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Autore: Gio26    13/01/2012    1 recensioni
"Il momento buio della vita arriva per tutti. Improvvisamente, ti sembra che il mondo intero faccia schifo, che non abbia più senso continuare a vivere...
E poi incontri lei, la persona che ti ascolta in silenzio, ti consola, ti consiglia, ti aiuta ad andare avanti, a vivere.
Quella persona ti capisce con uno sguardo, perché tu sei come un libro aperto, per lei.
Ed io avevo incontrato quella persona per caso, in biblioteca, in uno squallido e piatto pomeriggio di settembre."
-
[Songs by: Jimi Hendrix, The Beatles, Bob Dylan, Tom Petty]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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Libro 2
LIBRO 2 - Omicidio nella notte

[The Beatles - Yesterday]
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Yesterday, all my troubles seemed so far away.
Now it looks as though they’re here to stay.
Oh, I believe in yesterday.

Quando arrivai a casa era sera tardi, ormai. Fuori era buio pesto e mi presi una bella strigliata da mia madre.
Quella notte però non riuscii a dormire. Continuavo a pensare a Phil. Che scema.
Tuttavia il mattino seguente la sveglia suonò crudelmente. La vita andava davvero avanti.
Mi tornò in mente il professore: quel giorno l'avrei rivisto in classe. Mi alzai faticosamente, mi vestii svogliatamente e mi trascinai a scuola.
Le ore sembravano non passare più... All'ultima ora avevo filosofia. Il professor Spencer spiegava un argomento interessante, ma non riuscivo proprio a stare attenta (cosa che non capitava mai, con il prof Spencer). Mi si chiudevano le palpebre e avevo un gran sonno. Appoggiai la testa sul banco e alla fine mi addormentai.
D'un tratto, mi svegliai. – Non è così, signorina Hendrix? – mi chiese il professore.
Io scossi la testa, intontita.
-Ben svegliata, Hendrix. Ci farebbe il piacere di tornare fra noi?
Tutti risero, in classe, mentre io morivo di vergogna.

Suddenly,
I’m not half the man I used to be,
There’s a shadow hanging over me,
Oh, yesterday came suddenly.

