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Autore: Orihimechan    02/11/2011    7 recensioni
Ed è quando dubiti di te stesso, della tua vita, di tutte le tue convinzioni, della persona che ti sta accanto e persino delle tue scelte che dovresti fermarti un attimo a riflettere.
Riflettere su tutte quelle scelte che hai fatto fino ad ora, che ti hanno fatto amare il sole anziché la pioggia, che ti hanno fatto apprezzare Battisti anziché Venditti, che ti hanno fatto dire si quando invece avresti voluto dire no.
Che ti hanno fatto accontentare anziché renderti felice, ma felice davvero.
E quando ti ritrovi a pensare a lui, di nuovo, e ti accorgi che in realtà lui dai tuoi pensieri non c’è mai uscito, bhè in questo caso, forse, dovresti iniziare anche a pensare che probabilmente tutte le tue scelte sono state delle gran scelte di merda.
Nicole Castellani è di fronte un bivio: il ragazzo di sempre oppure l'amico che sembra conoscerla più di quanto lei è disposta a mostrare al mondo?
Dove la porterà il suo cuore?
Because life is made up of choices.
STORIA IN COMPLETA REVISIONE - 07/02/2017 ( SI CONSIGLIA LA RILETTURA COMPLETA )
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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C’è sempre un momento giusto per agire.


 





L'ultimo anno di liceo rappresentava per noi l'ultima delle dodici fatiche di Ercole.
Il semestre era iniziato da poco, ma noi ne avevamo già piene le tasche a causa della continua oppressione di genitori ed insegnanti, i quali non perdevano l'occasione di ripeterci che si trattava del nostro biglietto da visita per la maturità che – temeraria - ci aspettava alle porte. Di conseguenza ogni occasione era propizia per ricordarci costantemente di studiare, impegnarci, tenere una condotta immacolata e soprattutto presentarci sempre a lezione.
<< Ragazzi, oggi non si entra! >>
Ovviamente tutti questi avvertimenti non facevano per noi.
Gerardo, il ragazzo che aveva annunciato la felice notizia era quello che generalmente organizzava le nostre malefatte e neanche a dirlo, tutti noi non avevamo assolutamente nulla da ridire.
Quella mattina saltavamo le lezioni per assemblea d'istituto.
Poche erano le cose che riuscivano a metterci tutti d’accordo, saltare la scuola era proprio una di quelle.
La nostra non si poteva di certo definire una classe affiatata, eravamo ventiquattro persone ciascuna con proprie opinioni e modi di fare. Nel corso del tempo era stato facile per tutti scegliere con chi stare e da chi invece prendere le distanze.
Federico, Gerardo, Claudio, Melissa, Adriana, Jeniffer, Eloisa ed Ileana o più sinteticamente 'gli Snob' - com'ero solita chiamarli - erano le tipiche persone con la puzza sotto il naso, pronte a remarti sempre contro non appena svoltato l'angolo.
Otto persone delle quali, personalmente, facevo volentieri a meno.
'I ragazzi della via Glouck' era il gruppo per la quale nutrivo una notevole simpatia. Manuel, Gennaro, Orlando, Guglielmo, Luigi, Ettore e Pietro: ragazzi compatti tra di loro, pronti sempre a spalleggiarsi, ad aiutarsi e mai - proprio mai - in tutti quegli anni li avevo visti prede di invidia e screzi. Una delle tante qualità che più mi piaceva di loro.
Le 'Spice' invece erano sei ragazze totalmente diverse tra di loro, a primo impatto e anche dopo una rigorosa ed approfondita indagine, non avevano assolutamente niente in comune: Elena, Carolina, Maria, Ester, Viola e Camilla. Ognuna di loro possedeva un difetto che faceva impazzire l'altra ed ogni tanto la nostra classe era il teatro di qualche loro litigio, uno spettacolo assolutamente esilarate.
Ed infine c'eravamo noi, ' i fantastici quattro', come amavamo tanto etichettarci.
La chimica tra di noi era nata piano piano, ma una volta scoppiata non se n'era più andata via. Eravamo un gruppo compatto, affiatato ed auto-ironico. Sapevamo ascoltarci, spronarci e quando necessario, anche darci reciprocamente una bella strigliata per riportarci in carreggiata.
<< Che si fa ora? >> domandai posizionando meglio la mia tracolla colorata e rivolgendomi verso Emma. I miei tre amici si lanciarono una veloce occhiata.
<< Fammi indovinare >> continuai intuendo i loro sguardi << casa tua? >>
Emma annuì sorridendo.
<< Noi giriamo a destra >> disse poi rivolgendosi al resto del gruppo.
Dopo aver brevemente salutato gli altri iniziammo ad incamminarci verso casa di Emma, distante circa cinque minuti dal nostro edificio scolastico.
<< Niki hai un attimo? >> chiese Marco avvicinandosi a me.
<< Certo, dimmi >> immaginando già cosa volesse chiedermi allungai leggermente il passo, distanziandomi da Emma e Thomas.
Marco mi seguì svelto.
<< Hai parlato con Emma? >> domandò speranzoso.
<< No >> mentii << non ne ho avuto modo, ti prometto che le parlerò. >>
Non amavo mentire, ma quando ci si metteva Marco sapeva essere veramente pesante.
<< Capisco, tu come la vedi? >> disse insistente.

