- Che cos’hai
sognato? -
- E’ stato
stranissimo. – rifletté Draco. – Non sono riuscito a trovare Derevan. Ero da
solo, e pioveva a dirotto. -
Forse era perché
era sabato mattina, e il pomeriggio riservava ai ragazzi una capatina a
Hogsmeade che prometteva un po’ di distrazione; forse era il fatto che il sole
fuori dalla finestra, gelido ma luminosissimo, stridesse con le parole di
Malfoy. Ad ogni modo, sembrava più che mai intenzionato a lasciarsi un po’
andare, e andava bene così. Harry se ne rimase accucciato fra le coperte ad
ascoltarlo parlare del piccolo grande niente in cui aveva trascorso le ore di
sonno rimaste, dopo l’incontro con Marzio.
Lui non si era più
riaddormentato. Un po’ perché Draco occupava una bella porzione del suo posto
con la sua gamba, costringendolo a starsene rintuzzato in un maledetto angolino
senza piumone, e un po’ anche perché semplicemente, guardarlo dormire gli aveva
tolto il sonno.
Non c’entrava nulla
con Marzio, anzi: non era Derevan che aveva visto. Per un attimo aveva sentito
il bisogno di un confidente a cui affidare tutto quello che stava provando, e
chissà come mai gli era subito venuto in mente il Romano. Aveva provato un
doloroso senso di colpa nei riguardi di Hermione e di Ron, perché sempre di più
quella faccenda andava assumendo contorni latini, incomprensibili per chiunque
non la avesse conosciuta sulla sua pelle. Ovvero Draco.
Ma Draco, in quel
momento, era quanto di più nebuloso si fosse mai ritrovato fra le mani.
Era talmente
mutevole da fargli venire il mal di testa, con i suoi repentini cambi d’umore
scatenati da un nonnulla, che buttavano a mare ore di conversazione con una
persona di un’intelligenza stupefacente, di cui ci si poteva soltanto
innamorare.
Chi era davvero
Draco? E chi era Derevan? Harry rimuginava anche su questa apparente dicotomia
che conviveva in un medesimo corpo, adattando lo stesso sorriso, gli stessi
occhi, le stesse espressioni a gratuità odiosità o alla dolcezza più soave in
modo disarmante.
Se Derevan aveva
finto, allora Marzio si era fatto prendere in giro per duemila anni. Se invece
era Draco a nascondersi, stupido lui, ed egoista, a negarsi al mondo. Ma
conoscendo Derevan per quel poco che gli era stato permesso di vedere, e
tornando ad analizzare Malfoy, dopo il sommario quanto capitale giudizio che un
bambino di undici anni aveva formulato verso un coetaneo troppo lontano dal suo
mondo, ci si rendeva conto che nessuna delle due ipotesi era plausibile.
Draco era, doveva
essere, entrambe le cose. Entrambe le sfumature di sorriso avevano senso sulle
sue labbra, anche, e soprattutto, quando comparivano a sproposito. Viveva
tenendo ben custodito dentro di sé quell’anima umana così vergognosamente
fragile per i suoi gusti, ma doveva essere anche dispotico e antipatico, e polemico
a non finire.
Era necessario.
Altrimenti, sarebbe stato Derevan, non Draco.
Un paio d’ore dopo,
Harry incespicava nella neve con un gruppo di amici, ma i pensieri erano più o
meno gli stessi. La decisione di passare i pomeriggi separati era stata in
pratica obbligata, nonostante Harry avesse avuto non poca difficoltà a
nascondere la sua delusione.
Con Draco ci stava
solo la sera e la notte, e la cosa aveva dello squallido. Malfoy, da parte sua,
non aveva reagito in modo particolare: si era stretto nelle spalle, limitandosi
a borbottare qualche imprecazione contro il freddo che ci sarebbe stato. Si era
sbottonato soltanto per un attimo, facendo magistralmente finta di niente.
- Passi da
Mielandia? -
- Mah, credo di sì.
-
- Uhm. Perché io ci
vado. -
Harry si era
guardato bene dal commentare. Non voleva mica finire scaraventato fuori dalla
porta a calci, o qualcosa del genere.
- Harry, mi stai
ascoltando? -
- Sì, sì. Va
meglio. -
- Non ti stava
ascoltando. – chiosò Ron, ridendosela sotto ai baffi.
