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Autore: Dira_    07/03/2012    13 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
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Capitolo LI

 
 

 
Everything I know is wrong/ Everything I do just comes undone
You left the sweetest taste in my mouth / Your silver lining the clouds
I wish that I could work it out
(The Hardest Part, Coldplay)
 
 
 
13 Gennaio 2022
Norvegia, Durmstrang. Dormitori dell’élite (Ala Nera).

 
Sören non aveva tempo da perdere. C’era una Prova in vista, nessuna direttiva da suo zio e un mucchio di problemi che gli gravitavano attorno.
Fortunatamente vivere nell’Ala Nera gli permetteva di allenarsi, dormire e rifocillarsi senza sostanziali interruzioni. Nessun contatto che non fosse strettamente necessario. In quella settimana aveva visto solo Dionis e Poliakoff. Non doveva neppure presentarsi alle lezioni, essendone esonerato per la preparazione al Tremaghi – e sospettava perché il Direttore non lo volesse vicino alla sua innocente e fallibile scolaresca.

Uscì dalle docce comuni del piano strofinandosi vigorosamente il telo umido sui capelli. Una doccia bollente aveva lavato via la fatica degli allenamenti mattutini. Avrebbe pranzato velocemente prima di mettersi a lavorare sulla Seconda Prova.
Lavorare sul Torneo era un buon modo per scaricare la tensione.
“Oh, eccoti qua!” Lo sorprese una voce. Alzò lo sguardo e si trovò di fronte al suo assistente. “Ti ho cercato ovunque!”
“Sono appena tornato dall’allenamento nella foresta. Cosa c’è?” Si avvicinò ai suoi vestiti, indossandoli con calma, sentendo i muscoli sciolti dall’acqua tendersi al brusco cambio di temperatura. O forse per la presenza non attesa dell’altro. Cacciò via il pensiero come avrebbe fatto con dello sporco sul pavimento.

Il russo fece una pausa e Sören non dovette guardarlo in faccia per sapere che lo stava scrutando. “L’inglesina.” Disse soltanto e fu sufficiente.  
“Cosa?”
“È un problema?” Era la prima volta che il suo assistente affrontava un problema di petto, senza giri di parole o tentennamenti tremolanti.

“Dovrebbe esserlo?” Replicò. Gettò l’asciugamano sulle panche in pietra che disseminavano il locale delle docce e si chinò per indossare i pantaloni dell’uniforme. Era un buon modo per evitare che l’atro vedesse la sua espressione.
Capirebbe che stai nascondendo qualcosa.
Angoscia, non è vero Ren?
“Dimmelo tu.” Kirill si appoggiò ad una delle scansie, puntellandosi con le mani grassocce. Era ironico che un ragazzo in apparenza tanto incapace potesse tenerlo in pugno.
Solo con le parole. Gli bastano quelle. Gli basta una chiamata allo zio. Una sola, e un sospetto.
“Sono sorpreso quanto te che sia venuta fin qui. Ma questo non è un ostacolo ai piani. È solo un sassolino sulla strada, nulla di più.” Si allacciò la camicia con attenzione e lo specchio di fronte a sé gli restituì l’immagine di un ragazzo troppo magro, con pieghe nervose attorno alla bocca e borse sotto gli occhi.
Non era nel suo periodo migliore. Per eufemizzare.  
“Bel paragone.” Osservò l’altro accarezzandosi la barbetta. “Ma anche un sassolino, se si infila nello stivale, può dar fastidio.”
Dannazione.

Si voltò, fissandolo con la sua espressione più neutra. “Ho detto che non è un problema.”
“Ad Hogwarts lo stava diventando.” Osservò quello con un mezzo sorriso. Era sgradevole e storto. Sembrava quello di Johannes. “È curiosa, quella ragazzina…”
“L’ho allontanata la sera del Ballo e questo chiude la questione.” Si ravviò i capelli con una mano. Ciocche bagnate gli finirono negli occhi ma non se ne curò. C’erano tante cose di cui non si curava, da quando era tornato all’Istituto. I capelli avevano bisogno di una spuntata, erano troppe le ciocche irregolari.

Non è un bene che tu ti stia trascurando, Ren. Dov’è la tua famosa disciplina?
Poliakoff si staccò dalla parete, avvicinandoglisi. “Spero che lo sia. Mi dispiacerebbe se rimanesse invischiata in questa storia… beh, più di quanto già non sia.”
“Che intendi dire?” Si complimentò per l’assoluto disinteresse che trapelò dalla su voce. Quella doccia bollente era stata davvero un toccasana.
“Nulla di particolare. Era solo un’osservazione.” Fu la replica. “Soltanto, ora come ora, è troppo rischioso avere a che fare con lei.” Fece un sospiro scocciato. “Non le hai parlato dalla sera del ballo di Yule, vero?”
“No. Ho mai abbandonato l’Ala Nera se non per allenarmi?”
Poliakoff si strinse nelle spalle. “Chiedevo. Non possiamo permettere che il piano venga messo a rischio per una gallinella ficcanaso. Abbiamo già avuto una visita degli auror britannici, vediamo di evitare le forze magiche scandinave.”
“Non c’è bisogno che tu me lo dica.”
L’altro fece un cenno dismissivo con la mano. “Non farei il mio lavoro se non ti dicessi queste cose. Sei terribilmente nervoso da quando siamo qui.” Un’altra di quelle sgradevoli occhiate che lo facevano sentire una sorta di cavia. Sensazione conosciuta peraltro. “Sei sicuro che vada tutto bene?”
Sören strinse i pugni e si concentrò nel nascondere dietro un muro di Occlumanzia il grumo di emozioni che stava tentando di sfondargli la cassa toracica. Doveva decisamente evitare di aggredire il compagno, sia verbalmente che, soprattutto, fisicamente.

Nessun ulteriore sbaglio sarà tollerato. Non con i sospetti che nutre su di me. So che li ha. So che appena avrà occasione o sicurezza li dirà allo zio. E Lily sarà in pericolo, più di quanto già non sia.
Aveva un compito, una missione. Ma aveva anche un desiderio: proteggere Lily.  
Suo padre gli aveva insegnato che i debiti di vita erano qualcosa che marchiavano l’anima, nel profondo. In quei giorni, dopo l’impetuoso incontro avuto con la minore dei Potter, aveva raggiunto la consapevolezza che l’unico modo per ripagarla era tenerla lontana da tutto ciò che sarebbe successo. Perché sarebbe successo, non aveva dubbi su quello.  
Lontana da tutto e soprattutto da te.
… Eppure.
Ti manca, no? Vorresti vederla ancora. Ti ricordi la sensazione della sua pelle contro la tua?
Nessuno l’aveva toccato tanto quanto aveva fatto Lily Potter. Aveva scoperto che era bello.
Non è importante. Non mi serve. È controproducente.
Oltretutto… riusciresti a guardarla negli occhi?
“Fa’ in modo che nessuno degli studenti di Hogwarts abbia accesso diretto all’Ala Nera.” Si sentì dire, e per fortuna era la cosa giusta. Quel magone allo stomaco ormai gli dava la nausea.  “Sai meglio di me che, date le contingenze, è meglio se evito il contatto con la famiglia Potter. Almeno fino a nuove direttive.”
Kirill annuì. “Per quanto riguarda la Prova invece… stai studiando la documentazione che ti ho passato?”

“Naturalmente.” Si allacciò la casacca. “Sarò nella mia stanza per un’altra ora. Poi andrò alla caletta. Assicurati…”
L’altro sbuffò, alzando le mani in segno di esasperata resa. “Ho capito, ho capito! Non ci saranno, fidati. Né il clan dei Potter, né gli altri Campioni.” Sorrise. “Lascia fare a me. Tu concentrati nell’essere il nostro perfetto Campione.”
Sören ingoiò una smorfia sarcastica; era stato a stretto contatto con Kirill Poliakoff in quei cinque mesi. Sapeva bene di avere un Assistente più sveglio di quanto non dessero ad intendere le apparenze.

 
Kirill si accomiatò con un cenno di saluto dal suo Campione. Assistito. Sorvegliato speciale.
Comunque la mettesse, erano tutti sinonimi.
Fece un sorrisetto, scuotendo la testa; c’era una parte di lui che provava pena per Sören Von Hohenheim. Era un mago letale, praticamente un’arma su due gambe. Un confronto in merito alle loro rispettive forze magiche non poteva neppure essere immaginato. Eppure per certe cose, l’arma letale sembrava un dodicenne. Imbranato, per giunta. Era quasi ridicolo.
Non l’hai più sentita, eh? E il rendez-vous strappalacrime la sera della cerimonia d’accoglienza?
Non si era neppure accorto che li aveva spiati, perché troppo concentrato a stringersi al petto quella sciocca streghetta inglese.
C’era decisamente bisogno che facesse una certa chiamata via camino. C’erano aggiornamenti.
 