' Malissimo ' - lo rimbeccò la mia vocina.

<< Complicata >> e mi voltai verso di lui per osservare la sua reazione.
Lo vidi grattarsi la testa.
Marco Damiani era il migliore amico di Thomas nonché cugino di secondo grado, di statura più bassa e dai tratti somatici più marcati, portava sottili occhiali neri da vista, corti capelli, neri come la pece, e la barbetta scura e disordinata faceva sempre capolino sul suo volto: lui la trovava virile, io poco seducente.

Aveva un look trasandato ma in compenso a scuola era un vero e proprio portento.
Recentemente aveva iniziato a dimostrare un maniacale interesse, mal riposto, verso la mia amica Emma.
A ben poco erano serviti gli evidenti e sempre più frequenti rifiuti della mia migliore amica verso le sue avance, lui non mostrava alcun segno di cedimento.
Questa stramba situazione iniziava ad esasperare un po' tutti, capitava infatti – sovente - che Emma in preda ad una crisi isterica, ignorasse la sua valanga di messaggi obbligando il povero malcapitato a riversare tutte le sue paranoie e frustrazioni su di me o Thomas.
Dal canto mio, avevo provato infiniti modi per stroncare sul nascere i sentimenti di Marco, ma ogni volta, ed ancora faticavo a capire come, mi liquidava dicendomi che si trattava solamente di una questione di tempo e che, entro la fine dell'anno, Emma sarebbe sicuramente caduta ai suoi piedi. Sospettavo - ma questo mi ero guardata bene dal farglielo notare - che se non avesse messo presto la parola fine a quelle sue illusioni con molta probabilità sarebbe stata la sua testa a finire sul pavimento.
<< Mi prometti che le parlerai? >> chiese teneramente
Sospirai sconfitta << promesso >>
Gettai uno sguardo verso Emma e Thomas, che nel frattempo, avevano iniziato un'animata discussione. Immaginai che il motivo della lite riguardasse il colore del cappello della regina Elisabetta indossato durante la sua ultima parata. Probabilmente lei lo ricordava turchese e lui rosso ocra.
Scossi la testa divertita.
Quei due erano perennemente in disaccordo, ogni scusa si rivelava buona per battibeccare, ma ai miei occhi era evidente quanto in realtà si volessero bene.
<< Avete finito voi due di fare comunella? >> chiese Tom raggiungendoci, seguito da Emma poco dopo.
<< Si >> rispose Marco, affiancandosi alla mia amica.
Approfittando del suo momento di distrazione Thomas si avvicinò, osservandomi accigliato.
<< Che voleva? >> si abbassò leggermente per evitare che gli altri due ascoltassero.
<< Secondo te? >> dissi piano avvicinandomi ancora di più a lui.
Inavvertitamente, il suo naso sfiorò la mia guancia ed io mi sentii come se fossi stata colpita da un colpo di frusta.
<< Ancora non l’ha capito? >> continuò sempre vicino al mio volto.
<< Evidentemente no >>
Lo sentii ridere divertito e mormorare qualcosa che non riuscii a capire.
Quando si allontanò - ritornando alla sua posizione originaria - provai una sensazione che non definii bene e che per qualche ragione preferii ignorare.
Io e Thomas avevamo impiegato un po' di tempo per trovaci, la nostra amicizia si era fatta strada con il tempo, complice anche il fatto che lui ed Emma legarono sin dal principio.
Io ero sempre quella che impiegava più tempo nel consolidare un'amicizia, non che fossi una persona solitaria o almeno - non completamente – ma sin da quando ero bambina preferivo scegliere con cura chi avere accanto e fondamentalmente le persone sulla quale facevo affidamento si contavano sulle dita di una mano.
Emma fù la mia prima vera amica. L'incontrai in prima media, un fisico minuto e molto più asciutto del mio, sguardo sicuro, occhi vispi e sorriso sincero, parlare con lei era naturale, ancor di più la capacità che avevamo di capirci e comprenderci. Era difficile essere in disaccordo con lei, principalmente perché viaggiavamo sulla stessa lunghezza d'onda, secondariamente, avere un opinione divergente dalla sua implicava ore ed ore di discussioni che finivano sempre col farci ingozzare di cioccolate calde fino allo sfinimento, perché tutto quel discutere ci faceva venir voglia di zuccheri.
Aveva una carnagione olivastra, piccoli occhi color cioccolato e i capelli castani, sottili come spaghetti e rigorosamente piastrati, le arrivavano all'altezza delle spalle.
Era stata la prima persona della quale mi ero completamente fidata, un'amica sincera, leale, a volte autoritaria e mai ingiusta, non avevo dubbi sul fatto che nessuno sarebbe stato capace di prendere il suo posto, neanche Thomas, nonostante fosse un altro punto fermo della mia vita. Riconoscevo in lui la stessa semplicità e caparbietà che avevo imparato ad apprezzare in Emma. Thomas Tavelli era una persona sulla quale facevo spesso affidamento, anche se non lo avrei mai ammesso così facilmente.


