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Autore: char18    03/02/2012    1 recensioni
20 settembre 2005, l'inizio della lunga e complicata storia di due persone così diverse e così simili al tempo stesso. Orlando Bloom torna a Londra, la sua città natale, per prendersi una pausa dagli ultimi avvenimenti che hanno cambiato per sempre la sua vita. E' prorpio ad una festa di vecchi amici di famiglia che rincontra Nicole Leinghton, una sua ex compagna di scuola che nasconde dietro al suo caratteraccio una personalità fragile e insicura. Grazie all'ostinità dell'attore nel volerla conoscere, i due ragazzi si ritroveranno a passare molto tempo insieme e a condividere più di quello che avessero mai immaginato. Questo perchè l'amore stravolge e cambia tutto ciò che è sempre sembrato chiaro e già definito.
Ma in fondo cos'è tutto in confronto all'amore?
20 settembre 2005, l'inizio della lunga storia tra Orlando e Nicole, due vite parallele che saranno destinate ad unirsi in una sola.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!
Questa è la mia prima FF che pubblico, e spero che vi piaccia.
Ogni commento e/o consiglio sarà ben accetto, soprattutto se potrà servirmi a farmi crescere!
Questa storia è dedicata a delle persone molto speciali che, anche se non lo sanno, hanno contribuito molto e mi hanno regalato moltissimi spunti e idee e che mi sono vicine ogni giorno. Grazie davvero, vi voglio bene.
Ringrazio anche NiNieL82 che mi ha sopportato per mesi e che ha letto ogni singolo capitolo di questa FanFiction consigliandomi e correggendomi. Hai visto alla fine ce l'ho fatta a pubblicarla!!!!
Spero che questa storia possa emozionarvi tanto quanto ha emozionato me nello scriverla.
Adesso basta, iniziamo! ^^


ATTENZIONE: Il personaggio di Orlando Bloom e di tutte le altre persone famose che verrano menzionate in questa storia non mi appartengono, il resto dei personaggi compresa la protagonista sono tutti oggetto della mia fantasia.

 


 

CAPITOLO 1



 

Londra, 20 settembre 2005

Il cielo di Londra quella sera era coperto da un fitto strato di nubi grigie e in lontananza si sentivano i rombi dei tuoni che squarciavano il silenzio delle strade deserte. Sembrava proprio che la città si fosse spenta insieme a lei.

Nicole Leinghton, appoggiata al davanzale della finestra, aspirava lentamente la sua Camel con aria assente.
Il suo umore era come il tempo: cupo, grigio e triste.
Com’era possibile? In fondo lei aveva tutto dalla vita. Era bella, ricca e intelligente. Era la figlia di Robert Leinghton, proprietario della Leinghton Inc., una casa di produzione cinematografica che negli ultimi dieci anni aveva riscontrato molto successo. Essere una Leinghton era capace di aprire molte porte e poteva davvero renderti la vita in discesa, ma Nicole odiava essere accostata al nome del padre, con il quale non andava d’accordo. Anzi, per non andare d’accordo vuol dire che due persone per lo meno si parlino, mentre tra lei e Robert i dialoghi si fermavano al “buongiorno” e “buonasera”.

Lui e sua sorella Charlotte erano l’unica famiglia che aveva. La madre di Nic, come la chiamavano tutti, era morta quando lei aveva solo cinque anni. Si chiamava Elisabeth ed era un avvocato molto in gamba, uno dei migliori in quegli anni. Era perfetta per quel lavoro: intelligente, carismatica e incredibilmente determinata, proprio come Nicole.
La causa della sua morte prematura fu un incidente stradale. Stava andando a lavoro quando un furgone carico di legna guidato un uomo completamente ubriaco, le tagliò la strada e mandò la donna contro un muro. L’impatto fu molto forte, ed Elisabeth morì sul colpo. Le immagini del cadavere della madre avvolto in un lenzuolo bianco erano ancora impresse nella mente di Nicole, così come il ricordo di quando la polizia comunicò il decesso alla sua famiglia. Quella stessa mattina verso le 9.00 Nic e Charlotte si precipitarono in salotto, incuriosite dal frastuono che si sentiva dal piano superiore. Quando scesero le scale di legno della loro casa, videro davanti alla porta d’entrata due poliziotti in divisa che parlavano con il padre. Poi un’immagine sfocata di Robert seduto sul divano con la testa tra le mani.

