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Autore: TheMask    18/03/2012    2 recensioni
Questa storia è nata per un'amica, e solo in un secondo momento ho pensato di pubblicarla. Spero sarà di vostro gradimento.
Lupa Nera
Estratto dai prossimi capitoli:
Perché legarsi alle persone, quando sai che presto o tardi, o ti tradiranno o moriranno, o se ne andranno? In questo luogo l’amicizia non esiste, è impossibile. Convivenza, tolleranza, rassegnazione in stile “se non c’è niente di meglio mi accontento”, questo lo capirei. Ma … amicizia… è una parola che qui non si una neanche più… scomparsa dal vocabolario. Qui non ci sono amici.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beyond Birthday, Matt, Mello, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Ritornato in camera mia, riflettei sullo strano comportamento di Eloin. Tutta quell’esuberanza, quell’affabilità. Era ciò che temevo.
La sua curiosità si stava tramutando  in affetto.
 
Anche quella notte, non riuscivo proprio a prender sonno…
A tormentarmi insieme al braccio si era insinuato un presentimento poco bello, riguardante Roger.
Succedeva, di rado, ma succedeva, che uno dei prigionieri si facesse… di troppo.
Mi spiego: molti fra quelli sani di mente, decidevano, ogni tanto di ribellarsi segretamente a Roger, di tentare di fuggire salvandosi il culo e i più nobili pensavano anche di denunciare il carcere.
Senza speranze, naturalmente.
Fatto sta che, quando succede, Roger mi manda a chiamare, mi da il numero di una stanza, mi mette un coltello in mano e mi ci butta dentro dicendo “Bussa quando hai finito.”
Era già successo circa… 6 volte, e io non mi ero mai rifiutato di…  beh…
Comunque, quello che sentivo era che nei prossimi giorni mi avrebbe chiamato ancora. E non avevo voglia di piegarmi a questa sua dittatura di morte panico e ipocrisia ancora una volta.
“Fai il tuo lavoro d’assassino, da bravo, se lo farai ti darò un barattolo di marmellata”
Censure, paure, spie, infiltrati, morte, ingiustizie, menefreghismo… ne avevo abbastanza da tempo.
Ma… poi vedevo quel coltello, il mio coltello, quello con il quale ho portato avanti al sfida più importante della mia vita. Quello che ho tenuto tante volte in mano, ridendo… e mi chiedevo cosa ci fosse poi di sbagliato… morirebbero  lo stesso… e allora entravo, e li guardavo negli occhi mentre urlavano, mentre mi chiedevano perché, mentre… morivano.
I loro occhi si spegnevano nei miei, annegavano nei miei, e luccicavano l’ultima volta, lanciando un appello silenzioso, disperato, al loro assassino. Che cosa stupida, mi ero più volte trovato a pensare… insomma, è come se un topo chiedesse aiuto al gatto che lo sta cacciando…
Ma è la loro ultima speranza. E con quello sguardo, io guardo loro nel profondo, io li vedo.
Li vedevo davvero, non come si mostravano agli altri, non come sembravano…
Come erano.
E la cosa dava i brividi…
Ma poi non sapevo far altro che uscire, e riconsegnare il coltello nelle loro mani, non sapevo far altro che pensarci, pensare che non avrei dovuto, che mi sari dovuto opporre. E allora… stavo male. Perché lo sapevo che rea sbagliato. Sapevo che così li aiuto a completare il loro disegno di corruzione.
Ma la volta dopo rivedevo il coltello e lo rifacevo. E ancora. E ancora.
Perché era una droga.
Non potevo smettere.
Ma dovevo.
Dovevo , cazzo!
Strinsi forte i pugni, quelli con i quali avrei tanto voluto picchiare, martoriare, deformare, il viso di Roger, e di tutti. Di tutti.
Perché  nessuno li fermava?
Non mi importava molto di me ne degli altri, ma avvertivo che coloro che avrebbero dovuto essere giustizia, erano peggio di noi.
Noi. Chi eravamo noi?
Mi posi questa domanda, rigirandomi nel lenzuolo bianco.
Il mio inconscio mi portò il suo nome con la velocità con la quale cambia il mio umore.
Eloin.
Noi eravamo quindi… io e lei?
Io e Eloin?
La stanza fremeva, come se la conclusione dei miei pensieri ripetitivi fosse a un passo da me, e volesse vedermi arrivare a essa. Noi e Loro. Che voleva dire?
Voleva dire che anche io ero… di troppo.
Ma Loro non lo sapevano. E io lo sapevo? Si, l’avevo sempre saputo. Sapevo che oltre al naturale odio verso di Loro c’era voglia di ribellione, la rabbia, la volontà, ma che erano represse, celate, dal resto della mia persona.
E che erano quelle le cose che punivano.
Rimasi elettrizzato dal sapere che l’indomani, che dall’indomani, io non avrei ucciso a comando mai più. Che mi stavo disintossicando. Mi rilassai, sul duro materasso, vecchio troppi anni.
Eloin… in pochi giorni era riuscita a farmi chiarire alcuni punti della mia vita, della mia persona, che erano rimasti sempre punti nebulosi, confusi nella mia mente.
Nel buio, formulai un pensiero che, fino a allora, ero riuscito a reprimere, a nascondere a me stesso meglio che agli altri.
Ecco il perché dell’avere un amico. Perché nel buio, t’illumina, e ne è inconsapevole.
Mi sedetti di scatto, nella piccola stanza. Non dovevo tornare indietro dalle mie convinzioni, me lo ero ripromesso tante volte. Avevo promesso che nessuno mi avrebbe distolto da quei giuramenti.
Già uno era andato in fumo, un poco onorevole decoro, alla piccola tomba grigio chiaro che nascondevo nella mia mente. 
Avevo promesso io stesso che non avrei mai avuto più nessun amico. E Eloin era riuscita a strapparmi quel si. No, non era vero, non me lo aveva strappato, lo avevo detto di mia spontanea volontà, mi corressi.
E ancora: prometto che nessuno distorcerà il mio modo di pensare, e che nessuno ucciderà le mie convinzioni. Mai più.
E ora invece… la logica stessa, mi aveva portato a concludere cose che ritenevo sbagliate.
Passai una notte strana. Niente di ciò che contenevo poté però distogliermi dal fatto che se avessi ucciso, l’avrei fatto perché volevo, non perché dovevo.
 