- E’ una cosa
importante. – lo rimproverò Hermione. – Siamo all’ultimo anno, e manca poco ai
M.A.G.O. Devi pensare anche a quelli, non ti puoi permettere di dimenticarti
dello studio. Per una volta che non è in gioco la tua vita, puoi pure farli
aspettare, no? -
Wow, sembrava
parecchio inacidita.
- Tu lo studio non
te lo dimentichi mai invece, eh? – borbottò Ron. Pessima mossa.
- Non ti
preoccupare. – la rassicurò Harry, cercando di correre in aiuto dell’amico
minacciato da una di quelle occhiate che non perdonano. – Non sto trascurando
niente. È che non credo che si possa aspettare. -
- Ma che dici? Sono
rimasti in attesa per duemila anni, un mesetto o due non farà differenza. -
- Hey, è ancora
gennaio! – protestò Ron, colorandosi di una lieve sfumatura di panico.
- Già, ma una volta
finiti gli esami, ognuno se ne va per la sua strada. Mi spieghi come faccio con
Malfoy? -
Lo chiese più a sé
stesso che a Hermione.
Dopo quello che
stava succedendo…
Dopo tutto quello
che stava succedendo.
Insomma, una volta
che si fosse risolto, basta? Sarebbe finito tutto così? Lui e Draco si
sarebbero ignorati per la strade di Diagon Alley, come se mai qualcosa di
immenso li avesse tenuti uniti a viva forza per un po’?
Pensarlo gli mise
addosso un umore nero.
Se due persone si
erano spinte fino ai confini del continente per incontrarsi, e nonostante le
difficoltà inimmaginabili che si erano trovate ad affrontare, non si erano mai
più perdute, allora lui non avrebbe perso Draco, non a causa di una stupida
ipocrisia, o dell’indolenza che addormenta i sentimenti e riduce le persone a
numeri su un’agenda che non si sfoglia mai.
Gli si
attorcigliava lo stomaco soltanto all’idea.
* * *
- Hey. -
Sentì un rimescolio
di coperte che annunciavano il tentativo di Draco di girarsi verso di lui.
Aveva inquadrato una cosa, in quelle sere: era freddoloso a livelli da non
credere. Salvo poi scoprirsi perché nel sonno si agitava come una scimmia, ma
questa è un’altra storia.
- Sto morendo di
sonno. – disse, un po’ come monito e un po’ come rassicurazione.
- Sì, ti lascio
dormire. Solo una cosa, tu come pensi che finirà questa storia? -
- Non lo so.
Vivranno tutti felici e contenti. Anzi, trapasseranno felici e contenti, o
qualcosa del genere. -
- Sì, sì, d’accordo.
Ma intendo dire… noi? Cioè, dopo… che facciamo? -
Draco inarcò un
sopracciglio abbastanza da far intravedere il movimento nella semioscurità. –
Che facciamo dopo? – si interrogò. – E cosa vuoi che ne sappia. Ci troveremo un
lavoro, e diventeremo due vecchi rompiscatole, come tutti. E magari ogni tanto
tireremo fuori il discorso, davanti ad un tè. Non so tu, ma io sono sicuro che
mi sentirò patetico al massimo. -
Harry si fece una
risatina contro il cuscino. Perché già immaginare Malfoy da vecchio era qualcosa
di allucinante in sé, ma soprattutto perché Draco lo aveva in qualche modo
incluso nel suo futuro. A lui andava benissimo rivangare vecchie avventure
davanti ad un tè caldo, insieme a lui.
- Allora… partenza?
-
- Evviva. -
- E dai, dovresti
cercare di goderti il lato divertente. -
- Sì, come no.
Notte. -
- Buonanotte. -
- … Senti, Harry.
Posso, vero? -
- Certo che puoi. -
- Uhm. Beh, senti, visto
che te ne intendi, non è pericoloso, vero? -
Malfoy doveva avere
paura che, una volta riunitisi quei due, sarebbe scoppiato il finimondo, o
sarebbero finiti travolti da un mare di scintille, o giù di lì. Vagamente
infantile, eh?
- No. Rilassati,
andrà tutto bene. -
- Hey, però tu non
mi mollare, quando siamo di là. Ok? -
Non un ombra di
acidità nella sua voce; soltanto la sincerità di chi sottopone un timore
comprensibile. Per l’ennesima volta.
Harry sorrise, e
nel farlo emise un soffio che scompigliò un ciuffo di capelli di Draco.
