Più passavano i
giorni, più Harry aveva l’impressione di giocare una partita a dadi con sé
stesso. Stava a pensare per ore, finché la testa non gli faceva male da
scoppiare, e allora se ne sgattaiolava via verso Hogsmeade, per cercarsi un
angolino ai Tre Manici dove bere qualcosa di caldo e pensare, pensare ancora.
La sua vita
sembrava indissolubilmente legata al passato: quando non era stato più il suo
passato personale, a costringerlo ad una lotta tutta scritta in una cicatrice,
era venuto il Passato, quello con la p maiuscola, che abita i libri polverosi
della biblioteca. Anche quel passato era fatto di persone, Marzio ne era una
prova. Con il senno di poi, Harry avrebbe voluto seguire con più attenzione le
lezioni di Storia della Magia, e magari saperne un po’ di più su chi si
nascondeva dietro ai nomi snocciolati con caratteri monotoni dalle pagine
giallognole dei volumi. Nomi che erano stati vivi, un tempo, nomi che avevano
fatto voltare persone, nomi che avevano chiamato occhi e voci.
Harry si sentiva
parte di tutto questo; e temeva di esserne risucchiato. Era pericoloso
desiderare sempre più fortemente di addormentarsi, era pericolosa l’empatia con
Marzio, e tutto ciò che stava accadendo non era che un potenziale buco nero in
cui lui si stava gettando ad occhi chiusi. Per un momento gli venne da
sorridere. Straordinariamente prevedibile.
* * *
- Se tu fossi un
fantasma, chiunque potrebbe vederti. –
- Esattamente. –
- Ma non sei
un’illusione. Voglio dire… -
Harry si morse la
punta della lingue, e Marzio gli sorrise. Il suo modo di comunicare che capiva
i suoi dubbi era originale. Gentile, ma anche un pochino ilare. Doveva trovare
buffo il suo spaesamento, almeno quanto lui trovava incomprensibile la
situazione in cui si era andato a cacciare.
- Tieni, stringimi
la mano. – lo incoraggiò tendendo la sua verso di lui. – Puoi anche afferrare i
miei vestiti, o quello che più ti pare. Non sono uno spettro, puoi toccarmi. –
Harry gli strinse
la mano con decisione, e provò un’inspiegabile sensazione di sollievo nel
constatare che Marzio era solido e caldo, esattamente come lui. Era vero. Non è
che avesse mai davvero sospettato il contrario. O per meglio dire, non aveva
mai confidato a sé stesso quel sospetto, in quei giorni. Paura di perdere tempo
dietro ad un sogno? Forse un po’. Harry aveva fatto la pelle dura a lottare per
essere creduto, negli anni passati; ma allora lui era sempre stato convinto di
ciò che diceva, e il non essere ascoltato era stata più una sfida che un motivo
di dubbio. Le cose però si erano messe diversamente, ora. E il fatto che la
mano di Marzio fosse una mano, una mano vera, era la prova che serviva a lui
più che agli altri che no, non stava immaginando tutto. Ancora una volta.
- Però non riesco
ancora a capire chi tu sia. –
- E’ difficile. –
Marzio arricciò le labbra. – Credo di essere una sorta di spirito. Nessuno mi
può vedere al di fuori di te, è un po’ come se fossi a metà fra un fantasma e
un sogno. –
- Ma se tu non puoi
comunicare con nessuno all’infuori di me. – ragionò Harry. - Questo significa
che hai dovuto aspettare fino ad oggi, per poter chiedere aiuto? –
Harry terminò la
sua frase appena prima che una cosa terribile accadesse. Una marea antica
quanto può esserlo il disegno delle nuvole lo travolse, e gli fece a brandelli
il petto. Marzio strinse le labbra fra i denti, ed Harry assistette ad una
scena incredibile, lo vide affrettarsi a richiamarla indietro, dentro ai suoi
occhi.
- E’ così. Ho
aspettato molto tempo. –
- Ma non ha senso.
