Anime & Manga > Sailor Moon
Segui la storia  |       
Autore: Kat Logan    04/11/2011    15 recensioni
Caro padre, come mi guarderesti se lo sapessi? Avresti ancora occhi per me? Mi riserveresti una delle tue carezze gentili se fossi a conoscenza del fatto che amo uno scarto della società, come lo chiameresti tu?
Eppure è così. La tua bambina è perdutamente innamorata del suo rapitore.
“E ci ameremo e spereremo e moriremo senza secondi fini.”
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'Mondo Yakuza'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



 
I tre scalini che la separavano dall’entrata della centrale, in quel momento, le sembrarono una vera e propria prova di resistenza.
Michiru si era immobilizzata davanti al portone, senza avere la forza di entrare, il freddo nelle ossa e l’acqua piovana che scorreva sull’asfalto allagato le arrivava alle caviglie.
Non accenna a smettere…
Alzò il capo verso il cielo, scossa da un brivido.
Cupo e senza stelle.
Un macigno sullo stomaco.
Devo aiutare Haruka.
Quel pensiero le diede il coraggio di entrare nell’edificio.
Spinse il portone e una luce accecante, rispetto alle tenebre che erano calate all’esterno, la colpì in pieno viso, quasi accecandola.
Un ragazzo vedendola in piedi davanti a sé sgranò gli occhi soffocando un verso indefinito, lasciando che la pila di fogli stretta fino a quel momento, gli cadesse dalle mani.
Con lo sguardo di chi aveva visto un fantasma, dopo averla ripetutamente osservata attentamente, prese a correre nel corridoio scomparendo dalla sua visuale.
 
 
 