- Non ti mollo. –
lo rassicurò. – Non voglio trovarmi a fare il terzo incomodo. -
- Che diavolo,
avranno un po’ di ritegno, no? -
- Io non ne sarei
così sicuro. Dopo tutto quel tempo, saranno arcistufi di aspettare. -
Il povero Malfoy
rabbrividì, e Harry si augurò di non avergli guastato il sonno.
Cosa che, fortunatamente,
non avvenne.
Harry era appena
approdato nel boschetto dove Marzio lo aspettava. Lo sorprese concentrato a
scuotere il suo mantello rosso e a lisciarlo con cura, ma per non metterlo in
imbarazzo, si annunciò facendo un po’ di rumore con le foglie e i ramoscelli
caduti. Dopotutto, era pur sempre un uomo innamorato.
- Credo che si sia
addormentato. – gli assicurò.
- Lo faccio
addormentare io, se fallisce anche stavolta. -
Harry sorrise
bonariamente.
- Mi sembri teso. -
- Lo sono. Aspetto
questo momento da duemila anni, e per la lancia di Minerva, sembra che non
debba arrivare mai. -
- Arriverà. -
Marzio annuì, con
la vista offuscata dall’emozione.
- Se dovesse
scoppiarmi il cuore, tienimi su tu. – mormorò in uno strano modo serio.
- Sarà emozionato
anche lui. -
- Ma lui è
bellissimo, con le lacrime agli occhi. Mentre io sembro uno stupido. –
- Tanto per te è
sempre perfetto, vero? –
Marzio sorrise, e
non negò.
– Tutti gli uomini
innamorati sono vanitosi, e credono di aver donato il loro cuore alla persona
migliore di tutto il mondo. E io sono ancora convinto di questo. –
Due figure bionde
apparvero, come se si fossero Materializzate, ad una decina di metri da loro. Si
guardarono l’un l’altro e cominciarono ad avanzare verso di loro, in silenzio,
attraversando la luce intensissima del sole.
Harry sentì Marzio
trattenere il fiato, e si scoprì emozionato a sua volta, per lui.
All’ultimo momento,
una delle due figure si staccò e si mise a correre.
Marzio spalancò le
braccia e lo prese al volo, rischiando di caracollare all’indietro. Taceva, e
anche il vento, e tutto quanto. Attorno a loro si era creato un silenzio
perfetto che zittiva anche gli ultimi passi di Draco, i respiri e i battiti del
cuore, per racchiudere quel momento in uno scrigno geloso.
Come una qualche
arcana clessidra che, finalmente, aveva finito la sua sabbia, e si era fermata.
E così, questo era
Derevan. Quel Derevan che era valso una vita, e poi i duemila anni seguenti, a
sentire Marzio.
Dio, ora che gli
era vicino, Harry si rendeva conto di quanto fosse straordinariamente identico
a Draco.
Però, loro due non
erano due specchi, come lui e Marzio: Derevan sembrava una sorta di versione
più autentica di Draco. C’erano un’infinità di minuscole differenze fra di
loro: i capelli scomposti, più naturali, il volto rilassato, raddolcito da un
bel sorriso, la pelle un poco più arrossata sulle guance.
Eppure, era Draco.
Era così tanto Draco.
- Duemila anni. –
mormorò Marzio, con un filo di voce.
- Sì. – Derevan
tese la mano per accarezzargli il volto. Aveva la stessa voce di Draco, ma
declinata in un tono più gentile. – Abbiamo aspettato tanto. -
- Potter… -
- Shhh. -
Harry si defilò e
prese Draco per un braccio, portandolo in disparte. Draco gli scoccò
un’occhiatina infastidita, ma si rassegnò a tacere, per una qualche forma di
rispetto verso gli altri due.
- Mea spes. -
mormorò Marzio, le mani affondate nei suoi capelli biondi, gli stessi di
duemila anni prima.
- Io sono sempre
stato qui. Sempre. -
- Lo so. Anche io.
Ho pregato tutti gli dèi ogni giorno, per poterti rivedere ancora. -
- E io ho pregato i
miei. Allora, forse ci hanno ascoltati. -
Derevan sorrise fra
le lacrime, e a tutti lì, a Harry e a Marzio, e forse anche a Draco, mancò il
fiato, perché era veramente bello oltre ogni dire.
