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Autore: Stateira    27/12/2007    15 recensioni
Le notti di Harry sono improvvisamente agitate da strani sogni. Ma qual è il loro significato? Chi è il misterioso personaggio in cerca di aiuto?
Genere: Romantico, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Cap 4: I ragazzi fanno ricerche senza risultati

In biblioteca, normalmente, le risposte si sprecavano. Il problema era riuscire ad individuarle. L’impressionante conoscenza di Hermione aveva permesso ai ragazzi di fare una buona scrematura di libri che certamente non sarebbero serviti, focalizzando così la loro attenzione su una dozzina di volumi che trattavano di storia romana, storia della magia antica, religioni classiche, civiltà magica antica, riti magici antichi e tutto ciò che poteva odorare di latino.

 

- Avete sentito la novità? – buttò lì Ron, occhieggiando svogliatamente al libro che gli era stato appena assegnato. – Malfoy è finito in infermeria per chissà quale gravissima malattia. -

- Te lo dico io che malattia ha, quello. – borbottò tetra Hermione. – La malattia del “papino non mi compra più bei voti”. Dai, rimettiamoci al lavoro. -

 

Harry ridacchiò da dietro il suo libro, sfogliato ormai quasi interamente senza uno straccio di risultato.

 

Le cose andarono per le lunghe, ma le ore diligentemente passate sui libri non dettero alcun frutto. Di Marzio la storia di Roma era piena, ma nessuno sembrava fare al caso loro. Tanto per cominciare, Harry non aveva idea se questo tizio fosse un mago, per non parlare di possibili indizi sulla sua vita. La sola cosa che aveva potuto assodare con disarmante certezza era che quel ragazzo gli somigliava come una goccia d’acqua. Ma a quanto pareva, la Roma di due millenni prima era sprovvista di macchine fotografiche, magiche o babbane che fossero.

 

- Niente. – sbuffò Hermione, palesemente contrariata. – Niente di niente. -

- Non siamo nemmeno certi che sia Romano, no? – rincarò Harry. – In fondo parlava inglese, potrebbe semplicemente avere un nome eccentrico. -

- E vestirsi a quel modo? -

Harry fece spallucce. – Il mondo è pieno di gente strana, no? -

Hermione alzò gli occhi al soffitto della biblioteca, percorso dalle dita sottili dell’oscurità che cominciava ad infiltrarsi nell’edificio, annunciando l’imminente avvicinarsi dell’ora di cena.

 

- Non siamo venuti a capo di niente. – appurò. – E nemmeno riusciremo a farlo, se prima non sappiamo qualcosa in più. Harry, devi parlare con questo tizio, e chiedergli chi è, da dove viene e cosa vuole. -

- E pensi che non ci abbia già provato? – ribatté Harry, piccato. – Quello lì ha la bocca più cucita di un Mangiamorte recidivo. -

- Ottimo, ci mancavano solo i Mangiamorte. –

- Hey, non intendevo dire che è un Mangiamorte. –

- Però potrebbe esserlo. –

 

Hermione non aveva affatto voglia di scherzare. La faccenda la preoccupava più di quanto dessero a vedere i suoi occhi brillanti. Si poteva intuire, se si prestava attenzione allo scattare nervoso delle sopracciglia oltre la frangia.

 

- Non lo so, non so davvero che dire. – si arrese Harry. – Questo tizio non dice nulla, e per quanto ne so potrebbe tranquillamente venire da un altro pianeta. –

- E’ un bel mistero. – gli fece eco Ron. – Cose del genere sarebbero terreno fertile per la Cooman. –

 

Hermione arricciò il naso. – Impossibile. – decretò con tono saputo. – Noi stiamo parlando di cose reali, mentre la Cooman si occupa soltanto di scempiaggini. –

- E dai, non arrabbiarti ogni volta che si parla di lei. A suo modo si è resa utile. –

- Oh sì. Anche Fuffy si è reso utile, allora. –

- A modo suo, sì! –

 

Harry si prese una pausa dai suoi pensieri, per osservare i suoi amici battibeccare. Vedere che nulla era cambiato, e che perciò c’erano buone possibilità che nulla cambiasse nemmeno in futuro, gli era di straordinario aiuto, soprattutto in un momento come quello, in cui sembrava che tutto quanto intorno a lui dovesse stravolgersi.