****
 
“È una mia impressione o ci stanno tenendo sotto controllo?”
Era stata Rose a rompere il silenzio della biblioteca di Durmstrang. Albus le lanciò a malapena un’occhiata, molto più concentrato a cercare di capire come leggere nel giusto ordine le rune del libro di testo che aveva davanti e Tom e Scorpius erano immersi in un profondo battibecco sibilato a proposito della Prova, uno specchio magico e lì si fermava la sua voglia di sapere, davvero.

Batté le palpebre, notando che la cugina aveva scritto solo pochi centimetri della sua pergamena per i compiti del giorno dopo, il che era strano; non appena Rose aveva scoperto che le materie di Durmstrang avevano un’impostazione diversa da quelle inglesi si era subito stabilita in biblioteca per sessioni feroci di studio comparativo trascinando con sé il suo riluttante fidanzato.
Era passata quasi una settimana dal loro arrivo e non c’erano state sorprese o colpi di scena. La routine dell’Istituto li aveva inglobati come avrebbe dovuto. Non avevano molti contatti con gli allievi della scuola, ma in compenso trascorrevano molto tempo con la delegazione francese che aveva accesso alle loro stesse aree della fortezza.
Sì, perché tralasciando i nostri dormitori, il refettorio, il campo da Quidditch e la biblioteca non è che possiamo andare dove ci pare. Non che vogliamo. C’è sempre il rischio di perdersi, qua dentro.
Forte di quella riflessione, tornò all’espressione incerta di Rose. “Che intendi dire?” Le chiese.
“Intendo dire…” Sospirò, mentre anche gli altri due smettevano di bisticciare per dar loro attenzione. “… che sono sempre molto attenti ad organizzare attività per noi, sai, come la gita fuori porta di due giorni fa, quando siamo andati a visitare quel vecchio cimitero pagano.”
“È stato divertente!” Si intromise Scorpius. “Spettrale e tutto quanto!”
“Non lo è stato.” Borbottò Tom togliendogli di mano la penna stilo – babbana e quindi sua – che l’altro era in dirittura di mordicchiare.
“Non ti è piaciuta perché Dominique ti ha spaventato.” Ghignò l’altro. “Ammettilo.”
No.
Al fece un mezzo sorriso, ricordando come il suo ragazzo fosse letteralmente saltato in aria quando la platinata anglofrancese era saltato fuori da dietro una tomba urlando.

Ho dovuto evitare che la maledisse…
Al si rivolse di nuovo alla cugina. “Beh, non vedo cosa ci sia di strano… Anche noi abbiamo organizzato cose del genere per loro quando erano in Scozia. È per farci conoscere i dintorni.”
Rose fece una smorfia; era un paio di giorni che era inquieta e trasparente com’era, si notava molto. Forse era dovuto al fatto di aver realizzato che aveva un anello al dito e che avrebbe dovuto dire anche quello al padre.
Forse stavolta è la volta buona che zio Ron ha un infarto.
Scorpius, notando la sua espressione, le prese la mano e la intrecciò alla sua, baciandone le nocche.  
“Fiorellino, cosa cerchi di dirci dietro complessi giri di parole?” Le chiese allegramente; il perenne buon’umore del grifondoro era un balsamo, e non solo per la sua fidanzata, anche per loro. Che avesse percepito o meno la tensione che correva tra quelle mura, era sempre pronto a stemperare una conversazione tesa con una battuta o con una diversione.
Buffo a dirlo, ma senza di lui penso che avremo litigato un po’ di più e riso un po’ di meno.
 
“Che ‘sti vichinghi non ci tolgono gli occhi di dosso un secondo, biondo.”
 
Era Dominique, Al lo seppe prima di voltarsi dato che aveva di fronte Thomas, il quale aveva assunto un’aria tra l’irritato e lo sconfortato.
Ha questa faccia solo quando è in presenza di Jamie o Dom. E visto che Jam non c’è…
La suddetta infatti afferrò una sedia, voltandola e mettendocisi a cavalcioni, ignorando che fosse riccamente istoriata e che il resto della sala la stesse guardando in vari gradi di sconcerto. La biblioteca di Durmstrang era enorme, spaziosa e soprattutto, antica e sembrava del tutto inadeguata ad ospitare gesti del genere.  Metà degli scaffali ospitavano rotoli di pergamena, invece che libri rilegati. Sugli archi che si aprivano sul soffitto a volta erano incise rune che neppure Rose, che le studiava dal Primo Anno, era riuscita a decifrare.  
“Nicky, abbassa la voce!” C’era anche la ragazza francese dal nome inglese. Sembrava contrariata dall’essere lì a giudicare dalle braccia incrociate e l’aria genericamente infastidita.
“Violet!” Esclamò Scorpius, l’unico apparentemente felice di vederla.  
“Sì, ci siamo entrambe purtroppo.” Sbuffò questa, quando si rese conto che non poteva bacchettare due persone nello stesso momento. Si sedette rigidamente accanto all’altra, quasi dovesse esser dipinta per un ritratto familiare.
“Siamo in una biblioteca, Malfoy. Abbassate il tono prima che ci caccino.” Concordò Rose. Dato il silenzio scomodo che ne conseguì, Albus si sentì in dovere di riprendere la parola, seppure a bassa voce.
“Vi sentite controllate?” Considerate le contingenze, non poteva trascurare nulla. Anche le cose più sciocche potevano essere sintomo di qualcosa.
“Sicuro! C’è sempre qualcuno che ci sta attaccato al cu…” Esordì Dominique, prima che un’occhiata raggelante dell’altra le facesse roteare gli occhi al cielo. “… al fondoschiena. L’abbiamo notato un paio di giorni dopo il nostro arrivo. Non siamo mai veramente sole, se non in dormitorio.”
“Anche per noi è così.” Confermò Rose e Al, suo malgrado, dovette far mente locale e rendersi conto che ad eccezione della camera da letto, era sempre seguito come un’ombra da Radescu.

L’unico motivo per cui non è qui è perché… Beh, qui dentro è pieno di allievi.
“Ad Hogwarts non era così.” Si intromise Violet. Il suo spiccato accento londinese sembrava tutto fuorché francese. Era la prima volta che Al la sentiva parlare che non fosse per civettare con Malfoy. “Non che potessimo muoverci ovunque, ma qui ci stanno pedinando. Non siamo le sole ad averlo notato, anche i ragazzi hanno avuto la stessa impressione.”
“Mael. È un nanetto paranoico, ma stavolta penso abbia ragione.” Soggiunse Dominique. Aveva assunto un’aria seria ed era dannatamente credibile con quell’espressione addosso.

“Ne avete parlato con la vostre Preside?” Chiese Rose.
Violet fece una smorfia dismissiva. “Voi ne avete parlato al vostro? Non ci darebbe mai retta, direbbe che ce lo stiamo immaginando. In effetti è più che altro una sensazione.”
“Non ce l’hanno tutti.” Concluse Dominique afferrando una delle penne di Tom e osservandola incuriosita prima che questo gliela strappasse di mano. 

“Perché dovrebbero fare una cosa del genere?” Chiese Al.  
Dominique si guardò con Violet, e fu di nuovo questa a parlare. “Non ne abbiamo idea. Ma è chiaro che fanno di tutto per sapere dove siamo tutti quanti, in ogni momento. Anche adesso.” Era molto meno scema di quanto avesse millantato Rose, pensò Al, e doveva essersene accorta anche la suddetta dalla strana espressione di scornata confusione che aveva assunto.
Scorpius si stiracchiò, approfittandone per dare uno sguardo tutto attorno. “Eh, mi sa che è vero. Ci sono un paio di allievi che guardano dritto verso di noi da un po’.”
“Da quando siamo entrati qui.” Mormorò Tom.
“Questo Torneo ha qualcosa di strano.” Sbuffò Violet. “Ed è anche più inquietante di quanto non dovrebbe essere normalmente.” Fissò Scorpius. “Voi cosa sapete?”
Malfoy non batté ciglio, limitandosi ad un sorriso disimpegnato. “Nulla di più di quello che sapete voi.”
“Sciocchezze.” Lo interruppe. “Sapete qualcosa perché qualcosa è successo da voi l’anno scorso. Era su tutti i giornali. Sta succedendo di nuovo?”
“Non sono affari tuoi, Parkinson.” Sbottò Rose, che evidentemente non digeriva il tono di comando dell’unica donna oltre a lei in quel consesso.