 

Aprile 2010

Dopo il trentesimo tentativo - fallito - di rintracciare mio zio riposi il cellulare in tasca.
Lanciai una rapida occhiata ad quadrante del mio orologio, segnava le 14.11, sarei dovuta tornare a casa a piedi.
Mi allontanai dal grande cancello grigio del liceo, spostando la tracolla da una spalla all'altra e con l'andamento di un condannato a morte iniziai ad incamminarmi rassegnata.
<< Oggi maratona? >> una voce che avevo imparato a conoscere molto bene si accostò in sella al suo inseparabile motorino.
Lo ignorai bellamente continuando per la mia strada.
<< Sei a piedi? >> continuò seguendomi con la moto a passo d'uomo.
Finsi di scacciare delle mosche immaginarie sventolando una mano di fronte a me.
<< Salta su dai >>
Mi bloccai all'istante << come scusa? >>
<< Hai capito >> continuò fermandosi anche lui
<< No grazie >> dissi, riprendendo la mia marcia
<< La solita testarda, ti sto offrendo un passaggio non ti ho mica chiesto un appuntamento >>
<< Ci mancherebbe pure >> risposi stizzita sollevando un sopracciglio
<< Fidati, sarebbe più traumatico per me che per te >> si sporse più avanti e con un cenno del capo mi invitò a salire << sali, scema >>.
<< Idiota >> lo rimbeccai infilandomi il casco che mi aveva appena offerto
<< Allora? Seconda stella a destra e poi dritti fino al mattino? >> si girò verso di me ghignando come un bimbo.
<< Via Togliatti n.120 deficiente >> mi abbassai la visiera, sistemandomi meglio.
Lui fece lo stesso e continuò ad osservarmi << abito lì vicino anch'io >> mi lanciò un ultimo sguardo prima di mettere in moto.
<< Tieniti forte Wendy, questo missile ti porterà a casa in un battibaleno >> e scimmiottò il rumore di accensione di una moto.
<< Mi stupirei se riuscisse realmente a farlo >> lo canzonai avvolgendo le braccia intorno a lui.
Pregai silenziosamente che non fosse un pazzo scatenato nella guida.
<< Come osi trattare 'dolcezza' in questo modo? >> rispose fingendosi offeso
<< Dolcezza? >> ripetei dubbiosa
Mosse la testa in segno di assenso << è quello che ho detto >> confermò poi fiero.
<< Hai dato un nome a questo catorcio? >> chiesi allibita
<< Certo ed attenta a come parli, non è un catorcio! >>
Alzai gli occhi al cielo e gli diedi un leggero colpo sulla schiena.
<< Muoviti scemo >>
<< Signor si, signora! >> si portò una mano sulla fronte, imitando il tipico saluto militare e partì.
Abbassai la testa celando un sorriso, dopotutto sopportarlo non sarebbe stata poi un’impresa da titani.