 
La porta dell'ufficio si aprì violentemente senza alcun avviso, lasciando comparire la figura alta e magra di un giovane dai capelli corti nero pece sulla soglia visibilmente agitato.
"Ispettore Meiō!" la sua voce arrivò violenta all'orecchio della donna che sedeva alla scrivania tenendo all'orecchio destro la cornetta telefonica e che stava spegnendo energicamente una sigaretta nel posacenere davanti a lei seminascosto dalle pile di documenti abbandonate sulla scrivania.
Le sue iridi scure si posarono severe sul ragazzo mentre sibilava un "uhm, ho capito, le saprò dire." come chiusura a quella telefonata.
"Ispettore Meiō..." ripetè la voce una volta che la donna gli prestò attenzione.
"Si, Takumi! E comunque gradirei bussasse la prossima volta!"
"Mi scusi ispettore, ma è urgente!"
Seguì un breve silenzio in cui la donna accavallò le gambe sulla sedia voltandosi con tutto il corpo verso il suo interlocutore.
"L'abbiamo ritrovata!" proseguì il giovane.
Sembrava non tenersi più nella pelle, il suo sguardo vispo si era illuminato a quelle due parole e un sorriso soddisfatto gli si era dipinto in volto.
"Puoi essere più preciso?"
"Abbiamo ritrovato Michiru Kaiō!"
A quel nome la donna scattò in piedi come se una scarica elettrica l'avesse colpita.
Non ci posso credere!
L'ispettore Setsuna Meiō scartò il ragazzo che le aveva comunicato la notizia uscendo dalla stanza senza aggiungere altro.
Camminò per il lungo corridoio osservando distrattamente il tempo fuori da una delle finestre della centrale.
Un violento temporale si stava abbattendo fuori dalla struttura, le gocce pesanti picchiettavano imperterrite sui vetri con uno scroscio continuo che accompagnò i suoi passi veloci.
Distogliendo lo sguardo e salutando distrattamente con un cenno della mano un collega, si domandò come fosse possibile che una persona sparita nel nulla comparisse inspiegabilmente da un momento all'altro.
Si diede un leggero pizzicotto al braccio per assicurarsi non stesse sognando. Nella sua carriera nessun caso si era mai risolto da solo prima d'ora.
Si fermò davanti ad una porta, sistemandosi i lunghi capelli dietro le orecchie e stirando alcune pieghe appena visibili dal suo vestito.
Posò la mano sulla maniglia, contò fino a tre prima di spingerlo verso il basso ed entrò nella stanza grigia e spoglia dove di solito si tenevano gli interrogatori.
Lo spazio era essenziale ed impersonale, ad arredarlo c'era solo un semplice tavolo, due sedie e un mobiletto basso in metallo tutt'altro che elegante.
La lampadina appesa al soffitto senza alcuna plafoniera emetteva un flebile ronzio.
"Signorina Kaiō! E' un piacere vederla illesa!" l'ispettore si avvicinò alla giovane donna dicendo quella frase dopo aver girato attorno al tavolo e tendendole una mano. Mano che rimase a mezz'aria senza ricevere alcuna stretta.
Il capo della ragazza era chino, una cascata di lunghi capelli bagnati, dal colore acqua marina ricadeva in avanti coprendole il viso.
La mani erano strette tra loro e si torturavano silenziose senza sosta sulle ginocchia.
Setsuna le appoggiò una mano sulla spalla, ma l'altra si scostò senza degnarla di uno sguardo.
"Le hanno fatto del male?" la domanda uscì dalla bocca della donna che fece qualche passo indietro per non turbarla ulteriormente.
"Si può fidare di me..." fece una breve pausa per poi aggiungere alla frase il suo nome "Michiru..."
La ragazza sobbalzò al suono del suo nome, un ricordo si accese violento nella sua testa "Michiru..." la voce era un soffio, "Michiru scappa! Va via! Ora!"
Due occhi cobalto.
La pioggia fredda.
La macchina distrutta dall'urto con l'altra.
Non è stata una buona idea venire qui!
"Ma quegli imbecilli non le han dato nemmeno una giacca? Qualcosa con cui asciugarsi?!"
La voce di Setsuna la riportò al presente.
"Si prenderà un raffreddore Michiru, ci penso io, torno subito!"
Il rumore della porta che si chiuse le fece alzare lo sguardo che vagò per la stanza come alla ricerca di qualcosa, una via d'uscita alternativa.
Maledizione! Sono una codarda! Non dovevo andarmene! Non dovevo venire qui!
Si sentì mancare il respiro quando un pensiero la colpì. Il più importante.
Starà bene?
Si portò la mano candida al petto, le dita si contrassero sul tessuto bagnato della camicetta tirandone la stoffa.
Il suo cuore perse un battito al pensiero di quel nome.
Haruka...
"Ecco qui, questa la terrà al caldo! Ho chiesto di farle un té!"
L'ispettore era tornato lanciandole uno sguardo apprensivo e appoggiandole delicatamente una coperta scura sulle spalle.
"Grazie"
"Di nulla."
La donna sorrise, sedendosi davanti a lei e incrociando le mani sul tavolo.
"Si sente bene?"
Come risposta alla domanda seguì un pesante silenzio.
"Michiru, sarà sconvolta ma è necessario parlarne..."
Non sono sconvolta.
"Un rapimento non è cosa da poco, devo sapere tutto ciò che ricorda. Sbatterò personalmente quei cani in prigione!"
"Chi le dice sia stata rapita?" lo sguardo blu intenso era quasi accigliato.
"Non è così? Perchè mi risulta che lei..."
"Cosa?" la interruppe brusca sbattendo violentemente un pugno sulla superficie liscia del tavolo "Cosa le risulta?" la voce s'incrinò sull'ultima domanda.
"Suo padre dice che non sarebbe mai scappata senza dare sue notizie e non ne avrebbe avuto motivo...è scomparsa di colpo e si sono perse le sue tracce."
Non confesserò, non confesserò mai!
"Ho bisogno della sua collaborazione..."
Non dirò una parola.
"Le hanno intimata di tacere? Se è così non deve preoccuparsi, la proteggeremo noi!"
Non ho bisogno di protezione.
"Cosa le hanno detto? L'hanno minacciata?"
Non voglio protezione, non devo essere protetta a questo ci pensa già...
"Michiru può fidarsi, è il mio lavoro...non le accadrà nulla!"
Ci pensa già Haruka!
Quell'ultimo pensiero accompagnò un battito violento del suo cuore che sembrò schizzarle in gola.
Non avrebbe fatto alcun nome, non avrebbe raccontato nulla.
E con quelle convinzioni, che si radicavano sempre di più nella sua mente, tutto le fu immediatamente chiaro.
Si era innamorata del suo rapitore e l'avrebbe protetto fino alla fine.
La voce dell'ispettore si fece ovattata e lontana, le immagini sfumarono fino a quando la sua vista non fu più nitida, si sentì pesante.
Un capogiro.
"Va tutto bene?" quell'ultima domanda giunse al suo udito distorta quasi irriconoscibile e nell'ultimo istante di lucidità, prima di svenire, fu consapevole del fatto che lei era vittima della Sindrome di Stoccolma.
 