Domi non conta.
Era uno scontro di volontà femminili, capì Albus preferendo far finta di non aver notato la cosa.
L’altra assottigliò lo sguardo serrando le labbra. “Sono affari miei, Weasley. Calpesto il vostro stesso suolo e questo basta per mettersi nei guai, secondo ciò che si dice della vostra famiglia.”
Le orecchie di Rose stavano diventando pericolosamente paonazze. Albus non era l’unico ad averlo notato, perché Malfoy intervenne un secondo prima che la ragazza desse fiato alla sua rabbia.
“Violet, non c’è alcun pericolo per Dom.” Proferì calmo. “Se succederà qualcosa… e non sto dicendo che sia cosa sicura, non coinvolgerà i Campioni del Tremaghi, ti do la mia parola.”
Non avrei potuto dirlo meglio.
Al si segnò mentalmente di ringraziare Scorpius circa un centinaio di volte finita quella storia.
La ragazza arrossì leggermente sulla guance, facendo una smorfia ed evitando di guardare proprio in direzione dell’interpellata.
“Sai che vuol dire in francese il tuo cognome?” Borbottò.
“Ho parenti francesi da qualche parte, certo che lo so.” Ghignò il ragazzo. “Ma io sono speciale. Della mia parola ti puoi fidare.”
“Io mi fido.” Convenne Dominique placidamente. “Il punto però resta. Questi son tutti sulle spine da quando siamo qui. È come se non ci volessero ma gli tocca far buon viso a cattivo gioco. Una roba del genere” Scrollò le spalle. “Pensavamo fosse giusto dirvelo.”
“Io non lo pensavo, è stata un’idea tua.” Continuò malmostosa la mora, prima di alzarsi in piedi. “Se non avete intenzione di metterci a parte dei vostri piccoli segreti ce ne andiamo.” Non aggiunse altro, lanciando un’occhiata significativa a Dominique prima di marciare via tutta impettita.

Quella sospirò lanciando un’occhiata verso l’ultimo lembo di gonna azzurra che spariva tra gli scaffali. “Mi sa che devo andare. Ohi, a proposito, dov’è Lils?” Chiese, come se tutta quella conversazione fosse stata costellata da banali convenevoli e aneddoti familiari. Albus era sbalordito ed insieme invidioso della capacità della cugina d’Oltre Manica di essere sempre al di sopra di qualsiasi preoccupazione.
Si deve viver bene così.
“In punizione.” Le rispose.
“Ah, quella rossa!” Ghignò affatto turbata dalla notizia – e perché avrebbe dovuto, dato che le punizioni scolastiche erano una costante nella loro famiglia?

“La Parkinson è una rompipalle.” Sbottò Rose quando se ne furono andate. “Ma poi che voleva?”
Scorpius scrollò le spalle. “Andiamo Rosie, è ovvio! Violet è preoccupata . Non è tipa che te lo dice apertamente, ma ha paura per la sua ragazza. Parecchia o non sarebbe mai venuta a cercarci di persona.”

“Mi sembra ancora incredibile che lei e Domi siano una coppia…”
“Volevano capire se erano le uniche ad aver avuto una sensazione che può tacciarti di paranoia.” Soggiunse Tom continuando a fissarsi le mani come se fossero la cosa più interessante al mondo. Altamente probabile che il suo cervello stesse lavorando a pieno regime.
“Beh, non lo sono…” Sbuffò Rose ravviandosi una ciocca di capelli. “Anch’io sono preoccupata per Scorpius.”
“Sei tenera Rosellina.”
“Sono angosciata, è diverso.” Inspirò. “Perché ci stanno sorvegliando?”

 
****
 
Lily si sarebbe suicidata dalla noia entro dieci minuti esatti d’orologio.
Ne era talmente certa che stava già progettando come sarebbe avvenuta la sua morte. Un defenestra mento sembrava l’ipotesi più fattibile e meno dolorosa. Uccisa da qualche scoglio aguzzo o dall’impatto con l’acqua.
Persino coreografico. Romantico. Scenico. Mi piace.
“Signorina Potter, non ha tempo da perdere con il naso per aria. I compiti non si faranno da soli.”
Lily lanciò un basso mugugno, tutto ciò che le era concesso di fronte all’espressione di pietra di Minerva McGrannit. Finite le impraticabili lezioni della mattina – erano tutte in tedesco e lei era una schiappa con gli incantesimi di traduzione simultanea - era stata portata da Ted nelle stanze assegnate alla vecchia professoressa e da lì non era più uscita, neppure per pranzare dato che aveva mangiato sotto la sua disagiante supervisione.

“Perché non posso studiare in biblioteca con gli altri?” Chiese fissando la propria pergamena intonsa ad eccezione di un paio di scarne righe. Trasfigurazione non era più il suo Gramo, ma rimaneva comunque una materia ostica.
Senza le spiegazioni di Ren, tra l’altro.
“Perché è in punizione.” Le fu ovviamente comunicato.
“Studiare non è come andare ad una festa o ad una gita…” Borbottò a mezza bocca. Poteva capire l’esser tagliata fuori dai divertimenti organizzati per le delegazioni – a cui non voleva comunque partecipare, dato che erano più che altro tetre visite in cimiteri o esplorazione degli impervi dintorni.
Ma studiare. In biblioteca!
Non avrei mai pensato che avrei desiderato una cosa del genere. Mai, nella mia vita.
“Come ho detto, lei è in punizione.” Ripeté l’anziana strega. “Questo significa che le è preclusa la possibilità di passare del tempo ad oziare.”
Lily batté le palpebre. “In biblioteca?” Tentò di nuovo.

Fu quasi certa di vedere una lieve contrazione nella bocca della professoressa. Se fosse stato un sorriso o una smorfia era però difficile stabilirlo. “Visto che ha una particolare inclinazione ad eludere la sorveglianza dei suoi fratelli o dei Prefetti, il Preside ha ritenuto che fosse opportuna una più stretta sorveglianza.”
Il Preside… diciamo pure papà.
Non disse nulla però, limitandosi ad ingoiare una risposta salace e rimettersi al lavoro sulla pergamena. Perlomeno con Teddy era meno noioso.
Aveva infatti avuto la possibilità di scambiare quattro chiacchiere e farsi aiutare, e non fissare con sguardo giudicante; ma quel giorno il vecchio amico era dovuto andare in paese – ovunque fosse – a sbrigare delle faccende e quindi la Pluffa era stata passata alla McGrannit.
Lanciò uno sguardo fuori dalla finestra; sembravano passati anni da quando Sören aveva giocato con lei e i suoi amici. Da quando avevano riso insieme ed era tutto normale, e bello.
Le mancava Sören; le sembrava assurdo essere nello stesso castello, dividere la stessa aria e non poterlo vedere.
L’aveva cercato con lo sguardo in quei giorni, in refettorio, nei corridoi, nelle aule. Ovunque. Sembrava essere scomparso e qualsiasi contatto con gli allievi di Durmstrang si era rivelato un continuo, smorzante fallimento. Se aveva tempo di fermarne uno, sembrava che enormi barriere linguistiche li ostacolassero. E la delegazione del Tremaghi si è smembrata. E chi li riconosce, se non sono tutti assieme?
Come se non bastasse, era controllata a vista; da sua cugina quando era in dormitorio, da Al durante le ore di lezione e per il post c’era un ovvio Teddy a scortarla ovunque.
Non dovrebbe essere Tom quello nei guai? Perché hanno messo in regime di sorveglianza speciale soltanto me?!
Tirò un ennesimo, rumoroso sospiro e a quel punto l’anziana strega fu costretta ad alzare gli occhi dall’incantesimo sferruzzante che stava controllando. “Potter.” Esordì con tono carico di esasperazione. “Sarebbe opportuno cercasse di rimanere concentrata almeno per dieci minuti di fila. I suoi compiti ne trarrebbero giovamento, mi creda.”
“Non ci riesco!” Sbottò sentendo la sua voce avere uno sgradevole picco infantile. Non che fosse una novità; di fronte alla vecchia strega scozzese si sentiva sempre infantile. “Io… non riesco a rimanere concentrata. Ho troppe cose in testa!”

