In biblioteca,
normalmente, le risposte si sprecavano. Il problema era riuscire ad
individuarle. L’impressionante conoscenza di Hermione aveva permesso ai ragazzi
di fare una buona scrematura di libri che certamente non sarebbero serviti,
focalizzando così la loro attenzione su una dozzina di volumi che trattavano di
storia romana, storia della magia antica, religioni classiche, civiltà magica
antica, riti magici antichi e tutto ciò che poteva odorare di latino.
- Avete sentito la
novità? – buttò lì Ron, occhieggiando svogliatamente al libro che gli era stato
appena assegnato. – Malfoy è finito in infermeria per chissà quale gravissima
malattia. -
- Te lo dico io che
malattia ha, quello. – borbottò tetra Hermione. – La malattia del “papino non
mi compra più bei voti”. Dai, rimettiamoci al lavoro. -
Harry ridacchiò da
dietro il suo libro, sfogliato ormai quasi interamente senza uno straccio di
risultato.
Le cose andarono
per le lunghe, ma le ore diligentemente passate sui libri non dettero alcun
frutto. Di Marzio la storia di Roma era piena, ma nessuno sembrava fare al caso
loro. Tanto per cominciare, Harry non aveva idea se questo tizio fosse un mago,
per non parlare di possibili indizi sulla sua vita. La sola cosa che aveva
potuto assodare con disarmante certezza era che quel ragazzo gli somigliava
come una goccia d’acqua. Ma a quanto pareva, la Roma di due millenni prima era sprovvista di macchine fotografiche, magiche o babbane che fossero.
- Niente. – sbuffò
Hermione, palesemente contrariata. – Niente di niente. -
- Non siamo nemmeno
certi che sia Romano, no? – rincarò Harry. – In fondo parlava inglese, potrebbe
semplicemente avere un nome eccentrico. -
- E vestirsi a quel
modo? -
Harry fece
spallucce. – Il mondo è pieno di gente strana, no? -
Hermione alzò gli
occhi al soffitto della biblioteca, percorso dalle dita sottili dell’oscurità
che cominciava ad infiltrarsi nell’edificio, annunciando l’imminente
avvicinarsi dell’ora di cena.
- Non siamo venuti
a capo di niente. – appurò. – E nemmeno riusciremo a farlo, se prima non
sappiamo qualcosa in più. Harry, devi parlare con questo tizio, e chiedergli
chi è, da dove viene e cosa vuole. -
- E pensi che non
ci abbia già provato? – ribatté Harry, piccato. – Quello lì ha la bocca più
cucita di un Mangiamorte recidivo. -
- Ottimo, ci
mancavano solo i Mangiamorte. –
- Hey, non
intendevo dire che è un Mangiamorte. –
- Però potrebbe
esserlo. –
Hermione non aveva
affatto voglia di scherzare. La faccenda la preoccupava più di quanto dessero a
vedere i suoi occhi brillanti. Si poteva intuire, se si prestava attenzione
allo scattare nervoso delle sopracciglia oltre la frangia.
- Non lo so, non so
davvero che dire. – si arrese Harry. – Questo tizio non dice nulla, e per
quanto ne so potrebbe tranquillamente venire da un altro pianeta. –
- E’ un bel
mistero. – gli fece eco Ron. – Cose del genere sarebbero terreno fertile per la Cooman. –
Hermione arricciò
il naso. – Impossibile. – decretò con tono saputo. – Noi stiamo parlando di
cose reali, mentre la Cooman si occupa soltanto di scempiaggini. –
- E dai, non
arrabbiarti ogni volta che si parla di lei. A suo modo si è resa utile. –
- Oh sì. Anche
Fuffy si è reso utile, allora. –
- A modo suo, sì! –
Harry si prese una
pausa dai suoi pensieri, per osservare i suoi amici battibeccare. Vedere che
nulla era cambiato, e che perciò c’erano buone possibilità che nulla cambiasse
nemmeno in futuro, gli era di straordinario aiuto, soprattutto in un momento
come quello, in cui sembrava che tutto quanto intorno a lui dovesse
stravolgersi.