 
*
 
 
Lo sparo riecheggiò nell’aria. Quello fu l’unico rumore che interruppe la cantilena della pioggia fredda.
Haruka aprì gli occhi stordita, ancora a terra.
Davanti a lei, l’acqua della pozzanghera divenne rossa cremisi, rossa sangue.
Alzò lo sguardo e il suo cuore perse un battito.
L’Oyabun  si stava accasciando ferito, tentando di trovare nella spalla di Akira un appiglio.
Il ragazzo che aveva sparato il colpo prima di lui e le aveva salvato la vita, lo spinse lontano quel corpo, senza concedergli alcuna pietà.
Quello che seguì fu un tonfo sordo dell’uomo sgraziato ed un rantolo.
“Fortuna che sono arrivato in tempo…” sussurrò Akira aiutando l’amica a liberare gli arti inferiori dalla prigionia della vettura e a darle un sostegno per alzarsi.
Gli occhi ghiacciati sembrarono sorriderle sollevati.
“Oh Akira…sei vivo!” quelle parole vennero spezzate da un singhiozzo della bionda, che si avvinghiò al suo collo con presa ferrea.
Il ragazzo le accarezzò il capo, infilando le dita tra i suoi capelli bagnati e godendosi in silenzio quel raro gesto di affetto.
“E’ tutto ok, Haru…la parte brutta è finita…” sussurrò, “Daisuke è morto…ora sei tu l’Oyabun. Sei intoccabile. La corsa era tra voi due!”
L’Oyabun a terra tossì emettendo uno strano fischio di gola.
I due si voltarono a guardarlo, lo spettro di una risata malevola dava ancora luce a quel viso che lentamente si stava spegnendo.
“Dammi la pistola Akira!” disse Haruka passandosi il palmo della mano sotto il naso e gli occhi per asciugarsi le lacrime.
Il ragazzo ubbidì in silenzio.
“Il peggiore dei tuoi incubi si sta per avverare…” disse in un soffio la bionda all’orecchio del vecchio, che sgranò gli occhi a causa di uno  spasmo di dolore.
“Quella che ti ha deluso, la figlia di chi per te era un perdente…ora…sale al trono! Manderò in rovina il tuo squallido impero, padre!” l’ultima parola fu caricata di disprezzo e prima che il moribondo potesse dire qualsiasi cosa un colpo della revolver gli perforò la cassa cranica.
“No, non la esaudisco la tua ultima preghiera”.
 
Haruka prese un lungo respiro dopo quell’ultima frase.
Pioggia incessante.
Chiuse gli occhi in un momento di raccoglimento cercando di dimenticare il rumore che provocavano i proiettili una volta lacerata la carne.
Pioggia che lava, pioggia che purifica.
“Haru…”
Questa pioggia mi farà rinascere in qualche modo?
“Andiamo…”
La presa forte di Akira la sorresse.
“Dove…?”
“A casa, Haruka…andiamo a casa!”
Ora suonava strana quella parola.
“Ma…Michiru e Minako…”
“L’hai mandata alla polizia no?”
La bionda annuì con un cenno del capo salendo sull’auto argentata.
“E allora sarà al sicuro. Minako terrà duro ancora un altro po’, è in gamba! Dobbiamo solo medicarti, sei piuttosto malconcia!”
Haruka grugnì in segno di protesta.
“Un principe azzurro non può recuperare la propria principessa in queste condizioni!” Concluse con un occhiolino prima di mettere in moto e sfrecciare via.
 