Quella ripose il lavoro a maglia nell’apposito cestino e incrociò le mani in grembo. “Ad esempio?”
“Ad esempio…” Esitò, perché se non aveva trovato comprensione da suo fratello, Ted o gli altri dubitava di poterne trovare in un’eroina di guerra, dura come la roccia, inflessibile e… zitella. “Non capirebbe.” Brontolò amareggiata. 

“Mi metta alla prova.” Fu l’inaspettata replica. Il tono non si era addolcito di una virgola, ma perlomeno non stava tentando di riportarla ai suoi doveri. Era un progresso.
“È per via di Sören Luzhin che sono qui. Il piano era stargli vicino…” Strofinò con forza una macchia di inchiostro sulla nocca. Detestava avere le mani macchiate, era decisamente poco femminile. “… ma è andato tutto storto.”
“Suppongo non avesse considerato la punizione che ne sarebbe conseguita.” Osservò con un sorriso sottile.
Lily si sentì arrossire e per un folle momento le sembrò di vedere volteggiare la sua età nell’aria, quasi fosse stato lanciato un incantesimo Flagramus¹.
Stupida, stupida quindicenne.
“No… mi sa di no.” Ammise. “Però non è solo questo. Sören non è mai in giro ed ho paura che… insomma, che non stia bene e che qualcuno gli stia facendo del male.”
La McGrannit inarcò le sopracciglia. “Qui, a Durmstrang? Al suo Campione?”
“Lo so che è assurdo.” Si mordicchiò un labbro, continuando a tentare di strofinarsi via la maledetta macchia. Con tutto quel movimento di polso vedeva baluginare il braccialetto che l’amico le aveva regalato per Natale. Faceva male. “Vorrei solo vederlo. Vorrei sapere se sta bene. E non ci riesco.” Cercò con tutte le forze di ricacciare indietro il groppo che sentiva alla gola. Ormai era ospite fisso dei suoi migliori magoni. “Non mi sembra una cosa tanto pazzesca da chiedere, no?”

Non alzò lo sguardo perché in quel momento non sarebbe stata capace di fronteggiare una donna che aveva votato la sua vita ad alti valori morali e che di certo la trovava una minorenne cretina, riempita di sciocchezze ormonali. Poi sentì un sospiro.
Rassegnazione? È rassegnazione. Mi piace la rassegnazione. Significa vittoria Forse.
“È stato il Signor Luzhin a darle ripetizioni nella mia materia?”
Annuì rapidamente. “Sì, proprio lui! Non sarei migliorata tanto se non… cioè, mi ha motivato.” Rettificò, dato che non era il caso di dare tutto il merito ad un esterno di fronte alla docente in questione. “Me l’ha fatta vedere diversamente.” Sperò andasse bene.

La McGrannit non disse nulla, limitandosi a riprendere con un colpo di bacchetta il lavoro a maglia. Sembrava ne stesse venendo fuori qualcosa di molto tartan.
Scozzesi…
“Finisca i suoi compiti.” Disse facendola ripiombare nello sconforto. “Se termina prima che faccia buio forse potrà godere di una rinfrancante passeggiata fino alla caletta qui vicina.”
Lily la guardò senza capire; perché mai avrebbe dovuto interessarle congelarsi e dover poi risalire un pendio solo per vedere una caletta, per quanto potesse essere rinfrancante?
“Pensavo sapesse dove si allenano i Campioni, Signorina Potter.”
La McGrannit era ufficialmente diventata la sua professoressa preferita.

 
****
 
Inghilterra, Londra, Ministero della Magia.
Ufficio Auror.

 
“Luzhin potrebbe non essere Luzhin.”
Harry colse quella frase mentre osservava il magma indaffarato che era l’ufficio auror quel pomeriggio; non era, lavorativamente parlando, l’ora di punta. Era sempre così entrare nella loro sezione; promemoria volanti ovunque, auror che entravano ed uscivano presi da una fretta insostenibile. Checché se ne dicesse, quel caos convulso – eppure stranamente funzionale - era Grifondoro con una lieve spruzzata di indefessa operosità Tassorosso.

Osservare quello spettacolo lo aveva sempre tranquillizzato.
Non adesso.
Voltò le spalle alla grande vetrata che si apriva sul suo ufficio e guardò Ron, appena entrato. A breve distanza c’era Nora. Era stata lei a parlare.
“Notizie sui genitori di Luzhin?” Chiese.
“Ancora nessuna.” Scosse la testa Ron. “E indovina un po’? Casa loro ha un Custode Segreto, che sembra essere Frederick Luzhin stesso. Non possiamo neanche ottenere un mandato per una perquisizione in cerca di indizi. Non riusciamo a trovarla!”
“La Thule ha fatto le cose come si deve…” Mormorò sciogliendo le mani da dietro la schiena e misurando l’ufficio con i propri passi. Mantenere la calma e la freddezza mentale era una priorità assoluta.

Da adolescente sarebbe andato avanti a capo chino; ma non lo era più da parecchio tempo.
E non posso comportarmi come tale. Come Lily.
Ron si buttò sulla sedia di fronte alla scrivania, passandosi una mano trai capelli. “Fantastico, siamo punto e da capo. Nulla di fatto!” Fece una smorfia lanciandogli un’occhiata indecifrabile. “Pensi davvero che la teoria della sostituzione di persona sia valida?”
“Sì. Sören Luzhin non è chi dice di essere. Non ci sono prove schiaccianti… ma circostanziali? Troppe.” Osservò le foto che teneva sulla scrivania. I suoi figli lo salutavano sorridendo, con una serenità che gli dava uno strano senso di impotenza.
Non sapere quali fossero i piani di Hohenheim era peggio di un veleno; aveva già assaggiato quella bevanda sgradevole con Voldemort.
Avrei voluto che fosse l’ultima volta. Vorrei che non vi fossero coinvolti i ragazzi…
… Ma spesso volere qualcosa, non è ottenerla.
“Pensi che un adepto della Thule abbia preso il suo posto?” Lo riportò alla realtà Nora.  
“Sì, lo penso.” Confermò secco, voltandosi di nuovo verso di loro. “I suoi genitori sono irrintracciabili, i loro dipendenti non ricordano che faccia abbia. Prima di quest’anno era solo uno studente come tanti, non particolarmente famoso o di rilievo. Perfettamente sostituibile, dunque.”
“Ma com’è possibile che nessuno se ne sia accorto a Durmstrang?” Sbuffò Ron. “Insomma, i professori, i compagni… il Preside! A meno che non stia sotto Polisucco dall’inizio dell’anno.” Ci rifletté brevemente, poi scosse la testa. “È impossibile, ci sono i controlli preliminari del Tremaghi!”
“Allora potrebbero essere d’accordo.” Realizzò Nora lanciandogli uno sguardo. “Il Preside, i professori… Pensi che sappiano, Harry?”
“Forse non tutti. È difficile corrompere un’intera scuola. Ma non esiste solo la Polisucco, ci possono essere incantesimi. Fatture.”
“Difficile, ma non impossibile.” Nora sospirò. “Di certo la Thule non manca di incantesimi potenti.”

Ron fece una smorfia. “Scusate, ma devo chiederlo… È una delle idee di Thomas? Perché sembra una delle sue paranoie.” All’espressione che dovette assumere fece un sospiro. “È che mi sembra assurdo che un ragazzo possa essere sostituito così… tra l’altro diventando Campione e sbattendo la sua faccia su tutti i quotidiani magici d’Europa!”
Harry comprendeva lo scetticismo dell’amico; anche a lui sembrava inconcepibile che una sostituzione simile potesse aver avuto atto. Ma la Thule era stata capace di rintracciare i Doni l’anno prima, e appropriarsene sotto il naso di un intero corpo docenti e metà polizia magica britannica.
Impossibile è un vocabolo da ridefinire con loro.
Ron fiutando la loro esitazione tornò alla carica. Era l’avvocato del diavolo, come avrebbe detto un babbano, e anche se era uno sporco lavoro, Harry in fondo gliene era sempre stato grato.
A volte temo che non sia Tom l’unico ad avere un debole per le teorie complottistiche.
“Quello che mi chiedo è perché.” Esordì. “Perché montare tutto questo teatrino, l’attacco dei Dissennatori e l’infiltrarsi a Durmstrang? Diamo pure per scontato il fatto che il padre di Thomas lo rivoglia… tutto questo caos solo per riaverlo indietro? Ci sono modi molto più discreti di agire. Ne potrei elencare almeno cento.”
“Ronald ha ragione. Non è il solito modus operandi.” Convenne Nora. “Il loro principale vanto è sempre stato colpire per poi sparire nel nulla. Qui invece sono state lasciate tracce vistose. Un’operazione della Thule non avrebbe lasciato tutti questi indizi sulla famiglia di Luzhin.”
“Avevamo preso come punto fermo il fatto che questa non è un’operazione dell’Organizzazione, ma un’iniziativa personale di Von Hohenheim.” Ricordò loro. “Si è staccato dalla sua Organizzazione, e lavora in proprio.”
“Quindi si suppone che il ragazzo lavori per lui e lui soltanto.” Nora inspirò. “Abbastanza giovane per passare per studente, ma addestrato.” Si incupì. “Per quando ne sapevamo, aveva un solo braccio operativo personale, John Doe. Evidentemente non è così.”
“Non è una prima leva, la sua Prima Prova ne è stato esempio. Era oltre l’eccezionale.” Convenne Harry. “Sören Luzhin è il prodotto di un formazione magica superiore a quella scolastica. Durmstrang può essere rigorosa, ma quel ragazzo si comportava come un agente scelto, non come uno studente.”

