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Autore: Dannata93    01/11/2011    5 recensioni
Fan Fiction che segue la trama del film "Io sono Leggenda" e, in parte, anche dal meraviglioso libro di Richard Matheson, e narra gli avvenimenti che si sono svolti in quegli anni da un altro punto di vista.
Samantha Gray è appena maggiorenne quando scopre di avere un cancro e il suo medico le consiglia di sottoporsi alla nuova cura sperimentale della dottoressa Krippin.
La terapia la trasformerà in un mostro e solo grazie all'aiuto del dottor Thomas Wood il suo corpo riuscirà a sconfiggere il virus, ma non completamente...
Personaggi: Nuovi personaggi.
Spero di avervi incuriosito!
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La Storia di Payton

Sam prese le ultime borse dal bagagliaio dell'auto e se le mise a tracolla, sotto lo sguardo assonnato della piccola Payton. << Perché dobbiamo continuare a piedi? >>
<< Perché il ponte è crollato >> le spiegò prendendola per mano ed iniziando a camminare in mezzo ai prati. << E l'unico modo per andare dall'altra parte e trovare un punto in cui sia possibile attraversare il fiume a piedi >>
<< Non possiamo trovarlo in macchina? Io non ho voglia di camminare! >> si lamentò mentre le prime lacrime iniziavano a scenderle dai grandi occhioni verdi.
Sam si inginocchiò alla sua altezza, asciugandole il viso con un fazzoletto. << Mi dispiace, ma le macchine non possono andare nel bosco >>
<< E se veniamo attaccati dai mostri? >> singhiozzò spaventata. << Come faremo a scappare? >>
<< Se succederà, io e gli altri provvederemo a farli sparire >> la tranquillizzò arruffandole teneramente i suoi boccoli biondi. << Te lo prometto >>
Payton annuì, inspirando a fondo con il naso, per cercare di calmarsi.
<< Tenete il passo voi due! >> il gridò spazientito di Ian, richiamò entrambe all'ordine e corsero dietro al gruppo per riguadagnare il terreno perso.
<< Crede di essere il nostro capo >> bisbigliò la piccola per non farsi sentire dal ragazzo e Sam le sorrise complice. << Non sa quanto si sbaglia >>
Tre bambini che facevano parte del gruppo che aveva abbandonato la scuola assieme a Jack e a sua madre le superò, ridendo come matti per niente dispiaciuti di poter finalmente sfogare le loro energie. << Perché non vai a giocare con loro >> le suggerì Samantha. << Mi sembra che si stiano divertendo un mondo >>
La bambina scosse vigorosamente la testa, stringendo con forza la mano della ragazza. << Non voglio >>
<< Va bene >>
Poco dopo i bambini vennero richiamati dalle loro rispettive madri e Sam vide Payton osservare uno di loro buttarsi tra le braccia di un uomo, quasi sicuramente suo padre.
Venne colpita dal dolore che lesse negli occhi della piccola; molte volte si era chiesta che fine avessero fatto i suoi genitori, li aveva forse visti morire o loro gli avevano ordinato di fuggire più veloce del vento e di nascondersi in un luogo sicuro ad aspettarli?
<< Posso farti una domanda, Pay? >>
La bambina sussultò sorpresa, sembrava essersi dimenticata della sua presenza. << Si >> mormorò distogliendo velocemente lo sguardo dai due.
<< Che cosa è successo alla tua mamma e al tuo papà? >>
<< Quando... quando stavamo per partire da New York, papà si è ammalato >>

Payton corse nella camera da letto dei suoi genitori per salutare il padre, che da giorni era costretto a letto dalla febbre. << Siamo tornate! >> strillò felice balzando sul letto, facendolo cigolare rumorosamente. << Guarda che cosa mi ha regalato la mamma! >> continuò alzando il braccio sottile per mostrargli il braccialetto nuovo dal quale pendeva un ciondolo a forma di P. << Non è bellissimo? >> ma suo padre continuò a dormire profondamente e allora gli prese scherzosamente il naso tra le dita muovendolo a destra e a sinistra per svegliarlo; lui la rimproverava sempre quando lo faceva, ma sapeva che in realtà lo divertiva.