– gemette Harry sentendosi soffocare. – La tua è stata una condanna! –
- Forse sì. Ma né
tu né io abbiamo il diritto di dirlo. – il sorriso di Marzio si aprì
all’improvviso, facendo un po’ di luce fra le fronde indolenti dei giunchi e
delle canne rigogliose che oscillavano accompagnando la corrente del fiume che
i due stavano costeggiando.
– Posso solo essere
felice di averti trovato, finalmente. –
* * *
Harry non aveva
creduto nemmeno per un secondo che Marzio fosse felice. Lo strazio sordo e
senza scampo che lo travolgeva di tanto in tanto, se solo lui accennava ad
un’espressione triste, lasciandolo lì senza fiato, in ginocchio, vinto dalla
voglia di piangere ed urlare tutto il dolore dell’universo, non era possibile
che nascesse da una persona felice.
Non poteva esserci
gioia in quegli occhi che sarebbero stati identici ai suoi, se non fossero
stati ammantati di una dignità antica, che non aveva niente di polveroso, di un
contegno imperscrutabile, e di orgoglio, tanto orgoglio. Soltanto un tempo
lontanissimo aveva potuto generare un uomo come lui, ed Harry si vergognava di
vedere così poco di quella nobiltà in sé.
- Non so nemmeno
perché soffre così. – si lamentò. – Io vorrei fare qualcosa, ma se lui non si
decide a parlare… -
- Io mi sono fatta
un’idea. – lo interruppe gravemente Hermione. – Non posso averne la certezza,
ma ciò che tu dici di provare mi ricorda terribilmente i Dissennatori. –
Ron sgranò gli
occhi vivaci. – Oh no. – mormorò. – Tu pensi che…? –
- Non ne sono
certa. – ribadì Hermione, cercando di mantenersi sul neutrale. – Ma forse
questo ragazzo ha subito il Bacio. E il fatto che sia legato a te spiega perché
tu sia partecipe del suo dolore. –
Partecipe del suo
dolore. Più che altro, ne era vittima.
* * *
- Ma perché non mi
porti da chi stai cercando? -
Marzio si strinse
nelle spalle. – Non posso. Non sono io a decidere che cosa farti vedere. – con
gli occhi verdi abbracciò pigramente l’orizzonte piatto. – Vedi, questo è il
territorio dell’Icenia. Quella laggiù è la loro capitale, si chiama Venta. –
Harry aguzzò la
vista e mise a fuoco un muro di cinta non troppo alto, che correva in mezzo al
nulla della prateria formando una figura ellittica. Al di là di esso non si
scorgevano i tetti delle case, solo alcune aste, probabilmente parti di recinti
o di torri, ma la vita di quel luogo si manifestava salendo verso il cielo
attraverso decine di colonnine di fumo che si sprigionavano da camini o da
falò.
- Dove ci troviamo?
–
Marzio si grattò
una tempia. – Dunque, se non faccio confusione dovremmo essere nel Norfolk. Con
il tempo, i signori del tuo Paese hanno modificato molto la geografia. Oggi
Venta non esiste più, se tu andassi dove ci troviamo adesso, ci troveresti
l’aperta campagna, campi, e qualche villaggio. –
- L’aperta
campagna. – mormorò Harry, cercando di darsi ragione di come qualcosa possa
venire schiacciato dal tempo senza lasciare di sé che un nome. Duemila anni che
non sono niente, eppure sembrava di essere in un altro universo.
- Spiegami una
cosa, Marzio. Come fai a parlare l’inglese? Non hai detto di essere un Romano?
-
Marzio sorrise
tristemente. Harry pregò soltanto di riuscire a sopravvivere ad un’altra
scarica della sua stramaledettissima disperazione.
– Vago su queste
terre da due millenni, Harry. Ho imparato tutte le lingue che sono passate per
quest’isola. –
- Quindi credi che
sia capitata la stessa cosa anche a chi stai cercando? -
Il sorriso del
soldato si tinse di una nota più tenera, e ancora più malinconica. - Spero di
sì. A volte era piuttosto complicato capirsi. -
Harry annuì. Niente
di fatto, chissà perché niente di fatto. C’era quasi da restarci male.