- Sentite ragazzi,
ho riflettuto su una cosa. – disse con voce mite.
Hermione si
interruppe nel bel mezzo di un “Rooon!” per dedicargli la sua attenzione. Harry
abbassò la testa senza un motivo preciso. La luce polverosa che penetrava dai
finestroni della biblioteca si infranse sui suoi occhiali, baluginando e
nascondendo il suo sguardo.
- Ho pensato che
potrebbe essere una questione più semplice di quanto sembri. Voglio dire, è un
mio sogno, no? –
- Dove vuoi
arrivare? – indagò Hermione.
- Beh, il punto è
che questo Marzio potrei semplicemente essere io, no? Insomma, siamo identici,
parliamo in modo identico, ci comportiamo in modo identico. –
- Ma allora perché
dovrebbe avere un altro nome? – chiese innocentemente Ron.
- Mah, chi lo sa.
Forse è un’immagine riflessa, un me stesso diverso. –
- Cos’è questa,
psicanalisi? –
- Che cos’è la
pisacalisi? –
Hermione
assottigliò le labbra, e investì Ron con un gesto eloquente.
Glielo.avrebbe.spiegato.dopo.
- Potrebbe essere,
non credi? Potrei essere io a chiedere aiuto a me stesso. – continuò Harry.
- Sì, potrebbe. In
ogni caso, il punto è che per scoprirlo non puoi fare altro che rivederlo e
parlargli. –
- Fammi capire,
perché diavolo dovresti chiedere aiuto a te stesso? – gemette Ron. – Voglio
dire, non ha senso! Se hai un problema chiedi una mano agli altri, no? –
Harry fece un
sorriso grande a quell’amico che si era conquistato un posto speciale nel suo
cuore proprio con la sua generosità spontanea. – Beh, sì – lo accontentò. –
Però non è sempre così semplice. –
- Ma dai,
stupidaggini. – insistette Ron. – Secondo me devi soltanto riuscire a fargli
sputare il rospo, a questo tipo. Forse è spaventato, e vuole prima cercare di
capire se può fidarsi di te. -
- Spaventato lui? –
si inalberò Harry. – Fidarsi lui? Hey, sono io quello che ha subito una
violazione del suo spazio mentale! -
- Come la fai
tragica, Harry. – ridacchiò Hermione. – Ti conosco abbastanza per poter essere
certa che un po’ di avventura ti mancava. -
* * *
- Ci rivediamo. -
- Già, ci
rivediamo. – petulò Harry. – E se provi a scapparmi anche stavolta mi arrabbio
sul serio. -
Marzio sorrise, e
fece un gesto di resa con le mani.
Era l’ora del
tramonto. C’era una luce bellissima, che si irradiava come tanti fili argentati
di ragnatela sulle loro teste. L’aria era talmente ricca di suggestioni da
diffondere un profumo tutto suo, e le nuvole erano viola, e blu, e arancioni,
come cristalli che giocavano a riflettersi l’uno nell’altro. La malinconia, che
faceva sempre da quieto sottofondo ad ogni sogno, era declinata in una nota
dolcissima. Un violino, si sarebbe detto.
- Marzio. – chiamò
Harry per rompere il silenzio. – Io vorrei farti delle domande. –
- Lo capisco. È
legittimo. –
- Ecco, ripenso
spesso a questi sogni, in cui ti vedo. –
- Dici davvero? –
Harry inarcò le
sopracciglia. – Certo. –
Marzio parve
rasserenato. Anzi no, addirittura contento. Harry colse il barlume di un
sorrisino sulla sua bocca nascosta dall’ombra del naso.