Qualche pomeriggio dopo tornai in biblioteca: avevo già finito "Omicidio nella notte" e avevo intenzione di leggerne uno ancora più depressivo, dopo la figuraccia che avevo fatto giorni prima in classe durante la lezione di filosofia. Il professor Spencer mi aveva messo in ridicolo davanti a tutti. Lo odiavo, anche se era colpa mia.
La notizia aveva già fatto il giro della scuola e gli studenti ridacchiavamo alle mie spalle, ogni volta che passavo.
“Ma quella non è la sfigata che si è addormentata in classe?!”
“Sì! Ma dai, credevo che queste cose succedessero solo nei film! Che tonta!”
“Ma non era sempre lei che non veniva cacata da Phil?”
“Ma sì! Infatti, come poteva sperare che quel figo da paura se la filasse, quella racchia?”
“Però io ho sentito che sono stati insieme...”
“È vero, ma lui l'ha mollata dopo una manciata di giorni! Che sfigata!”
Non ero mai stata così umiliata. La sfigata della scuola era tornata, più in forma che mai.
Necessitavo di un libro, senza dubbio. Righe di parole stampate di nero, pagine su pagine... Il mio rifugio, la mia medicina, il mio antidepressivo. La mia droga quotidiana.
Quel giorno c'era la donna-palla di turno al banco informazioni; nonostante il suo dolce sorriso simpatico, il suo viso paffutello non mi mise di buon umore quella volta. Ero troppo giù di morale.
"Omicidio nella notte" l'avevo trovato davvero bellissimo, quindi pensavo di prendere un altro romanzo della stessa autrice.
Ne presi uno e decisi di andare a cominciare di leggerlo un po' in sala lettura.
E indovinate un po' chi vi ritrovai, in quel salottino deserto?
-Buon pomeriggio, Hendrix. Già concluso quel libro?
-Professor Spencer, sinceramente lei è l'ultima persona che abbia voglia di incontrare, ora – tagliai corto, seccata. Non gli rivolsi uno sguardo e feci per andarmene.
-No, aspetta, non andartene- mi disse, alzandosi in piedi. -Avevo proprio voglia di parlarti.
-Ma io no- ribattei accigliata.
-È importante.
-Riguardo cosa?
-Puoi immaginartelo...
-Professore, eviti i suoi giri di parole!- sbottai. -Non sono proprio in vena, in questo periodo.
-Già, ho notato. È legato al tuo ex ragazzo, vero? Immagino che sia sempre lui il motivo per cui ti sei addormentata in classe.
-Mi dispiace, non capiterà più...- recitai, annoiata.
-Lo spero per te: non avevi dormito perché pensavi a lui?
-Senta, cosa vuole da me?! – esclamai, esasperata. – Anche se le ho raccontato i fatti miei non significa che lei sia autorizzato a impicciarsi nella mia vita.
-Non volevo: sono solo preoccupato per il tuo rendimento scolastico. Ho saputo che stai andando male in tutte le materie...
-Vuole farmi la predica anche lei? Se è così eviti, ci pensa già mia madre.
-No: in fondo l'anno è appena iniziato, potrai sempre migliorare. Io volevo solo scusarmi.- Restai a bocca aperta per la sorpresa. -So quel che si dice a scuola sul tuo conto, ed è a causa mia che...
-Ah, che bello, la notizia è arrivata anche in sala professori! Non potrei essere più felice! - gridai in modo sarcastico, esasperata.
-Non è davvero il caso di rovinarsi la vita e la salute a causa di un ragazzo, davvero.
A quel punto, scoppiai definitivamente. – Per lei è facile parlare: è un professore di filosofia! Mi dice tutte queste belle parole che ha letto chissà in quale tomo, ma...
-Queste cose non le ho lette da nessuna parte...
Non lo stavo più a sentire: ormai ero partita a razzo. – Ma lei che può saperne? Che può saperne dei miei problemi, che ne sa di amore?
-Se permetti, ho qualche anno di esperienza in più di te e ho visto più cose e persone - ribatté, secco.
-Ma io sono stata scaricata, mollata, gettata via come un fogliaccio inutile! Era il mio primo amore! Io gli credevo! Ora sono sola... Lo amavo, e lui se n'è andato senza spiegazioni! Lei come può capire...
-Mia moglie è morta – mi interruppe il professore. Mi spiazzò, come sempre: con quattro parole mi aveva zittita all'istante. – Dopo dieci anni di matrimonio. È ancora peggio che essere lasciati, non credi?
Restai pietrificata. Mi vergognavo da morire. -Mi... Mi scusi, non potevo saperlo. – Il tono della mia voce era cambiato totalmente. Non me lo sarei mai aspettato... E mi sarei aspettata ancora meno che mi raccontasse una cosa del genere. – Scusi, non volevo offenderla...
-Tranquilla. Ora non compatirmi, però.
All'improvviso mi venne in mente un particolare che avevo trascurato. – Professore, è per questo che anche lei aveva preso il libro “Suicidio”? Anche lei voleva ammazzarsi?
Il prof accennò ad una risata. -No, altrimenti non ti avrei mai detto quelle cose. Volevo solo informarmi meglio sulle motivazioni che spingono una persona a volersi togliersi la vita: è per questo che hai colto il mio interesse fin da subito, e ti ho voluta ascoltare. Mia moglie si è suicidata e non so quale sia il motivo; temo di essere io la causa...
-E perché mai? – In quel momento, vidi il professore sotto una luce completamente diversa. Io lo avevo assillato con i miei sciocchi "problemi" da ragazzina, ma quello che aveva più motivo di essere depresso era lui. Improvvisamente mi sembrò così fragile e indifeso...
-Non lo so bene. Forse mia moglie si era stufata di me - concluse con un triste sorriso.
-Sono sicura che non è così! – esclamai, avvicinandomi. – Una donna non si toglierebbe la vita per un motivo futile come questo!
-Però tu eri pronta a farlo – disse con un triste sorriso.
Abbassai la testa, mordendomi un labbro. – Mi dispiace, prof. Ha ragione: non c'è motivo di gettare via la vita. Lei me lo ha fatto capire.
-Tu non devi prendere ciò che ti dico come oro colato. È solo il mio parere, sta a te giudicare. Ma mi dispiace esserti sembrato invadente: non avevo diritto di toccare un tasto dolente solo per il mio interesse.
-No, lei mi ha aiutata tantissimo! Grazie a lei non ho compiuto un gesto folle. Ha ragione in tutto, e mi dispiace di averla aggredita a quel modo, prima. È solo che sembra... uno psicologo. Mi spaventa.
-Perché? Ho detto qualcosa di male?
-No, è perché... Lei in fondo non mi conosce e riesce a esplorare il mio animo come nessun altro. È come se fossi un libro aperto per lei.
-Non devi erigere dei muri per difenderti, chiuderti a riccio. Lascia che anche gli altri scoprano che ragazza fantastica sei.
Credo di essere arrossita, in quel momento, perché nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere.
Ormai mi ero già dimenticata di essere arrabbiata con lui. Non avrei mai potuto comprendere il suo dolore, ma mi era venuta voglia di aiutare quel professore un po' strano.
Io, ragazza super complessata, volevo aiutare una persona adulta, matura e con molta più esperienza di vita di me: assurdo, eh? Probabilmente non ne aveva nemmeno bisogno e ne sarai stata incapace, ma per un attimo avevo scorto un velo di profonda malinconia negli occhi del professore.
Parlare con una persona matura, con una persona intelligente, con un cervello che andava al di là dei pettegolezzi e dei pregiudizi, mi faceva stare bene.
Credo che ne avevo bisogno... Ne avevamo entrambi bisogno.