 


Quando finalmente arrivammo a casa di Emma, lei e Marco si recarono frettolosamente in cucina .
Durante il tragitto avevano iniziato a discutere di un problema geometrico che, a quanto pare, entrambi non erano riusciti a risolvere ed avevano intenzione di venirne a capo.
Un rompicapo che risultava fondamentale per loro e completamente inutile per me e Thomas. Ecco, se c’era una cosa che riusciva a far andare Emma e Marco d’amore e d’accordo era la profonda passione che entrambi nutrivano verso la matematica, passione che, al contrario, non faceva parte di me.
Alle materie scientifiche io preferivo di gran lunga quelle letterarie, un esilarante paradosso considerato il liceo che avevo scelto di frequentare, anche se non rappresentava affatto un problema per me, lo avevo scelto per seguire Emma e non me ne sarei mai pentita.
<< Io e Tom nel frattempo andiamo a mettere un film. Vi aspettiamo di là? >> urlai per farmi sentire da loro che si erano già barricati nella stanza.
<< Vi raggiungiamo a momenti >> rispose Emma con il tono di voce di chi è già assorto in questioni delicate.
Rassegnata mi diressi verso Thomas che aveva iniziato ad armeggiare con il telecomando della tv.
Emma viveva in una villetta a tre piani che io adoravo letteralmente.
Il pian terreno conteneva una spaziosa stanza, cucina-soggiorno, un bagno e un piccolo garage.
Il primo piano, quello dove ci trovavamo ora, era costituito da un soggiorno spazioso, una cucina e un bagno confortevole. Al terzo piano risiedevano le rispettive stanze di Emma, dei genitori e di Asia, la sorella maggiore.
Andai ad accomodarmi sul divano in pelle, sito esattamente di fronte la televisione lasciando il mio migliore amico alle prese con il lettore dvd.
<< No, non ti scomodare, posso benissimo farcela da solo! >> scherzò rivolgendosi verso di me.
<< Figurati, sei tu il genio dell’informatica, futuro ingegnere >> risposi incrociando le braccia e sogghignando.
Pochi secondi dopo riuscì a farlo partire e si diresse verso la pila di dvd posizionati sul tavolino, situato esattamente tra il divano e la tv.
<< Che genere di film vorresti vedere? >> chiese facendo scorrere i titoli dei film.
<< Mi sta bene tutto, basta che non si vedano teste mozzate, coltelli volanti, sangue e tutte quelle cose inguardabili >>
<< 'Non aprite quella porta' andrà più che bene allora >> alzò divertito lo sguardo verso di me sventolando il dvd appena scelto.
<< Sei proprio uno stronzo >> gli scaraventai addosso uno dei cuscini del divano, mancandolo.
Non ero mai stata molto ferrata nei lanci.
<< Odio i film horror >> continuai laconica
<< Lo so >> azionò il lettore ignorando le mie lamentele e mi raggiunse
<< Ti odio >> sibilai assumendo un’aria imbronciata
<< Tu mi adori >> rispose urtandomi la spalla con la sua
<< Mai >> gli buttai una gomitata in pieno stomaco
A giudicare dalla smorfia di dolore che affiorò sul suo volto ipotizzai di aver usato troppa forza. Annuii soddisfatta.
<< Ma allora vuoi la guerra? >> domanda retorica la sua poiché - dopo essersi massaggiato la parte dolorante - si fiondò verso di me agguantando sgarbatamente un cuscino e scagliandomelo contro subito dopo.
Pensò bene di afferrarmi per un braccio per non farmi scappare.
<< Non l’ho fatto apposta, parola di scout! >> dissi mentre tentavo di ripararmi dai suoi colpi.
<< Anche bugiarda >> replicò continuando a sbattermi i cuscini dappertutto
<< Ti prego basta! >> unii le mani in preghiera tirando fuori uno sguardo ingenuo
<< Non se ne parla proprio signorina >> e si inginocchiò sul divano per riuscire a torturarmi meglio, continuando a scagliarmi cuscini come se non ci fosse domani.
I colpi che mi rifilava non erano forti, stava palesemente dosando la sua forza.
Continuai a sorridere divertita perché nonostante gli scongiuri il mio avversario non aveva intenzione di cedere. Notando la mia netta posizione di svantaggio con un improvviso impeto di coraggio opposi resistenza e feci una leggera pressione con il braccio imprigionato nel suo, mentre con quello libero afferrai svelta un lembo della sua camicia blu.
Lui barcollò leggermente, dandomi il tempo di alzarmi con uno scatto fulmineo.
Una manovra sconsiderata che ci fece perdere l’equilibrio.
Sarei senz’altro finita con la schiena contro il tavolino di vetro alle mie spalle se Thomas non mi avesse prontamente trattenuta per i fianchi.
La forza con la quale mi afferrò però fu così forte da sbilanciarci e far cadere Tom sul divano e me sopra di lui.
Ebbi l'amara impressione che una piccola parte di me avrebbe voluto restare in quella posizione - tutt'altro che comoda - per non so quanto tempo, ed ancora più assurda invece fu la consapevolezza che - ad onor del vero - neanche lui mostrava alcuna intenzione di muoversi.
Nella posizione in cui ci trovavamo - e che Emma avrebbe definito ‘altamente compromettente’ - riuscivo chiaramente a percepire l'ormai familiare fragranza del suo profumo: lime e guaranà.
Inspirai, non riuscendo a fare a meno di inalarne un po' dandomi mentalmente della cretina poiché - ne ero certa - dovevo senz’altro aver assunto un’espressione inebetita.
Iniziavo a sentire le rotelline del mio cervello azionarsi ed elencarmi in coro epiteti di ogni genere per quelle assurde elucubrazioni mentali.