Lei aveva guardato Charlotte sbarrando gli occhi curiosa.

 “- Perché papà sta piangendo? -“ le aveva chiesto.

La sorella maggiore le rispose con un’alzata di spalle.
Cosa ne poteva sapere lei? Non che fosse molto più grande di Nicole, all’epoca la sorella aveva otto anni.

Quei ricordi erano difficili da scansare, certe cose sono impossibili da scordare. Sembra che siano scomparse, volate via, o semplicemente messe da parte in qualche angolo remoto della tua memoria, ma quando meno te lo aspetti, proprio nei momenti in cui sei più vulnerabile, essi risaltano fuori e ricominciano a bruciare. Frasi, immagini, suoni e sensazioni, finiscono tutti nello stesso turbine infinito di emozioni, tutti nel bagaglio che Nicole si trascinava dietro da anni e anni.

Dalla morte di Elisabeth, tutto le cadde addosso, come una valanga che per anni si era ingrandita sempre di più, acquistando sempre più velocità, poi in un attimo, se l’era ritrovata addosso, senza poter fare nulla per evitarla.
Se prima erano una famiglia felice degna delle pubblicità che si vedono in TV, dopo “il fatto”, come amava chiamarlo Robert, si era creata una spaccatura tra lei, sua sorella e suo padre.
Mentre Charlotte, la bellissima primogenita, era soffocata dalle attenzioni del capofamiglia, che le faceva regali, la iscriveva alle migliori scuole inglesi, la portava orgogliosamente a lavoro con lui presentandola ai colleghi come l’orgoglio di famiglia, Nicole era sempre stata affibbiata alla governatrice, vestita con gli abiti che alla sorella non piacevano più ed era trattata come un problema, un’ennesima pecca di quella famiglia tanto perfetta. Mai una carezza, una dimostrazione d’affetto o un complimento per aver fatto bene qualcosa.
Questa situazione, ovviamente, andò a influire oltre che sul rapporto con il padre, anche con quello con la sorella. Così ora Charlotte, la figlia perfetta e affidabile, laureata a pieni voti ad Oxford, lavorava nell’impresa di famiglia ed era destinata a prendere il timone dell’azienda quando il vecchio Robert si fosse fatto da parte, ed invece Nicole, la ribelle ragazza che aveva sempre stonato con il loro impeccabile stile di vita, gestiva un piccolo negozio d’intimo. Ecco, l’unica cosa che suo padre si era limitato di darle era il suo delizioso negozio.

Nicole l’aveva chiamato “Black Diamond”. Il Diamante Nero. Il suo Diamante Nero. Si, quel nome gli calzava a pennello, il negozio era il gioiello più prezioso che possedesse.
Aveva pensato a questo quando andò a scegliere i mobili per arredarlo. Dipinse le pareti di bianco e sul muro di fronte alla porta d’entrata, fece scrivere a lettere cubitali il nome nel negozio in corsivo. Il bancone, i cassetti e le mensole erano grigie con tutti brillantini che luccicavano armoniosi .
Il BD era situato a Charing Cross, nel centro di Londra, e, grazie alla sua posizione favorevole, nel tempo era diventato sempre più conosciuto e stava andando alla grande.
Questo naturalmente faceva andare su tutte le furie Robert. Era stata Nicole a chiedere quel regalo al padre, l'unico vero della sua vita. Robert lo fece per non sfigurare, ma dentro di se sperava che le cose per Nic andassero male, al fine di vederla tornare da lui con la coda tra le gambe.


La sua piccola attività rappresentava la sua via di fuga, il mezzo per il quale era riuscita ad acquistare la sua libertà. Grazie al suo lavoro poteva avere tutto ciò che desiderava: una casa tutta sua, l’indipendenza economica dalla sua famiglia e ogni tanto poteva togliersi anche qualche sfizio personale. Poteva sentirsi soddisfatta del proprio lavoro ed in soli sei anni era riuscita a comprare una casa ed a tirare su un’attività, e se lo doveva a qualcuno, quel qualcuno era se stessa.