– Andiamo a Venta,
allora? –
- No. Adesso è
tempo che tu ti svegli. -
* * *
“Adesso è tempo che
tu ti svegli”.
Marzio sfuggiva
così alle domande più insidiose. Se solo ci pensava, a Harry veniva una gran
voglia di strozzarlo. Quella mattina non differiva dalle altre, nemmeno un po’.
Si alzò dal letto parecchio scocciato, sgattaiolò in bagno e si diede una
lavata di faccia prima che gli altri si svegliassero. Tanto, di rimettersi a
dormire per altri dieci minuti non se ne parlava nemmeno. Scese di sotto, nella
Sala Comune, e tirò fuori un libro dalla sua borsa, uno dei pochi che Hermione
aveva ritenuto degni di un’analisi più approfondita. Si era fatto dei segnalini
con qualche pezzetto di pergamena su quelli che potevano essere i passaggi più
interessanti. Icenia, eh? Tanto per cominciare sarebbe stata buona cosa capire
che cosa ci facesse in un posto così lontano da casa. Del nome di Marzio non
c’era traccia da nessuna parte, ma va bene, la storia non ricorda i nomi di
tutti, no? Non ci sono abbastanza pagine per tutti, e se si badasse a
sottigliezze del genere, allora tutti avrebbero una storia da raccontare. E
allora non esisterebbe più un mare in cui annegare, l’immensa fossa comune
della storia.
“Adesso è tempo che
tu ti svegli”.
Quanta tristezza
illuminava i suoi occhi, quando lo diceva. Harry credeva sinceramente che
Marzio volesse parlare, ma fosse costretto a tacere, chissà per quale motivo.
Però hey, con la chiaroveggenza lui non c’era mai andato granché d’accordo.
Lo aspettava una
giornatina di tutto rispetto: la mattinata sarebbe stata uno straziante
susseguirsi di Pozioni e Incantesimi, e nel pomeriggio, gli allenamenti. Non
poteva assolutamente mollare la squadra da sola, giù al campo. Punto primo,
Ginny lo avrebbe ucciso, e con ogni probabilità lo avrebbe fatto in modo
assurdamente crudele. Punto secondo, lui aveva voglia di andare a giocare.
Davvero. Il fatto era che le circostanze sembravano decise a mettersi contro di
lui. Quando devi pensare a come uscire vivo da una guerra contro il mago più
pericoloso del pianeta, non è che ti rimanga molto tempo per meditare sugli
schemi d’attacco più efficaci contro Corvonero.
E al momento Harry
era pressoché punto e a capo. Decisamente, c’erano questioni più grosse che
popolavano la sua testa e che reclamavano la sua attenzione. Lo aveva confidato
ad Hermione, augurandosi di trovare una mano amica che gli indicasse una
qualche direzione. Hermione aveva fatto di meglio, lo aveva affondato del
tutto.
“ Stai crescendo,
Harry”. Si era limitata a fargli notare. Riflettendoci su, Harry era rimasto
impressionato dalla quantità di cose sottintese alle sue parole.
Era una conseguenza
logica che avesse deciso di non perdere l’allenamento per dimostrare che poteva
ancora essere una ragazzo come tutti gli altri, ancora per un po’.
* * *
- Signor Malfoy. –
Draco Malfoy
sollevò improvvisamente la testa all’indirizzo del professor Vitious, come se
si fosse appena svegliato da chissà quale sogno ad occhi aperti.
- Le dispiacerebbe
rispondermi, signor Malfoy. – trillò la voce decisamente irritata del
professore.
- Ahm… Uhm… dunque.
