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Autore: ChiakiRhapsody    04/03/2012    7 recensioni
Vuoto.
Nulla.
Il bianco etereo del vuoto riempiva tutto.
Silenzio.
Improvvisamente. Un suono! Come una magia, come a voler rompere il vuoto.
Una nota pura, una goccia di pioggia che cade nel deserto.
La storia di un ragazzo che darà tutto per la musica.
Receniste in tanti grazie ;D
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The entertaoner pianist

Rhapsody of notes

-Capitolo 1: The Entertainer’s pianist-

 

Vuoto.

Nulla.

Il bianco etereo del vuoto riempiva tutto.

Silenzio.

Improvvisamente. Un suono! Come una magia, come a voler rompere il vuoto.

Una nota pura, una goccia di pioggia che cade nel deserto.

Un’altra nota risuonò nell’aria. E ancora, come all’inizio di un temporale, sempre più note, come gocce di pioggia continuarono a rendere tutta l’atmosfera magica.

Sembrava come se un sottile velo scivolasse su quei magici tasti!

Le note continuavano a incantarmi, ero ormai stregato dalle mie mani che sfioravano i tasti da sole, io le guardavo solo, stupefatto dall’alto, e ogni tanto buttavo l’occhio sui martelletti che come per magia solleticavano le corde.

Ero affascinato da quella magnificenza di suono che poteva creare solo uno strumento, sembrava come se di fronte a me ci fosse un’intera orchestra.
Ma ecco che le mie mani suonarono i tasti sbagliati, e come se si fosse rotto un vetro, con il suo solito Crash! ,tutta la magia della musica si ruppe in un solo istante.
C’era sempre quella seconda parte dell’Entertainer che mi dava problemi. Quel pezzetto che mi faceva sbagliare le note. Quel giro di accordi con la mano sinistra che mi aggrovigliava le dita.

Ma io non mi scoraggiavo, e continuavo a provare aggiungendo qua e là le mie modifiche al brano.

Ed ecco che ormai ero alla fine e come di consueto volli fare il mio gran finale.
Ecco un glissando! Un accelerando! Ecco che le mie mani rimbalzano da una parte all’altra del pianoforte! Ero suggestionato da tutta quella complessità di movimenti. Ecco l’ottava di do, poi quella di sol a scendere poi quella di mi , poi di nuovo quella di sol e per finire quella di nuovo di do, accompagnata da un glissando  discendente della mano destra! E di seguito l’accordo di  do di chiusura!

Era emozionante tutta quella parte finale in cui mi sbizzarrivo con le modifiche.

Ma allo stesso tempo era molto stancante. Ora ci voleva proprio qualcosa che mi rilassasse. E così decisi di suonare un toccante e sensibile “Chiaro di luna” di Beethoven. Tutte le volte che lo suonavo ero ad un passo dal piangere. Era così commovente!

Le note che si sentivano pochissimo, ma che riuscivano ad arrivare negli angoli più remoti del cuore di chiunque l’avesse ascoltata.

Era una musica che arrivava direttamente da dentro di me.

Musica e magia, musica e anima, musica e sentimenti.

Il Chiaro di luna era un pezzo stupendo, quella delicatezza, tutta quell’espressività che era trasmessa, io spesso la suonavo al buio con solo una fievole luce che illuminava lo spartito, in modo da creare l’atmosfera perfetta.

Così intima e romantica.

Tutte quelle note che si susseguivano e facevano vagare la mente in un altro mondo, erano come delle sirene che con i loro canti mi ammaliavano.

Ed io rimanevo incantato sentendo quella musica così dolce. Potremmo dire che era ormai droga per le mie orecchie, l’unico modo per esprimermi del tutto, e il nutrimento per il mio cuore.

In qualsiasi momento bastava la musica per farmi dimenticare tutto, sofferenza, dolore, qualsiasi cosa!

Ma ecco che arrivavo al terzo movimento, era come un uragano che ti travolge in un attimo, ma questo era un turbinio di emozioni.

Ogni nota ti faceva sentire il cuore in gola. Il cuore iniziava a palpitare. Le mani scivolavano su quei tasti trasmettendo tutta la mia anima.

La sensazione che provavo suonando con tutta quell’impulsività era indescrivibile.

Mi faceva sentire come in un altro mondo, dove nulla esisteva tranne me, il pianoforte e quei magici tasti, con i quali potevo creare un'infinità di musica, pur essendo solo 88.

Una moltitudine di note che si alternavano, creando un gioco d’immensa bellezza.

Le dita giravano e rigiravano su quegli arpeggi che mi facevano sempre passare un brivido lungo tutta la schiena.

Era la cosa più espressiva che avessi mai suonato.

 Tutto il mio spirito era trasmesso a quei martelletti, che con quell’appassionante emotività sfioravano le corde.

Sembrava come se tutte le parti del pianoforte stessero ballando quella musica così coinvolgente.

Non potevo fermarmi!

Le lacrime m’iniziavano a scendere giù dagli occhi, e lucide come perle, si infrangevano contro quei tasti che danzavano in un vorticoso valzer.