Ma allora perché ora si sentiva così vuota?
Osservò il fumo della sigaretta salire con movimenti fluidi verso l’alto per poi dissolversi contro il soffitto.
Spense la Camel nel portacenere e chiuse la finestra. Il vento autunnale che entrava dalle imposte cominciava a farla rabbrividire. Si guardò intorno e il suo umore, se possibile, peggiorò.
Guardando la sua enorme casa nel centro di Londra si sentì tremendamente sola.  
Appena ebbe raggiunto la maggiore età, come da tradizione, Nicole ereditò il suo patrimonio. Elisabeth aveva lasciato alle figlie un ingente somma di denaro, e la ragazza usò la sua parte per comprare il suo delizioso appartamento.

Quando una mattina di agosto del 1998 l’agente immobiliare le mostrò la casa, situata nel quartiere di Kensington, la ragazza non dovette pensarci molto: i soffitti alti, le grandi vetrate del salone che illuminavano la stanza e l’enorme terrazzo che dava sull’Hyde Park, la convinsero che era la casa per lei. Quel giorno evidentemente la fortuna era dalla parte della giovane: l’appartamento apparteneva a una coppia che si era appena divorziata e che non vedeva l’ora di liberarsi dell’immobile il prima possibile ad un prezzo decisamente abbordabile, considerando anche che Kensington era uno dei quartieri più ricchi di tutta Londra.
Nicole allestì l’appartamento a suo gusto e, al contrario della casa in cui aveva vissuto per diciotto anni, la arredò con mobili moderni e usando colori vivaci, il mix diede alla casa un aspetto armonioso e luminoso.

Nic ora aveva ventiquattro anni e, mentre le sue amiche erano tutte felicemente sposate o fidanzate con tanto di progenie al seguito, lei era sola.
La sua ultima storia era stata con Mike, un ragazzo di buona famiglia, educato, dolce, gentile e romantico. Erano stati insieme per cinque mesi, dopo settimane di corteggiamento da parte del ragazzo, e Mike l’aveva fatta stare veramente bene insieme a lui. La trattava come una regina e la riempiva di regali. Nicole, però, non era fatta per questo tipo di storie, lei non desiderava una relazione platonica, fatta di coccole e dichiarazioni d’amore, lei voleva un uomo che la facesse sentire viva, desiderata e amata, e lui, per quanto la facesse stare bene, non le faceva accendere quella passione che la ragazza desiderava.
Così, con grande dispiacere di Mike, Nicole preferì chiudere la storia.

– Ma come fai a non trovare il ragazzo giusto? – le chiedevano tutti – Sei perfetta, la donna che tutti vorrebbero avere accanto! -

Nella sua vita, a detta di tutti, perfetta e invidiabile, di così perfetto lei non ci vedeva proprio un bel niente, anzi. Tutte le mattine quando si guardava allo specchio vedeva in lei una giovane donna carina e affascinante ma, inspiegabilmente, vuota dentro.

Forse le mancava qualcosa. Il problema era: che cosa?

Guardò l’orologio appeso sopra il divano di pelle e sospirò. Erano le 17.00 e tra poche ore sarebbe iniziato un altro di quegli stupidi eventi a cui era stata obbligata a partecipare da Will.  
William Boockers, il suo migliore amico. Sua sorella, Hannah, quella sera avrebbe festeggiato i suoi ventidue anni e Will l’aveva pregata di accompagnarlo alla festa. Nicole, con riluttanza, aveva accettato. Solo dopo averle fatto giurare che sarebbe andata alla festa, l’amico sganciò la bomba: alla festa avrebbe partecipato anche Orlando Bloom. La ragazza odiava prendere parte a quel tipo di feste dove la star di turno era al centro dell’attenzione e tutte le galline scalpitavano per essere anche solo degnate di un suo sguardo.
Tanto sapeva già come sarebbe andata a finire. Le amiche Hannah sapevano che Orlando era un vecchio amico di famiglia per i Boockers e non aspettavano altro che una festa come quella, dove lui sarebbe stato sicuramente presente, per cercare di abbordarlo. Risultato? La star della festa sarebbe stato lui e la festeggiata, famosa per la sua egocentricità, sarebbe andata su mille furie.
A questo andava aggiunto il fatto che quell’Orlando Bloom non le era mai piaciuto. Certo, non lo vedeva da un paio d’anni, forse anche di più, ma quella sua aria di superiorità l’aveva sempre infastidita. Ora poteva solo immaginarsi come si sarebbe gonfiato il suo ego vedendo la sua faccia su ogni cartellone pubblicitario ed essere definito “l’uomo più sexy del mondo” o cose del genere. Solo il pensiero di doverlo rivedere la fece innervosire.
Quando si parlava di Orlando Bloom lei si innervosiva sempre, da quando era bambina.