Niente, gli occhi del genitore rimasero chiusi. << Mamma! >> urlò confusa dall'insolito comportamento del padre. << Papà non si sveglia >>
La donna corse subito nella stanza, scostandola delicatamente dal fianco dell'uomo e Payton la vide avvicinare l'orecchio alla sua bocca e fare una strana espressione che non riuscì a capire. << Papà e solo molto stanco, tesoro >> la tranquillizzò sorridendole, ma c'era qualcosa di diverso in quel sorriso; sembrava triste.
<< Per colpa della febbre? >>
<< S-si >> balbettò portandola in salotto. << Adesso guarda i cartoni >>
Payton obbedì e accese il televisore, mentre la madre ritornava in camera senza dire una parola. Sullo schermo apparve un uomo anziano.
Era il Presidente, in quei giorni c'era spesso in tv, ma lei non lo aveva mai trovato interessante, perciò cambiò canale.
Con suo sommo disappunto c'era lui anche sul canale successivo e quello dopo ancora. << Mamma, in tv c'è solo il Presidente! >> si lamentò sdraiandosi in terra, con le gambe per aria.
Forse vuole farci sapere che è riuscito a catturare tutti quei brutti mostri. pensò, mentre la madre si sedeva sul divano e alzava il volume. << ... non c'è dubbio cittadini americani, questo virus mutante è letale e minaccia non solo la sopravvivenza della nostra nazione, ma quella di tutte le nazioni del pianeta. E' per questo che con grande tristezza, ma con grande determinazione, stasera ho firmato il decreto che ordina all'esercito di imporre una quarantena alla città di New York... Dio ci protegga! >>
<< Che cosa significa? >> domandò Payton, vedendo sua madre avvicinarsi alla finestra e spostare lentamente le tende.
La loro casa si affacciava sul ponte di Brooklyn e dalla sera precedente molte persone avevano cercato di attraversarlo per abbandonare la città, ma non loro. Suo padre era troppo malato e non riusciva a muoversi, perciò avevano rimandato.
<< Metti la giacca, Payton >> le ordinò sua madre andando a prendere il suo zaino. << Andiamo a fare una passeggiata >>
<< Ma siamo appena tornare >> esclamò la bambina, troppo concentrata a guardare i cartoni animati che avevano ricominciato a trasmettere al termine del discorso del Presidente, per obbedirle.
<< Ho dimenticato di prendere le medicine per papà >> rispose. riempendo lo zaino di cibo, bevande e vestiti vari.
<< Non è vero! >>
<< Payton, obbedisci! >> urlò tirandola in piedi e mettendole con forza il cappotto.
<< Mi fai male! >> protestò sentendo un forte dolore alla spalla. << Smettila! >>
<< Prendi lo zaino! >> continuò ignorando le sue proteste e questa volta Payton obbedì, troppo spaventata dal comportamene della madre.
Uscirono di casa in fretta, senza nemmeno chiudere a chiave la porta dell'appartamento. << Non abbiamo neanche salutato papà! >>
<< Non staremo via molto >>disse asciugandosi le lacrime con un fazzoletto e s bloccò di colpo, rischiando quasi di farla cadere in terra. << Che c'è mamma? >> domandò preoccupata. << Perché piangi? >>
<< Continua a camminare >> esclamò la donna, rimettendo velocemente il fazzoletto in tasca e corsero per le vie illuminate di New York, senza più fermarsi, fino a raggiungere l'aeroporto di South Street.
Payton era sbalordita da tutte le persone che si accalcavano per passare il controllo dei soldati. << Cosa stanno facendo i soldati con quel coso? >>
<< Controllano se la gente è malata e se non lo è la fanno passare >>
<< Per andare dove? >>
<< In un posto lontano dai mostri tesoro >>
<< Ci andiamo anche noi? >>
<< Si >>
<< E papà? >>
<< Papà... dirò ai soldati di andare a prenderlo >> rispose sbrigativa cercando di farsi strada tra tutte quelle persone.
Finalmente riuscirono a raggiungere un gruppo di soldati che puntò subito contro a sua madre uno strano apparecchio. << No >> protestò. << Controllate prima lei! >>
<< Guardi qui, signora >> gli ordinò il soldato e, dopo un breve flash, lo schermo dell'apparecchio si illuminò di rosso. << Infetta! >> gridò il giovane e i suoi compagni le spinsero subito da parte, in mezzo ad una folla di persone che urlavano, sventolando sotto il naso di quegli uomini delle banconote. << Mia figlia non è infetta! >> gridò disperata sua madre, ma i soldati non le diedero ascolto e tornarono al loro lavoro.