 
*
 
 
Quando Michiru aprì gli occhi nel suo letto d’ospedale, la prima figura che mise a fuoco fu quella del ragazzo incontrato in aereo il giorno in cui arrivò a Tokyo.
E’ stato tutto un sogno?
“Buongiorno Michiru, sono il Dottor Chiba, finalmente ci rivediamo!” il giovane sorrise, puntandole un momento la luce di una piccola pila verso la pupilla.
“Sono contento di vedere che stai bene!”
No. Era tutto reale.
“Tu…lavori qui!” disse sorpresa.
Mamoru si indicò con un dito il cartellino appeso al camice “Così pare!”
“Quanto tempo è passato?” domandò la ragazza mettendosi a sedere.
“Sono le dieci del trentun’ ottobre!” disse il medico controllandole la flebo, “ti hanno portata qui intorno alle dieci di ieri sera, a causa dello stress subito il tuo fisico ha ceduto ma non preoccuparti!” sorrise per rassicurarla, “Tutto ciò che ti serve è un po’ di riposo e tranquillità, nulla di più!”
Ho perso così tanto tempo? Oh no, Akira, Haruka! Dannazione!
“Io…devo andare via di qui!”
Il ragazzo la guardò incuriosito da quell’esclamazione improvvisa.
“Sei al sicuro nessuno verrà a farti del male!”
“Non è per quello, devo…” Michiru si morse la lingua, “devo aiutare una persona!”
“Calmati…” lo sguardo intenso ed apprensivo di Mamoru cercò d’indagare il suo.
Si avvicinò a lei, rimettendola a letto.
“Ascoltami. Devi riposare e basta, ti ho fissato un appuntamento con uno psicologo in caso ti serva sfogarti con qualcuno e…”
“Non sono mica impazzita!” rispose piccata Michiru.
La risposta sprezzante fece rimanere interdetto il medico.
Buffo, sembra una persona così posata…
“Non intendo dire questo. Un rapimento è comunque un trauma…considerala una chiaccherata amichevole e nulla di più. Servirà solo a farti stare un po’ più tranquilla. Inoltre, ho detto agli agenti di lasciarti in pace ancora per qualche ora!”
“Bene!”
“D’accordo…io ora vado. Se…hai bisogno di qualunque cosa…”
“Si, c’è un campanello, lo so!”
Mamoru sostò un momento sulla soglia prima di uscire definitivamente dalla stanza, “a più tardi Michiru!”. Un cenno di saluto con la mano accompagnato da un sorriso e poi sparì.
 
