesce a rendersi conto che così non può più andare avanti. Ha perfino permesso a Harry di metterle le mani addosso e devo dire che ho fatto una fatica assurda a scrivere di quello schiaffo.
Mi prudevano le mani, ma mi serviva per aggiungerlo alla lista degli atteggiamenti di Harry che non vanno bene, sperando che più la lista si allunghi, più Ginny possa aprire gli occhioni.

Blaise.
‘Sto benedetto ragazzo non riesce a rendersi conto che così non può più andare avanti. Ha perfino lasciato Candy e Hermione da sole per scappare e difendere Ginny dal Potter-Bastardo. Tale comportamento non è sfuggito a Hermione che conduce Blaise nella Stanza delle Necessità per farlo confessare.

Harry.



Credo si abbia capito che tale personaggio è in commentabile.

Il Ballo delle Debuttanti.
Ginny e Hermione si sono riavvicinate. Forse dovevo far mantenere loro le distanze, ma secondo me Hermione aveva bisogno di un po’ di normalità attorno. Le ho fatte riavvicinare in un modo forse sciocco, ma ho pensato che se si deve chiedere scusa a una persona o comunque farle capire di aver sbagliato è necessario essere da soli, magari un’aula vuota, appunto, fare le classiche chiacchiere rompighiaccio e stemperare la tensione con un bell’abbraccio. Sono aperta agli insulti nel qual caso riteniate abbia fatto una cavolata.

E prima di salutarvi definitivamente, vi lascio il solito spoileruccio casinaro.

Sono rovinata! Oddio sono rovinata!
Se lo sa qualcuno sono rovinata!
Ma che cazzo mi è passato per il cervello?
Devo smetterla di dire cazzo! Cazzo, l’ho ridetto. Cazzo, no!…

Besos!

P.S.: Dico solo che non vedo l’ora di postare il prossimo capitolo perché tra Draco e Hermione…
  
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