- Beh, dunque. –
riprese. – Innanzitutto mi chiedevo chi tu fossi. Insomma, hai un aspetto
strano, sembri uscito da un qualche film. –
- Io? Te l’ho
detto, mi chiamo Marzio. –
- Non mi basta. –
Marzio gli rivolse
uno sguardo carico di tanti sentimenti diversi. La vergogna era fra essi, non
c’era dubbio.
- Non cercare di
strafare, Harry. Il mio è un consiglio. -
- Sembra più una
minaccia. -
- Una minaccia? –
Marzio inarcò le sopracciglia, e si affrettò a negare con la testa. – Non lo
farei mai. – protestò, tutto serio. – Non ho alcuna intenzione di minacciarti.
Non ne ho motivo. –
- Non ne hai motivo
perché sei me? – sputò fuori Harry senza rendersene conto.
Marzio rimase
imbambolato, e l’imbarazzo ci mise poco ad insinuarsi fra loro.
- Non so come
spiegarmi. Tu chi sei? Sei una parte di me? –
Il ragazzo alzò gli
occhi chiari al cielo. – Credo di no. – disse mitemente.
- Credi? –
- Non ne sono
sicuro. Non più. –
Harry sentì la
quota della sua pazienza virare bruscamente verso il basso. – Maledizione,
perché non cerchi di spiegarti meglio? -
- Beh, dunque. –
fece Marzio, costernato. – Non so nemmeno io come fare. Io sono diverso da te,
ma è altrettanto vero che soltanto tu puoi vedermi. –
- E perché proprio
io? -
- Te l’ho già
spiegato. Perché tu sei identico a me. -
- Sì, ma allora? -
- E allora. –
Marzio si strinse nelle spalle. - Io non potrei mettermi in contatto con nessun
altro. -
Già. Più chiaro di
così non poteva essere.
- Fammi capire. –
gemette Harry. – Tu mi puoi contattare perché mi somigli in modo
impressionante. - Si mordicchiò un labbro, pensieroso. – Ma allora il mio
ragionamento ha senso. Tu sei me. –
Marzio si
stropicciò il ciuffo nero della fronte. – No, direi di no. – bofonchiò,
leggermente più convinto di prima.
- E allora sei un
mio avo. -
- Non credo. –
Marzio roteò un dito in aria, meditabondo. – Io e te siamo più, come dire…
delle specie di prima e dopo, ecco. -
- Come se fossimo
la stessa persona. –
- Sì. Però no. –
- Cioè? Lo siamo,
ma non lo siamo? –
- Sì. Immagino di
sì. Come dire. – Marzio tamburellò le dita sulla coscia, alla ricerca delle
giuste parole. – Noi siamo come due raggi di una stessa ruota, capisci? –
- Due raggi della
stessa ruota. – Harry si soffermò sull’immagine finché non la ebbe
metabolizzata a sufficienza. Non era facile, ma doveva ammettere che il
paragone era immediato.
- Ma tu chi sei? Un
fantasma? Da dove vieni? -
- Oh no, non sono
un fantasma. Se lo fossi potrebbe vedermi chiunque, e poi potrei apparirti in
qualsiasi momento, non solo nei sogni. –
- Allora tu sei
nella mia testa? -
Marzio ridacchiò. -
No, no, sono anche fuori. Ma al di fuori dei tuoi sogni è come se non
esistessi. -
Le sue ultime
parole evocarono una tristezza assordante. Più lo ascoltava dargli quelle
prime, confuse spiegazioni, più Harry sentiva che c’erano milioni di cose che
ancora non sapeva e non riusciva a capire. Arricciò le labbra.
– E allora? Da dove
vieni? -
- Beh… - Marzio
socchiuse gli occhi, concentrato. – Io vengo da più di duemila anni fa. Da
Roma. -
Harry strabuzzò gli
occhi. Hermione aveva fatto centro, ma la cosa non poteva comunque non
lasciarlo di sasso.