La sua mimica facciale, la sua postura. I modi. Penso che darebbe filo da torcere persino ai nostri migliori auror. 
“E Lily?” Ron fece la domanda che Harry accuratamente evitava da giorni. “Lils che c’entra in tutto questo?”
“È solo un mezzo per avvicinarsi alla vostra famiglia.” Scrollò le spalle Nora. “Luzhin era suo amico di piuma. Quale occasione migliore per avvicinarsi a Thomas?”

Harry non disse nulla, lasciando che Ron convenisse al posto suo.
Non ne sono sicuro.
Lily si era affezionata a Sören in maniera tenace. Profonda. Era persino scappata per potergli stare vicino e non era una cosa che sua figlia avrebbe fatto a cuor leggero. Non era quel genere di ragazza. Era chiaro che si era instaurato tra loro un rapporto più intimo di quello di un’amicizia basata su una conoscenza per lettera.
“Luzhin si è finto parente di Piton con Lily. E forse lo è davvero.” Osservò pacato. Era la prima volta che lo diceva ad alta voce e la reazione non si fece attendere; Ron quasi si strozzò con la sua stessa aria e Nora assunse un’espressione di totale confusione. 
Aveva aspettato tanto a dirlo perché aveva dovuto rifletterci, da solo. Aveva chiesto a James di non dire nulla e si era assicurato che il messaggio arrivasse anche ad Hugo. Poi aveva passato un’intera serata a fissare i riverberi del camino con un bicchiere di Whiskey Incendiario tra le mani.
L’idea che un mago del genere avesse dei legami con il suo vecchio professore e ne avesse istaurati con sua figlia – Lily -  l’aveva quasi mandato in crisi.
E più ci aveva riflettuto più si era dato dell’idiota a non aver notato la somiglianza la prima volta che gli si era presentato.
I suoi occhi mi ricordavano quelli di qualcuno. Neri, come voragini. Non era Occlumanzia, o meglio, non solo. Sono gli stessi occhi di Severus Piton.
“Stai scherzando!” Quasi gli intimò Ron. “Piton non aveva famiglia magica, al Sesto anno abbiamo scoperto che suo padre era un babbano, non ti ricordi? Per questo si faceva chiamare Principe Mezzosangue!”
Harry annuì. “Sì, ma non lo era sua madre. Eileen Prince era una Purosangue. I Purosangue non hanno mai un solo figlio, se possono, no?”

Ron aprì la bocca e la richiuse un paio di volte. “Ma … si è solo finto, giusto? Lily ha quella mezza cotta stramba per il vecchio pipistrello. Ne avrà approfittato per farsela amica!”
Harry trattenne un sorriso, ricordandosi perché l’altro avesse in memoria un’informazione del genere.
L’ha preso in giro di fronte a lei quando aveva otto anni … e credo che sia stato lo scoppio di Magia Accidentale peggiore che Lily abbia mai avuto. Ron non ha potuto sedersi per un mese intero.
“Non ne sono così sicuro. Ha cercato il ritratto di Piton per avere informazioni sui Prince, voleva che qualcuno gli parlasse di quella famiglia.”
“Per rendere più verosimile la sua storiella!” Lo interruppe l’altro, ruggendo rabbia. “Per ingannare ancora meglio Lils! Piccolo, viscido bastardo!”

“Qual è il grado di parentela che ha detto di avere con Severus Piton?” Nora sembrava poco convinta, ma aveva il merito di saper far domande, più che pretendere spiegazioni.
“Sono cugini.” Replicò. “Oltre ad Eileen Prince c’era un fratello, Elias. Sembra essere suo figlio.”
Nora lo guardò confusa. “Sembra? Ci sono altri fratelli?”
Harry scosse la testa. “No… ma il ragazzo ha detto a Piton di essere imparentato con lui per parte di madre. Ha mentito. L’ha fatto, credo, per nascondere di chi era davvero figlio. Per inquinare le acque. I Luzhin non hanno legami con l’Inghilterra, né tantomeno con la famiglia Prince, almeno non secondo le nostre indagini.”
“Elias Prince.” Nora fece un cenno di assenso, scribacchiandolo sul taccuino di pelle nera che le vedeva spesso estrarre durante i resoconti di indagine. Avrebbe dovuto farne comprare un po’ anche per i suoi, sembravano utili per fissare le idee. “Dirò ai miei ragazzi di fare una ricerca sui nostri archivi.”
“Avete un archivio anche sui maghi europei?” Chiese Ron tra l’ammirato e il preoccupato. “Accidenti, non dirmi che avete schedato anche noi!”
Nora ridacchiò. “Temo di non poterne parlare liberamente, Ronald.”
Ron fece una smorfia. “Miseriaccia… voi americani siete tremendi!”
Harry sorrise appena allo scambio di battute trai due; era felice di avere un valido aiuto da Oltre Oceano. Doveva trovare le prove che Sören Luzhin non era chi diceva di essere. E aveva bisogno di tutto l’aiuto possibile per farlo.

 
****
 
“Le mie gambe non mi permettono di proseguire oltre.”
Lily si voltò verso la professoressa McGrannit che, avvolta nel proprio mantello e in una vistosa stola di tartan scozzese, la guardava dal ciglio del sentiero che digradava violentemente fino alla famosa caletta.

“Ah.” Emise senza saper bene cosa dire. Ovviamente era stata accompagnata dato che non poteva muovere un passo senza che qualcuno le stesse col fiato sul collo. Lanciò un’occhiata in basso. Sören era lì, poteva essere lì. No. Era lì. Lanciò un’occhiata frustrata alla donna. “… ma mi aveva promesso…”
“So cosa le ho promesso.” Fu la replica pacata. “Vada dunque.”
Lily ebbe la sensazione di aver assunto una faccia da completa deficiente. “… Scusi?”
“Considerando il dover scendere e risalire, considero all’incirca venti minuti.” Fece una breve pausa. “Sto già contando.”
Lily non se lo fece ripetere due volte, per quanto non capisse cosa diavolo fosse preso a quella che, a conti fatti, era stata la professoressa più rigida e amante delle regole della scuola, secondo i suoi genitori.

Oh, beh. Al diavolo!
Scese di corsa il viottolo, sufficientemente largo per non metterle ansia. Non aveva problemi con le grandi altezze a strapiombo, ma con le cadute e le morti certe, sì.
La caletta era stretta e battuta dalle onde. La lingua di sabbia che la delimitava era grigiastra e crepitava sotto i suoi piedi come se fosse fatta di gusci d’insetti. Era un posto abbastanza largo per potersi allenare, a giudicare dai segni di bruciature di incantesimo sulla sabbia. Non capiva però perché fosse considerato tale; dentro la fortezza di sale dedicate agli allenamenti dovevano essercene a bizzeffe.

Lo capì quando per poco un’onda non le fece completamente il bagno. Fece un balzo indietro, stupita.
Evidentemente la conformazione della caletta non dava la sicurezza di essere all’asciutto.