Why she had to go
I don’t know she wouldn’t say.
I said something wrong,
Now I long for yesterday.

Così nei giorni seguenti mi recavo in biblioteca tutti i giorni, sicura di trovarlo sempre lì, in quella sala polverosa. Grazie a quegli incontri riuscivo a fregarmene sempre di più dei commenti cattivi degli studenti.
Parlavamo davvero di tutto.
-Che catastrofe, la vita – gli dissi una volta, riflettendo su una frase che avevo appen a letto in un libro. – Un secondo prima pensi di aver raggiunto la felicità, e un secondo dopo ti ritrovi nell'oblio della depressione più totale.
-Dovremmo semplicemente accettare il fatto che tutto è effimero, anche la felicità.
-Professore, lei ha mai provato felicità?
- Sì, certo.
- Quando, per esempio?
Non ci pensò un attimo prima di rispondermi. -Quando mi sono innamorato per la prima volta.
Io storsi la bocca. - È sicuro che fosse felicità? Che cos'è... la felicità?
-Non lo so, Julia. – Ormai mi chiamava per nome, mentre io continuavo a chiamarlo “professor Spencer” e a dargli del Lei. Non potevo abituarmi diversamente, altrimenti sarebbe stato un problema a scuola.
-Ma se non lo sa, come fa a dire che quella fosse davvero felicità?
-Perché me lo diceva il cuore.
Sorrisi, amaramente. -Allora io non sono mai stata felice.
-Forse semplicemente non hai mai ascoltato bene il tuo cuore. Prova a pensarci un po': quando amavi Phil, eri felice, no?
Ci riflettei sopra un bel po': non ero certa della mia risposta. -Non lo so, prof... Non lo so. Forse sì, non ricordo. Ma anche se fosse, quella felicità è finita.
-No, Julia. I tuoi ricordi serberanno per sempre la tua felicità.
-Non ne sarei così sicura: sono piuttosto smemorata, io – ridacchiai nervosamente.
-Certe cose non si dimenticano.
-Ma non si può vivere nel ricordo, no? Lei stesso me l'ha detto: bisogna andare avanti.
-È così. Ma i ricordi restano comunque, sono incancellabili. Quindi anche la felicità rimane incancellabile dentro di te.
-Ma se resta dentro, rilegata nella memoria... Non si può più provare.
-Infatti non si deve più provare quella felicità.
Aggrottai le sopracciglia. -Non capisco.
-Non puoi riciclare le emozioni, ma trovarne sempre di nuove. La ricerca della felicità non ha fine.