<< Mamma, che cosa succede? >> domandò spaventata da tutto quel frastuono. I suoi genitori le avevano sempre detto di parlare a bassa voce, altrimenti i mostri sarebbero arrivati a prenderla. << Voglio tornare a casa! >> ma sua madre non l'ascoltava. Stava guardando una famiglia di colore passare senza nessuna difficoltà oltre i soldati. << Ti prego prendi la mia bambina! >> urlò rivolta all'uomo con in braccio sua figlia; sembrava anche lui un soldato.
<< Lei non è infetta! >>
L'uomo distolse lo sguardo e si allontanò, mormorando un. << Mi dispiace >> prima di scomparire tra la folla.
<< Mamma, ti esce sangue dagli occhi! >> osservò Payton, guardando una lacrima cremisi scendere lungo la guancia della madre. << Non è niente, tesoro >> la tranquillizzò, cercando di allontanarsi da quel luogo. << Adesso torniamo a casa >>
<< Da papà? >>
<< Si, amore >>

<< Facciamo una pausa! >>
Sam aiutò la piccola a togliersi il suo inseparabile zainetto e si sedettero su un masso. << Hai sete? >> le domandò porgendole una bottiglia d'acqua e Payton accettò grata, bevendone un lungo sorso.
<< Tu e tua madre siete riuscite a tornare a casa? >>
<< No >> rispose chiudendo la bottiglietta. << I mostri ci hanno attaccato e mia madre mi ha nascosto nel cassone della spazzatura e non è più venuta a prendermi >>
<< Quanto sei restata chiusa lì dentro? >>
<< Non lo so... fino a quando non mi hai trovata >>
Quattro giorni. Era rimasta lì per quattro giorni.
<< Il mio papà e la mia mamma sono morti, vero? >> mormorò salendole in braccio e Sam la strinse forte a sé. << Si, tesoro >>
<< Lo sapevo >> osservò, nascondendo il suo visino contro il suo petto. << Altrimenti sarebbero tornati a prendermi >>
Poco distante, Jack aveva osservato l'intera scena, ascoltando anche il racconto della piccola. Ammirava la forza incrollabile dei bambini; persino in mezzo a questo caos, riuscivano a mantenere intatta la loro gioia di vivere, la loro allegria contagiosa. Forse, c'è ancora speranza...
Le sue riflessioni furono interrotte da un rumore alla sua sinistra, dietro ad alcuni alberi e, prima che potesse reagire si ritrovò con un fucile puntato alla testa.
Anche Sam si era accorta del rumore e aveva nascosto subito Payton dietro di lei, guardando impotente un uomo di colore uscire agilmente dai cespugli e puntare la sua arma contro Jack.
<< Metti giù il fucile! >> urlò Ian estraendo la sua pistola, imitato da tutte le persone armate del gruppo, ma lo straniero non obbedì, per niente spaventata dalla situazione critica in cui si trovava. << Sparatemi e farò saltare il cervello del vostro capo >>
<< Lui non è il nostro capo! >> replicò Ian  l'uomo scrollò le spalle, disinteressato. << Questo significa che posso sparargli? >>
Jack sorrise per niente impressionato dalle sue parole. << Se mi spari, loro ti sparano >> osservò. << Quindi non ci guadagni niente nell'uccidermi. Ti sei fregato con le tue stesse mani >>
L'uomo scosse la testa divertito. << Hai ragione, non è stata una mossa molto furba >> abbassò l'arma, lasciando il gruppo ancora più confuso. << Mi chiamo Mark Gordon, tu invece? >>
<< Jack Parker >>
<< Ma chi ti credi di essere?! >> gridò Ian inviperito. << Non puoi minacciarci di ammazzarlo e poi metterti a chiacchiere con lui come se non fosse successo niente! >>
<< Calmati, Ian >> gli ordinò Sam avvicinandosi a Gordon. << Il mio nome è Samantha Gray >>
<< Piacere, se non sono troppo indiscreto posso sapere che cosa ci fate nel mio bosco? >>
<< Non mi sembra che ci sia scritto il tuo nome >> sibilò Ian ignorando l'occhiataccia della ragazza. << E comunque non sono affari tuoi >>
<< Stiamo cercando di raggiungere Bethel, per caso sai come arrivarci? >>
Il viso dell'uomo si fece improvvisamente cupo. << Si >> rispose. << Ma non ci troverete quello che cercate >>
<< Che cosa vuoi dire >>
<< Bethel è stata attaccata dai cacciatori del buio, circa due settimane fa >>
Nel gruppo scese il silenzio.