Per la concentrazione? Beh, certo, lanciare incantesimi con il rischio di essere affogati non deve aiutare.
Sarà un allenamento per la Seconda Prova…
A proposito di quella, Sören. Non lo vedeva da nessuna parte. Fece ruotare lo sguardo su tutta la spiaggetta, ma non c’era traccia di anima viva. Inspirò, sentendo la delusione investirla; ci aveva sperato di poterlo vedere.
Era un’occasione perfetta. Lui si allena da solo, non si porta dietro quel viscido e io …
 
E poi lo vide proprio dove non l’aveva, per ovvi motivi, cercato; era in mare.
C’era uno scoglio che spuntava in mezzo a tutta quell’acqua tumultuosa e il suo amico era lì, in piedi e con gli occhi chiusi. Lily non capì cosa stesse facendo finché non notò che le onde sembravano evitare lo scoglio con una precisione che poteva essere solo magica. Non aveva idea di cosa stesse facendo, ma doveva essere un incantesimo. Sembrava profondamente concentrato.
Allora sì, è un allenamento sulla concentrazione. Chissà in che cavolo consiste la Seconda Prova.
Non aveva la bacchetta e quello era ancora più sbalorditivo. Ren era sbalorditivo.
In ogni caso, si presentava un interrogativo. Chiamarlo o meno?
Lily non ci mise molto a scegliere; il tempo concesso dalla professoressa era esiguo e scendendo ne aveva già sprecato un bel po’. “Ren!” Lo chiamò con forza, per sovrastare il rumore delle onde. “Ren!
Non diede segno di averla sentita, ed era possibile. “Ren, sono Lily! Ehi, mi senti?” Non desistette e a quel punto notò che l’espressione dell’altro, prima imperturbabile come quella di una statua, si contrasse.


Vattene.
 
Lily quasi sobbalzò quando sentì quel pensiero, non suo, esplodergli in testa come un petardo di zio George; era possibile…
Certo che lo era, lo capì dall’espressione di Sören, specchio gemello di quell’ordine. Sapeva che c’erano incantesimi che erano simili al concetto di Telepatia babbana, anche se non così immediati. Non c’era modo nel Mondo Magico per chiacchierare in silenzio, ma si poteva parlare nella testa degli altri. Più lunga era frase, più oneroso era l’incantesimo. Forse, concentrato com’era a far altro, era il massimo che aveva potuto dirle.

Ma era bastato per farla sentire uno schifo.
Inspirò. “No, non me ne vado! Devi parlarmi!”
Sören non ribatté, né a voce né tramite pensiero. Le voltò invece le spalle, in un gesto plateale che valeva più di mille parole.

“Hai detto che siamo amici, idiota!” Urlò al vento, frustrata. “Gli amici non dicono cose del genere!”
Di nuovo nessuna risposta; Sören aveva ripreso il suo allenamento.
Sentì il sacro fuoco dell’arrabbiatura infiammarla. Se c’era una cosa che detestava sopra ogni altra era essere ignorata.

Come se non bastasse, essere ignorata da qualcuno che non voleva farlo sul serio; perché era sicura che Ren non avesse la minima intenzione di allontanarla, non dentro di sé.
O non mi avrebbe abbracciato. O non mi avrebbe detto che siamo amici. Gliel’ho dovuto strappare di bocca, sembrava mi avesse appena detto una profanità, ma l’ha detto.
Il tempo stava scadendo e anche se non aveva idea di cosa sarebbe successo passati i venti minuti – le sembrava improbabile che la McGrannit venisse a riprenderla fin laggiù – non voleva, per la prima volta in vita sua, disattendere ad un ordine.
La professoressa mi ha aiutato. Avrebbe potuto non farlo, anzi mi sa che non avrebbe dovuto. Sono venti minuti e lo saranno. Ti costringerò a parlarmi adesso.
Inspirò guardando le onde tumultuose che le schizzavano le scarpe da ginnastica. Se le tolse e poi continuò a camminare. Sentì l’acqua gelida lambirle le caviglie ma continuò a camminare.
Se la Fontana della Buona sorte non va dal mago, il mago va dalla Fontana della Buona Sorte.

Le onde dovettero quasi lambirle la vita prima che Sören si accorgesse di cosa stava facendo.
L’espressione di totale sbigottimento che assunse quasi la ripagava del gelo agghiacciante che sentiva.
“Che stai facendo?!” Urlò e fu niente male sentire di nuovo la sua voce. “Qui è pieno di correnti, torna indietro!”
“Solo se vieni con me!” Ribatté sentendo che non toccava più. Niente panico, sapeva nuotare.
Anche se nuotare nel lago della Tana non è proprio come nuotare qui.

Non le importava di fare una cosa stupida dietro l’altra. Scappare da scuola, disobbedire alle regole, nuotare in un mare gelido pieno di correnti.
A volte bisogna fare cose stupide per fare quella giusta.
Lo pensò e un secondo dopo qualcosa le afferrò la caviglia e la trascinò a fondo.
 
Sören pensava che Lilian fosse matta. Non c’era altra spiegazione per la cocciutaggine con cui si ostinava a stargli dietro, a pretendere la sua amicizia. A fare quello che stava facendo.
Era matta, perché nessuna ragazza sana di mente avrebbe resistito così tanto per uno come lui.
L’aveva aggredita, respinta, allontanata. Eppure l’altra era continua a tornare, a sorridergli e a dirgli che erano amici.
Perché? Sono solo stato gentile con lei, e neppure sempre. Molti ragazzi sono gentili con lei. Troppi.
Sapeva perché Lily era sua amica, perché voleva proteggerla, ma non capiva perché Lily ricambiasse quel sentimento.
Non che fosse importante. Poteva reprimerlo, doveva reprimerlo.
Nel momento in cui sparì trai flutti, Sören comprese con precisione agghiacciante che non avrebbe più potuto reprimere un bel niente.
 
Non poteva credere che sarebbe morta in modo così assurdamente cretino.
I suoi l’avrebbero uccisa, Al in testa. Se non fosse affogata prima, beninteso.
Sentì l’aria sparire, l’acqua rovesciarglisi nei polmoni. Era orribile. Era spaventoso e non riusciva a risalire, qualcosa le tratteneva le gambe, come una morsa di ferro.
E poi, per fortuna, qualcosa la afferrò per le braccia. Altre braccia la strinsero e sentì la familiare sensazione della Materializzazione.
La seconda cosa che percepì, dopo la realizzazione che non sarebbe morta, era aria. Aria che le bruciò li polmoni, facendola tossire acqua e spavento.
“Lily, respira… calmati e respira! È tutto a posto, hai solo bevuto un po’!” Sentiva la presenza dell’amico tutto intorno a sé. La stava stringendo, le passava le mani sul viso per liberarla dai capelli fradici e nonostante il freddo dell’acqua e del vento, era caldo.
Tossì ancora una volta, sentendo le lacrime scivolarle sulla faccia per lo sforzo. Alzò lo guardo e vide che Sören la fissava e sembrava persino più spaventato di lei.  
“Scusa?” Le uscì, perché in effetti non era stata un’idea brillante, decisamente no.
Scala la classifica delle mie dieci idee peggiori.
L’espressione di Sören si ruppe. Non c’era altro modo di dirlo, perché un viso di solito inespressivo poteva fare solo quello. Le prese il viso tra le mani, facendo scivolare i pollici lungo le guance e appoggiò la fronte contro la sua e tirando un forte sospiro. Era un attestare che era lì, assicurarsene. Ancora, Lily non vi vide nessun significato romantico.
Avrebbe dovuto esser ferita dal non reciprocare dell’altro. Sören non l’avrebbe mai baciata o non si sarebbe mai messo con lei, era qualcosa che semplicemente sapeva. Ma non si sentiva scaricata, affatto. Aveva capito da tanto tempo che Sören non ragionava come un ragazzo normale.
Questo non significa che non provi niente… Prova troppo, mi sa. Almeno per i suoi standard.
“Sei matta.” Sussurrò. Era un attestazione bella e buona, ma di nuovo, Lily non se la prese.
Sorrise invece. “Sì, in effetti per come mi comporto…” Gli accarezzò la nuca perché non esisteva che se ne stesse ferma. “Ma è quello che fanno gli amici, Ren.”
“Davvero?”
Lily sospirò appena, dovendo dire tutta la verità e nient’altro che quella. “Beh… no. Non tutti.”