' Maledetto profumo. '

Perché si, senza ombra di dubbio la colpa per aver provocato la morte celebrale dei miei neuroni ricadeva sull’oggetto e non sul soggetto.

‘ Oggetto e non soggetto ’ - cantilenai mentalmente.

Inspirai di nuovo quell’odore così dolce che si era impossessato del mio olfatto.

' Stramaledettissimo profumo. '
‘ Oggetto e non soggetto ’ - ripetei stordita.

Lo fissai dritta negli occhi per qualche secondo, notando solo in quel momento che il mio ciuffo ribelle stava solleticandogli la guancia, un particolare irrilevante che mi spinse a tornare alla realtà e che mi portò a focalizzare l'attenzione sulle sue mani, poggiate gentilmente dietro la mia schiena.
<< Tutto bene? >> domandò labile
Mossi la testa in segno di assenso, provai anche ad articolare una risposta ma la mia voce mi aveva abbandonata.
Ancora una volta, nessuno dei due si mosse.

Quella vicinanza mi permise di intravedere dei sottili filamenti marroni intorno ai suoi occhi, dettaglio che non avevo mai notato prima.

Probabilmente perchè non gli eri mai stata così vicina ' - mi rimproverò la vocina dentro la mia testa, che scelsi saggiamente di ignorare.

Una manciata di secondi dopo vidi Thomas portare lentamente quel ciuffo dietro il mio orecchio procurandomi, per la seconda volta in quella giornata, una scossa lungo tutto il corpo.
In sottofondo il rumore ovattato delle voci di Emma e Marco servì a farci prendere definitivamente coscienza. Ci alzammo immediatamente, lui tornò a sedere composto, io iniziai a fissare intensamente il vaso in ceramica vicino la televisione.
Guardai la mia amica, sforzandomi di assumere l'espressione più tranquilla ed indifferente possibile, il suo sguardo sospettoso e le sopracciglia arcuate mi fecero intuire di aver fallito il tentativo.

Emma piombò tra me e Thomas lanciandomi occhiate fortuite.
<< Cos’è successo? >> domandò non riuscendo a contenere la sua curiosità
<< Niente >> tagliai corto
<< Non ti credo, sei paonazza >> disse ghignando
Sgranai gli occhi sorpresa.
Non ero mai stata il tipo che arrossiva vistosamente nelle situazioni poco gradevoli o in quelle imbarazzanti, credevo di essere immune a questo genere di cose.
Mi portai istintivamente una mano sul volto << sul serio? >> chiesi piano e leggermente in imbarazzo.
<< No >> rispose Emma allargando il suo sorriso << ma almeno hai ammesso che è successo qualcosa! >> concluse ridendo.
Rimasi a fissarla immobile. Mi ero fatta incastrare come un’idiota dalla mia migliore amica.
<< Poi ti racconto >> ammisi sconfitta << ma ora smettila altrimenti quei due s’insospettiscono! >> tagliai corto e sperai che mi assecondasse.
I due ragazzi infatti ci stavano fissando in silenzio.

