- Cavoli, cavoli,
cavoli. – Ron rosicchiò la cima della sua piuma, e sputacchiò nervosamente
qualche pelucco bianco rimasto impigliato fra i denti. – Harry ti prego, dammi
una mano. –
Harry grugnì
qualcosa che Ron prese come un invito a continuare.
- Senti un po’ qui.
– sospirò. – “… Trasfigurare un boa costrittore in una cravatta è quindi
scarsamente consigliabile, in quanto… “ in quanto cosa, Harry? Non è già
dannatamente evidente, il perché? -
- Non lo so. –
borbottò Harry.
Era da una decina
di minuti che se ne stava con le braccia spalmate sul tavolo della Sala Grande,
e con la faccia appoggiata su di esse, totalmente indifferenze al viavai delle
pietanze della colazione.
- Va tutto bene? –
si preoccupò Hermione, cercando di affacciarsi oltre i gomiti di Harry.
- Sì, sì. – sbuffò
lui.
- Sei sicuro? Non
hai toccato cibo. -
- Non ho molta
fame. -
Harry si costrinse
comunque ad allungare una mano per pescare una fetta di pane tostato. Hermione
gli porse lestamente il vassoietto del burro, e lui ce ne buttò sopra una
quantità a caso, spalmandolo in qualche modo. Mangiucchiò il pane un pezzetto
alla volta, soltanto per non far preoccupare Hermione, visto che il suo stomaco
sembrava deciso a tenere chiusi i battenti per il resto della giornata.
- Tu l’hai finita
la tua relazione? -
- N-nh. La finirò
dopo, durante la lezione di Storia della Magia. -
Stranamente
Hermione non sfoderò la sua solita voce gracchiante per rimproverarlo. Si
limitò ad uno sguardo pensieroso, ma poi lo lasciò in pace. E Harry gliene fu
enormemente riconoscente.
Da quando si era
alzato gli sembrava di non essere riuscito a scrollarsi di dosso una strana
sensazione legata al suo sogno. Era rimasto in bagno per un sacco di tempo, si
era lavato e rilavato la faccia con l’acqua gelida, ma niente, lo stordimento
non accennava ad andarsene. Nonostante questo era sceso con Ron, aveva
incontrato Hermione davanti al ritratto della Signora Grassa, e insieme si
erano diretti verso la Sala Grande, come al solito. Per ben due volte aveva
rischiato di capitombolare sui soliti, vecchi gradini malandati che conosceva
come le sue tasche. Evidentemente saltarli non era una cosa che gli riuscisse
automatica come aveva sperato, tuttavia non si era preoccupato di nulla finchè
non si era seduto al suo posto, al tavolo Grifondoro.
Lì, appena piatti,
piattini, caraffe e vassoi avevano fatto la loro trionfale comparsa, Harry si
era reso conto che no, decisamente qualcosa non funzionava: non aveva fame,
proprio per niente, e questo aveva dell’incredibile.
* * *
La lezione di
Trasfigurazione era in comune con Serpeverde. E chissà come mai, ciò non
contribuiva granché a risollevare l’umore di Harry.
Nemmeno notare
quanto quella mattina Draco Malfoy fosse agitato gli fu di aiuto. Probabilmente
l’idiota non aveva fatto la sua relazione, o non era riuscito a copiarla da
qualche suo compagno, e adesso si ritrovava sulla stessa barca della stragrande
maggioranza dei comuni mortali che popolavano l’aula bislunga, in trepidante
attesa della McGranitt. Si dispiacque soltanto di non essere sufficientemente
sveglio per godersi quel piccolo, involontario momento di trionfo.
Lui, la sua
relazione l’aveva in qualche modo finita. Per fortuna gli mancavano solo una
manciata di righe, che aveva riempito con considerazioni a caso, banalità di
ogni sorta, e una frase finale che suonava come un rifiuto categorico di
inventare alcunché di originale. Poco male, poteva contare su un discreto
andamento generale e sulla speranza che, per una volta, la McGranitt avrebbe potuto chiudere un occhio sulla sua mancanza di fantasia. In fin dei conti
era pur sempre l’inizio dell’anno, un po’ di pietà era d’obbligo.