–
Non aveva la più
pallida idea di quale fosse la domanda, eh? Si vedeva lontano un miglio. Benché
Harry avesse sempre pensato che una situazione del genere lo avrebbe riempito
di un’euforia incontenibile, fu costretto ad ammettere che un po’ gli
dispiaceva per il Furetto. Per uno dei seguenti motivi, a scelta: o si stava
lentamente ma inesorabilmente trasformando in un Grifondoro di quelli
ortodossi, o il Furetto non sembrava più il Furetto di un tempo, perciò provare
un po’ di pietà per questo nuovo Malfoy non era poi un peccato così grave.
- L’Incanto
Florealis. – borbottò.
Se Malfoy l’avesse
sentito, bene, altrimenti pazienza. Del resto, mica voleva aiutarlo. Il suo era
più che altro un ripasso ad alta voce.
- L’Incanto
Florealis. – sentì farfugliare a Malfoy. – Va eseguito… con un movimento molto
lento del polso. Un errore comporta la trasformazione della pianta che si
voleva far rifiorire in… magma. No, no, melma, melma. Nel migliore dei casi. –
Harry sorrise. Ora
poteva dire di sentirsi un po’ come Hermione.
Vitious arricciò il
naso facendo traballare i suoi occhialetti. – Va bene, signor Malfoy. –
concesse. – Ma la prossima volta la prego di prestare più attenzione alla
lezione. O almeno, si sforzi di fingere. –
Draco Malfoy annuì
frettolosamente, tenendo gli occhi bassi sul suo banco. Appena l’attenzione di
Vitious veleggiò verso altri lidi, si girò di scatto verso Harry, e gli scoccò
una specie di occhiata allucinata. Harry non seppe bene come replicare.
Guardarlo di traverso o fare qualcosa di antipatico, a quel punto, sarebbe
suonato un tantino fuori luogo; ma non poteva nemmeno fargli un bel sorrisone
complice, no? Si limitò ad una scrollatine di spalle, che nei suoi intenti
voleva essere monito a lasciar perdere qualsiasi domanda. Era successo e basta.
Malfoy, grazie al
cielo, si attenne scrupolosamente alle sue indicazioni immaginarie. Alla fine
della lezione si alzò dal suo banco, aspettò che i due o tre della sua
combriccola lo raggiungessero, e infilò la porta tenendo lo sguardo
ostinatamente inchiodato su qualsiasi cosa non fosse Harry. Non sputacchiò
nemmeno un po’ di veleno, però. Se era il suo personalissimo modo di
dimostrarli la sua gratitudine, allora grazie tante, ad Harry andava più che
bene.
- Andiamo giù al
campo? – lo risvegliò Ron, con una voce che scoppiettava di entusiasmo.
- Ti seguo. -
* * *
Dio, ma da quanto
tempo era che non si allenava? Harry aprì i rubinetti dell’acqua della doccia e
aspettò che lo scroscio divenisse sufficientemente caldo per potersi dare una
bella risciacquata. I muscoli della sua schiena tiravano come se fossero state
corde tese, e anche il collo gli doleva tutto, per lo sforzo della posizione e
per il freddo sempre più pungente dell’inverno che avanzava a passo di carica.
Ci aveva impiegato
un po’ a prendere il Boccino. In linea di massima non poteva lamentarsi del suo
lavoro, o di quello dei suoi compagni, ma c’era una discreta quantità di
ruggine che andava assolutamente grattata via dalla squadra. Ron sembrava
tornato indietro nel tempo, e ogni volta che la Pluffa arrivava dalle sue parti prendeva ad agitarsi come se si fosse improvvisamente
dimenticato tutte le regole del Quidditch.
Si rivestì in
fretta, per non prendersi un malanno. Ron si era inaspettatamente offerto di
riportare Boccino e compagnia nel capanno dietro al campo da gioco, e Ginny
doveva essere ancora sotto la doccia, e chissà per quante ore ancora ci sarebbe
rimasta, perciò a Harry non restava che rifarsi la strada di ritorno al
castello tutto da solo. Un po’ triste, ma non ne sarebbe morto.