 

- Sentite ragazzi, ho riflettuto su una cosa. – disse con voce mite.

 

Hermione si interruppe nel bel mezzo di un “Rooon!” per dedicargli la sua attenzione. Harry abbassò la testa senza un motivo preciso. La luce polverosa che penetrava dai finestroni della biblioteca si infranse sui suoi occhiali, baluginando e nascondendo il suo sguardo.

 

- Ho pensato che potrebbe essere una questione più semplice di quanto sembri. Voglio dire, è un mio sogno, no? –

- Dove vuoi arrivare? – indagò Hermione.

- Beh, il punto è che questo Marzio potrei semplicemente essere io, no? Insomma, siamo identici, parliamo in modo identico, ci comportiamo in modo identico. –

- Ma allora perché dovrebbe avere un altro nome? – chiese innocentemente Ron.

- Mah, chi lo sa. Forse è un’immagine riflessa, un me stesso diverso. –

- Cos’è questa, psicanalisi? –

- Che cos’è la pisacalisi? –

 

Hermione assottigliò le labbra, e investì Ron con un gesto eloquente. Glielo.avrebbe.spiegato.dopo.

 

- Potrebbe essere, non credi? Potrei essere io a chiedere aiuto a me stesso. – continuò Harry.

- Sì, potrebbe. In ogni caso, il punto è che per scoprirlo non puoi fare altro che rivederlo e parlargli. –

- Fammi capire, perché diavolo dovresti chiedere aiuto a te stesso? – gemette Ron. – Voglio dire, non ha senso! Se hai un problema chiedi una mano agli altri, no? –

 

Harry fece un sorriso grande a quell’amico che si era conquistato un posto speciale nel suo cuore proprio con la sua generosità spontanea. – Beh, sì – lo accontentò. – Però non è sempre così semplice. –

- Ma dai, stupidaggini. – insistette Ron. – Secondo me devi soltanto riuscire a fargli sputare il rospo, a questo tipo. Forse è spaventato, e vuole prima cercare di capire se può fidarsi di te. -

- Spaventato lui? – si inalberò Harry. – Fidarsi lui? Hey, sono io quello che ha subito una violazione del suo spazio mentale! -

- Come la fai tragica, Harry. – ridacchiò Hermione. – Ti conosco abbastanza per poter essere certa che un po’ di avventura ti mancava. -

 

*          *          *

 

- Ci rivediamo. -

- Già, ci rivediamo. – petulò Harry. – E se provi a scapparmi anche stavolta mi arrabbio sul serio. -

 

Marzio sorrise, e fece un gesto di resa con le mani.

 

Era l’ora del tramonto. C’era una luce bellissima, che si irradiava come tanti fili argentati di ragnatela sulle loro teste. L’aria era talmente ricca di suggestioni da diffondere un profumo tutto suo, e le nuvole erano viola, e blu, e arancioni, come cristalli che giocavano a riflettersi l’uno nell’altro. La malinconia, che faceva sempre da quieto sottofondo ad ogni sogno, era declinata in una nota dolcissima. Un violino, si sarebbe detto.

 

- Marzio. – chiamò Harry per rompere il silenzio. – Io vorrei farti delle domande. –

- Lo capisco. È legittimo. –

- Ecco, ripenso spesso a questi sogni, in cui ti vedo. –

- Dici davvero? –

 

Harry inarcò le sopracciglia. – Certo. –

 

Marzio parve rasserenato. Anzi no, addirittura contento. Harry colse il barlume di un sorrisino sulla sua bocca nascosta dall’ombra del naso.

