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Autore: Jaded_Mars    02/02/2012    3 recensioni
Un insolito triangolo che coinvolge Duff McKagan, Joe Perry e una bellissima ragazza venuta da lontano. Il titolo della storia è piuttosto self explaining, ma ci sarà il lieto fine questa volta?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come molti possono ricordare, Mr. Perry all’epoca aveva non pochi problemi con una certa signora eroina  e tante sue parenti strette, ma le era così tanto affezionato che spesso si avventurava di persona nelle parti malfamate di Los Angeles per procurarsi qualche dose quando era ridotto alle strette. Uno dei suoi spacciatori di fiducia, anche se quello di spacciatore non era il suo primo mestiere ma solo uno dei tanti fatto per arrabattarsi nella laboriosa impresa di diventare un famoso chitarrista, era Izzy Stradlin, un ragazzetto moro e smilzo dell’Indiana, uno di quei tipi taciturni che erano perfetti per smerciare droga alle star senza che si lasciasse sfuggire voci compromettenti sul conto dei suoi clienti. Dunque spesso capitava di vedersi piombare Joe o altre persone più o meno famose e più o meno rispettabili, nel garage dove viveva, o meglio sopravviveva, con i suoi quattro amici compagni di band ed avventure. Vivevano in condizioni al limite del sopportabile per la gente normale, ma loro non erano normali, loro erano cinque giovani affamati di successo e se vivere nello squallore e in posti spogli facendo la fame in attesa di suonare ogni sera in un locale dello Strip faceva parte della strada per arrivare fino alle porte del successo, allora ben venisse tutto quello. In fin dei conti si divertivano alla grande, a stare lì, nei loro appartamenti da pochi soldi  (per chi li aveva) o in casa delle ragazze di turno quando capitava, facevano quello che volevano senza regole ed era la cosa migliore per loro, gente a cui le regole e convenzioni andavano strette. In particolare, quel garage lì al Gardener Space, in una traversa malfamata del rinomato quartiere di West Hollywood, era un rifugio peccatorum per loro. Succedeva di tutto lì dentro, dai festini alle dormite sui materassi rotti, ma per la maggior parte ciò che si creava all’interno di quei pochi metri quadri era magia alchemica che si trasformava in musica. Qualche volta quando Joe piombava lì in incognito con gli occhi arrossati coperti da scuri occhiali neri alla ricerca della sua polverina magica, capitava che assistesse a pochi minuti di quei momenti creativi e dopo avere riscosso la sua roba se ne andava pensando che i ragazzi avevano stoffa, che era soddisfatto della riservatezza del moretto e che era felice di avere una dose in più, pensieri che non necessariamente avvenivano in questo ordine.

Nonostante Joe avesse  il buon senso di sballarsi quando Simone non c’era, voleva tenerla alla larga da quel mondo cupo ed insidioso della droga, lei era ben cosciente dei vizi e stravizi del suo uomo. D’altronde non era scema, sapeva benissimo che le voci che circolavano su di lui erano vere, tutti lo sapevano in effetti. Solo che più passava il tempo più lo vedeva perdersi dentro quel labirinto di incoscienza e  perdizione che lo faceva sempre più allontanare dalla realtà e non voleva che lui diventasse un’ombra di se stesso divorato dalla sua parte oscura. Dopo tre anni che stavano insieme, l’infatuazione folle che aveva provato all’inizio del loro rapporto era pressoché scomparsa, ma ciò non toglieva che provasse per lui un bene incredibile, non sapeva se si chiamava amore, però sapeva che doveva aiutarlo a venire fuori da quel tunnel in cui era entrato molti anni prima e che rischiava di portarlo alla rovina. Sapeva che non sarebbe stato facile ma almeno ci voleva provare. Senza ovviamente assumersi il ruolo di crocerossina o buona samaritana del caso, non voleva che Joe pensasse che stesse facendo un atto di carità nei suoi confronti o che volesse dargli insegnamenti su come vivere la vita nel modo più giusto, anche perché non se lo poteva permettere, non era proprio la persona più immacolata di questo mondo. Quando viveva ancora a Londra spesso capitava che in una serata in compagnia qualcosa passasse nel suo gruppo di amici, che fosse un po’ d’erba, di alcool o di qualche altra sostanza, ma lei era sempre stata attenta a non oltrepassare i limiti.