Lei, Will e Orlando andavano a scuola insieme fino a che la madre della futura superstar non lo ritirò per iscriverlo a una scuola più prestigiosa. Ma lei se lo ricordava ancora il pupillo della famiglia Bloom quando la umiliò davanti a tutta la scuola. Fu proprio quel giorno che lei e Will divennero amici. Dopo che Orlando la canzonò davanti a tutti quanti e lei fuggì in lacrime, Will andò a consolarla e per farla sorridere le regalò una collanina che aveva sottratto di nascosto alla sorella quella mattina stessa. Da quel giorno Nicole non se la tolse più. Ricordando il fatto, si toccò distrattamente il ciondolo che portava al collo ormai da quasi quindici anni.


Andò nella stanza da letto, aprì l’armadio e cominciò a scegliere svogliatamente cosa avrebbe potuto indossare a questa stupida festa, sperando che sarebbe finita presto. Molto presto.
Alla fine, dopo aver sparso tutto il suo guardaroba sul letto scartando ogni vestito con una smorfia di disapprovazione, optò per un semplice vestito nero al ginocchio senza spalline, scarpe nere con tacco, orecchini con due piccoli diamanti e un filo di trucco per valorizzare i suoi bellissimi occhi azzurri. Legò i suoi lunghi capelli neri in uno chignon e lo fermò con un po’ di lacca.
Si guardò allo specchio girandosi e ammirando la sua figura da ogni lato. Era pronta. Will sarebbe passato a prenderla a momenti.

Mentre tentava di ricordarsi dove aveva lasciato le chiavi di casa, il citofono suonò e, per miracolo, le trovò all’ultimo momento, le infilò subito nella borsetta coordinata alle scarpe e uscì da casa.
 


- Orso! - Gridò Nicole non appena salì in macchina chiamando il suo amico con il nomignolo che ormai da tanto tempo gli aveva affibbiato.

Per quanto si ricordasse, Will era sempre stato così. Alto, con i capelli rossi sempre lunghetti e spettinati e con quelle buffe lentiggini sul naso che Nic amava tanto. Vederlo le faceva sempre tornare il sorriso. Per questo che era il suo migliore amico. Era il suo confidente, la sua protezione, la spalla su cui piangere e il suo compagno d’avventura. Era il fratello che non ha mai avuto e che aveva sempre desiderato.

- Ehi Nic! - rispose dopo che la ragazza lo lasciò andare dal suo abbraccio stritolante - Che eleganza, sei uno schianto! Devi rimorchiare qualcuno per caso? –

- Ma dai, smettila! - rispose Nicole divertita dandogli un pugno sulla spalla.

- Dico sul serio! -

- Finiscila! Piuttosto, come vanno i preparativi della festa? -

- Lasciamo perdere - rispose il ragazzo mettendo in moto la macchina e gettandosi nel traffico serale – Hannah è nervosissima. Non fa altro che agitarsi e sbraitare, peggio del solito. Il che è tutto un dire! -

Nic conosceva talmente bene Hannah da potersi immaginare quello che aveva fatto passare in quei giorni a chiunque le fosse passato sotto tiro. Al contrario di Will era sempre stata una bambina molto viziata e con il tempo non era cambiata. Era una ragazza a posto in fin dei conti, simpatica e molto dolce, ma quando non riusciva ad avere quello che desiderava diventava davvero insopportabile.

- Mi dispiace per te. – disse la ragazza - Allora quest’anno la star si degnerà di venire al compleanno di una comune mortale? - domandò la ragazza scettica. Fece una smorfia e attese la risposta dell’amico.