Di male in peggio '

<< Forza, iniziamo a vedere questo film >> disse Emma alla fine .
Le fui grata per aver deciso di non darmi in pasto agli squali, ma quando la vidi alzarsi, strizzarmi l’occhio e andare a sedersi vicino a Marco fui costretta a ritrattare tutto.
<< Mi sento soffocare tra te e Tom, lo sai che a me piace star comoda >> affermò giustificando quel cambio di posizione repentino.

La guardai esasperata ricevendo solamente l'ennesimo ghigno divertito come risposta.

Infida di una sorella '

<< Niki >> continuò facendo cenno di avvicinarmi di più a Thomas << ti spiace farti più in là? >>
Allargai gli occhi e serrai le labbra in una chiara minaccia di morte.
<< Forza Niki, spostati! >>

Evidentemente le mie espressioni facciali non avevano dato il risultato sperato.
Mi voltai verso il mio migliore amico per esaminare la situazione e quando mi accorsi che stava ascoltando la conversazione optai saggiamente di arrendermi.
Le ore successive trascorsero velocemente, i miei amici si mostrarono entusiasti, la mia opinione non faceva testo anche perché avevo trascorso l'intera durata del film rintanata tra il braccio di Thomas ed un fedele cuscino che avevo prontamente scelto come mio compagno di sventura.
<< Sei proprio una fifona >> disse, quando all’ennesima scena mi voltai per afferrare il suo braccio.
<< Non ho paura >> ribattei trafelata << è che il sangue non lo reggo >>.
Quando finalmente quella tortura finì si offrì di darmi un passaggio fino a casa.
Casa mia era una piccola villetta indipendente che troneggiava alla fine di un lungo viale alberato. Si diramava tutta su un piano, con un piccolo giardino ed un box auto.
Mia madre, Giulia, mi aspettava con un mestolo in mano ed il telefono - che ancora non aveva imparato ad utilizzare - nell'altra. Faceva la casalinga, si era sposata con mio padre circa vent'anni prima e si amavano come il primo giorno.
Papà Corrado era un meccanico, aveva sempre fatto questo durante la sua vita, macchine e motori l'avevano appassionato sin da ragazzino, crescendo intraprendere quella professione era stato per lui quasi naturale.
<< Niki, più tardi potresti aiutare tuo fratello?>> chiese mia madre, facendomi cenno di raggiungerla a tavola.
Alessandro Castellani, anni dodici e voglia di studiare inesistente era il mio unico fratello. Nonostante la differenza di età avevamo instaurato un'intesa particolare, molto spesso me lo ritrovavo in camera ed ancora più frequentemente mi ritrovavo a costringerlo a rigare dritto a scuola. Come ogni adolescente che si rispetti Alessandro stava attraversando la tipica fase di rifiuto delle mansioni scolastiche.
Tre ore e venticinque espressioni algebriche dopo mi gettai nel letto della mia camera con la grazia di un elefante, lasciandomi cullare dalle braccia di Morfeo.
Un'ora dopo, o poco più, un fastidioso rumore ovattato mi ridestò dallo stato di semi-incoscienza.
Girai la testa dall'altro lato, determinata più che mai ad ignorarlo.
Ci fu un istante di silenzio, ed un secondo dopo lo stesso rumore ritornò prepotente e più tonante di prima.
Riconobbi poco dopo la molesta vibrazione del mio cellulare, finito - non sapevo ancora come - sotto il mio cuscino.
Con ancora gli occhi completamente serrati risposi controvoglia.
<< Disturbo? >> chiese la voce proveniente dall'apparecchio
<< Thomas? >> azzardai dubbiosa
<< In persona >> rispose semplicemente
Apri lentamente gli occhi << tutto bene?>> chiesi incerta prima di mettendomi seduta.
Rimase in silenzio per qualche secondo.
<< Si >> fece una piccola pausa << in realtà volevo solo sapere se stavi bene >> esitò un istante << sai, dopo averti praticamente obbligata a vedere un film come quello temevo un calo di zuccheri >> concluse .
Accennai un debole sorriso << grazie del pensiero >> risposi, la voce ancora impastata di sonno.
<< Cosa stavi facendo? >>
<< Mi ero addormentata, credo da qualche minuto >> sorrisi di nuovo
<< Scusami >> rispose dispiaciuto
<< Non preoccuparti >> mi affrettai a tranquillizzarlo
<< Ti lascio riposare, ci vediamo domattina >>
Ci pensai su per qualche secondo, se fosse stato qualcun altro probabilmente avrei accettato la proposta di buon grado, avrei spento il telefono e sarei ritornata beatamente a riposare, ma stavamo parlando di Thomas e non ero esattamente una persona prevedibile quando c'era lui nei paraggi.
<< Ormai sono sveglia, non riuscirei più a prendere sonno >>

' Ma se dormiresti anche in piedi? ' - mi rimproverò la stupida vocina.

