Ogni mese, la giudiciA ci darà un tema su cui
dovremo scrivere la nostra storia,
scegliendo il giorno in cui pubblicarla.
Ho scelto il 26 perché a Settembre è il giorno del mio compleanno,
perciò ho pensato che mi potesse portare fortuna.
Il promt di questo mese è Natale.
(092. Natale nella Big Damn Table)
NOME AUTORE: Lyra_weird
(forum) Lyra Snape (EFP)
TITOLO DELLA STORIA:
L'albero di Natale
PERSONAGGI: Draco
Malfoy, Hermione Granger, Ginny Weasley
RATING: Verde
GENERE: Commedia
AVVERTENZE: One-shot
NdA: e riprendiamo
con le storie scritte di corsa...vabbe XD Ho deciso di riprendere il
tema della storia precedente riguardo le politiche Ministeriali a
favore dei Babbani (perché diciamocelo, sarebbe carino se
questa raccolta di storie avesse almeno un filo conduttore), e mi sono chiesta: cosa succederebbe se Draco Malfoy fosse costretto a fare un
albero di Natale senza magia? La schifezza che segue questa intro è la risposta (poi
è raccapricciante, ma voi almeno fate finta che sia una cosa
semidecente XD)
IMPORTANTE: NON è una Draco/Hermione!
Draco Malfoy entrò
in casa
Granger storcendo il naso, guardandosi intorno disgustato.
«Levati
quell’espressione
dalla faccia!» sbottò Hermione. «Non è
che io sia poi così felice di vederti
qui!»
«Tranquilla,
Granger, la cosa è
perfettamente reciproca» borbottò Draco.
«Grandioso!»
esclamò Hermione. «Allora
vedi di ascoltarmi e fare esattamente quello che ti dico,
così te ne andrai via
in fretta e io potrò essere lasciata in pace».
Si guardarono in
cagnesco per qualche
istante, senza dire nulla. Da quando, mesi prima, il Wizengamot aveva
emesso il
verdetto del processo contro i Malfoy, a parere di entrambi la loro
vita era
decisamente peggiorata.
«Il
Wizengamot riconosce l’essenziale
aiuto che la Signora Narcissa Malfoy ha fornito a Harry Potter,
mentendo al Signore
Oscuro, perciò nessuno della sua famiglia subirà
una condanna ad Azkaban» aveva
detto il giudice. «Tuttavia, per evitare che spiacevoli
manifestazioni di
disprezzo nei confronti dei Babbani si ripetano, la corte ha deciso che
il
signor Draco Malfoy debba imparare le loro abitudini. La signorina
Hermione
Granger si prenderà la responsabilità di
istruirlo».
Era difficile dire
chi, tra i due,
fosse stato il più scontento. Per settimane Draco non aveva
fatto altro che
ripetere che sarebbe stato molto più felice ad Azkaban,
mentre Hermione, pur non
dicendo quasi nulla, nel profondo sentiva che avrebbe preferito altre
sei
battaglie con Voldemort, piuttosto che quello.
«Io ho
aiutato Harry a salvare il
mondo, perché il Ministero ha deciso di punirmi?»
si era lamentata una volta
con Ginny, che aveva fatto spallucce.
«Possono
anche cadere diciotto Signori
Oscuri uno dietro l’altro, ma il Ministero
continuerà a prendere decisioni del
cavolo» aveva detto, e Hermione non aveva potuto essere
più d’accordo.
Da quattro mesi
ormai le lezioni di Babbanologia andavano avanti, e sebbene questo
avesse portato
a parecchie crisi isteriche, a una pentola a pressione esplosa e a un
cellulare
volato fuori dalla finestra, i due ragazzi non facevano di cenno ad
andare
leggermente più d’accordo, nonostante le minacce
della signora Granger.
«Bada bene,
Hermione» le aveva detto pochi minuti prima, guardandola
minacciosa. «Vedi di
comportarti in maniera civile con il tuo ospite, perché se
mi ritrovo di nuovo
minestra sparsa per tutta la cucina ti metterò in punizione
per tutto il resto
della tua vita».
La ragazza aveva
cercato
invano di spiegare che l’incidente della pentola pressione
era stata tutta
colpa di Draco che si era dimenticato di toglierla dal fuoco, e che al
massimo
quello che si comportava in maniera incivile era lui, non lei, e che comunque era ridicolo che una madre minacciasse di mettere in punizione la figlia quando questa aveva ormai diciannove anni, ma a
nulla erano
valse le sue proteste. Quella era una delle migliaia di ragioni per cui
avrebbe
preferito che Draco in quel momento si trovasse tra le fauci di un
enorme
Tranello del Diavolo estremamente affamato, piuttosto che
nell’anticamera di
casa sua.
«Cosa
dobbiamo
fare, oggi?» stava chiedendo questi con aria annoiata, ignaro
delle segrete
maledizioni che Hermione gli stava lanciando.