Si incamminò
scalpicciando i piedi lungo il sentierino lastricato solo a tratti. Dove la
pietra non c’era, la terra mezza congelata crocchiava sotto le suole delle
scarpe. A pensare a Marzio, gli venivano i brividi: come diavolo facevano, a
quei tempi, a proteggersi dal freddo? D’accordo i mantelli, d’accordo le tuniche
di lana, ma che diavolo, faceva freddo, e lui dubitava seriamente che quella
gente fosse provvista di scarponi da montagna con la suola rinforzata. E di
sicuro, non avevano i maglioni della signora Weasley, che potevano anche essere
di gusto un po’ dubbio, ma quando si trattava di riparare dal gelo, erano il
meglio sulla piazza. Chissà, magari all’epoca erano tutti maghi, e giravano
avvolti da un incantesimo riscaldante, una specie di stufetta magica. Un po’
improbabile, eh?
E a proposito. A
proposito.
- Non gliel’ho
chiesto. – mormorò Harry fra sé, fulminato. – Che razza di idiota, non gliel’ho
chiesto. –
Le sue imprecazioni
a mezza voce scatenarono la reazione delle foglie secche cadute a terra. O
meglio, di ciò che c’era sopra. Harry mise a fuoco il fagotto nero che giaceva
abbandonato sotto ad uno dei grossi tronchi quasi spogli che sorgevano
sparpagliati fra il castello di Hogwarts e i suoi immensi giardini. Se non si
fosse mosso Harry non ci avrebbe fatto caso, e con ogni probabilità lo avrebbe
preso per un’ombra, o per un sacco lasciato lì da chissà chi. E invece.
- Ma… Malfoy?!?! –
Draco Malfoy,
niente di meno che, sollevò a fatica il suo sguardo annacquato su di lui.
Tremava come un disperato.
- Che diavolo vuoi.
– farfugliò con voce impastata.
- Che diavolo ci
fai qui fuori? –
- E a te cosa
importa? –
Simpatico come
sempre, non c’era che dire. Harry si odiò tantissimo per ciò che stava per
dire.
- Hey, c’è qualcosa
che non va? -
Stupida anima da
Grifondoro.
- Certo che sì,
Sfregiato. Ci sei tu. –
Ecco, appunto.
- Non avrai intenzioni
suicide, vero Malfoy? –
Malfoy aggrottò le
sopracciglia. Più che infastidito, sembrava perplesso.
- Ho sentito dire
che sei stato malato. – buttò lì Harry, cercando di cacciare fuori un tono che
lasciasse capire che lui credeva ben poco a quella notizia. – Vuoi darti il
colpo di grazia? –
A sorpresa, Draco
non reagì nel modo che Harry si sarebbe aspettato. Non sbraitò improperi, non
sputacchiò niente di velenoso, non alzò nemmeno i pugni in segno di sfida.
- Senti, Potter.
–quasi gemette il suo nome. Era strano da morire. – Lasciami dormire, ok?
Lasciami solo dormire un po’. –
Harry si sentì in
dovere di correggere il tiro. Più che altro, provava lo stesso senso di
spiazzamento della mattina, quando lo aveva salvato dalla domanda di Vitious e
lui non aveva praticamente reagito. Certo che fare gli avversari di Draco
Malfoy era un lavoretto abbastanza semplice, ma cercare di andargli incontro
era un’impresa degna di menzione.
Alzò le mani in
segno di resa. – D’accordo. – mormorò con un tono un po’ più accondiscendente.
– Guarda che non volevo disturbarti. È solo che se rimani qui congelerai. –
- Pazienza. – sentì
bofonchiare al Serpeverde tutto raggomitolato su se stesso.
Arricciò il labbro
inferiore, e si rassegnò ad incamminarsi verso la scuola. – Già. Pazienza. -
ANGOLINO!
Buon anno (che
ritardo vergognoso)! Scusate per l’attesa, ma sono stata via per un po’, fra il
Natale a Milano e il Capodanno a Venezia, e sono stata formalmente minacciata
di morte, se mi fossi messa a scrivere anche solo la lista della spesa. A voi
come sono andate le feste? Delirio di Capodanno?