<< Piuttosto >> continuai << tu che stavi facendo? >> spostai il telefono da un orecchio all'altro ed iniziai a raccogliere distrattamente i capelli in uno chignon scomposto.
<< Nulla, speravo di fare un giro in bici più tardi. Tu che programmi hai? >>
Avevamo preso l'abitudine, non ricordo neanche più da quando, di sentirci praticamente sempre e nonostante trascorressimo insieme sei lunghissime ore scolastiche alla fine di ogni giorno c'era sempre qualcosa che lui dovesse dire a me e io a lui.
Qualcosa che, a quanto pare - e secondo Emma - non poteva farci aspettare fino al giorno seguente.
<< Penso di studiare matematica, domani quella strega interroga e sai benissimo quanto io le stia sulle scatole! >> risposi contrariata.
<< Io la trovo simpatica >>
<< Questo perché sei praticamente il suo prediletto. Se potesse ti farebbe diplomare oggi stesso senza neanche farti fare la maturità!>> aggrottai la fronte indispettita.
Era risaputo del debole che la professoressa Gervasi aveva per Thomas Tavelli.
Quello che proprio non riuscivo a spiegarmi era la palese antipatia che nutriva nei miei riguardi, si è vero, la matematica non mi era mai piaciuta, ma grazie ad Emma ero riuscita a conquistare un sudato e merito sette, un voto che con un'arpia del genere dovevo sempre tenermi stretto con le unghie e con i denti.
<< Ci credo, il mio fascino non ha eguali! Piuttosto, ho visto che stasera trasmettono in prima serata quella saga che ti piace tanto, scommetto che ti sei già barricata in camera e hai comprato i pop-corn >> chiese Thomas divertito.
Per Thomas ed Emma ero praticamente un libro aperto.
Sapevano sempre esattamente cosa mi passasse per la testa ed erano in grado di elencarmi, nel dettaglio, tutte le mie abitudini.
Tranne quella volta.
<< In realtà no >> dichiarai timidamente << vado al cinema con Luca >>.

 





 

Le cose più importanti della nostra vita
Iniziano sempre per caso.









Rieccomi, innanzi tutto volevo dirvi che ho cambiato nick. Mi sono trasformata in Orihime. 
Secondariamente, come promesso sono riuscita ad aggiornare in tempo; questo capitolo è molto più lungo rispetto al precedente e presenta dettagli in più riguardo la storia.
Verranno delineati difatti, i legami interpersonali, i tratti somatici e caratteriali, non solo dei protagonisti, ma delle new entry.
Ho deciso, inoltre, di inserire a fine capitolo un piccolo SPOILER, nella speranza di poter attirare la vostra attenzione.
In attesa di conoscere le vostre opinioni, vi mando un grosso bacio.
Ci si vede al prossimo lunedì.
La nuova Orihime. ;)


* AGGIORNAMENTO DEL 07/02/2017: 
Per tutti quelli che sono finiti per caso a leggere questa storia e per quelli che invece lo hanno già fatto, rendendomi la ragazza più felice sulla faccia della terra, volevo precisare alcune cose: ho iniziato di recente ad effettuare delle modifiche sulla storia, fondamentalmente la trama orizzontale non ha effettuato modifiche ma ho deciso di inserire alcuni passaggi, ti toglierne altri, di spostare dei pezzi di capitoli da una parte ad un altra in base alle esigenze della storia, pertanto è possibile che la disposizione temporale di alcune scene subiranno delle variazioni, saranno inserite scene completamente nuove, flashback, dialoghi e probabilmente aggiungerò qualche capitolo intermedio. Una rilevante ristrutturazione insomma, nella speranza di rendere questo racconto migliore e più interessante.
Continuerò a postare questa piccola nota in tutti gli altri capitoli insieme all'umile richiesta di farmi sapere le vostre opinioni in merito.
Un abbraccio,
ORIHIME <3

  
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