Yesterday, love was such an easy game to play.
Now I need a place to hide away.
Oh, I believe in yesterday.

Non discutevamo sempre di argomenti seri. A volte restavamo semplicemente a leggere in silenzio. Altre volte parlavamo di musica e scoprii che il professore, diversamente da quanto potessi immaginare, era un rockettaro convinto: amava la musica classica ma soprattutto il rock un po' datato, come me. Amava Jimi Hendrix e quindi aveva in particolarmente simpatia il mio cognome.
Oppure parlavamo di libri, una passione anch'ella che accomunava entrambi. Una volta mi disse che avrebbe voluto fare lo scrittore, da giovane, ma che poi non era riuscito a sfondare.
-Ma quindi ha scritto un libro?- gli chiesi.
-Sì, ma non è mai stato pubblicato.
-Come s'intitola?
-“La nebbia d'estate”.
-Mi piacerebbe moltissimo leggerlo! Di cosa parla?
-Dell'argomento più scontato che ci sia- mi rispose, sorridendo. -Dell'amore.
-Oggi ha ancora una buona considerazione dell'amore, nonostante abbia sofferto? Ci vuole coraggio.
-Sì, ci vuole coraggio ad amare. "L'amore è uno squilibrio chimico che provoca illusione e pensieri irrazionali": una frase del mio libro. Per questo ci fa sentire come in un sogno.
Sospirai. -Vedo che le piace proprio l'argomento.
-In quel periodo, particolarmente. Mi beavo ogni giorno del mio amore per mia moglie: era bellissimo, una sensazione sublime. Mi sentivo in paradiso, letteralmente.
-E mi dica, perché per me non era così, con Phil?- gli chiesi, con lo sguardo basso.
Lui incrociò le braccia. -Julia, sono certo che prima o poi troverai il vero amore. Non ti abbattere al primo rifiuto.
-Lei ha ragione, è da sciocchi comportarsi come me...
-No, non è da sciocchi: soffrire è da umani.
-Vorrei non soffrire più... Vorrei tornare a sorridere.
- L'amore è come le stagioni: all'inizio timido e fresco come la primavera, poi caldo e passionale come l'estate, dopo ancora tiepido come l'autunno... E quindi arriva il gelo dell'inverno, la fine di tutto. La pioggia, la tristezza, non dura in eterno... Oppure puoi paragonarlo al giorno, se vuoi. Dopo il giorno viene la notte, ma poi torna l'alba. Per qualcuno la notte può durare più a lungo, ma il sole rispunta sempre. Sempre.
-Ma se anche rispuntasse il sole, il problema è che io resto chiusa nelle ombre del passato.
-Non devi. L'unico modo per vederlo, il sole, è aprire la finestra e lasciare entrare un po' di luce nella vita: è questo il segreto. Non si può restare per sempre reclusi al buio solo per paura che ritorni la notte: questo si chiama fuggire, non vivere. Ma continuando a scappare, a correre via, prima o poi ci si stanca; e allora ci si dovrà comunque fermare. Non si può scappare per sempre, questo è certo. E se proprio devi correre, Julia, corri verso quella stramaledetta finestra e spalancala una volta per tutte: fai entrare la luce, l'aria, o morirai soffocata nelle tue paure!
-Ma come faccio a non aver paura di innamorarmi di nuovo? Soffrirò di nuovo!
-Hai studiato filosofia per domani?
-Non ancora.
-Arthur Shopenhauer si chiedeva: "Dobbiamo rinunciare a cogliere una rosa, per timore che la sua spina ci ferisca?" Rispondi.
-È una domanda retorica – soffiai. Riecco che spuntava il professore pedante.
-Tu rispondi lo stesso.
-Dobbiamo rinunciare a vivere per paura di morire? O rinunciare ad amare per paura di soffrire? No, ovvio che no.
-Brava, è questo il punto: vedo che hai capito.
-Imparo in fretta.
-Comunque domani ti interrogo.
-Mi giustifico.
-Vai a studiare!- esclamò ridendo, lanciandomi dietro un libro.
Anch'io risi e corsi a casa, mentre lui dietro di me si alzava e raccoglieva il libro, sorridendo.