 

- Beh, dunque. – riprese. – Innanzitutto mi chiedevo chi tu fossi. Insomma, hai un aspetto strano, sembri uscito da un qualche film. –

- Io? Te l’ho detto, mi chiamo Marzio. –

- Non mi basta. –

 

Marzio gli rivolse uno sguardo carico di tanti sentimenti diversi. La vergogna era fra essi, non c’era dubbio.

 

- Non cercare di strafare, Harry. Il mio è un consiglio. -

- Sembra più una minaccia. -

- Una minaccia? – Marzio inarcò le sopracciglia, e si affrettò a negare con la testa. – Non lo farei mai. – protestò, tutto serio. – Non ho alcuna intenzione di minacciarti. Non ne ho motivo. –

- Non ne hai motivo perché sei me? – sputò fuori Harry senza rendersene conto.

Marzio rimase imbambolato, e l’imbarazzo ci mise poco ad insinuarsi fra loro.

- Non so come spiegarmi. Tu chi sei? Sei una parte di me? –

 

Il ragazzo alzò gli occhi chiari al cielo. – Credo di no. – disse mitemente.

- Credi? –

- Non ne sono sicuro. Non più. –

Harry sentì la quota della sua pazienza virare bruscamente verso il basso. – Maledizione, perché non cerchi di spiegarti meglio? -

- Beh, dunque. – fece Marzio, costernato. – Non so nemmeno io come fare. Io sono diverso da te, ma è altrettanto vero che soltanto tu puoi vedermi. –

- E perché proprio io? -

- Te l’ho già spiegato. Perché tu sei identico a me. -

- Sì, ma allora? -

 

- E allora. – Marzio si strinse nelle spalle. - Io non potrei mettermi in contatto con nessun altro. -

 

Già. Più chiaro di così non poteva essere.

 

- Fammi capire. – gemette Harry. – Tu mi puoi contattare perché mi somigli in modo impressionante. - Si mordicchiò un labbro, pensieroso. – Ma allora il mio ragionamento ha senso. Tu sei me.  –

Marzio si stropicciò il ciuffo nero della fronte. – No, direi di no. – bofonchiò, leggermente più convinto di prima.

- E allora sei un mio avo.  -

- Non credo. – Marzio roteò un dito in aria, meditabondo. – Io e te siamo più, come dire… delle specie di prima e dopo, ecco. -

- Come se fossimo la stessa persona. –

- Sì. Però no. –

- Cioè? Lo siamo, ma non lo siamo? – 

- Sì. Immagino di sì. Come dire. – Marzio tamburellò le dita sulla coscia, alla ricerca delle giuste parole. – Noi siamo come due raggi di una stessa ruota, capisci? –

- Due raggi della stessa ruota. – Harry si soffermò sull’immagine finché non la ebbe metabolizzata a sufficienza. Non era facile, ma doveva ammettere che il paragone era immediato.

- Ma tu chi sei? Un fantasma? Da dove vieni? -

- Oh no, non sono un fantasma. Se lo fossi potrebbe vedermi chiunque, e poi potrei apparirti in qualsiasi momento, non solo nei sogni. –

- Allora tu sei nella mia testa? -

Marzio ridacchiò. - No, no, sono anche fuori. Ma al di fuori dei tuoi sogni è come se non esistessi. -

 

Le sue ultime parole evocarono una tristezza assordante. Più lo ascoltava dargli quelle prime, confuse spiegazioni, più Harry sentiva che c’erano milioni di cose che ancora non sapeva e non riusciva a capire. Arricciò le labbra.

 

– E allora? Da dove vieni? -

- Beh… - Marzio socchiuse gli occhi, concentrato. – Io vengo da più di duemila anni fa. Da Roma. -

 

Harry strabuzzò gli occhi. Hermione aveva fatto centro, ma la cosa non poteva comunque non lasciarlo di sasso.