- E dai Nic, non essere dura con lui. Neanche lo conosci! -

- E menomale! Ma chi lo vuole conoscere quel pallone gonfiato? -

- Non è così male come sembra. E’ simpatico e in fin dei conti è un tipo apposto. –

– Sarà...ma spero proprio che dia buca all’ultimo momento. -

- Si, già m’immagino la faccia di mia sorella. Spero proprio che non accada! -

I due amici si guardarono e scoppiarono a ridere.

Quando Nicole si girò a guardare fuori dal finestrino gli venne quasi un colpo.

– O…mio..dio…-

Il locale che Hannah aveva affittato per il compleanno era completamente addobbato con palloncini di ogni misura e forma con tanto di striscioni con su scritto “Buon Compleanno!” con la sua faccia raffigurata in ogni manifesto. Le foto erano tutte rigorosamente diverse, nemmeno uno striscione era uguale all’altro, e calcolando tutti gli scatti, contando anche i palloncini, saranno stati un centinaio. Seduta, sdraiata, in piedi, sorridente e seria, la faccia di Hannah Boockers osservava gli invitati da ogni direzione. Tutto ciò era molto inquietante.

- Lo so… - disse sconsolato Will rispondendo all’amica. – e non hai ancora visto i piatti! -

- Non dirmi che ha messo la sua faccia anche li! – disse sbarrando gli occhi Nic.

- Anche sui bicchieri se è per questo. – rispose l’amico con una risata.

Nicole si fece trascinare dentro il locale sempre più scandalizzata. La festa stava andando anche peggio di come l’aveva immaginata.
Qualche ora più tardi dopo aver fatto gli auguri alla festeggiata e aver chiacchierato con i signori Boockers, stava cercando Will tra gli invitati quando lo vide seduto al bancone degli alcolici mentre parlava con una ragazza mora. Gli andò vicino e si sedette affianco a lui.

- Eccoti finalmente, ti avevo persa di vista! Allora raccontami tutto è tanto che non ci vediamo. Come va il negozio? - gli chiese l’amico quando la vide.

- Tutto bene per fortuna. Sto pensando alla collezione primavera-estate e devo dire che quest’anno la cosa è molto più complicata delle stagioni scorse. -

- Lo so che ormai dovrei essermi abituato ai tuoi ritmi, ma è stranissimo immaginare che stai lavorando a dei costumi da bagno quando qui fuori si gela- -

- Questi sono gli affari! - rispose Nic con un’alzata di spalle l’occhio - Invece a te come va il lavoro? –

Will lavorava in una piccola testata giornalistica da qualche mese. Il suo sogno, da quando era bambino, era quello di diventare un grande reporter. Il padre lo aveva convinto a laurearsi in Economia, sperando che seguisse le sue orme e diventasse un commercialista. Will aveva fatto tutti i tirocini necessari, aveva passato gli esami e, dopo aver preso la laurea, si era iscritto all’albo. Ma, con grande dispiacere del padre, Will gli aveva detto chiaro e tondo che non avrebbe mai fatto quel mestiere.

- Benone, non posso lamentarmi. Diciamo che ora faccio il tuttofare, sai com’è la gavetta, sono l’ultimo arrivato, e mi devo arrangiare. - rispose afflitto il ragazzo.

- Lo so ma dai, resisti e pensa a quello che verrà dopo! -

- Non so... Lo sai ho sempre sognato questo lavoro, ma ora che ci sono dentro capisco che non ci sono tagliato. Perlomeno non come giornalista. Jack, il grafico del
giornale ha lasciato il lavoro qualche settimana fa. Magari potrei provare a fare richiesta. Mi affascina molto quello che faceva.


- Provaci, non si può mai dire… –

- Vedremo. Altrimenti mi ritroverò a fare il lavoro di mio padre e quando avrò la sua età sarò un vecchio ciccione con la barba lunga e sarò completamente andato a forza di fare conti su conti! -

Nicole si mise a ridere, ma poco dopo la sua attenzione fu attirata da uno strilletto di gioia. Si voltò per vedere chi fosse quell’oca dalla vocetta stridula quando vide Hannah andare verso l’entrata a salutare un nuovo invitato. Non gli ci volle molto per capire di chi si trattasse.
Dalla porta d’ingresso vide entrare Orlando Bloom che sfoggiava il suo miglior sorriso e che abbracciava calorosamente Hannah la quale, lieta dell’attenzione che tutta la sala le stava dando, non la smetteva di sorridere e di lanciare gridolini di esultanza.