Così era da un po’ che cercava di aiutare Joe a smettere, gli aveva fatto quella promessa ed intendeva mantenerla. Aveva iniziato parlando e chiedendo con discrezione alla gente che lui di solito frequentava, venendo a sapere che lo spacciatore da cui di solito andava a rifornirsi era un giovane con qualche anno più di lei, tale Izzy Stradlin dell’Indiana uno a cui piacevano i Rolling Stones e andava in giro vestito con bizzarre camicie a fiori e pantaloni di pelle. Dicevano che l’avrebbe riconosciuto subito perché indossava sempre una coppola nera, occhiali scuri e soprattutto parlava molto poco,  lo stretto indispensabile, non poteva sbagliarsi. Era venuta a sapere anche che lo poteva trovare tutte le mattine in un garage a Gardner, così Simone, convinta fino in fondo della giusta causa che stava perseguendo e con totale ingenuità infantile che a volte la possedeva nei momenti di determinazione, una mattina di giugno si avviò da sola, e per giunta a piedi, alla ricerca di quel ragazzo.

Quando giunse dopo una lunga camminata nei pressi di Gardener iniziò a rendersi conto che forse aveva agito un po’ troppo inconsciamente ad andare lì da sola e a piedi, non era certo un posticino tranquillo in cui passeggiare da senza preoccupazioni. Aveva imboccato la via giusta per puro caso, dopo avere camminato lungo strade tutte uguali, costeggiate da edifici decadenti con rifiuti sparsi per terra. In quella zona non passava propriamente inosservata anche se aveva su un innocuo paio di jeans neri strappati, delle ballerine anch’esse nere, il suo colore preferito, e una semplice maglietta bianca larga, era sempre e comunque una mosca bianca rispetto alle persone che bazzicavano nel quartiere. Riconobbe subito il garage di cui le avevano parlato dalla musica che ne fuoriusciva, uno schitarrare potente, selvaggio, viscerale. Sentiva anche qualcuno urlare, ma poi avvicinandosi si accorse che non erano urla ma era un ragazzo che cantava senza microfono con tutto il fiato che aveva in gola. E diamine che voce che aveva! Si affacciò timidamente alla porta aperta e vide che c’erano tre persone lì dentro: quello che cantava, uno rosso che sembrava un fascio di nervi, uno che suonava la chitarra ma il cui viso era coperto da una massa folta di lunghi ricci indomati e un altro chitarrista la cui descrizione corrispondeva esattamente a quella di Izzy Stradlin. L’aveva trovato! Si soffermò un attimo ad ascoltare quei ragazzi, erano così pochi eppure c’era così energia che valeva per quaranta. Aveva un buon orecchio e quello che stavano suonando, senz’altro una delle loro canzoni, le dava buone vibrazioni, le piaceva. Prima di entrare aspettò finché che terminassero il pezzo, non le andava di interrompere quell’evidente sintonia tra i ragazzi, anche se non li conosceva e non avrebbe dovuto avere riguardi nei loro confronti, sapeva come andava tra musicisti nei momenti di prove, mai bloccare il flusso creativo, aveva rispetto per il loro impegno. Nessuno di loro si era accorto di lei, così dopo che il rosso e il riccio, si avviarono dietro un divisorio posticcio creato dagli amplificatori delle chitarre, lì in mezzo rimase solo Izzy che, dopo avere appoggiato la sua chitarra, si diresse verso la porta intento ad accendersi una sigaretta. Fu in quel momento che vide Simone davanti a lui, e come ogni buon ragazzo che si rispetti il primo pensiero che affiorò nella sua testa fu ‘Che meraviglia’.  Dal canto suo Simone pensò che sembrava un tipo bizzarro, così conciato un po’ retrò, come quei fanatici dei Rolling Stones che vedeva in Inghilterra, che facevano di tutto per assomigliare a Keith Richards, sarebbe stato decisamente interessante parlare di musica con lui. Ma hey! Restava sempre quello che vendeva la droga al suo fidanzato, non l’amicone con cui scambiare quattro chiacchiere davanti a un caffè e una sigaretta. Anche se tutto sommato avrebbe potuto benissimo esserlo, l’aria losca non ce l’aveva per niente. Tuttavia si trovava lì per un motivo ben preciso, i grandi discorsi filosofici sulla musica li avrebbero fatti un altro giorno, forse. Visto che lui la fissava aspirando profondamente dalla sua sigaretta non decidendosi a dire una parola, in perfetta coerenza con le voci che correvano su di lui, Simone finì per fare il primo passo, d’altronde era lei la “straniera” lì.