- Hai detto Roma. –
ragionò. – Quindi vuol dire che sei una specie di imperatore? -
- Imperatore?!? –
gemette Marzio, prendendo improvvisamente a giravoltarsi in ogni direzione. –
Ma sei pazzo? A Roma non ci sono imperatori! -
- Come sarebbe a
dire che non ci sono imperatori, io… -
- Shhh, taci, vuoi
farti arrest… - Marzio rimase con un dito a mezz’aria, zittendosi nel pieno
della frase. – Oh. – soffiò. – Oh, già. Giusto. Nessuno può più arrestarti,
ormai. -
Il peso oberante di
quella malinconia che già da prima fluttuava pericolosamente sulle loro teste
schiacciò nuovamente Harry. Era spuntata all’improvviso, cavalcando le parole
del Romano, e aveva sprigionato la sua potenza impressionante su di loro,
arrivando a concretizzarsi nel colore dell’atmosfera che si faceva via via più
opaco.
- Ma chi sei
veramente? – quasi singhiozzò. – Perché adesso mi sento così? -
- Mi dispiace. – si
scusò Marzio. –Credo di essere io a scaricarti addosso queste brutte
sensazioni. -
- Cerca di non
farlo, maledizione. -
- Non posso, non so
come fare. Scusami tanto. -
Harry sospirò, e
cercò con tutte le sue forze di pensare a qualcosa di bello, di allegro, invocò
persino qualcosa di stupido che lo aiutasse a tirare fuori un sorriso. Una
qualsiasi, maledetta sensazione piacevole. Gli ci volle Moody, e quell’idiota
di Malfoy trasformato in furetto, per sentirsi un po’ meglio. Appena ebbe
riacquistato la forza per risollevare lo sguardo, colse lo sguardo perplesso di
Marzio.
- Lascia stare. –
mormorò. – Vai avanti. -
- Sì. -
Marzio sembrò
pensarci su. Quando pensava, piegava leggermente gli angoli della bocca,
proprio come faceva lui. Probabilmente Harry non si sarebbe mai abituato ad una
stranezza del genere.
- Beh, vedi, Harry.
- Marzio si passò una mano fra i capelli, come Harry si era visto fare molte
volte. – Io sto cercando una persona. È per questo che sono qui. -
Appena Marzio disse
“qui”, il paesaggio attorno a loro prese ad oscillare. Era come vedere tutto
attorno attraverso la lente di un occhiale sfocata, che deforma ogni cosa.
Soltanto un
istante, e tutto tornò nuovamente alla normalità.
- Pazzesco. –
soffiò Harry. -
- Sì, lo so. -
Proprio in quel momento,
un robusto nitrito si alzò nell’aria. Harry e Marzio si voltarono nello stesso
momento, e videro un unicorno correre loro incontro rapidissimo. Era lucente, e
bellissimo, e anche da quella distanza Harry percepì il suo sguardo intenso e
dolcissimo che gli colpiva il cuore. Subito dietro di lui, correva un cavallo
marrone chiaro, con la bella criniera scura che ondeggiava nel vento. Era molto
più grande, e fiero, rispetto all’unicorno, ma nonostante ciò sembrava che i
due animali corressero esattamente alla stessa velocità.
- Ma quei cavalli…
– soffiò Harry.
Finì la frase da
solo, nel suo letto.
Ci mise qualche
istante a mettere a fuoco la fioca luce del mattino che bussava alla spessa
tenda che copriva la finestra della camera, e quindi realizzare di essere
tornato alla realtà.
Era già mattino.
Di nuovo.
ANGOLINO!
Sono appena
tornata, ma domattina sparisco di nuovo per il capodanno, quindi volevo
approfittare di questo spazietto per augurare a tutti quanti buone feste! Vi
ringrazio moltissimo per le mail che mi avete mandato, risponderò il prima
possibile. Che vi siate abbuffati come allegri porcellini da ingrasso o no (e
comunque, avete sempre il cenone per rimediare), la cosa davvero importante è
DIVERTIRSI!
Sarò in trasferta a
Venezia per una settimana circa, arrivederci a presto!