 
Dalla porta fece capolino una testa blu che salutò educatamente nel corridoio il dottor Chiba.
“Ami, ciao!” Michiru nel vedere la sorella abbandonò un momento i pensieri cupi che la stavano cominciando a tormentare.
“Oh Michiru stai bene!” disse l’altra abbracciandola teneramente. “Che paura ci hai fatto prendere!”
“Papà dov’è?”
“Al piano di sotto, sta compilando qualche scartoffia, tra poco arriverà anche lui!” la rassicurò raggiante Ami.
Devo uscire da qui, ma non so come fare…
“Cos’è successo? Non ti hanno fatta del male vero?”
“No, affatto…” lo sguardo blu si abbassò sulle lenzuola.
Come poteva dire a sua sorella che le persone con cui aveva convissuto quella prigionia erano diventate importanti per lei?
“Ok. Senti Michi…io ora devo andare a testimoniare in centrale ma, torno presto ok? Mi puoi raccontare tutto!”
A quelle parole Michiru afferrò la manica della sorella.
“Cosa devi andare a dire…in centrale?” deglutì, cercando di non apparire troppo preoccupata ma non accennò a diminuire la presa dal braccio dell’altra.
“Minako, una mia compagna di corso era venuta a chied - ”
“Devi mentire!” la interruppe la più grande.
Ami apparve confusa, aggrottò le sopracciglia e provò a mettere insieme una frase di senso compiuta che non fosse cosa diavolo stai dicendo?
“Minako non è una cattiva persona!”
“Oddio, lei centra davvero…”
“Ami, stammi a sentire…”
“Stai vaneggiando!”
“No”.
Ami inspirò a fondo, cercando di capire quello che voleva sua sorella e quale fosse la cosa giusta da fare.
“Minako è stata un’amica e quello che ha fatto, lo ha fatto solo per non mettere nei guai il suo ragazzo…”
“Chi è il biondo, delinquente?”
“No e poi è una donna Haruka!”
“Oh…” le labbra di Ami formarono una piccola “o” per la sorpresa.
“Sto cercando di dirti…”
“Dillo chiaro, perché in questo frangente mi sembra un assurdità il fatto che tu voglia mentire alla polizia!”
Michiru lasciò la stoffa della manica di Ami e sospirò.
“Loro mi hanno difesa. Mi hanno protetta dal vero responsabile in tutti i modi possibili, Ami. Mi hanno salvato la vita. Se sono qui a parlare con te è solo merito di Haruka..”
“la bionda…”
“Si, esatto; e di Akira…il ragazzo di Minako”.
Ami chinò il capo di lato, si posò una mano alla fronte, sotto la frangia come a misurarsi la febbre e sbuffò.
“Minako ha fatto un gesto estremo, ma…io al suo posto avrei fatto lo stesso. Per proteggere te o papà farei di tutto…ed ora tu devi aiutarmi.” Michiru prese fiato. “Devi aiutarmi a proteggere chi mi ha difesa, ti prego!”
 
 
*
 
 
Setsuna rientrò in centrale, l’espressione che Rei aveva in viso non prometteva nulla di buono.
“Cos’è successo?”
“Ok, non ti arrabbiare come prima cosa…” cominciò la mora.
“E come seconda cosa?”
“Quando sono arrivata era già successo, io non centro!” si discolpò subito alzando il palmo della mano in aria.
L’ispettore respirò a fondo.
Aveva mal di testa a causa del mancato riposo e sapeva che di li a qualche secondo la sua emicrania sarebbe peggiorata a causa di una brutta notizia.
“Me lo dici tu quindi o lo devo scoprire da sola?”
“Quale ti fa meno arrabbiare?”
“Quella che mi fa perdere meno tempo, perché sono esausta Rei!”
La mora sembrò pensare a quale fosse la scelta migliore. Fece sedere la fidanzata e le massaggiò le tempie reggendosi in piedi col busto appoggiato allo schienale.
“Addirittura? Scommetto che mi farà infuriare la cosa allora…”
“Vuoi un giro di parole o devo essere rapida e concisa?” domandò la mora prima di sputare il rospo.
“Fa più male un colpo secco o se si rigira un bel coltello acuminato nella ferita?”
“Sembra un rebus detta così…”
“Non cambiare argomento! Spara! Si rapida ed indolore!”
Rei le lasciò un bacio leggero sul capo e l’altra alzò gli occhi al cielo impaziente.
Odiava le attese.
“ehm…” La fidanzata si schiarì la voce.
“Ricorda che io ho le stampelle e sono appoggiata in bilico a questo affare perciò non fare movimenti troppo bruschi per la rabbia…”
“REI!”
“Ok. MinakoAinoNonE’piùNellaSuaCella!” disse tutta d’un fiato.
“CHE COSA?”
Oh no, esplosione in arrivo!
“Ricordati!! Sedia, stampelle io che cado, movimenti bruschi!”
“Dannazione Rei! Riprendile!” gridò Setsuna passandole gli oggetti così da poter finalmente scattare in piedi come un fuso e gesticolare quanto le pareva.
“Com’è possibile?”
“Ehm…Ehm…”
“Rei, non andare in iperventilazione! Non funziona con me!”
“Ma…”
Setsuna si portò le mani nei capelli. Scosse la testa per poi sventolare i palmi in aria.
“Non ci posso credere!”
A passo spedito si diresse dalla guardia di turno alla cella.
“Imbecille!!”
“Signor…Signor Ispetto -”
Pure mezzo analfabeta.
“Non posso assentarmi da questo posto per qualche ora che una persona da trattenere riesce magicamente a scomparire nel nulla? Come ha fatto?!”
“Ma…”
“Parla santi numi!”
“L’ha portata via!” l’uomo sembrò tartagliare un momento.
“Chi?”
“U..un…po-poliziotto!”
“E chi era?!” Setsuna si portò le mani sui fianchi indispettita e sconcertata “com’era fatto? Come si chiamava? Voglio i dettagli!”
 