Fu Tom a porne fine. << E' impossibile >> replicò. << Loro sono sempre rimasti nelle zone calde! >>
<< Infatti, ma quelli sono stati portati qui da degli scienziati >> disse Mettendosi in spalla il vecchio fucile. << Dicevano che servivano per trovare una cura, ma poi quella donna è uscita di testa e li ha liberati, scatenandoli contro gli abitanti >>
<< Quella... donna? >> balbettò Sam, mentre cominciava a capire. Quindi gli infetti presenti nel laboratorio non erano stati eliminati. Guardò Tom, sembrava sorpreso quanto lei.
<< La Dottoressa Krippin >>
<< COSA?! >> sbraitò un uomo del gruppo. << Noi siamo stati abbandonati come cani, mentre quella stronza è stata portata in salvo?! >>
Gordon lo ignorò. << Coloro che sono riusciti a sfuggire al massacro, si sono diretti verso nord, ma non credo che siano riusciti a sopravvivere >>
<< Perché no? >> domandò Jack. << Loro li hanno inseguiti? >>
<< No, ma fuori città, sulle montagne si è stabilità una banda di criminali che ammazza ogni singola persona che entra nel loro territorio >>
<< Come fai a saperlo? >>
<< Perché una volta ero uno di loro >> 
Sam sentì le sue speranze andare in frantumi, persino Bethel, l'unica luce che li aveva spinti ad andare avanti, si era spenta. Ed ora erano soli e costretti a nascondersi, non solo dai cacciatori del buio, ma anche da una comunità di pazzi sanguinari.
Senza aggiungere altro, Gordon si avviò verso Est, invitandoli a seguirlo. << Muovetevi, fra meno di due ore farà buio e la mia casa non è molto distante da qui >>

Sgranarono gli occhi sorpresi quando, usciti dal bosco si ritrovarono davanti ad un edificio circondato da alte mure completamente ricoperte di filo spinato. << Questa sarebbe la tua casa?! >> esclamò Ian, esprimendo a voce il pensiero di tutti e Gordon annuì con un ghigno. << Graziosa, non trovate? >>
< Ma come facciamo ad entrare? >> domandò Tom osservando il gigantesco portone. << Questo affare è chiuso dall'interno >>
<< Basta dire la parola magica >>
<< E qual è? >> esclamò curiosa Payton, mentre tutti gli adulti si scambiarono occhiate scettiche.
<< Semplice, è Apriti Sesamo >>
<< Smettila di fare il cretino e... >> cominciò Ian, ma si zittì quando vide le porte aprirsi cigolando rumorosamente e dal gruppo si levarono esclamazioni di stupore, mentre Payton batteva le mani felice. << E' veramente magico! >> strillò eccitata seguendo a ruota Gordon che si era avviato a passo spedito all'interno della struttura.
Il gruppo li seguì e, quando tutto furono entrati, il portone si richiuse velocemente alle loro spalle con un tonfo sordo. << Benvenuti alla prigione di Bethel >> li informò Gordon aprendo le braccia in un gesto teatrale. << Il paradiso dei detenuti >>
<< E questi chi diavolo sono? >> esclamò una voce infantile ed un giovane ragazzino di colore uscì  allo scoperto, osservando i nuovi arrivati con diffidenza.
<< Ehi, che razza di maniere sono queste? >> lo rimproverò un'altra persona, uscendo dalla prigione. Era un uomo dalla pelle molto più scura di quella di Gordon ed era anche più alto e robusto. << Avanti figliolo, presentati come si deve >>
Il ragazzino alzò gli occhi al cielo. << Il mio nome è Kevin e lui è il padre mio e di Mark, Steve Gordon >>
<< Molto piacere >>
Tom si avvicinò all'uomo tendendogli la mano. << Il mio nome è Thomas Wood >> si presentò. << Eravamo in viaggio verso Bethel quando suo figlio ci ha trovati >>
<< Trovati >> borbottò Ian e Sam gli mollo una gomitata per farlo tacere. << Non sappiamo come ringraziarvi per la vostra ospitalità >> disse Sam, ignorando l'occhiata omicida che gli lanciò l'ex agente.
<< Avrete modo di farlo, ma non stasera >> esclamò l'uomo invitandoli ad entrare. << Da quanto tempo non vi fate una dormita come si deve? >>

   
 
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