La ragazza
sospirò. «La lezione di oggi riguarda il
Natale» disse, sperando che quella
tortura finisse il prima possibile. «Scoprirai presto che il
Natale Babbano non
è poi così diverso da quello magico: anche noi
abbiamo Alberi, e ghirlande, e
regali…»
«Ottimo,
allora
posso andarmene?» la interruppe Draco, girandosi verso la
porta.
«Non ci
provare!»
lo fermò Hermione. «Oggi imparerai a fare un
albero di Natale esattamente come
fanno i Babbani, perciò dammi la tua bacchetta e vieni con
me».
Il ragazzo la
guardò malissimo per un attimo, poi, molto controvoglia,
tirò fuori la
bacchetta dalla tasca posteriore e gliela consegnò. Hermione
annuì soddisfatta,
poi precedette Draco nel salotto, dove li attendevano un abete, un
grosso vaso,
un sacchetto di terriccio e parecchie scatole aperte.
«Che
cos’è quella
roba?» chiese Draco, indicando il contenuto di una di esse.
«Sono palle
di
Natale» spiegò Hermione.
«E a che
cavolo
servono?» chiese Draco, guardandola come se improvvisamente
le fosse spuntata
una seconda testa.
«Si mettono
sull’albero»
disse Hermione, in tono ovvio. Notando che Draco continuava a lanciarle
sguardi
vacui, decise di tagliare corto. «Quello verrà
dopo, comunque. La prima cosa
che bisogna fare è travasare l’albero per metterlo
in un vaso un po’ più
carino».
«E non
potevi
farlo tu?» chiese Draco.
«No. Devi
imparare esattamente cosa fanno i Babbani, non ci sono scorciatoie, e
questo è
il primo passo. Di solito gli alberi che vendono nei supermercati hanno
le
radici avvolte in sacchetti di plastica, quindi va da sé che
li si deve mettere
in un vaso».
Draco
annuì,
rimpiangendo i tempi felici in cui non sapeva cosa volessero dire le
parole “supermercato”
o “plastica”.
«Molto
bene»
continuò Hermione. «Ho già messo fogli
di giornale sul pavimento, così non
sporcheremo tutto, quindi ora leva l’albero dal sacchetto e
mettilo in quel
vaso».
Draco la
guardò
vagamente perplesso. «E come?»
«Con le
mani!»
esclamò Hermione, cominciando ad alterarsi. Notando che lo
sguardo del ragazzo
da perplesso si faceva allarmato aggiunse, non senza una nota sadica:
«Sì, cara
la mia principessa sul pisello, te le sporcherai».
Draco le
lanciò
un’occhiata malevola e cominciò a svolgere il
sacchetto con la punta delle
dita: una volta che fu aperto, prese il sottile tronco
dell’abete e lo trasferì
nel vaso, tenendo le braccia il più tese possibile, come se
stesse trasportando
qualcosa di estremamente puzzolente.
«Non
è una bomba,
Malfoy, non fare tutte queste scene» sbottò
Hermione, per poi prendere il sacco
di terriccio. «Ora prendi la terra e mettila nel vaso,
così l’albero non cade.
Sì, con le mani» aggiunse, prima che il ragazzo
potesse aprir bocca. «Non è
fertilizzante di drago, è terra, non ti farà
niente».
Draco la
guardò
malissimo, prima di prendere il terriccio e buttarlo in malo modo nel
vaso,
sopprimendo il bisogno di farne ingoiare un paio di manciate
all’odiosa figura
che stava in piedi di fronte a lui, osservandolo soddisfatta.
«Ok, puoi
andare
a lavarti le mani, ora» concesse Hermione, quando Draco ebbe
finito. «Poi
potremo decorare l’albero».
«Cosa
dobbiamo
fare?» chiese Draco, scontroso, quando fu tornato in salotto.
«Be, hai
presente
le palle che hai guardato prima come se dovessero esplodere da un
momento all’altro?»
spiegò lei, prendendone una particolarmente bella, color
rosso. «Dobbiamo
appenderle ai rami dell’abete».
«E con cosa,
visto
che non ci è concesso di usare la magia?» chiese
Draco.
«C’è
il cordino
apposta, genio del male» lo prese in giro Hermione,
indicandoglielo. «Lo fai passare
intorno al ramo e resterà appeso» aggiunse,
appendendo la palla rossa a titolo di
esempio.
«E non avete
ghiaccioli o fatine da mettere sull’albero?» chiese
Draco, col tono di chi sta
seriamente pensando di far internare l’intera
umanità non magica in una casa di
cura.
«I
ghiaccioli si
sciolgono, re dei furboni» gli fece notare Hermione.
«Non hanno incantesimi che
li fanno diventare perenni, sono Babbani!
A meno che, naturalmente, non vivano in Antartide, e in quel caso credo
che
siano troppo preoccupati a cercare di sopravvivere al freddo per
occuparsi dell’albero
di Natale».