 

- Hai detto Roma. – ragionò. – Quindi vuol dire che sei una specie di imperatore? -

- Imperatore?!? – gemette Marzio, prendendo improvvisamente a giravoltarsi in ogni direzione. – Ma sei pazzo? A Roma non ci sono imperatori! -

- Come sarebbe a dire che non ci sono imperatori, io… -

- Shhh, taci, vuoi farti arrest… - Marzio rimase con un dito a mezz’aria, zittendosi nel pieno della frase. – Oh. – soffiò. – Oh, già. Giusto. Nessuno può più arrestarti, ormai. -

 

Il peso oberante di quella malinconia che già da prima fluttuava pericolosamente sulle loro teste schiacciò nuovamente Harry. Era spuntata all’improvviso, cavalcando le parole del Romano, e aveva sprigionato la sua potenza impressionante su di loro, arrivando a concretizzarsi nel colore dell’atmosfera che si faceva via via più opaco.

 

- Ma chi sei veramente? – quasi singhiozzò. – Perché adesso mi sento così? -

- Mi dispiace. – si scusò Marzio. –Credo di essere io a scaricarti addosso queste brutte sensazioni. -

- Cerca di non farlo, maledizione. -

- Non posso, non so come fare. Scusami tanto. -

 

Harry sospirò, e cercò con tutte le sue forze di pensare a qualcosa di bello, di allegro, invocò persino qualcosa di stupido che lo aiutasse a tirare fuori un sorriso. Una qualsiasi, maledetta sensazione piacevole. Gli ci volle Moody, e quell’idiota di Malfoy trasformato in furetto, per sentirsi un po’ meglio. Appena ebbe riacquistato la forza per risollevare lo sguardo, colse lo sguardo perplesso di Marzio.

 

- Lascia stare. – mormorò. – Vai avanti. -

- Sì. -

 

Marzio sembrò pensarci su. Quando pensava, piegava leggermente gli angoli della bocca, proprio come faceva lui. Probabilmente Harry non si sarebbe mai abituato ad una stranezza del genere.

 

- Beh, vedi, Harry. - Marzio si passò una mano fra i capelli, come Harry si era visto fare molte volte. – Io sto cercando una persona. È per questo che sono qui. -

 

Appena Marzio disse “qui”, il paesaggio attorno a loro prese ad oscillare. Era come vedere tutto attorno attraverso la lente di un occhiale sfocata, che deforma ogni cosa.

Soltanto un istante, e tutto tornò nuovamente alla normalità.

 

- Pazzesco. – soffiò Harry. -

- Sì, lo so. -

 

Proprio in quel momento, un robusto nitrito si alzò nell’aria. Harry e Marzio si voltarono nello stesso momento, e videro un unicorno correre loro incontro rapidissimo. Era lucente, e bellissimo, e anche da quella distanza Harry percepì il suo sguardo intenso e dolcissimo che gli colpiva il cuore. Subito dietro di lui, correva un cavallo marrone chiaro, con la bella criniera scura che ondeggiava nel vento. Era molto più grande, e fiero, rispetto all’unicorno, ma nonostante ciò sembrava che i due animali corressero esattamente alla stessa velocità.

 

- Ma quei cavalli… – soffiò Harry.

 

Finì la frase da solo, nel suo letto.

Ci mise qualche istante a mettere a fuoco la fioca luce del mattino che bussava alla spessa tenda che copriva la finestra della camera, e quindi realizzare di essere tornato alla realtà.

Era già mattino.

 

Di nuovo.

 

ANGOLINO!

 

Sono appena tornata, ma domattina sparisco di nuovo per il capodanno, quindi volevo approfittare di questo spazietto per augurare a tutti quanti buone feste! Vi ringrazio moltissimo per le mail che mi avete mandato, risponderò il prima possibile. Che vi siate abbuffati come allegri porcellini da ingrasso o no (e comunque, avete sempre il cenone per rimediare), la cosa davvero importante è DIVERTIRSI!

Sarò in trasferta a Venezia per una settimana circa, arrivederci a presto!

  
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