Collidere
Quarta
parte – 29 a.C.
There’s something deep
inside
That keeps my faith alive
Le
tribune sono gremite di gente.
Tiberio
cerca di non pensarci, mentre arranca vicino a sua madre.
Suo
malgrado, però, è fin troppo consapevole del
fatto che tante di quelle persone tengono gli sguardi puntati verso di
loro, per additare Ottaviano e salutarlo con entusiasmo.
Il
tragitto sembra durare secoli, e quando finalmente giungono al palco
e possono accomodarsi ai loro posti, Tiberio si lascia sfuggire un
sospiro di sollievo.
Se
c’è una cosa che detesta, è sentirsi
al centro dell’attenzione.
Solleva
lo sguardo, furtivo, e vede Ottaviano alzarsi per dare il
benvenuto al talentuoso generale Marco Agrippa.
Per
Tiberio, osservarli l’uno accanto all’altro
è sconcertante: la figura quasi esile di Ottaviano contrasta
spaventosamente con quella massiccia di Agrippa.
Eppure,
nonostante le loro differenze, quei due uomini sono grandi
amici.
Tiberio
scruta di sottecchi Agrippa, dubbioso. Lui, come amico, non
sceglierebbe mai Ottaviano.
I
suoi occhi, poi, scivolano sulla bambina ferma al fianco del
generale. Sa bene che è la figlia dell’uomo, la
piccola Vipsania. L’ha già vista qualche volta sul
Palatino, e sono anche stati presentati formalmente l’uno
all’altra, considerato che sono fidanzati da quando lei non
aveva nemmeno un anno.
Di
punto in bianco, Ottaviano si gira in direzione di Tiberio.
Quest’ultimo
si irrigidisce, ma gli occhi del patrigno non
cercano lui, bensì Druso.
Ottaviano
fa un gesto al bambino, e Tiberio non ne capisce il
significato, ma Druso evidentemente sì, poiché
annuisce con vigore, per poi spostarsi in modo da lasciare un posto
libero tra sé e Tiberio.
Il
figlio maggiore di Livia aggrotta la fronte, allarmato, ma le
intenzioni di Ottaviano si chiariscono subito quando Vipsania si
avvicina per prendere posto tra i due fratelli.
«Ciao»
li saluta, semplicemente.
«Ciao!»
replica Druso, con entusiasmo, mentre
Tiberio si limita a borbottare qualcosa.
Vipsania
ha solo sette anni, ma lui si sente più a disagio
che mai.
Non
è abituato a trattare con i ragazzi, figurarsi con le
ragazze… Gli manca solo che la sua fidanzata sia vivace come
Giulia, e inizi immediatamente a ciarlare di questo e
quest’altro.
Vipsania,
però, resta tranquillamente in silenzio, puntando
lo sguardo sull’arena.
Stanno
per iniziare le corse ai cavalli, e Tiberio sa che Ottaviano ha
puntato un bel gruzzolo su una delle bestie in gara.
Il
ragazzino studia le bighe, ritrovandosi a sperare ardentemente che
il suo patrigno abbia scommesso tutti i suoi soldi sul cavallo
sbagliato.
Per
quel che lo riguarda, si sente sulle spine come se anche lui avesse
giocato d’azzardo, ma la sua tensione non ha niente a che
vedere con le corse. No, è tutta dovuta alla presenza di
Vipsania.
Infatti,
per quanto la ragazzina sembri non badargli, lui ha una paura
orrenda di dire o fare qualcosa di sbagliato.
Per
un attimo, pensa che gli piacerebbe essere come Marcello, il
biondissimo nipote di Ottaviano, che sembra sapere sempre qual
è l’atteggiamento giusto da assumere.
Cambia
immediatamente idea, però, poiché al
pensiero di Marcello gli sembra di sentire una mano strizzargli le
viscere.
La
gelosia gli azzanna lo stomaco, e Tiberio si sente stupido.
Lui
odia Ottaviano. Davvero, lo odia. E allora perché
dovrebbe essere geloso, se è Marcello a riceverne tutte le
attenzioni?
Innervosito,
dà un’occhiata a Vipsania.
Standosene
zitto, ne studia il profilo… La bambina ha una
gran massa di ricci scuri, ma a parte quello sembra una copia in
miniatura del padre.
Ha
lo stesso volto largo e severo, sebbene ancora ammorbidito da una
rotondità squisitamente infantile.
Tiberio
non può fare a meno di pensare alla graziosissima
Giulia, o a Cleopatra Selene – la gemella di Alessandro, che
da quando lui ha rischiato di ucciderle il fratello, gli riserva degli
sguardi sempre più truci.
Quelle
due saranno anche carine, ma Tiberio può sopportare a
stento sia l’una che l’altra.
«Non
credo che il cavallo bianco andrà
lontano» osserva improvvisamente Vipsania.
Tiberio
sbatte le palpebre, e vede che la bambina si è
girata verso di lui.
«Tu
che ne pensi?»
Il
ragazzino si sente avvampare, e sposta rapido gli occhi
sull’arena. Effettivamente, il cavallo di cui parla Vipsania
sembra in difficoltà. Galoppa ad un ritmo strano, dando
l’impressione di dover inciampare ogni volta che posa gli
zoccoli sul terreno.
Per
ora è uno dei primi, ma non durerà a lungo.
Tiberio
si schiarisce con forza la gola, prima di dire:
«Penso che hai ragione».