“Sei Izzy Stradlin?” chiese gentilmente, con quella cadenza inglese che probabilmente non sarebbe mai svanita del tutto.

Lui fece un cenno di assenso col capo, continuando tranquillamente a fumare.

“Oh bene ti stavo cercando!” fece la ragazza quasi illuminandosi, per poi tornare immediatamente seria, “Ti devo parlare.”

“Hey Stradlin chi ti sta cercando?” vide il viso incuriosito del ragazzo riccio sbucare da dietro gli amplificatori accompagnato da quella di un biondino con l’aria da bambino che
sembrava essersi appena svegliato. “Wow chi è quello splendore?!” chiese il riccio esaltandosi alla vista di Simone “Sì, chi è quello splendore?” fece eco il biondo, altrettanto entusiasta. Sembrava non vedessero una ragazza da anni. Ma d’altronde spesso succedeva così quando gli uomini la vedevano.

“Fatevi una manica di affari vostri ragazzi! Vieni.” li mandò cordialmente a quel paese invitando la ragazza a seguirlo fuori all’aperto e chiudendosi la porta alle spalle, non gli andava che gli altri ascoltassero la loro conversazione, anche se non sapeva ancora cosa una come lei avesse da dire ad uno come lui. Sembrava provenire da un pianeta anni luce distante dal suo, eppure lo stava cercando. Era curioso, e chi non lo sarebbe stato al posto suo? La guardò ancora una volta in viso prima di formulare anche lui la domanda che le avevano posto poco prima i suoi due amici : “Chi sei splendore?”

Simone di solito si irritava con chi si appellava a lei in quel modo, spesso erano arroganti stupidi e maschilisti, ma c’erano casi rari in cui era quasi lusingata da quel modo di rivolgersi che risultava elegante, di ammirazione sincera, e quella era una di quelle occasioni.

“Simone…” rispose semplicemente lei.

“Beh se mi cercavi Simone, era perché pensavi che potessi fare qualcosa per te. Di che si tratta?”  andava subito al punto il ragazzo, lo apprezzava.

“Dunque…” prese tempo per cominciare perché nonostante sapesse cosa dire, non era mai facile essere diretti e convincenti con davanti l’interlocutore. “Dunque so che tu oltre a fare il musicista riesci anche a procurarti droga, giusto?”

Izzy fece uscire una lunga boccata di fumo dalla sua bocca, la droga, quindi era per quello che lei era lì. Peccato per pochi minuti aveva sperato che fosse lì per lui, si era pure spinto a pensare che volesse chiedergli di uscire, ma che cosa stupida, in fondo quasi tutti in quel periodo andavano da lui per lo stesso motivo.

“Cosa ti serve erba, persiana, coca…”

Simone lo guardò sorpresa mentre snocciolava con aria esperta nomi di varie droghe, sembrava che avesse un intero stabilimento di roba da vendere, ma lo bloccò prima che arrivasse alla fine.

“No no no. Non sono qui per avere una dose. Io sono la ragazza di Joe Perry. Ecco vedi è da qualche tempo che ha deciso di smettere, e io lo voglio aiutare, gliel’ho promesso, ed è per il suo bene. So che lui fino a qualche giorno fa veniva da te a prenderla. Beh… vorrei chiederti di smetterla di vendergliela se venisse di nuovo qui a cercarla.” Pregò i numi del cielo che lui non scoppiasse a ridergli in faccia, si sarebbe sentita esageratamente in imbarazzo, senza contare che già si sentiva ridicola per avere fatto una richiesta del genere ad uno che nemmeno conosceva. Figurarsi se uno spacciatore avrebbe mai accettato di rinunciare ad un cliente sicuro e redditizio come Joe. Eppure il ragazzo rimase in silenzio. Era un buon segno, probabilmente.