Ecco che subito un'altra lacrima seguì la precedente!

Scese lungo il mio viso fino a scivolare e cadere sui tasti.

Quel pezzo era tutta la mia anima!

E alla terza lacrima, il mondo sparì come se nulla fosse mai esistito.

 Pian piano la tempesta portata da tutte quelle note, si stava calmando, e come un’onda che si è infranta sulla spiaggia, si ritira, così dolcemente quelle magiche note andarono sempre più affievolendosi con un lungo e sentimentale arpeggio finale che si concluse con solo due accordi che però sprigionarono in loro tutta la tensione caricata in ogni parte del pezzo. Due soli accordi per terminare tutto quel turbinio di passione che mi aveva pienamente coinvolto.

Sollevate le mani da quei tasti, rimasi per qualche minuto sbigottito da quella perfezione che era la musica.

Non avevo proprio parole per descriverla!

Era tutto così bello, ma al contempo molto stancante!

Stancante perché in tutte quelle note mettevo tutto me stesso, era come se mi fondessi in un tutt’uno con la musica; io ero lì ma nello stesso tempo la mia mente vagava, ed immaginava luoghi fantastici. Quello era il mio unico modo per viaggiare quando volevo estraniarmi da tutto il mondo che mi circondava.

Spesso perdevo completamente la concezione di dove mi trovassi e del tempo che passava. La mia mente rimaneva stregata da tutta quella dolce melodia che mi risuonava in testa allietandomi ogni mio pensiero.

E, infatti, ormai si era fatto tardi! Cavolo dovevo ancora farmi tutto greco per il giorno dopo!

Così, rimisi il copri tasti, e chiusi il pianoforte. Mentre mi dirigevo verso la mia camera, accarezzai dolcemente il mio più fidato compagno di viaggi.

Mi dispiaceva davvero lasciarlo lì senza che nessuno gli solleticasse le corde con grazie ed eleganza.

Ma ecco che arrivato in camera mia un nuovo ostacolo si metteva tra me e il greco: Facebook! Non c’era mai una volta che appena passando davanti al computer, non mi mettessi solo per qualche minuto a controllare le notifiche, poi quei pochi minuti diventavano una mezz’oretta se non di più.

Finì che si fecero le undici, ed io non avevo nemmeno sfiorato il libro di greco, decisi così, che l’indomani mi sarei svegliato presto per fare le frasi di greco che aveva assegnato la professoressa ben una settimana prima.

Quella notte feci un sogno bellissimo: sognai di stare in riva al mare, con l’acqua che mi solleticava i piedi, mentre suonavo un dolce valzer, che mi rendeva felice, sembrava che le pure le onde danzassero seguendo il tempo; le note delicate che rimbalzavano qua e là sembravano la dolce spuma del mare. Era bellissima quella scena! Improvvisamente però, mi ritrovai sul tetto di un grattacielo, e l’unica cosa che suonarono le mie mani fu un ragtime, teso, che faceva sembrare come se da un momento all’altro sarei scivolato giù da quel tetto!

La paura saliva! Il grattacielo si stava inclinando! Ed io con il pianoforte stavo scivolando, e all’improvviso caddi da lì sopra e mentre piombavo nel vuoto, tutto si spezzettava, i tasti volavano via! Ma quel volo nel vuoto non finiva mai!

Era un incubo!

Così mi svegliai subito di botto!

Buttai l’occhio sulla sveglia, erano le sei, ed era meglio se iniziavo a fare greco.

Ci misi un’ora a fare tutte quelle frasi. Che cosa lunga. Quando poi chiusi tutti i libri, vidi che erano già le 7:10 ed io dovevo assolutamente prepararmi perché sennò avrei perso l’autobus.

Così di corsa mi preparai e correndo mi diressi verso la fermata dell’autobus; feci appena in tempo ad arrivare lì che ecco che passò. Amavo sentire durante il traggito le più belle opere dei miei compositori preferiti e così ogni volta m’incantavo a sentire Gershwin, o Rachmaninoff, o Joplin o Chopin.

Comunque ancora non mi sono presentato, mi chiamo Fryderyk, ho quindici anni e come avete potuto ben intuire frequento il liceo classico. Intanto però mi sto preparando per entrare al conservatorio. Amo follemente suonare il pianoforte ma so anche suonare il violoncello, un altro strumento che amo tantissimo. Nel tempo libero oltre a suonare leggo gli spartiti per orchestra, sono affascinato da come un’orchestra possa rendere in tuta la sua pienezza la musica. Il mio sogno, anche se credo sia irraggiungibile, è diventare un direttore d’orchestra. Ma lasciamo correre le mie ambizioni impossibili. E ora vi voglio raccontare tutta la mia storia e la mia avventura tra miliardi di magiche note.

 

Continua…….

 

Nota dell’autore:

Sono felice di aver ritrovato l’ispirazione per scrivere una nuova storia che rispecchi un lato di me,  ma soprattutto che non mi faccia passare guai come mi aveva fatto passare la precedente -.-

Spero comunque che vi piaccia perciò recensite in tanti grazie ;D

 

   
 
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