«Cose da
matti…»
borbottò Draco, afferrando una pallina con la grazia di un
rinoceronte affamato
che si precipita sul cibo dopo giorni di digiuno. Due secondi dopo,
frammenti
di pallina erano sparsi ai suoi piedi, e lui stava guardando i
piccolissimi
graffi sulla sua mano come se fosse stato sicuro che avrebbero dovuto
amputargliela.
«Devi stare
attento» lo sgridò Hermione, estraendo la
bacchetta. «Le palline sono di vetro,
e sono anche particolarmente sottili» aggiunse, pronunciando
un semplice
incantesimo che fece sparire ogni lesione dalla mano del ragazzo.
Puntò poi la
bacchetta sul pavimento e la pallina ritornò intera.
«Ecco qua» gli disse, porgendogliela.
«Fai più attenzione».
«Potevi
anche
dirmelo prima, che si rompono così facilmente!»
protestò Draco, prendendo la
pallina con più delicatezza e appendendola
all’albero.
«Non
è colpa mia
se hai la grazia di un canguro che ha appena imparato a
saltare» rispose
Hermione a tono, facendo spallucce.
Il ragazzo decise
che il miglior modo per non finire ad Azkaban fosse tacere e
continuò ad
appendere palline all’albero, nonostante non chiedesse di
meglio che poterle
scaraventare fuori dalla finestra come aveva fatto con il cellulare
mesi prima.
«E
ora?» chiese,
quando la scatola fu vuota.
«Ora si
appendono
i festoni!» disse Hermione, tirandone fuori uno dorato,
particolarmente lungo,
da una seconda scatola.
Draco lo
guardò
come se stesse per strangolarlo e scosse la testa. «Non
appenderò quel coso»
disse in tono categorico, incrociando le braccia.
«Tutti i
Babbani
li appendono, devi farlo» gli fece notare Hermione.
«No,
intendevo
che non lo appenderò di quel colore»
puntualizzò Draco. «Trovane uno argentato
o non se ne fa niente».
Hermione non
riuscì a reprimere una risatina, poi ricominciò a
frugare nella scatola e ne
estrasse un festone color argento. «Va bene
questo?» chiese, porgendoglielo.
Draco
grugnì la
sua approvazione e lo afferrò, per poi avvolgerlo intorno
all’albero seguendo
le istruzioni della ragazza.
«Molto
bene»
disse infine. «Ora che è finito direi che posso
anche andarmen…»
«Nossignore!»
lo
interruppe Hermione. «Mancano le lucine!»
esclamò, estraendone un lungo filo da
una terza scatola.
«Non puoi
semplicemente piazzare delle candeline?» chiese Draco,
stremato.
«Sei
matto?»
disse Hermione, scandalizzata. «Le candele perdono cera e,
soprattutto, darebbero
fuoco all’albero!»
«Ci sono
fuochi
magici che non bruciano» le fece notare il ragazzo.
«I fuochi
magici
sono proprietà dei maghi, i Babbani non ce li
hanno» rispose Hermione,
chiedendosi se Draco fosse particolarmente idiota o se lo stesse
facendo
apposta per farla arrabbiare.
«E quindi
che
cosa fate?»
«Beh, le
vedi
queste lampadine?» chiese Hermione. «Sono tutte
attaccate a un filo che
fornisce loro elettricità e le fa accendere. Ti ricordi
cos’è l’elettricità,
vero?»
«Purtroppo
sì»
sospirò Draco, prendendo le lucine.
«Allora
avvolgi
questo filo intorno all’albero come hai fatto con i
festoni» spiegò Hermione,
«e poi grazie al cielo avremo finito».
Dieci minuti
dopo, l’albero risplendeva soddisfatto sotto gli occhi dei
due ragazzi, che si
accasciarono, entrambi stravolti, sul divano.
«Non fare la
scena di quella che è stanca, sono stato io a fare tutto il
lavoro!» le disse Draco,
profondamente irritato.
«Farti da
baby-sitter è molto più stressante che fare
duecento alberi di Natale tutti di
seguito» rimbeccò Hermione. Gli porse la
bacchetta, che il ragazzo afferrò per
poi smaterializzarsi due secondi dopo senza dire una parola.
Due minuti dopo,
sulla soglia del salotto apparve Ginny, che guardò
l’amica con compassione.
«Allora, com’è andata?» le
chiese, sedendosi sul divano.
«Ha
sbrogliato le
luci con la grazia di un elefante e si sono appena spente tutte
perché il filo
si è spezzato, le palline sono in equilibrio precario
perché non voleva pungersi e appendendo il festone ha
rischiato di far cadere tutto sul pavimento» disse Hermione,
indicando l’albero, che aveva smesso di
risplendere e sembrava ricambiare il suo sguardo con aria depressa.
«Ma fino a Capodanno
direi che potrò starmene in pace».