Nota semi-demente
al titolo del capitolo. Non è la voce del verbo dire, ma dadi, in inglese. XD
A proposito della
fic, leggendo la recensione di Synoa volevo rassicurare tutti riguardo ad una
cosa: questa storia è molto diversa da quasi tutti i miei lavori precedenti; è
già scritta in buona parte, e ha uno sviluppo graduale. Non fatevi quindi
nessun problema né scrupolo se al momento non vi convince, o vi lascia un po’
così. Sono perfettamente consapevole che darà il meglio di sé soltanto una
volta conclusa, quando sarà possibile rileggerla nel suo insieme e sviscerare
tutti quei meccanismi che la pubblicazione per capitoli tende a disperdere un
po’. Mi premurerò di mettere qualche nota negli angolini, per aiutarvi a
godervi meglio cose che possono sfuggire, così non impazzirete troppo!
Fra ro: ti ringrazio tanto, e scusa per il ritardo!
The fly: non sai quante domande affollano la mia!
>///< per esempio: di che segno è Marzio? Qual è il suo colore preferito?
È libero questa sera? Se me lo sposassi, che cognome prenderei? Ok basta, fine.
Vado a fustigarmi.
Smemorella: grazie zia smemo!!! Ho bevuto poco, sono
stata bravissima. Che invidia la Francia, anche se con sto freddo non so quanto
mare ti sarai fatta. O non sarai una di quelle folli che si lanciano in acqua
per capodanno? Lo sai che se l’hai fatto ti sei guadagnata la mia
incondizionata adorazione, vero?
Puciu: Draco è arrivato, visto? Da adesso vedrai
che la sua presenza sarà sempre più importante. Non preoccuparti, tutto verrà
svelato! Nuuu, Topolino, sono secoli che non ne leggo uno!
Synoa: grazie mille, e auguri (in ritardo) anche a
te! E non ti preoccupare per la storia, c’è tempo per farsi un’idea.
Tsubychan: sono sempre muta come un pesce, mi conosci!
XD
T Jill: meglio se Kuro-tan non legge il tuo
augurio, altrimenti si mette ad inseguirmi con uno scopettone in mano, e con
intenzioni tutt’altro che affettuose! XD ma lo spumantone di capodanno non me
l’ha levato proprio nessuno! Ma insomma, anche tu ti sei divertita, o
corrompitrice di anime innocenti! Io adoro la montagna, non vedo l’ora di
andare a consumare gli sci sulle piste il mese prossimo!
Rodelinda: ma
grazie, grazie mille! Guarda, ti giuro sul mio onore che di Mary Sue ( o Gary
Stu, trattandosi di nuovo personaggio maschile) non ne vedrai, qui. Non
immagini quanto abbia in odio questo genere di stereotipo. Quasi quanto odio i
violentatori della grammatica. Il tuo apprezzamento mi riempie davvero di gioia
perché ce l’ho messa tutta per cercare di dare una buona caratterizzazione a
tutti i personaggi.
Melisanna: grazie mille, e ricambio gli auguri! Hermione
e Ron avranno una parte un po’ più corposa questa volta. Soprattutto
nell’evitare che a Harry si fonda il cervello a furia di lambiccarsi.
Lady: hihihi, non ti preoccupare, il sono per la
congettura libera! Adesso che Draco ha fatto la sua comparsa, vedremo che cosa
c’entra in tutto questo casino.
Dark: ma no, duemilahot mi piace da morire! XD
Chiara: non scusarti per il ritardo, sono io che
dovrei vergognarmi! XD Sono contentissima di suscitare la tua curiosità, e
Marzio è più che contento di avere una fan. Sai com’è, i Romani si gasano, ma
non credo che verrà mai a chiederti il numero di telefono. Secondo me con la
tecnologia è al livello rasoterra di Ron.