C’era un legame e andava oltre le loro parentele, oltre a tutto. Sin dalla prima volta che avevano incrociato lo sguardo in Sala Grande ad Hogwarts Lily aveva capito che Sören non sarebbe stato uno dei ragazzi di cui sbagliava il nome e a cui sorrideva senza vera intenzione. E sapeva che era lo stesso per l’altro.   
“Perché ci tieni tanto? Ad essere mia amica, intendo.” Quella domanda invece era di una semplicità disarmante.
“Perché ti voglio bene.” Fece un mezzo sorriso. Ormai si era abituata a quel genere di domande allucinanti. “E prima che tu me lo chieda, non si sa perché si vuole bene a qualcuno. Succede, e basta.”
Sören distolse lo sguardo. “Io… non me lo merito.”
“Non è una cosa che dipende interamente da te, sai.” Avrebbe maledetto chiunque gli aveva messo in testa quelle idee. Era impossibile che l’altro si stesse comportando in quel modo di sua spontanea volontà.

Ha cambiato atteggiamento da un giorno all’altro. E non essendo schizofrenico…
Era evidente che qualcuno lo stava costringendo.
È stato il padre di Tom.
Sören era invischiato in quella storia; ricattato e costretto a fare qualcosa e soprattutto, a comportarsi in quel modo. Doveva essere così; dopotutto le cose che Tom aveva combinato l’anno prima erano state influenzate da quell’uomo orribile.
Ma non disse niente; chiedere apertamente l’avrebbe solo fatto chiudere a riccio, e doveva arrivare in altro modo alla verità.
Gli interrogatori li lascio a papà e agli auror.
Lo sentì sospirare e poi staccarsi. Ecco, ora faceva freddo. Quasi le avesse letto nel pensiero, Sören tirò fuori la bacchetta e asciugò entrambi con un Incantesimo Riscaldante. “Devo riportati indietro.” Esordì dopo un breve silenzio scomodo. “Qui fa troppo freddo, e sei caduta in acqua. Se non torni al caldo ti ammalerai.”
“Va bene.” Convenne a malincuore. Essere malata non l’avrebbe aiutata minimamente in quella storia. Doveva essere in forze, non poteva permettersi di ritrovarsi come dopo il Ballo, raffreddata e debole. “E poi mi aspettano sopra.”
Sören annuì, tendendole la mano per farla rialzare. “Ci materializzeremo. È più veloce.”
A volte bisognava giocare secondo le regole e, soprattutto, secondo i limiti altrui. Lily si tirò quindi in piedi, stringendogliela. “Lo sai che tornerò a cercarti, vero?”
Sören le scoccò uno sguardo indecifrabile. “Sì, lo so.” Disse. “Ed io non mi farò trovare. È più sicuro per te.”
“Lascia decidere a me cos’è sicuro!”
“No.” La fissò serio. “È evidente che non ne sei capace.”

… Touché.
Lily non rispose, limitandosi a stringere più forte la mano. La stretta fu ricambiata.  
Subito dopo, l’insopportabile sensazione di essere costretta in uno spazio soffocante. Detestava ed avrebbe sempre detestato la Materializzazione, anche a conti fatti le aveva appena salvato la vita.
Riaprì gli occhi all’imbocco del piccolo sentiero. La professoressa McGrannit era lì, e sembrava non essersi mossa da quando l’aveva lasciata.
Alla sua età vorrei davvero esser così dritta e … uhm, imponente.
“Ha fatto presto.” Esordì guardandoli entrambi. “Signor Luzhin.” Salutò.
“Professoressa.” Mormorò quello di rimando, lasciandole la mano. Lily percepì il vuoto, davvero. “Con permesso, torno ai miei allenamenti.”
Ci fu uno scambio di sguardi tra l’anziana strega e Ren. Lily non aveva la minima idea di cosa significasse, ma fu abbastanza lungo. Poi Sören fece il breve e solito inchino cerimonioso degli allievi di Durmstrang e ridiscese il sentiero senza voltarsi indietro.

Lily si rifiutò di esserne ferita, perché doveva aspettarselo che l’altro avrebbe finto di non essersi, all’incirca, riconciliato con lei. Forse qualcuno lo spiava.
“Ha trovato la passeggiata rinfrancante?” Le fu chiesto strappandola dalle sue riflessioni. L’espressione della professoressa era impenetrabile; che fosse un’Occlumante?
O forse proprio non riesco a leggere persone come lei.
Lily annuì. “Sì… sì, molto.” Non aggiunse altro, perché anche la McGrannit poteva essere in contatto con suo padre – anzi, ne era quasi sicura.
Non voglio che Ren finisca nei guai. Non almeno finché non ho capito se posso aiutarlo senza che lo arrestino.
Non era una totale sprovveduta. Era cresciuta in una famiglia di servitori della legge dopotutto; Tom diceva sempre che nel loro mondo si tendeva a perdonare poco e sanzionare tanto. Era infatti rimasta sorpresa quando il cugino aveva riavuto la sua bacchetta.
Papà deve aver intercesso o roba del genere… Per Ren non lo farebbe. Perché dovrebbe? Pensa che sia colpevole.
“Non voglio sapere cosa vi siete detti, Signorina Potter.” Fu di nuovo richiamata all’ordine. “Adesso andiamo. Sta per calare il sole.”
Lily ebbe l’impressione che non avrebbe mai saputo perché Minerva McGrannit le aveva permesso di cercare Sören, come ebbe l’impressione che non ci sarebbe stata una seconda volta.

“Grazie.”
In ogni caso, glielo doveva.
 
****
 
Teddy si asciugò i capelli passandosi l’asciugamano piacevolmente caldo sul cuoio capelluto; aveva sempre preferito usare rimedi babbani che incantesimi riscaldanti. Una doccia bollente era quanto di meglio ci fosse, dopo un pomeriggio passato al gelo per commissioni che non erano neppure sue.
Sospirò, accomodandosi nella poltrona davanti al fuoco e reclinando la testa sullo schienale. Non pensava che badare a dodici studenti avrebbe potuto essere più stressante che badare ad una Casa intera.
Certo, a Tassorosso non ci sono Tom, né Scorpius… e neppure Lily.
Grazie a Merlino, aggiungerei.
Come se non bastasse Harry gli aveva già mandato dieci Gufi. Dieci, poveri Gufi ministeriali che erano arrivati alle mura della fortezza di Durmstrang più morti che vivi.
Se dipendesse da lui non dovrei staccarmi dai ragazzi neppure per un istante.
La realtà è che non trovava Durmstrang così pericolosa; certo, quando faceva buio non era il luogo più ameno del pianeta e sembrava che pericoli si annidassero in ogni cono d’ombra, ma forse proprio per questo l’intera delegazione inglese sembrava piuttosto riluttante all’idea di allontanarsi dagli ambienti comuni. Lily, Tom e Albus non facevano eccezione.
Si frugò nelle tasche della vestaglia da camera e ne estrasse l’orologio. Sorrise, dato che era arrivato il momento di chiamare la sua capretta del Devonshire, al secolo conosciuto come James Sirius Potter.
Gettò una manciata di Polvere Volante all’interno del focolare e aspettò che si materializzasse il soggiorno dell’appartamento dell’altro a Notturn Alley. “Jamie?”
Sentì un gran trambusto, come di qualcuno che correva a piedi nudi sul pavimento e poi il suddetto quasi arrivò in scivolata. “Ehi… oh! Appena arrivato!” Esclamò con il fiatone. “Miseriaccia!”
Ted sorrise divertito. “Ciao anche a te.” Si sistemò più comodo sulla poltrona. “Accademia?”
“Uh, no… Cena a casa-base.” Tirò su con il naso, togliendosi il cappuccio che gli copriva la testa. Era una delle tante mode babbane che assorbiva come una spugna. “Ultimamente, con la felice dipartita di Lils, c’è bisogno che stia in zona, capisci.”
Dovette trattenere una risata. “Dipartita non è il termine che credi tu. È sinonimo di… beh, di solito è accoppiato con la parola defunto.” Gli fece notare, mentre l’altro spalancava la bocca.