Tock tock.

Tock tock tock.
….
“BB…. BB! Mah… ”

“BB!!!! LA MATTINA HA IL CIOCCOLATO IN BOCCA SAI? PERCIò MUOVI IL CULO!!” “Mello, non imprecare!” “Impreco eccome se quel panda minore non si muove… ”
Mi svegliai di soprassalto, alle urla di Mello.
Mi alzai velocemente e mi cambiai in tre secondi, per poi aprire la porta, e ritrovarmi davanti il terzetto di persone che potete immaginare anche da soli.
“Alleluia! Muoviti ho fame!”
Camminavamo uno di fianco all’altro, e se ci fosse stata l’opzione “rallentatore”, saremmo sembrati il tipico gruppo di amici. Accade a metà de corridoio che portava alla mensa. La nostra trionfale marcia, che cominciava a divertirmi, venne interrotta nel momento in cui una mano mi si poggiò sulla spalla con decisione, fermandomi. Mi girai di scatto, facendo contemporaneamente un passo indietro, e mi ritrovai davanti Roger stesso. Eloin, mi prese per un braccio, scrutando preoccupata la mia espressione si puro disprezzo, mentre gli altri due erano andati avanti, abituati dalla routine.
“Cosa vuole?”
Lui mi guardò con un sorrisino nervoso rivolto alla ragazza alla mia destra, e mi pregò di seguirlo. Fece per girarsi, ma si gelò, sentendo le mie parole.
“Cosa vuole?”
Si girò, fissandomi con una diversa espressione.
“Ti ho detto di seguirmi BB, e tu lo farai, chiaro?”
“Non stavolta” conclusi e mi voltai, per avviarmi al tavolo della colazione.
“BB! Girati e non mancarmi di rispetto!”
Mi girai di nuovo, con Eloin sempre al fianco. Le sorrisi, quando mi chiese cautamente se volevo che andasse avanti.
“Non ti preoccupare Eloin, non devo andare da nessuna parte. ”
“Invece devi seguirmi, e subito, BB!”
“No.”
“Come hai detto?”
“Quale parte della parola NO non le è chiara?”
“Ti ho detto di non mancarmi di rispetto. E di seguirmi! ”
“Perché?”
“Perché devi fare una cosa per me”
“Cosa?”
“Lo sai benissimo, non fare il finto tonto! Non mi sembra ti sia mai dispiaciuto, perciò ora mi seguirai e farai ciò che ti chiederò. Lo sai meglio di me, che lo farai”
“Credo che lei non abbia afferrato il concetto: non stavolta. Ora se mi da il permesso vado a colazione.”
“Non ti do il permesso! Vuoi un altro paio di giorni dove sai?”
“Oh, non lo farebbe, se no dopo non avrei abbastanza forza nel braccio per affondare una lama di trenta centimetri buoni nella carne, nei muscoli eccetera eccetera, no?” chiesi, con toni ironici.
Eloin spalancò gli occhi, tentando di celare la sorpresa. Alcune persone si erano fermate, e ascoltavano il dialogo, con interesse mal nascosto.
“BB, mi sto arrabbiando.”
“Mi dispiace molto, non dovrebbe affaticarsi alla sua età, vuole che chiami qualcuno che la accompagni in ufficio? Faccio in un attimo!” esclamai fingendo propositività, e scivolando via.
Fui di parola, tornando dopo pochi secondi con un’ infermiera, mentre un rossissimo Roger urlava, cercando di trovarmi in mezzo agli altri. Glielo indicai, e mi avvicinai dietro di lei. Lo vidi venir scortato via, e lo salutai con la mano, sorridendogli luminosamente.
Sapevo che se ne sarebbe riparlato e che sarebbero stati cavoli ma…
Non mi importava affatto! Per una volta l’avevo vinto. Mi ero vinto. AVEVO VINTO.
  
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