Era cambiato molto dall’ultima volta che Nic lo aveva visto. Anzi sarebbe più appropriato intravisto, dato che da quando l’attore si divideva tra Los Angeles e Londra, preferiva posti più in, luoghi che sicuramente Nicole non frequentava.

Dopo questa scenetta le ragazze salutavano la star del momento come fossero tutte vecchie amiche e mano a mano la gente ricominciò a parlottare tra se. Quando vide che il ragazzo si stava avvicinando ai suoi genitori, Will si scusò con l’amica per andare a salutare Orlando.

Eccolo lì mentre parlavano insieme, aveva la stessa espressione di quando aveva dieci anni. Arrogante, presuntuoso ed idiota.
Mentre lo stava fissando piena di rancore, la signora Boockers le fece cenno di avvicinarsi. Se avesse potuto Nicole si sarebbe sotterrata. Non doveva fissarli. Se non lo avesse fatto ora non si troverebbe a dover conversare con la persona che odiava di più.
Indossò un sorriso tirato e si incamminò verso il gruppetto.  Camminava lentamente, cercando di ritardare il più possibile quel momento. Quando si avvicinò ad Helena e Frank, i genitori di Will e Hannah, il signor Boockers s’illuminò.

- Oh cara eccoti finalmente! Stavamo giusto parlando di te! Orlando ti ricorderai Nicole Leinghton, era in classe con te e William! –

Nicole con riluttanza alzò lo sguardo verso l’attore che la fissava a bocca aperta. Infastidita da quella situazione, si morse nervosamente il labbro.
Lui continuava ancora a guardarla imbambolato e mentre Frank stava per dire qualcosa lui rispose - Si, mi ricordo. Accidenti ne è passato di tempo!-

- Si, e a quanto vedo sei sempre lo stesso!- replicò fredda Nic beccandosi un’occhiataccia da Will che, conoscendola come le sue tasche, sapeva che quando voleva la ragazza poteva essere molto tagliente.

Se Orlando colse il sarcasmo nel tono della vecchia compagna di scuola non lo diede a vedere e risposte tranquillo sorridendo – Tu invece sei cambiata molto. Se non mi avessero detto il tuo nome, non ti avrei riconosciuto. La bambina con le trecce e gli occhiali ora ha lasciato posto ad una bellissima ragazza. –

Nicole lo fissò gelida e prima di aver tempo di ribattere il signor Boockers interruppe la conversazione - Wow cominciano i lenti! Con permesso, vi porto via la mia dama. –

L’uomo prese la moglie sottobraccio e la portò al centro della pista da ballo.

- Allora Orlando, come vanno le cose? – chiese Will interrompendo il silenzio.

- Piuttosto bene grazie, non posso lamentarmi. – rispose lui con gentilezza.

Nicole nascose un colpo di tosse dietro una sorsata del suo drink e guardò l’attore a sua volta sorridendo sarcastica e disse - E’ strano che tu sia riuscito a trovare il tempo per una festa del genere. –

- Ogni tanto ne sento il bisogno di staccarmi dalla vita frenetica che ho in America per passare un po’ di tempo a Londra, il posto in cui sono nato. Vedere la mia famiglia, i vecchi amici, insomma fare le cose che facevo prima. –

- Beh, immagino come sia stancante la tua vita frenetica, davvero non so come fai! – continuò lei imperterrita.

- Nic, che ne dici di un ballo? – si intromise Will prendendola per un braccio prima che la situzione si sia fatta troppo complicata da gestire.
 





 
Orlando tornò nel suo appartamento a Chelsea, gettando la giacca sul divano.

Quella festa, con tutte quelle ragazze che gli giravano sempre intorno ammiccando e cercando di attaccare bottone con lui, cominciava a infastidirlo. Così aveva salutato velocemente Hannah e la famiglia Boockers e lasciò il party in fretta.

Era di una stanchezza pazzesca, ma prima di andare a dormire doveva fare una cosa.
Si diresse nel ripostiglio, prese uno sgabello e vi si arrampicò sopra. “Eccola lì”,  pensò allungando il braccio sul ripiano più alto. La schiena, a causa di quello sforzo, cominciò a farsi sentire, ma lui la ignorò.

