Ah, finalmente qualche
personaggio in più… come se non avessi già abbastanza beghe a tenere in scena i
soliti senza oscurarne alcuni… >.>
x Skiblue: avevo seri dubbi sulla natura della sua cecità, sai? Per il
fatto che fosse così facile aggirarla, tanto che basta una catenina... Alla fine
però ho deciso di inserirlo lo stesso, perché quando può vedere non può
"accedere" ai suoi poteri, cosa che le da parecchio fastidio...
x Wolverina: non è colpa di Renee, povera! XD Lei se la sta facendo sotto
dalla paura, in effetti, pensa che effetto farebbe sognare 'sta roba... ha
cercato aiuto in un modo un po' ambiguo, però, tant'è che se n'è accorto solo
Logan... Non inserirò descrizioni troppo dettagliate, anche perché per un po' la
faccenda resterà in sospeso.
x Wolvie91: bentornata, in tempo per il nuovo chapter ^^
Capitolo Settimo
Sai giocare a scacchi?
Il mattino dopo Renee
bussò timidamente alla porta dell’amica. Kitty era già sveglia da un pezzo; la
bambina la trovò seduta a gambe incrociate sul suo letto, con il portatile
appoggiato sulle gambe. Le sue dita scivolavano velocemente sulla tastiera, e
non distolse lo sguardo dallo schermo finché Renee non si azzardò a prendere la
parola «Mi dispiace, Kit, ieri mi sono comportata in modo orribile. Mi
dispiace…»
«Ho fatto un sogno stanotte. Ho rivisto quella bambina» si voltò, aveva il volto
pallido, sconvolto «Renee, ti assomigliava! Mi fa paura, questo!»
Renee abbassò il capo. Andò a sedersi davanti a Kitty; lei spense il portatile.
«Fa paura anche a me, credimi. Ho sognato quella bambina ogni notte, da un mese
a questa parte. A volte ride, o gioca. A volte è seduta sulle mie gambe, e io le
sto leggendo una fiaba. E a volte è rannicchiata tra un mucchio di macerie, in
lacrime, e urla, urla, fino a che non ha più voce. Oppure… è morta.»
«Allora non sei tu?»
«No!»
«Chi è?»
«Non lo so. Davvero!»
«Ti credo, ti credo.»
Renee scrollò le spalle con aria desolata «Provo una nostalgia fortissima,
quando faccio quei sogni, ma non so spiegarmene il motivo…»
Kitty annuì, soprappensiero «Secondo te esiste? Voglio dire, il tuo sogno
rispecchia in qualche modo la realtà?»
«Non lo so. Forse» restò in silenzio per qualche minuto «Scusami per come mi
sono comportata, mi dispiace moltissimo.»
«Non sono arrabbiata, se è quello che mi stai chiedendo»
«Grazie. Sono felice di essere tua amica. Sono ancora tua amica?»
«Certo!» poggiò a terra il portatile, al sicuro «Però...»
assunse un’espressione dubbiosa, che rattristò subito Renee, tant’è che quando
Kitty sghignazzò «…solletico!», un secondo prima di tuffarsi su di lei, la
bambina era troppo sorpresa per potersi sottrarre alle grinfie dell’amica.
Tre giorni dopo
Renee scese dal tram, e percorse lentamente la distanza che la separava da
Central Park. Era passato molto tempo, dall’ultima volta che vi aveva messo
piede. Anni. Assaporò la nostalgia delicata che ogni singolo profumo e suono le
trasmetteva. Aveva voglia di un ghiacciolo, ma le rimanevano solo pochi
spiccioli, forse nemmeno sufficienti per tornare a casa. Tanto un ghiacciolo non
sarebbe bastato a ricreare quei momenti. Controllò se aveva infilato lo spago da
cucina nel suo zaino, e soddisfatta raggiunse un vecchio intento a giocare a
scacchi contro se stesso. Gli si sedette di fronte. Lui non la guardò nemmeno,
si limitò a chiederle «Sai giocare a scacchi?»
«Finiscila, sai benissimo che sono cieca»
Finalmente Erik Lehnsherr si degnò di osservarla «Se davvero fossi ancora
incapace di vedere saresti venuta qui accompagnata da quel tuo amico, Kurt.»
«Il bambino che volevi uccidere, quello della Cura… mi ha offerto un modo per
aggirare il problema»
«Senza sottoporti alla Cura, giusto? Non rinunceresti mai del tutto all’unica
cosa che ti lega a tua madre.»
Renee fece una smorfia «Tanto è temporanea. Lo sai benissimo, tu sei stato uno
dei primi a guar… a riacquistare i tuoi poteri.»