 
*
 
Yoshio ed Ami avevano abbandonato da circa venti minuti la stanza.
Michiru scattò in piedi alla ricerca dei vestiti puliti che Ami le aveva portato di ricambio.
Due bussate leggere alla porta la fecero però tornare sotto le coperte.
Chi è sta volta?
“Si?!”
Riconobbe immediatamente i due occhi cobalto che si presentarono nella stanza.
“Sei viva! Oddio!” esclamò andando ad abbracciare Haruka.
“Mantengo le mie promesse principessa!” le sorrise la bionda baciandola poi con trasporto.
“La divisa ti dona! Dove l’hai recuperata?” domandò Michiru guardandola vestita nella sua uniforme da poliziotta.
“Sai com’è…ad Halloween ci si traveste facilmente! Ah, non ho ucciso nessuno per averla lo giuro!”
“Dimmi di Akira e Minako! E l’oyabun? Daisuke?”
“Frena! Troppe domande!”
Michiru si sporse appena dalla porta per controllare che nessuno fosse in arrivo e richiuse la porta della stanza.
“In breve…” cominciò la bionda scompigliandosi i ciuffetti ribelli che le uscivano dal cappello, “Daisuke è stato ucciso da Akira che è venuto in mio aiuto sparando all’Oyabun. Lui è morto ed ora a capo della Yakuza ci sono io, perciò è stato facile trovare i nomi dei nostri infiltrati nella polizia e far liberare Minako, che ora si trova vestita da infermiera sexy sul sedile posteriore della macchina parcheggiata qui sotto con il suo cavaliere a fianco!”
Michiru boccheggiò alla ricerca di aria da respirare.
“Ho intenzione di cambiare le cose Michi…”
“Cosa vuoi dire?”
“Voglio dire che…collaborerò con la polizia per far sbattere dentro tutte le persone a capo dei vari clan della yakuza. Il mio ruolo da Oyabun mi servirà solo come copertura, non voglio certo continuare a fare questo schifo di vita…”
“E’ fantastico!” Michiru l’abbracciò nuovamente alzandosi sulle punte.
“Ora devo andare…”
“Vengo anche io!”
“Oh no per carità, ferma!”
Haruka sembrò implorante.
“Penseranno che ti avrò rapita di nuovo!”
“Lascio un…biglietto?” La ragazza fece un mezzo giro su se stessa alla ricerca di un foglio e di una penna.
“Ora accompagno in aeroporto Minako e Akira…finalmente potranno trasferirsi in una vera casa…e indovina dove hanno scelto di andare per cambiare un po’ aria?”
“Dove?” la curiosità pizzicava la voce di Michiru.
“Ad Osaka!”
“Li avrò come vicini di casa, allora!” scherzò allegra la ragazza.
“Ho convinto Ami a non testimoniare, è tutto quello che sono riuscita a fare…ora però…”
“Michiru…resta qui!” ad Haruka costarono enormemente quelle parole.
“Riprenditi, passa un po’ di tempo con la tua famiglia e poi torna a casa…”
Gli occhi di Michiru si riempirono di lacrime all’improvviso.
“Non piangere…questo non è un addio, solo un arrivederci. Te lo prometto!”
La bionda abbandonò un bacio sulla sua fronte allontanandosi da lei.
Doveva andarsene da li o non avrebbe resistito a quegli occhi che volevano tenerla legata a lei.
“Quanto?” Michiru tirò su col naso, “quanto dovrò aspettare?”
“Non te ne accorgerai nemmeno!” Haruka sorrise, uscendo dalla porta.
“Mantengo sempre le promesse che ti faccio!”
“Farai il possibile?”
“E anche l’impossibile, principessa!”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
EPILOGO:
 
Un mese dopo – Osaka.
 