Qualche anno prima, quando aveva vent’anni, cadde da un tetto e rischiò di rimanere paralizzato. Mentre i medici lo davano per spacciato e destinato ad una sedia a rotelle, dopo un’operazione e dopo mesi e mesi di riabilitazione, Orlando riacquistò completamente l’uso delle gambe. Di quel brutto periodo ne portava ancora i segni, ma rispetto al futuro che gli si prospettava davanti, avere impiantati sei bulloni e due placche metalliche nella spina dorsale non sembrava poi granché. Quell’esperienza gli aveva cambiato il modo di vedere molte cose, e gli aveva insegnato che era importante vivere e godersi ogni minuto della propria vita, perché da un momento all’altro tutto può cambiare, inaspettatamente.

Allungò ancora di più la mano e prese la scatola verde impolverata. Su un lato era stata dipinta una scritta arancione con su scritto il suo nome. Quella era la sua scatola dei ricordi dove Orlando ci custodiva gelosamente tutte le sue memorie, belle e brutte, divertenti e tristi, ma in fondo se oggi era diventato l’uomo che era, lo doveva a tutto quello che aveva passato e che aveva segnato il suo carattere, nel bene e nel male.
Si mise seduto a gambe incrociate sul tappeto e aprì la scatola.

Vide subito Toby, il suo orsacchiotto bianco che, quando era bambino, portava sempre con se. Lo poggiò a terra e vide una cravattina nera, a stessa che aveva indossato quando aveva quattro anni, al funerale di suo padre Harry. Quando ebbe dieci anni poi scoprì che il vero padre, quello biologico, non era lui ma Colin, un vecchio amico di famiglia. Invece di avere la reazione che la maggior parte dei bambini avrebbe avuto di fronte ad una simile reazione, lui si dimostrò un bimbo maturo, come lo era sempre stato. Affrontare una cosa del genere da piccolo, aveva fatto sviluppare in Orlando una maturità sorprendente: quando fu cresciuto abbastanza da essere indipendente, si prendeva cura della madre e della sorella comportandosi da uomo a soli dodici anni.

Anche se tutta la faccenda lo aveva sconvolto profondamente, lui non lo diede mai a vedere. Da quando era morto Harry, Colin era stato molto vicino a sua madre Sonia e alla sua famiglia, e lui glie ne sarebbe stato sempre grato per questo.

Sospirò e tirò fuori alla scatola quello che stava cercando. Aprì il vecchio album fotografico e cominciò a sfogliarlo arrivando ad una foto delle elementari.
Decine di bambini sorridevano contenti al’obiettivo, dietro di loro gli alberi del giardino della scuola. Orlando, con il suoi capelli ricci e ribelli, stava nell’ultima fila essendo uno dei più alti della classe. Cercò tra i volti dei suo ex compagni di classe la ragazza che aveva incontrato poco prima alla festa.
Eccola lì. Bassa, con gli occhiali e con i suoi capelli neri raccolti in due lunghe trecce, lo sguardo vispo e dolce. Abbracciava un bambino dai folti capelli rossi e con il viso pieno di lentiggini, Will. Pochi giorni prima aver scattato quella foto, durante la ricreazione Orlando l’aveva canzonata, prendendola in giro a causa dei suoi occhiali rotondi che le davano un’aria un po’ buffa. All’inizio nessuno sentì le battute che stava facendo Orlando a quella bambina, fino a che lei non si mise ad urlare, attirando l’attenzione di tutti i presenti. Il bambino, arrabbiato per il fatto che tutti stavano guardando Nicole che gli sbraitava contro, sbottò e cominciò a deriderla, facendo ridere tutti quanti. La bambina scappò via piangendo e si nascose per la vergogna.
Orlando si sentì subito in colpa per quello che aveva fatto, ma i suoi amici stavano ancora ridendo e da quel giorno diventò molto popolare.

Rimise tutto nella scatola e la rimise al suo posto.