- Avrei voluto gridartelo,
quando ti ho visto arrivare. È solo colpa mia, mi dispiace. –
- Non dirlo. Era la
strada che dovevamo percorrere, Derevan. Lo sapevo anch’io. –
- Ho provato a
dirti che ti amavo, ma non ce l’ho fatta. Mi è mancata l’aria. –
- Io ti ho sentito,
dentro al mio cuore. Dolce sole, ci sono tante cose che avrei voluto dirti,
perdonami se la lingua mi si è fatta di pietra, vedendoti cadere. –
Si parlavano a
bassa voce, labbra contro labbra. Derevan singhiozzava di tanto in tanto, e
Marzio tratteneva i suoi a fatica, più per orgoglio che per altro. Veniva
voglia di prenderlo a schiaffi: se non era quella l’occasione giusta per
piangere, stupido testone che non era altro…
Derevan guardò
furtivamente attorno a sé, ai suoi piedi, aggirando Marzio.
- Sei sempre stato
in questo luogo? È buffo. Io invece sono rimasto ad aspettarti sotto al salix.
–
- Il salix? –
- Me l’avevi detto
tu, che mi avrebbe protetto. –
Marzio se lo
strinse forte al petto. Derevan divenne improvvisamente piccolissimo, circondato
dal suo ampio mantello rosso sangue, i suoi capelli gettati all’indietro, come
tanti raggi di sole.
- Non ho mai smesso
nemmeno per un momento di pensare a te. Ti ho cercato senza sosta fra queste
foglie cadute, e nella forma delle nuvole, finché la mia mente offuscata non mi
ha concesso di rifugiarmi in qualche illusione. E adesso eccoti qui, e io ti
devo delle scuse. Non ti ricordavo così bello. –
- Riesci ancora a
toccarmi con ogni tua parola. Dèi di tutta la terra, sei tu. Sei davvero tu. –
Derevan reclinò di
lato la testa, e si lasciò zittire dal bacio di una bocca che non aveva mai
scordato. Ora lo sapevano, se mai ci fosse stato qualche dubbio, che tutti
quegli anni erano valsi. Ogni secondo di quel dolore, ogni notte passata
abbracciandosi le ginocchia, nella solitudine sconfinata della loro mezza
morte. Era valsa anche solo per quel bacio.
- Tzk. E adesso che
facciamo? Contiamo le foglie? -
Fino a quel
momento, Harry aveva sentito tutto il suo corpo galleggiare nel senso di
vittoria e di sollievo. Ma se ci si mette Draco, il tonfo a terra è assicurato.
- Diavolo, Malfoy,
non riesci ad essere nemmeno un po’ felice, per loro? –
Draco piantò lì un
broncio furibondo, schizzando un’occhiatina infima agli altri due. Non ebbe
cuore di fingere con sé stesso che ciò che stava accadendo non lo sfiorava
nemmeno un po’. Ma, naturalmente, si guardò bene dall’ammetterlo con Potter.
- Se vuoi
ripassiamo Trasfigurazioni. Ne so una davvero bella sui boa costrittori. -
- Ma piantala. –
gracchiò Draco. – Piuttosto, il tuo clone è un vero disastro come baciatore. -
- Li stai
guardando?!?! – Harry non sapeva se essere divertito o scandalizzato. –
Draco!?!? -
Draco scrollò le
spalle, e continuò imperterrito a fissare qualcosa oltre la spalla di Harry.
- Beh, che c’è? Non
faccio niente di male. -
- Ma fai il
ficcanaso! -
- La tua è solo
invidia. Vuoi che ti faccia la telecronaca? -
- No, voglio che
guardi me, e smetti di guardare loro! -
Harry gli prese le
guance fra le mani e lo voltò bruscamente verso di sé. Pessima mossa, visto che
si ritrovò ad affrontare gli occhi di Draco senza essersi minimamente
preparato. Sbatté le palpebre, in crisi nera su cosa fare adesso che lo aveva
così vicino; si chiese che cosa diavolo gli passasse per la testa, o perché
sentisse che il sangue gli stava fluendo via dalle mani facendolo raggelare.
- Spione. -
Lo esalò,
lasciandolo andare esausto, e pregando soltanto che Malfoy non dicesse né
facesse nulla.
In effetti, non
accadde. E lui si sorprese ad essere deluso. Avrebbe tanto voluto sapere che
cosa stava accadendo.
Derevan e Marzio si
erano seduti. Il Romano gli carezzava i capelli facendoci glissare piano le
dita, come se non riuscisse a credere di poterli toccare, mentre l’Iceno si era
accoccolato fra le sue gambe, tenendosi stretto ad un suo braccio.
- Aspetterei altri
due millenni, per poterti baciare di nuovo. – proruppe Marzio.