Akira sventolò nuovamente la boccetta contenente il liquido scuro sotto il naso della propria ragazza, intenta ad assaporare un pezzo di sushi con le bacchette.
“Mina! Aggiungici la salsa di soia! Ti assicuro che è molto più buono così!”
“Zitto un po’! bada alle tue cose da mangiare! Lascia in pace me!”
“Scorbutica!”
“Ossessionato dalla cucina!”
“Ehi, voi due! Basta!” tossicchiò Michiru rimproverandoli bonariamente all’altro lato del tavolo.
“E’ bellissimo questo ristorante sul mare!” disse appoggiando una mano sotto al mento contemplando dall’ampia vetrata l’orizzonte che si perdeva oltre la superfice dell’oceano.
“E pensa che da domani lavorerò qui!” disse tutto orgoglioso Akira, gonfiando il petto.
“Pensa…” lo prese in giro Minako. “Te lo immagini dopo a casa? Romperà ancora di più le scatole per i suoi prelibati piatti!”
I tre scoppiarono a ridere all’unisono.
“E tu Mina? Che farai? Akira ha esaudito il suo sogno…”
“Io studio come non frequentante!” arrossì lievemente, un po’ imbarazzata “tua sorella è stata molto gentile, si è offerta di darmi una mano in vista degli esami!”
“Mi fa piacere!”
Il cameriere si avvicinò al tavolo portando il conto, chiesto qualche minuto prima dal ragazzo moro.
“Offro io!” disse Michiru prendendo per prima lo scontrino.
“Non se ne parla! Noi siamo in due e mangiamo come fogne!”
“Invece si fa come dico io!” protestò col sorriso sulle labbra la ragazza, decisa più che mai.
“Dai, Minako lasciala fare…se il conto è troppo salato possiamo sempre sparare a un po’ di gente!”
Le due lo guardarono torve.
“Ok, era una battutaccia, sapete le brutte abitudini…”
“Zitto Akira!” dissero in coro le ragazze.
 
La bionda guardò la porta del ristorante come in attesa di qualcosa.
“Aspetti qualcuno?” chiese l’altra notandola rigirarsi sulla sedia.
“Io? Assolutamente no!”
Il cellulare di Michiru squillò in quell’istante senza permetterle di indagare oltre.
Strano, un numero sconosciuto.
Fece cenno ai due amici di aspettare un momento e si allontanò, dirigendosi sul molo rispondendo alla chiamata.
“Pronto?”
“Ehi, principessa!”
Solo Haruka mi chiama così!
“Haru!”
“Indovinato!”
“Ciao…”
“Senti…quell’idiota di Akira ha sbagliato a darmi le indicazioni per arrivare da voi. Era talmente esaltato che gli è andato in tilt il cervello a quanto pare…”
“Sei…” il respiro le venne a mancare.
Era così felice da non riuscire più a respirare.
“Sei qui? Ad Osaka?”
“Precisamente!”
“E…” Michiru si appoggiò al parapetto, guardando le onde calme che si agitavano lente sotto di lei.
“Dove sei di preciso?”
Il rumore dell’acqua coprì ogni altro suono.
“Dietro di te!”
Sentì il respiro di Haruka solleticarle il collo e le sue labbra umide e calde appoggiarsi sopra la sua pelle.
“Non posso crederci!”
“Hai così poca fiducia in me?”
Haruka le sistemò meglio la sciarpa lenta che le scopriva in parte il collo.
“Rischi di raffreddarti…”
“Non mi ucciderà di certo un po’ di freddo!”
“Già.” Haruka sorrise “a quanto pare sei una con la pellaccia dura!”
“O forse…” Michiru si strinse a lei, nel suo cappotto nero elegante che profumava di cannella.
“Ho un attimo angelo custode!”
“Non credo sia il termine più adatto, per definirmi!”
“Sei pallosa!” Michiru si lasciò andare ad una risata cristallina.
“Ehy! Questo vocabolario non ti si addice!”
“Ma come te lo devo dire? E’ la tua presenza a farmi diventare scurrile!”
“Fantastico! Un ottimo benvenuto!”
La ragazza fece abbassare la bionda verso di sé tirandola per il bavero della giacca.
“Il mare, te,gli amici…cosa voglio di meglio?”
Il suo sussurro la fece rabbrividire.
“Potrei rapirti. Sarebbe la ciliegina sulla torta non trovi?”
Le farfalle nello stomaco non risparmiarono Michiru che si abbandonò ad un bacio caldo, dal sapore meno pericoloso dei precedenti che c’erano stati.
 