Certo, se proprio
la professoressa voleva un saggio di creatività, avrebbe sempre potuto
scrivergli un bel riassunto del suo sogno. Harry era sempre stato parecchio
estroso, quando si trattava di sogni, ma doveva ammettere che l’ultimo batteva
tutta la concorrenza. Se ci ripensava, riusciva ancora a provare uno strano
senso di malinconia per il modo in cui suo padre era apparso, e poi scomparso,
davanti ai suoi occhi. Non gli era capitato molto spesso di sognarlo, e
probabilmente mai di vederlo così bene in volto.
Quella volta di
quattro anni prima, quando per la prima volta era riuscito ad evocare il suo
Patronus, si era illuso di aver trovato un modo per riavere indietro suo padre,
e ne era stato felice, incredibilmente felice. Si era sentito rassicurato e
riscaldato, dopo così tanto tempo. Ma aver rivisto suo padre in sogno, aver
constatato con i propri occhi la somiglianza pazzesca con lui, aver sentito la
sua voce, pure quella identica, aveva cambiato completamente la prospettiva.
Probabilmente la
questione era molto più semplice di ciò che appariva: l’Harry di quattro anni
prima era troppo piccolo e fragile per poter affrontare un ricordo così dolce e
doloroso, mentre l’Harry di adesso ne aveva passate abbastanza da essere pronto
per poter conoscere, almeno in sogno, il padre che gli era sempre mancato.
Almeno, così gli
piaceva credere. Era un bel pensiero, dopotutto.
Harry consegnò la
sua relazione assieme a Ron, lasciandola distrattamente sul tavolo della
McGranitt. La lezione era passata via velocemente, e adesso lo aspettava un
pomeriggio di relativa tranquillità. Camminando a testa bassa, perso nelle sue
elucubrazioni, nemmeno si rese conto di aver urtato qualcuno, finchè Ron non
gli allungò una gomitata allarmata.
- Scusa. – borbottò
a mezza bocca.
- “Scusa”, Potter?
-
La voce irritata di
Malfoy gli strappò un sospiro.
- Sì, ho detto
scusa. – ribadì, sorpassando il Serpeverde senza ulteriori indugi.
Dalla fine del
corridoio, lo sentì ribollire come un calderone, e alla fine sbraitare un “Vai
al diavolo, dannato Potter”.
Però, doveva
essergli andata davvero male, con la relazione per la McGranitt.
* * *
- Aiutami. -
- Papà? -
- Ti prego.
Aiutami. -
- Papà! Papà,
aspetta! -
- Mi serve il tuo
aiuto. -
- No, non
andartene! -
Harry sbarrò gli
occhi, e si ritrovò aggrappato al cuscino. Le coperte si erano scompaginate qua
e là nel letto, lasciandolo al freddo. E lui in quel momento il freddo se lo
sentiva fin dentro le ossa.
Ancora la stessa
pianura sconfinata, con delle macchie di alberi all’orizzonte, ancora suo
padre, avvolto in un manto che aveva qualcosa di regale, ancora la stessa,
disperata richiesta di aiuto.
Harry si strinse le
tempie fra le mani, sentendole pulsare. Soltanto una cosa era cambiata, o per
meglio dire si era aggiunta a tutto il caos che già imperava: una sensazione di
tristezza cosmica, e di nostalgia talmente potente da far salire le lacrime
agli occhi senza nemmeno comprenderne il perché. Se n’era sentito schiacciato,
quando aveva incrociato lo sguardo di suo padre.
- Harry. – biascicò
all’improvviso Ron.