“Cazzo, no! Cioè, non intendevo… sei sicuro?” Come al solito era su di giri, e Ted era felicissimo di sentirlo. Gli mancava da morire, più di quanto credeva sarebbe stato possibile. Certo, avevano passato i precedenti mesi più o meno separati…
Ma almeno eravamo entrambi in Gran Bretagna. Se ci organizzavamo, potevamo vederci.
“Sono piuttosto sicuro, sì.” Confermò alla sua espressione di buffo imbarazzo. “Ricordami di comprarti un dizionario per il tuo compleanno.”
“Va’ all’inferno.” Sbuffò con un’ombra di sorriso sulle labbra. “Come stai, mio Teddy?”
Era la prima volta che riuscivano a sentirsi da quando era arrivato a Durmstrang e Ted sentì che doveva essere onesto. “Stanco. Preoccupato… Lily scalpita, Albus e Tom confabulano tra loro e non è mai una buona cosa, per quanto ricordo.”
“Mai.” Confermò l’altro grattandosi la fronte. “Anche qui le cose non vanno granché … Papà è abbastanza fuori di testa per la storia di Lils, anche se fa di tutto per nasconderlo. Non gli riesce granché.” Si strinse nelle spalle. “Come se non bastasse, continuano a saltare fuori storie inquietanti su Luzhin. Dieci a uno che è il colpevole dietro tutta questa storia.”
Ted aggrottò le sopracciglia, raddrizzandosi sullo schienale. “Ma avete … hanno qualche prova?” Si corresse mordendosi la lingua. L’ultima cosa che voleva era che James si sentisse parte delle indagini.

Anche se a quanto pare Harry ha pensato bene di coinvolgerlo, anche se è ancora un allievo auror.
Ma non avrebbe sindacato le scelte del padrino; dubitava che qualcuno avesse mai avuto voce in capito su di esse.
James scosse la testa, senza dar segno di aver notato i suoi ragionamenti interiori. “È proprio questo il punto. Per arrestare qualcuno ci vogliono delle prove. E tutto quello che papà e zio Ron hanno sono un sacco di indizi. Non puoi spiccare un mandato di cattura, internazionale a ‘sto punto, su degli indizi!” Tese la mascella. Anche con l’imperfetta definizione del fuoco magico lo vide incupirsi. “Comunque, quel che davvero importa è che Lils e la coppia delle meraviglie se ne stiano lontani da quel tizio.”
“Per quanto ne so, è così.” Lo rassicurò.

 
James aveva bisogno di sfogarsi. Sapeva che tutta quella storia non lo prendeva che di striscio, ma rimaneva il fatto. Voleva essere coinvolto e al tempo stesso sapeva che non c’era un vero motivo per cui potesse esserlo. Era stressante.
Parlare con Malfoy tramite specchi comunicanti gli aveva fatto fare quattro risate, l’aveva aggiornato sulla situazione, ma non aveva sciolto tutti i dubbi. Ted era l’unico a cui poteva rivolgersi, da sempre, per un compito del genere.
“Non è solo la questione di Albie e Tom…” Iniziò. Aveva una voglia pazza di gettarsi nel fuoco come un cretino, nel tentativo di placcarlo, baciarlo e tutto il resto.
La loro nuova casa era ancora vuota e non era maledettamente giusto.
Tremaghi del cazzo. Ha portato più rogne che altro.
“Allora cos’è?”
“È … tutto. Altro.” Balbettò. Tentò di cambiare discorso, perché nonostante tutto erano informazioni sensibili. “Teddy, era in previsione della nostra chiacchierata che non ti sei rivestito?” Ghignò, sentendo la familiare sensazione di mancanza acuirsi. Averlo vicino significava anche toccarlo, baciarlo e dannazione, fare l’amore con lui. Avere diciannove anni, dei bisogni e un ragazzo lontano ventimila miglia era la peggiore delle mancanze. “No, perché è un sacco sexy.”
Ted non si lasciò scomporre sebbene i suoi capelli, au contraire, presero fuoco – il miscuglio di arancione e rosso deputato ai momenti in camera da letto. Si schiarì la voce e si chiuse la vestaglia con un movimento da educanda.  “Non ci casco. Cos’è questo altro?”
E a James non restò che vuotare il sacco; suo padre sì, gli aveva chiesto di non parlare dell’indagine – di quel poco che sapeva – con anima viva. Ma Teddy non era una persona qualunque ed in ogni caso, era invischiato quanto lui.

Siamo una famiglia, lo siamo tutti.
Quando ebbe finito tirò un sospiro, sentendosi enormemente sollevato. I capelli di Ted avevano assunto una nuance di un lillà vivace. Stava riflettendo. “Certo. È un modo eccellente per avvicinarsi a Lily, quello di fingersi parente del Professor Piton.” Mormorò.”  Questo almeno spiega perché si sia tanto incaponita con questa storia.” Fece un sospiro. “Anche se non ne sono del tutto sicuro. Penso che siano diventati amici sul serio. Almeno, per Lily.”
“Sarà. Ma a volte avrei voluto che papà ci avesse dato dei nomi tipo Jack, Sally e John.” Sbuffò sentendo la sensazione di impotenza amplificarsi. Persino l’Accademia era diventata un posto scomodo ormai.
Dato che non posso essere in Norvegia.
Ted rise leggermente. “Sinceramente? Non ti vedo come un Jack, o un John.”
“Sicuro, ma sarei stato una splendida Sally.” Ghignò facendolo ridere apertamente stavolta. “Cazzo Teddy, mi manchi da morire.” Esplose perché neanche quello poteva esser tenuto dentro. 

L’altro sorrise, tendendo una mano, verso la sua guancia, quasi potesse raggiungerlo oltre le fiamme magiche e le miglia. “Anche tu mi manchi Jamie. Moltissimo.” Fu un’attestazione pacata, ma ci avevano lavorato un sacco in quell’anno e mezzo e James ne fu più felice che se gli avesse scritto una splendida poesia d’amore in rima baciata.
“Non mi sto perdendo granché, vero?” Chiese.
“No, davvero non un granché.” Sapeva che la risposta era una bugia o lo sarebbe diventata, ma a conti fatti non c’era molto che potesse fare.
Crescere significava anche mordersi le labbra e ingoiare il rospo. “Comunque, se so qualcosa da papà ti faccio sapere. Fai lo stesso con me?” Vide l’altro esitare. “Teddy, sono i miei fratelli, okay?”
Questo assunse la sua proverbiale espressione colpevole. “Certo, hai ragione. Ti farò sapere, promesso.”
Era ora di cambiare argomento, lo vedeva dal nervosismo con cui l’altro giocherellava con l’orologio da taschino.
Del resto non ci siamo mica chiamati per parlare di Lily e compagnia bella…
James quindi si accomodò meglio sul duro pavimento di legno del proprio salotto. Poi sorrise. “Allora… parlavamo di questa vestaglia.”
 
****
 
“Quindi ha mentito.”
“Sì, sua Eccellenza. Ha mentito.”
Un breve silenzio.

“Non l’avrei mai pensato, non di Sören… Evidentemente, non avevo calcolato dove si sarebbero manifestate le sue debolezze.”
“Se posso permettermi…”
“Parla, Kirill.”
Una frazione di secondo di esitazione, forse dovuta alla realizzazione che Alberich Von Hohenheim finalmente lo considerava degno di esser chiamato con il proprio nome di battesimo. “Sören ha completamente perso la capacità di giudizio. È nervoso, scatta facilmente… non si fida di me. Ha capito che lo sto tenendo sotto controllo e cerca di nascondere qualcosa. Temo che sia la sua debolezza per Lily Potter.”
“Credi sia così grave, dunque.”
“Ne ho la certezza.”

“Un tradimento?”
“Non ancora. Ma è ragionevole pensare a questa possibilità, Signore.”

Un impercettibile sospiro. Una dimostrazione di umanità da parte di uno stregone che Poliakoff era certo non avere debolezze. Ne rimase inebriato. Significava che si fidava di lui, era ovvio. “Sören è sempre stato un esperimento problematico.” Considerò o forse attestò. “Bene. Credo sia arrivato il momento di passare alla parte finale del piano. Inutile dirti che sarai tu a guidare, adesso.”
Kirill respirò eccitazione mentre era chinato sul focolare magico della stanza del Principino; non sarebbe tornato prima di qualche ora, seguendo i suoi allenamenti una routine ferrea. Entrare e uscire dalla sua stanza era facile come bere idromele. Gli incantesimi protettivi la cui manutenzione era affidata a Radescu erano facilissimi da spezzare e poi ricreare.

Specie se si ha l’aiuto della Thule.
“Sono vostro servo fedele.”
 
 
****
 
Note:

Non mi si può accusare che sia un capitolo breve! C’è un po’ di tutto!

1.Incantesimo Flagramus: genera nell’aria un’ardente linea di fuoco, che viene tracciata e modellata dalla bacchetta nelle forme volute. (Lexicon)
Per avere un’idea della caletta vicino a Durmstrang, qui e qua le foto che mi hanno ispirato la scena – con tanto di spuntone di roccia nella seconda, dove sta Ren. Documentazione! xD
Questa la canzone del capitolo. E questa nella parte Lily/Ren.
  
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