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Autore: joellen    27/10/2011    2 recensioni
La vicenda si è conclusa nel migliore dei modi. Non possiamo dire che "vissero tutti felici e contenti", ma è andata abbastanza bene.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Spazio dell'autrice:

Prima di cominciare questo capitolo, devo fare una precisazione che non ho fatto prima e me ne scuso.

Questa fiction compare sotto la categoria "storie originali" un pò per un un mio sbaglio involontario, ma anche intenzionalmente.

Questa storia, infatti, è originale, cioè, l' ho inventata di sana pianta, con personaggi creati da me, ma con la presenza dei personaggi delle due serie che ho incrociato, e che utilizzo per la loro peculiarità e per il loro background. Più avanti, compariranno altri personaggi di un'altra serie.

 

 

Capitolo secondo

LA BIBLIOTECA

 

 

 

 

Boston, giorno pieno, nel laboratorio di Bishop

 

 

Da quasi un’ora, Walter e suo figlio erano davanti al computer dove apparivano, a ritmo di un’immagine ogni minuto, volti di uomini e donne le cui vite si erano in qualche modo incrociate con quelle dei due uomini, ma nessuno di quei visi pareva possedere le caratteristiche di colui che era apparso nel sogno di Walter Bishop.

“Aveva i capelli molto scuri. – precisa Bishop – Quasi neri. E anche barba, baffi e occhi erano scuri, con qualche filo bianco” .

Ricominciò la rassegna dei volti. Alcuni andavano vicino per sommi capi, ma nessuno corrispondeva all’identikit formatosi nella mente dello scienziato.

Peter non sapeva come aiutare il padre, quando, opportunamente, nel laboratorio si presentò Olivia Dunham, che salutò allegra i due uomini e Astrid, l’assistente di Bishop.

“Olivia! – esclamò Peter, con toni speranzosi – Sei capitata a proposito! Quando sei andata nell’altra dimensione, oltre a William Bell, hai per caso visto qualcun altro?”.

Olivia fissò Peter, con gli occhi sgranati.

“Chi altri avrei dovuto vedere?” esclamò.

Peter la prese sotto braccio e si allontanò da Walter e da Astrid per parlarle da solo, spiegando cosa era accaduto al padre.

“No, Peter. – rispose Olivia, avvilita – Mi dispiace. Non ho visto nessuno che risponda a quell’aspetto”

“E che mi dici del portale?” chiese Peter, in tono piuttosto nervoso.

Olivia lo inchiodò con uno sguardo intenso, ma al contempo allucinato.

“Tutto quello che ti ho detto finora” rispose sconsolata.

Peter strinse le labbra in un moto di rabbia e impazienza, ma non diretto all’amica investigatrice.

Insieme tornarono da Walter che era appoggiato al tavolo delle autopsie, e si teneva la testa fra le mani, con atteggiamento disperato.

“Forse sto impazzendo! – sussurrò – Vedo persone che non esistono. Cosa mi hanno fatto laggiù?”

Peter si avvicinò al padre e gli circondò le spalle con affetto.

“Lo scopriremo, Walter. – lo consolò – E se ti hanno fatto molto male, la pagheranno, lo giuro!”.

Walter sorrise al figlio. Olivia li guardò entrambi fra lo stupito e il commosso.

 

 

 

 

 

Boston, Biblioteca, tarda sera

 

Anche quel giorno volgeva al termine, e prima di tornare a casa, Simon Amblin compì il solito giro d’ispezione prima di chiudere ed attivare i vari sistemi di allarme. Percorse l’anonimo e deserto corridoio dalle pareti grigio chiaro, e raggiunse l’ultima porta. La sala che ospitava i preziosi volumi, voluta da Elisabetta Vissani, ricca ed eccentrica italiana trapiantata a Boston, e appassionata di volumi antichi, aveva un allarme speciale. Quei volumi, cinque in tutto, non avevano prezzo, essendo pezzi unici, realizzati interamente a mano da pazienti e abili artisti del Medio Evo e del Rinascimento.  Prima di attivare l’allarme, Amblin entrò nella sala che la signora Vissani aveva voluto trasformare da asettico stanzone bianco, tipico degli ambienti universitari americani, a “tempio” vero e proprio dell’arte e della cultura, ispirandosi all’interno dell’antica Biblioteca Malatestiana, a Cesena, in Romagna, sua terra di provenienza. L’esposizione di quei libri era prevista fino alla fine dell’anno in corso (si era vicini alle feste natalizie), e i libri andavano tenuti in estrema protezione, calibrando perfino la temperatura del vano che li ospitava, non superiore a 15°, rigorosamente Celsius.

Con un certo rispetto, Amblin entrò nella sala che sembrava una chiesa, composta da tre navate separate da due file di colonne corinzie. La navata centrale, più larga delle due laterali, e le finestre erano di architettura romanica, mentre il tetto delle due navate laterali aveva il soffitto a sesto acuto, tipico del gotico. Pavimento e banchi erano in legno. I volumi erano appoggiati al ripiano inferiore dei massicci banchi di legno scuro, e bloccati da catenelle fissate ai plutei.

Non poté rimanere indifferente a tanta bellezza e sacralità, e cominciò a percorrere a passo lento la navata centrale fino in fondo.

Pareva tutto a posto.

Il silenzio che regnava in quel luogo era quasi tangibile, e gli venne spontaneo farsi il segno della croce, proprio come si farebbe in chiesa davanti ad un crocifisso che però lì non c’era.

In fondo alla grande sala c’era una porta che introduceva nell’ultima stanza del corridoio, ma ora era chiusa, e Amblin non aveva interesse ad aprirla.

Si girò per tornare indietro e uscire.

La luce ambrata, diffusa discretamente da lampade a torcia, fissate a staffe di ferro lungo le due navate laterali, si affievolì friggendo fin quasi a precipitare il vano nel buio.

Amblin si bloccò in mezzo alla navata centrale, e si voltò con molta lentezza.

Si sentì osservato.

Giratosi di soli 45° intravide con la coda dell’occhio una forma scura in fondo alla stanza.

Non ebbe il coraggio di girarsi ancora, ma nello stesso tempo, sentendosi responsabile del settore, sapeva che doveva controllare tutto, però, quando si voltò completamente, in fondo alla sala non c’era più nessuno.

“È  la stanchezza!” disse fra sé ad alta voce per farsi forza.

E decise che per quel giorno era ora di tornare a casa.

Uscì dalla stanza con una certa fretta, emettendo un profondo sospiro una volta sul corridoio,  chiuse la porta, attivò l’allarme e lasciò quel settore dell’edificio con un pizzico di ansia.

 

 

 

Prosegue......

   
 
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