“Dunque fammi capire, vorresti che io non vendessi più niente al tuo fidanzato perché vuoi aiutarlo a smettere giusto? Bene posso anche farlo…”

Simone era speranzosa, magari avrebbe accettato sul serio senza porre ulteriori condizioni. Poi la fatidica domanda arrivò e lei ripiombò nella realtà “ … ma cosa ci guadagno in cambio? Cosa mi offri?” restava sempre e comunque un uomo d’affari, e qualcosa doveva pure ricavarci da uno scambio del genere.  Stavolta rimase lei in silenzio, ma perché non sapeva cosa dire. Nell’architettare il suo piano d’azione non aveva minimamente pensato a cosa avrebbe potuto offrirgli. O meglio, eccome se ci aveva pensato, la sua unica soluzione era sempre stata un assegno con su qualche soldo che aveva da parte, che era poi molto ma sempre e comunque molto più di quello che uno come Stradlin era abituato a vedere normalmente. Eppure aveva sperato che lui avrebbe accettato senza porre condizioni, questo sempre seguendo il suo spirito di generosità che follemente pensava possedesse la maggior parte delle persone in questo mondo. Deglutì, non era intimorita ma in quel preciso istante un flash attraversò i suoi pensieri: lui avrebbe potuto farle di tutto in quel momento se non gli fosse piaciuta la risposta, in fin dei conti che ne sapeva sul suo conto? Non lo conosceva nemmeno quel tanto che bastava per potere formulare un rapido giudizio su come avrebbe potuto reagire sentendola parlare. Di nuovo, si sentì stupida ad essersi presentata lì sola e con un’idea del genere, non era da lei ma d’altronde se aveva agito così era solo perché era spinta dall’affetto per Joe.

“Sai avrei dei soldi da parte. Certo non sono una fortuna ma se ti andasse bene potrei darti quello che ho.”

Izzy la guardò immobile. Ma che diamine di ragazza era quella? Bella, fidanzata con una star, probabilmente aveva anche il mondo ai suoi piedi e dove andava a finire? Da lui a chiedergli di smettere di spacciare droga al suo uomo in cambio dei suoi risparmi. Pazza. Non sembrava così ingenua a prima vista, eppure c’era un certo candore nelle sue azioni, nel suo modo di fare che gliela facevano stare simpatica. In effetti, non li voleva nemmeno i suoi soldi ora che ci pensava bene. Apprezzava il coraggio e la determinazione che l’avevano portata a compiere quel gesto altruista, chiederle qualcosa in cambio lo faceva apparire solo un gretto materialista egoista, e lui non era assolutamente così.

“Senti, ci ho pensato su … Accetto. Lo faccio e basta.”

Simone spalancò i suoi occhi blu incredula. “Davvero?! Cioè, senza niente in cambio?”

“Davvero, senza niente in cambio.” Rispose calmo lui.  

“Oh ma è magnifico! Sul serio! Non sai quanto ti sia riconoscente!” esclamò Simone entusiasta prendendogli la mano non riuscendo a contenere la sua gioia, ma lasciandola andare subito per timore di avergli dato fastidio. Non era suo amico, se lo doveva ricordare.

Ad Izzy ovviamente non era per niente dispiaciuto quella stretta, il contatto con la pelle morbida della ragazza era stato piacevole. Come anche era piacevole la sensazione di avere fatto una buona azione per lei, chissà magari un giorno sarebbe tornata utile.

“Sì. Beh adesso devo tornare dagli altri ragazzi, abbiamo del lavoro da continuare.”  

Si girò per andarsene quando Simone lo richiamò: “Hey!”

Si girò e si trovò le braccia della ragazza strette attorno al collo, “Grazie.” Gli disse all’orecchio prima di staccarsi da lui e salutarlo vedendolo andare via verso il garage. Non sapeva perché lo aveva abbracciato, era stato un gesto impulsivo, anche se non rappresentava nessuno per lei sentiva di potersi fidare, sperava che lui non ne avesse avuto a male.

Quando vide la sua figura smilza scomparire dentro il garage, fece dietrofront avviandosi lontano da lì.

Mentre Izzy percorreva la breve distanza verso la porta del garage cercò di imprimersi nella memoria ogni singolo istante di quell’abbraccio: il profumo di lei, la sua stretta decisa ma delicata, la sua voce, la sensazione di avere un corpo così perfetto tra le braccia. Non sapeva se gli sarebbe mai più capitato, forse nemmeno l’avrebbe mai più vista e non voleva assolutamente dimenticarlo. Era una ragazza a posto, un po’ ingenua ma con la testa sulle spalle. E si vedeva che voleva bene all’uomo che aveva accanto.

“Joe Perry sei un uomo maledettamente fortunato.” Quello fu l’ultimo pensiero che fece prima di tornare dai suoi amici per dedicarsi alla sua musica e alla realizzazione del suo sogno. 

   
 
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