Un
pensiero lo colpisce: possibile che sia quello, il destriero su cui
ha scommesso Ottaviano?
Vipsania
lo guarda con discrezione, quasi anche lei fosse un
po’ a disagio. «Che
c’è?» gli chiede poi, incuriosita.
Tiberio
si sente le guance in fiamme… Guarda oltre le spalle
della ragazzina e incrocia lo sguardo di Druso, che gli mostra un
sorriso eccitato.
«Penso
che spero che sia il cavallo su cui ha scommesso il
mio patrigno» si sente dire, prima di avere il tempo di
mordersi la lingua.
Druso
si acciglia, rivolgendogli un’occhiata quasi di
rimprovero, ma Vipsania non riesce ad evitare di mettersi a ridere.
E
non è come i risolini maliziosi di Giulia, è
una risata spontanea e infantile.
Tiberio
punta gli occhi su di lei, stupito.
Non
riesce a credere alle proprie orecchie, e ancor meno al fatto di
essere stato lui a farla divertire.
Non
gli è mai successo, prima d’ora, con gente che
non fosse Druso.
Forse
perché, con gente che non fosse Druso, non si
è mai dato la pena di essere sincero.
Il
resto della giornata è peggio ed è meglio.
Peggio
perché il cavallo su cui ha scommesso Ottaviano
– non quello bianco, in fin dei conti – arriva al
primo posto.
Meglio
perché Tiberio si sente meno sulle spine, arrivando
quasi a dimenticarsi di avere una ragazza accanto.
Quando
Agrippa si avvicina per recuperare la figlia, Vipsania obbedisce
docilmente, senza dire una parola.
Tiberio
si sente quasi fiero di avere una fidanzata simile. Al posto di
Vipsania, Giulia si sarebbe certo messa a piagnucolare di voler restare
ancora un po’, e avrebbe fatto chissà quale scena
pur di rimanere ancorata al proprio posto.
Druso
lo distoglie dai suoi pensieri toccandogli una spalla.
«È simpatica» commenta.
Tiberio
si stringe nelle spalle. Non è per niente sorpreso,
dato che il suo fratellino sembra trovare simpatici tutti quelli che
incontra.
«Le
piaci» asserisce quindi Druso, con calma e
sicurezza.
E,
questa volta, Tiberio viene colto alla sprovvista da quelle parole.
Arrischia
un’occhiata in direzione di Vipsania, che si
è giusto fermata col padre a salutare Ottaviano e Livia.
La
bambina intercetta il suo sguardo e gli sorride.
Non
è un sorriso radioso come quelli di Druso, o incantevole
come quelli di Giulia… È un sorriso e basta, ma
Tiberio ne rimane colpito, perché è un sorriso
riservato unicamente a lui.
La
bambina gli fa un cenno, poi si gira per allontanarsi assieme al
padre.
Tiberio
abbassa gli occhi, confuso, chiedendosi se Druso possa aver
ragione.
E
si sente strano, perché, prima di allora, non aveva mai
messo in conto di poter piacere a qualcuno che non fosse sua madre o
suo fratello…
«Che
duri sempre e che sia sempre sacro, questo patto
reciproco d’amore» canticchia Druso, allegramente.
Tiberio
gli dà un pugno su una spalla.
«Smettila» gli dice.
«A
me prometti tu, anima mia, un amore senz’ombre e
senza fine» intona ancora il più piccolo, in toni
così drammatici da suonare ridicoli.
Tiberio
sente le proprie labbra tremare, e le serra per cercare di non
mettersi a ridere.
«Oh,
dai!» esclama allora Druso. «Non
conosco altri pezzi di questa poesia!»
A
quell’accorata dichiarazione, Tiberio non riesce
più a contenersi, e suo malgrado gli sfugge una risata dalle
labbra semichiuse.
Una
risata che suona quasi come un sibilo, ma Druso sembra soddisfatto.
Tiberio
pensa che quella giornata – nonostante la vincita di
Ottaviano – non è poi così brutta.
Per
lui, gli incontri con le altre persone non sono mai contatti e
basta. Sono dei veri e propri urti, che lo scuotono sin nel profondo.
Collidere in quel modo, però, forse potrebbe andargli a
genio – non molto, s’intende, ma almeno un poco
sì.
Si
accorge che Livia lo sta guardando, e sente un’ondata di
calore invaderlo, perché è uno sguardo colmo di
approvazione. Allora il ragazzino ripensa a quella notte di un anno
prima, quando Druso gli ha dimostrato di aver bisogno di lui, e
riflette che anche sua madre è dalla sua parte.
E
alla fine, se questa dev’essere la sua vita, con Druso
accanto nel presente e Vipsania vicino nel futuro… Non
è poi così male.
Note:
Lo so. Ho tardato un sacco. Di nuovo.
Ebbene, questa è l’ultima parte della storia.
A dir la verità, all’inizio avrei voluto scrivere
anche degli episodi con Tiberio e Druso adulti, e ne ho anche scritti,
ma alla fine risultavano TROPPO diversi da questi ambientati nella loro
infanzia, così li ho cancellati.
E ho deciso di chiudere così, con una punta di speranza.
(Okay, chi conosce la vita di Tiberio sa che le cose non andranno per
niente bene, ma pazienza… In fondo ora è un
bambino, e può permettersi di essere spensierato.)
Lassù c’è l’ultimo pezzo del
ritornello di “Collide” degli Skillet, e la poesia
che recita Druso per far ridere Tiberio è di Catullo
^^
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