Why she had to go
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Il giorno dopo mi alzai di buonumore. Scossi la testa, ridendo di me: mi accorsi che ero felice di rivederlo. Lui, il professore. “Che cretina.”
Quando lo vidi entrare dalla porta, sorrisi inevitabilmente. Era vestito di tutto punto, come sempre a scuola, con giacca e cravatta; era così diverso da come si vestiva casual i pomeriggi, con polo, felpe e  jeans... Dopotutto anche i professori avevano una loro vita al di fuori della scuola, anche se spesso a guardarli era difficile crederlo. Era buffo.
Il mio umore migliorò ulteriormente durante la sua lezione: quando spiegava lui, tutti stavano miracolosamente attenti, anche i più asini. Aveva il potere di ammaliare con le sue parole, anche se parlava di argomenti noiosi: usava la retorica che tanto avevamo studiato l'anno prima.
Quando prese il registro, però, mi assalì improvvisamente l'angoscia: non avevo studiato filosofia! Ero tornata talmente tardi a casa che me l'ero completamente scordata. Il guaio era che ero l'ultima che doveva essere interrogata e avevo già bruciato l'unica giustificazione consentita. Ero fritta.
Il professor Spencer alzò la testa e incrociò il mio sguardo terrificato. Comprese.
Sospirò. -Oggi mi va di spiegare, quindi non interrogo. Ma la prossima volta interrogo il doppio delle persone, e avrete più da studiare perché spiegherò tanto!
-Che culo, la Hendrix – sentii mormorare alle mie spalle.
-Qualcosa in contrario?- Il professore l'aveva sentita. -Volevi fosse essere interrogata, signorina Marren? Prego.
Patricia Marren. La odiavo, quell'oca giuliva. La biondina era stata con Phil subito dopo che aveva lasciato me... Probabilmente mi aveva lasciata per lei. Ma per sua sfortuna, aveva scaricato anche lei dopo un paio di settimane. Ci ho goduto come una puttana.
-No, no. Spieghi pure – sibilò "Patty", come veniva chiamata da tutti, lanciandomi un'occhiata fulminea. Mi odiava tanto quanto io odiavo lei. Però in fondo provavo un po' di pena per la sua deficienza intellettiva: poverina, non era colpa sua se era una cerebrolesa e aveva i neuroni bruciati dalle sigarette che si fumava per fare la figa.
Comunque sorrisi, felice. Guardai il prof con sguardo riconoscente: uno sguardo che non era solo un incrociarsi di traiettorie visive, ma un messaggio criptato, e il mio diceva: "Grazie".
Era da stupidi pensarla così, ne ero consapevole, ma era come se mi avesse salvata dall'ennesimo brutto voto e protetta da quell'ochetta.
Lui però non sorrise. E anche il mio sorriso si spense.

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Buonasera!
Sarò breve: già da questo capitolo si intuisce qualcosa su quello che potrà succedere, ma se conoscete le mie storie saprete che spesso "non è come sembra". Quindi aspettatevi di tutto! Per esempio, vi sareste mai aspettati che il prof è vedovo? Non vi eravate chiesti perché anche lui voleva prendere in prestito "Suicidio"? Immagino di no xD
Patty è il prototipo di ragazza odiosa: chiunque ne conosce una. Odiatela pure.
Come avrete capito i titoli dei capitoli sono i titoli dei libri che appaiono nella storia... Quindi potrete immaginare come s'intitolerà il prossimo, no? Il libro è già stato nominato in questo capitolo :)
Ringrazio tanto lady nix 94misslittlesun95 per aver recensito e tutti gli altri che hanno letto.
Okay, a presto, spero!
Gio.
  
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