Harry si accigliò,
e si decise a rimettersi sdraiato. – Scusami. – mormorò. – Non volevo
svegliarti. -
- Fa niente. C’è
qualcosa che non va? -
- No. Cioè, non lo
so. Ho rifatto lo stesso sogno. -
- Vuoi dire lo
stesso di ieri? -
- Già. -
Harry sentì Ron che
litigava con le sue coperte per potersi rigirare.
- Hey Harry, allora
credi che sia qualcosa si importante? – sussurrò Ron con prudenza.
- Vorrei saperti
rispondere. Non lo so, ma mi sembra strano ripetere lo stesso sogno per due
volte. -
- Magari allora
potremmo dirlo ad Hermione. –
- Credi? -
- Beh, lei sa
sempre cosa fare, no? -
Harry abbozzò ad un
sorriso. – Vero. – concesse. – Non è ne abbiamo mai ricavato niente di buono, a
tenerle nascosto qualcosa. –
Ron accese una
candela sul suo comodino, irradiando la camera di un lumino tenue che,
fortunatamente, non disturbò gli altri tre. – Hey, Harry. Stai bene davvero?
Voglio dire, hai bisogno di qualcosa? –
Harry sorrise, e
fece cenno di diniego. – Sto bene. – lo rassicurò. – Non ti preoccupare. -
- Uhm. D’accordo. –
Ron spense la candela, e si rimise a letto.
- Però. –
insistette, alzando involontariamente il tono della voce. – Però. – ripeté a
voce più bassa. – Se ti servisse qualcosa, se avessi bisogno di una mano,
insomma, non farti problemi, ok? Chiedi. -
- Ho capito.
Grazie, Ron. -
- Di niente. -
Harry poté giurare
che Ron si stesse sentendo fiero si sé, per avergli offerto il suo aiuto. Era
davvero un ragazzo d’oro.
- Allora
buonanotte. -
- Sì. Buonanotte. -
* * *
Hermione inarcò le
sopracciglia fino a farle quasi sparire nella frangia che le copriva parte
della fronte, e per un bel po’ si dimenticò completamente di masticare i suoi
cereali.
Il momento della
colazione stava diventando sempre più pregante per Harry, a quanto sembrava. Da
almeno due mattine a quella parte non faceva che portare scompiglio. L’unica
nota positiva della giornata era che Malfoy non era sceso per la colazione,
liberando Harry dalla sua fastidiosa presenza, oltre che dal rischio che si
mettesse ad origliare.
- Tuo padre? –
scandì di nuovo Hermione, tanto per essere sicura.
- Credo di sì. Chi
altri poteva essere, la somiglianza era incredibile. -
- Ma hai detto che
è un ragazzo, no? Che aveva pressappoco la tua età. -
- Sì, e allora? -
Hermione puntò
l’indice destro contro il mento, e lo tamburellò. – Com’è possibile che tu
abbia visto tuo padre da giovane? –
- Non lo so. –
ammise Harry. – Ma non mi pare qualcosa di così assurdo. Ho visto delle
fotografie, e l’ho persino visto nel Pensatoio di Piton tempo fa, non ti
ricordi? -
- Uhm, d’accordo. –
concesse Hermione. – Ma ad ogni modo c’è qualcosa di strano. -
Aveva perfettamente
ragione. Dopo essersi riaddormentato, Harry era piombato nuovamente nel
medesimo sogno. Con lo stesso copione e gli stessi, deludenti risultati. Era
inquietante il ripetersi ossessivo di quelle visioni, anche se due sole notti
erano troppo poche per dichiararsi allarmati.
- Ogni volta che lo
sogno, è più vicino. – considerò. – Ma se cerco di parlargli lui non mi
risponde. Continua semplicemente a chiedermi di aiutarlo, ma come faccio, se
non so nemmeno che cosa vuole? -
- Le persone morte
non chiedono aiuto, Harry. – disse Hermione, con una sicurezza e una
schiettezza che fecero rabbrividire i suoi amici.