«Non correggerti: per una squallida ironia, la Cura è un virus, per noi mutanti.
Allora, perché sei venuta a trovare un povero vecchio come me?»
«Sai che anche Rogue ha riacquistato i suoi poteri? Ancora pochi mesi e gli
effetti della Cura saranno scomparsi del tutto. Hai idea perché succeda in tempi
così diversi?»
«Forse dipende dalla potenza di ognuno di noi. O da quanto abbiamo accettato la
mutazione» ribatté Erik, affabilmente. «Ma non mi hai risposto. Cosa vuoi?»
«Aiuto. Me lo devi.»
«Te lo devo?!»
«Tu hai ucciso mia madre!»
«Tecnicamente…»
«Non mi frega ‘tecnicamente’!»
«D’accordo, hai ragione. Che aiuto ti serve?» cedette, alla fine, un po’ perché
alcuni passanti curiosi li stavano osservando, un po’ perché si sentiva in
colpa, seppur nei confronti di Charles, non dei suoi.
«Faccio dei sogni, ultimamente. Incubi. Tutti hanno qualcosa in comune.»
«Vai da uno psicologo.»
«Però stanotte ho fatto un sogno diverso. Diceva di stare cercandomi, e che
avrei smesso di avere quegli incubi.»
«Chi?»
«Cosa, semmai. Non lo so. Per questo sono andata da Destiny, la veggente. Ma lei
si è rifiutata di dirmi altro che un nome, Quetzalcoatl. Ho insistito, e lei mi
ha suggerito di venire da te.»
L’uomo aveva sbarrato gli occhi, per un unico, breve, attimo. Poi aveva
recuperato la sua compostezza. Magneto era spaventato? «Stanne fuori, piccola, è
fuori dalla tua portata, a meno che tu non voglia morire in fretta. E sta pure
sicura che non ti aiuterò» si bloccò quando un bimbetto biondo si precipitò a
recuperare la palla che gli era rotolata via, verso di loro. La raccolse, ma non
accennava ad allontanarsi.
Renee sorrise, e con un gesto preciso del braccio fece cadere tutte le pedine
nell’erba. Si sfilò la catenina argentata dal collo e l’appoggiò al centro della
scacchiera altrimenti vuota, abbastanza lontano da lei. Per abitudine chiuse gli
occhi, e sorridendo si concentrò sul Dna del vecchio e del bambino. In pochi
minuti li aveva trasformati in due beagle, un maschio malridotto per l’età e una
femmina di pochi mesi. Recuperò la catenina e osservò soddisfatta la sua opera.
Sfilò lo spago dallo zaino, formò un cappio all’estremità e fece per legarlo al
collo di quello che era stato Magneto, ma lui sgusciò via. «Ok, avete due
possibilità, o venite con me così un giorno vi ridarò il vostro aspetto
originale, oppure restate cani randagi finché qualche vecchietto caritatevole
non vi porta a casa, e passerete ogni giorno sperando che questo non tiri le
cuoia.» sibilò con inaspettato cinismo «O magari vi troverà un bambino, uno di
quelli che adora maltrattare gli animali… E tu non provare a trasformarti,
credevi davvero che ti avrei lasciato il tuo potere?» terminò rivolgendosi alla
cucciola.
Stavolta riuscì a legare Magneto, poi afferrò Mistica per la collottola e la
infilò nello zainetto. Aveva vinto solo a metà. Ora doveva convincere Magneto ad
aiutarla. Non era nelle sue intenzioni "rapire" anche Mistica, si era accorta
della vera natura del bambino solo quando aveva sbirciato il suo dna.
S’incamminò sbuffando verso la scuola.
Renee arrivò alle spalle dell'amica e le sfiorò una spalla «Ehi, Kit, ma che
stai scrivendo?» Kitty si voltò a guardarla, sfilandosi le cuffie e
appoggiandole sul copriletto. Era nuovamente intenta a scrivere qualcosa sul suo
portatile.
«Un racconto. Ma non si bussa?»
«Ho bussato, ma non rispondevi… Da che pulpito viene la predica, poi…»
«Renee, quelli dove diavolo l’hai presi?» esclamò all’improvviso –fingendo di
non averla sentita- indicando i due beagle che tallonavano l’amica.
«Li ho trovati al Central Park. Sono senza medaglietta, mi hanno fatto pena.
Soprattutto questo» indicò Magneto, che rispose con un breve ringhio.
«Sono un amore!» afferrò Mistica e cominciò ad accarezzarla «hai intenzione di
tenerli?»
«Senz’altro!»