Non voleva ammetterlo neanche a se stesso, ma Londra gli era mancata tanto.
Quando aveva nove anni, la sua famiglia decise di trasferirsi a Canterbury, nel Kent, luogo dove ancora vivono sua madre e sua sorella. Per lui fu un trauma dover lasciare la sua casa e i suoi amici, così cominciò ad essere sempre scontroso e aggressivo con tutti, fino a quando Sonia gli aveva spiegato che il trasferimento era una cosa davvero importante, e che doveva farlo per il bene della famiglia. Così il bambino aveva messo tute le sue cose negli scatoloni ed era salito in macchina, diretto in un posto nuovo dove non voleva andare.

Ora Orlando viveva a Los Angeles, principalmente per lavoro, ma, più per uno sfizio personale che per altro, si era comprato una casa anche a Londra dove ci andava appena poteva. Stare lì, nel suo appartamento, lo faceva sentire a casa, e gli faceva tornare in mente la sua infanzia e i pochi ricordi che aveva di Harry.
Lasciare la sua famiglia in Inghilterra fu una delle cose più difficili che ebbe mai dovuto fare.
Come avrebbe fatto senza la colazione che Sonia gli preparava ogni mattina? Chi avrebbe controllato la sua rivoluzionaria sorella Samantha? Chi si sarebbe assicurato che entrambe stessero bene? Quando arrivò nella calda e soleggiata città degli angeli, rimpianse perfino il tempo tetro e grigio di Londra, non era abituato a stare in un luogo dove c’era perennemente un sole caldo e asfissiante. Man a mano però, grazie anche all’appoggio del suo migliore amico, nonché agente, Brad, si cominciò ad ambientare e non gli sembrò più poi così male.
Per il suo amico le cose presero una piega abbastanza bizzarra. Ad un anno dal loro trasferimento, Brad, donnaiolo e amante incallito del gentil sesso, incontrò una ragazza di nome Mary Cooper, classica californiana bionda, abbronzata e terribilmente sexy, per la quale perse la testa. Tra i due schioccò subito la scintilla e, dopo qualche mese, l’amico lasciò la casa che divideva con Orlando, per andare a convivere con la fidanzata. Un anno dopo i due innamorati comunicarono all’amico che Mary era incinta e che volevano sposarsi, ma non era finita qui. Dissero ad Orlando che non solo volevano che fosse il best man di Brad al suo matrimonio, ma che fu scelto anche come padrino del bambino. L’attore rimase allibito, così chiese all’amico perché avessero scelto proprio lui, e Brad gli rispose dicendo semplicemente che lui era il suo migliore amico e l’unica persona sulla terra che avrebbe voluto che crescesse suo figlio al posto suo.
Orlando, per la prima volta in vita sua, pianse davanti a lui, e lo abbracciò commosso.
Così dopo nove mesi, cinque mesi dopo il loro matrimonio, nacque Matthew Jonathan Miles, un bambino splendido e che l’attore amava con tutto se stesso.
Ora, a distanza di tre anni, Orlando si ritrovava tutte le domeniche a pranzo a casa Miles-Cooper, giocando e ridendo con il suo figlioccio che, tutte le volte che lo vedeva, si illuminava e gli diceva “-Zio Orlie! Che gioco facciamo oggi? -“.
Il ragazzo sorrise pensando alle guanciotte morbide del bambino.

Chiuse la porta dello sgabuzzino e si mise a letto. Mentre cercava di prendere sonno, ripensò al viso di Nicole. Quella ragazza lo aveva incuriosito e non poco. Doveva e voleva rivederla.
Ma come?

Ad un tratto gli venne in mente il discorso che aveva fatto con il signor Boockers poco prima.

“- Will dov’ Nicole? – disse Frank al figlio – Volevo farla incontrare ad Orlando, sicuramente gli farà piacere rivederla! –

- Nicole chi? – aveva risposto confuso l’attore.

- E’ una vecchia amica di William che andava a scuola con lui, da piccola. Gestisce un delizioso negozio d intimo a Charing Cross. Come si chiama tesoro? – disse Helena.

- Black Diamond – rispose Will alla madre.

- Ah eccola lì, ci sta giusto guardando. – disse la signora facendo segno a qualcuno, che Orlando non riuscì ad individuare, di raggiungerli.”
 
Black Diamond a Caring Cross. Ecco come l’avrebbe trovata. L’indomani sarebbe passato in negozio e l’avrebbe inviata ad uscire. Lei avrebbe accettato sicuramente.

In fondo lui era o non era Orlando Bloom!?

  
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