Harry la vide quasi
subito arrossire per il disagio, ma dentro di sé sapeva di non poterla
contraddire. I morti non hanno bisogno di aiuto, questo era poco ma sicuro.
- Già. – le venne
incontro, accordandole implicitamente il suo perdono per quella frase. – Ma
allora che cosa credi che sia? -
- Non ne ho idea. –
ammise lei. – Però non mi sembra una cosa da sottovalutare. Soprattutto visto
che i tuoi sogni non ci hanno mai traditi. -
- Credi che sia
qualcosa che ha a che fare con… con Voldemort? – azzardò Ron facendo una
vocetta sottile sottile.
Hermione serrò le
labbra, ma il suo silenzio non aveva bisogno di ulteriori considerazioni.
Distolse lo sguardo, prima di riprendere a parlare.
- Ad ogni modo, è
troppo presto per saltare a delle conclusioni. Forse ci stiamo allarmando per
niente, però è meglio tenersi pronti ad ogni evenienza. -
- Che cosa
significa “per ogni evenienza”? -
Di nuovo silenzio.
Rotto dopo un sorso di succo d’arancia, da una frase che aveva un ché di
stentoreo. – Per il momento non possiamo far altro che stare a vedere. -
* * *
La sera successiva,
Harry andò a dormire con una consapevolezza inedita.
Tutto ciò che lui,
Hermione e Ron avevano congetturato durante l’intera giornata appena trascorsa
non li aveva portati da nessuna parte, ma per lo meno lo aveva reso certo che
la questione non andasse presa sottogamba.
Non che lui avesse
mai preso sottogamba i suoi sogni. Ma in passato, le cose stavano diversamente,
e le sue visioni oniriche erano sempre stati degli indizi più o meno chiari,
più o meno importanti, circa quella che lui, per anni interi, aveva considerato
la sua grande missione.
Ora che però questa
missione era stata compiuta, che Voldemort era stato sconfitto, e che tutto era
tornato alla normalità, che senso aveva pensare che qualcosa, dentro la sua
testa, mantenesse un legame con il passato? Con chi, poi? E perché mai suo
padre avrebbe dovuto aver bisogno del suo aiuto?
Non una di queste
domande aveva ancora uno straccio di risposta, ma se Ron ci aveva visto giusto,
se veramente tutta questa faccenda aveva a che fare con Voldemort, allora
bisognava tenersi pronti ad agire. A cominciare da quel momento, visto che
l’unico che poteva sperare di venire a capo del mistero era lui, che per il
momento poteva solo sforzarsi di chiudere gli occhi e sperare di addormentarsi
in fretta, per ripiombare in quel sogno.
ANGOLINO!
Grazie infinite per
l’accoglienza, sono veramente felice!
Innanzitutto, devo
dirlo, perché oltre ai nomi che definire “soliti” mi riempie di gioia, perché
sono quelli che leggo da tanto tempo, e che ogni volta mi stupisco e mi
commuovo di rivedere, ho visto anche molti nomi nuovi. Che siate lettori nuovi
di zecca, o che vi siate decisi a farvi avanti solo ora, vi ringrazio in ogni
caso, mi fate davvero felice!
Scusate se non
rispondo a ciascuno, ma le domande che mi avete posto per ora non possono avere
risposta, mi spiace! Nemmeno quelle sulla durata della fic. Ho buttato giù
un’ossatura dei capitoli, quindi una mezza idea ce l’ho, ma per ora non mi
sbilancio a darvi notizie, perché sono ancora alle prese con numerosi punti
interrogativi, e non vorrei deludervi sparando un numero troppo alto che poi
sarebbe destinato a contrarsi.
Soprattutto
considerando il fatto che la nascita e lo sviluppo di alcuni capitoli dipenderà
in gran parte dalle reazioni che riceverò da voi. Essendo, come ho già detto,
un lavoro a cui tengo moltissimo, non voglio renderlo pesante, perciò se vedrò
che vi annoierete taglierò delle parti e andrò più spedita.