Passeggiavamo
silenziosi
nelle viuzze più buie di Ftia, ognuno di nei perso nei
propri pensieri, o
almeno così credevo fin quando non sentii la risatina di
Patroclo al mio
fianco: “Voi parlate molto, vero?”
Lo
guardai e capii dai
suoi occhi furbi che mi stava fissando già da un
po’, ma io non me ne ero
accorto… finirò mai di fare la figura del cretino
con lui?
“Qualcosa
non va?” mi
chiese con una nota preoccupata nella voce; ero stato io a chiedergli
di fare
una passeggiata con me perché avevo bisogno di schiarirmi le
idee dopo quella
mattina terribile passata in attesa e soprattutto perché non
potevo supportare
il pensiero che alcuni dei lividi scuri che gli chiazzavano il viso
erano in
parte colpa mia che non ero stato in grado di proteggerlo da mio zio.
“No,
tranquillo, ma non
darmi del voi per favore.”
“Come
volete.” Stavo per
dirgli che mi aveva dato ancora del voi, quando il corpicino esile di
Patroclo
fu scosso da un violento attacco di tosse, concluso con un elegante
starnuto.
“Merda.”
Commentò lui
sfregandosi gli occhi, stanco: “Fa un freddo del
diavolo… o santi numi! Speriamo
che Ade non se la prenda con me!”
Lo
fissai un attimo
sbigottito, quindi scossi la testa e gli proposi di tornare al castello
e
trovare un modo per scaldarlo.
I
suoi occhi si spensero
all’improvviso e divennero di un grigio vuoto e triste, cosa
che mi fece capire
che dovevo aver detto qualcosa di sbagliato: “Non voglio
tornare il castello. Vostro
zio mi vuole nelle sue stanze fra un paio d’ore, come se non
gli avessi già
dato abbastanza…” tremò e si strinse le
braccio intorno al corpo: era coperto
solo da lividi e stracci, eppure era bellissimo in quelle condizioni;
mi chiesi
come doveva essere vestito decentemente e senza macchie violacee a
scurire la
sua pelle chiara e i suoi lineamenti sottili.
“Non
ti lascerò tornare da
lui.” Affermai deciso, ma sapevo già che avrei
fallito nel mio intento: era
così, non riuscivo a frenare il tremito che mi scuoteva al
solo pensiero di
contrariare mio zio.
Patroclo
sorrise
dolcemente come solo lui sapeva fare e sussurrò in modo che
nessun altro
potesse sentirci: “E’ normale avere
paura… tutti abbiamo paura, tu non sei da
meno. Ti sembrerò insolente, ma nonostante la tua
reputazione non credo che tu
sia perfetto ed invincibile… non preoccuparti per me, io me
la cavo.”
Lo
fissai, lo fissai a
lungo con gli occhi sgranati non sapendo come reagire, come rispondere
a quelle
parole gentili: di solito tutti mi urlano di non fare la femminuccia,
di
combattere e di comportarmi da eroe, da guerriero mentre ora
lui… mi stava
proteggendo.
Mi
stava difendendo da mio
zio e dal mio panico… sembrava che il mondo si fosse
capovolto e che Patroclo
avesse assunto il mio ruolo, ma non mi sfuggì la piccola
luce spaventata e
triste che colorava i suoi grandi occhi grigi; reagii
d’istinto e lo attirai a
me, abbracciandolo stando attento a non stringerlo troppo (con tutti
quei
lividi non si sa mai) e mi limitai a bisbigliare al suo orecchio:
“Mi hai dato
del tu…”
“Non
succederà più…”
“Io
voglio che succeda…”
Patroclo
ridacchiò appena
e si strinse a me in cerca di calore, chiudendo gli occhi.
Rimanemmo
così qualche
istante, stretti l’uno all’altro, chiedendoci
entrambi cosa ci stesse
succedendo: ci conoscevamo da poco eppure facevamo già di
tutto per stare il
più vicini possibile.
Non
mi ero mai sentito
così… scombussolato: la pelle di Patroclo, i suoi
neri capelli spettinati, le
labbra sottili e gli occhi grandi grigi (parliamoci chiaro, tutto di
lui)
risvegliavano in me sensazioni che non credevo nemmeno di saper provare.
Ma
questa volta non avevo
intenzione di lasciare che quella cosa grassa e unta conosciuta anche
come il
re di Pella, alias mio zio, gli faccia di nuovo del male.
Nessuno
dovrà più fargli
del male. Perché lui è MIO.
Io
per
primo rimasi sorpreso da quei pensieri, ma nello stesso istante in cui
il mio
cervello collego la parola Patroclo e mio il cuore prese a battermi
all’impazzata
e Patroclo lo notò, tanto che disse: “Ti batte
forte il cuore…”
Sussultai
cercando
inutilmente di non darlo a vedere, quindi mi allontanai di qualche
centimetro
da lui per poterlo guardare negli occhi e vidi così che
stava sorridendo piano,
timidamente e il ragazzo vendicativo era completamente scomparso,
lasciando
solo quello estremamente dolce e tenero.
“Dico
sul
serio Patroclo. Oggi tu non vai da mio zio, resti con me. Devi darti
una
ripulita e vestirsi decentemente e morirai di freddo. Poi ti
porterò dal medico
e ci assicuriamo che tu stia bene.” Sollevai una mano e la
avvicinai al suo
viso lentamente per dargli il tempo, se avesse voluto, di spostarsi, ma
lui non
lo fece, così gli spostai una ciocca scura e ribelle dagli
occhi e gli carezzai
la guancia.
Lui
chiuse
gli occhi e sospirò appoggiandosi maggiormente a me,
lasciandosi abbracciare e
cullare come un bambino spaventato.
“Ne
sei
sicuro?” mi chiede in fine, abbandonando definitivamente il
voi ed io annuisco
convinto, dicendo che mio zio nemmeno lo vedrà, che avrei
pensato io a lui.
Non
sapevo
come, ma lo avrei fatto e non avrei lasciato quello schifoso maiale si
avvicinasse ancora al mio piccolo Patroclo… dovevo
affrontare la mia paura più
grande, ma per lui avrei fatto questo ed altro.
Cercai
di
allontanare quei brutti pensieri per dedicarmi, ameno per due ore,
solamente a
Patroclo; lo presi per mano incurante di tutti quelli che ci stavano
fissando
confusi e sconcertati, portandolo con me a palazzo e nelle mie stanze.
Quando
mi
chiusi la porta alle spalle riuscivo a pensare una sola cosa: che mi
sta
succedendo?
Ringrazio
tutti quelli che seguono questa ff e in special modo Iri…
GRAZIEE!!!!! Spero di
non deluderti^^. Recensioni
sono sempre
gradite^^.