“Se vuoi farlo…fa che sia per sempre questa volta!”
 
 
 
 
 
 

-       Stockholm Syndrome –
 

 
 
Note dell’autrice:
 
Qui dovrebbero partire i titoli di coda.
*Kat Logan disperata*, non posso crederci che sia finita! Mi viene da piangere, mi domando come farò ora!! E’ vero ho tipo altre 400 fanfiction in mente da scrivere ma questa è stata speciale.
Mi ha dato una gran soddisfazione scriverla e per la prima volta sono orgogliosa di una delle mie storie. E’ ufficialmente la mia storia preferita ora. (Chissà se mi sentirete mai dire di nuovo queste parole -.-“).
Stockholm è stata speciale perché mi ha fatta emozionare mentre la scrivevo e soprattutto lo è stata grazie a voi e ai vostri splendidi commenti.
Con le vostre recensioni positive è entrata anche lei in classifica nella top 40 del fandom con altre due delle fic che l’hanno preceduta.
Alla fine ho optato per un lieto fine e far riunire tutti quanti.
Il breve epilogo non era stato pensato. Mi è venuto di getto, all’ultimo e ho pensato di inserirlo, per completare un po’ il tutto; nonostante avessi pensato di stroncare il capitolo col pezzo precedente.
Spero non vi abbia deluso e che in qualche modo possiate avere un bel ricordo di questa fan fiction.
Non posso crederci, c’è persino chi ha fatto delle fan art! ma qui è bene che non mi dilunghi oltre! Parlo sempre troppo!!
Colgo l’occasione per dirvi che la prossima settimana, pubblicherò la nuova ff “Love Trap” che oltre ad Haruka e Michiru comprenderà altri personaggi (tra cui probabilmente la guest star: Akira! Si non ho il coraggio di abbandonarlo!), perciò se vi va, vi sentite soli o non avete altro da fare e volete darmi un parere…sapete che Kat, non vi abbandona!
 
Ulteriori ringraziamenti (doverosi per me):
Un grazie di cuore a chi ha seguito Stockholm Syndrome. Sia che abbia commentato o meno. Grazie ai 52 iscritti alla pagina fb che mi tengono compagnia e sono un aiuto prezioso nel decidere quale decisione prendere quando sono in crisi con una storia.
 
Grazie alla mia beta TheGhostOf You  che ha segnalato la storia per le scelte anche se non ci è entrata :D
Grazie a Yas V, che mi ha fatto commuovere con la recensione al precedente capitolo e che mi ha nominata Kat Tarantino (che onore cavolo!!!)
Grazie a Caso che ha commentato fin dalla mia prima storia su efp e ancora è qui a farlo!
Grazie a Blue Lady, che mi da sempre dei voti altissimi che all’università invece mi negano. E mi ha aiutata in una decisione relativa alla prossima storia.
Grazie ad Amaerize per le fan art della ff!
Grazie a Learco che ha sempre una parola “buona” per distruggere Setsuna.
Grazie a Rita Ite che come un fulmine si è letta tutte le storie precedenti arrivando a commentare questa O___O (caspita che voglia che hai!!)
Grazie a Serenity Endimion che mi lascia sempre un papiro delirante che fa delirare anche me nella conseguente risposta.
Grazie a DylanDog, Hanako Hanako, Arwen 297, fulmineo e a chiunque ci sia stato a supportarmi!
 
Questo è tutto, Kat Logan Tarantino, passa e chiude!

   
 
Leggi le 15 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Sailor Moon / Vai alla pagina dell'autore: Kat Logan