- Io farei la
stessa cosa. –
- Lo so, e mi
chiedo se la nostra non sia soltanto follia. Ma adesso non voglio pensarci. Non
voglio perderti mai più. –
Derevan gli strinse
gentilmente il braccio, e si allungò per raggiungere il suo orecchio, e
sussurrare qualcosa. Marzio arrossì e lo guardò per un attimo come se fosse
appena caduto da un albero. L’Iceno reclinò la testa, e si sospinse via,
gattonando di qualche passo in avanti.
- Draco? – chiamò.
– Siete ancora lì? –
Draco si sporse dal
tronco robusto di un albero, a qualche metro da loro.
- Scusateci, se vi
abbiamo esclusi. –
- Lascia stare. –
disse Harry, prima che Malfoy avesse il tempo di dire qualcosa di assolutamente
acido.
Derevan batté con
una mano il terreno coperto di foglie. - Perché non venite qui? –
Draco sbarrò gli
occhi e, ritirandosi dietro alla corteccia, scosse vigorosamente la testa.
- Ma dai, non fare
l’antipatico, adesso. –
- Hey, non voglio
mica stare a guardarli mentre fanno i fidanzatini. –
- Bah, cammina,
stupido. –
Harry si trascinò
dietro Draco esattamente come lo aveva portato via, con il Serpeverde che
opponeva una passiva e rassegnata resistenza.
- Scusa. – borbottò
Marzio, imbarazzato.
- Non dirlo
nemmeno, vi capiamo benissimo. Se volete stare da soli, ce ne andiamo a fare
una passeggiata. –
- Hey, io non
voglio perdermi in questo posto, Potter! –
- Ha ragione Draco.
– asserì Marzio. – E poi rischiate di imbattervi di nuovo in Shay e Fulgor che
si rincorrono. –
- Shay?!? – esclamò
Derevan.
- Non lo vedevi,
tu? – si stupì Marzio. – A me ogni tanto passavano davanti, Fulgor e il tuo puledro.
–
Derevan imbronciò
le labbra. – Sai che Shay odia essere chiamato puledro. – disse, tutto serio.
- Shay odia
moltissime cose. –
- Perché è un
unicorno. È una creatura gentile, se ci si sforza di capirla. –
- Tu riuscivi a
capirlo. – borbottò Marzio, puntandogli contro l’indice. – Perché tu sei
speciale, e lui è il tuo dono da parte degli dèi. A me non avrebbe mai dato
retta. –
- Se quell’unicorno
si fosse chiamato Draco, sarebbe stato perfetto. – commentò Harry, sornione.
Lui e Marzio si
scambiarono un’occhiata complice, mentre Derevan rimase lì, perplesso. Draco
non aveva idea di che cosa stessero dicendo, ma per andare sul sicuro, piantò
una gomitata offesa nelle costole del Grifondoro.
- Ahio, ma sei
matto? –
- Non azzardarti a
parlare male di me, o il prossimo è un pugno. –
- Non stavo
parlando male di te! Insomma, non del tutto. –
I due nemici
storici si squadrarono per qualche istante ancora, prima di voltarsi
reciprocamente le spalle, ostentando di ignorarsi l’un l’altro.
- Begli alberi. –
borbottò Harry. –
- Invece no, sono
spogli e vecchi. –
- Io dico che sono
belli. –
- Io dico di no. –
- Sì!-
- No!-
- Sì!!! –
Draco arricciò le
labbra per rispondere, ma qualcosa lo fermò con il soffio della parola già in
bocca.
- Hey, ma… questo
posto io lo conosco. –
Harry lo guardò un
po’ perplesso, mentre Derevan produsse un sorriso mite.
- Te ne sei
accorto? –
Draco si alzò in
piedi, muovendo alcuni passi qui e là, senza una precisa direzione. Accarezzò
alcuni tronchi con concentrazione, cercando in essi una qualche conferma al suo
sospetto.
- E’ il bosco dove
mi hai portato tu. – disse, rivolgendosi implicitamente a Derevan. – Quello in
cui ti sei ferito la mano.
Fu il turno di
Harry di sentirsi escluso, mentre Derevan annuiva felice, Marzio si chiudeva un
po’ in sé stesso, e gli uccelli continuavano a cinguettare sopra di loro, fra i
rami protettivi di quegli alberi immortali.
ANGOLINO!
Ma guarda, il
sospirato incontro proprio al capitolo quattordici, il mio numero fortunato.
Ah, la Somma tutto vede e tutto può.
Nota: Il titolo significa semplicemente
duemila. E poi, questa è veramente una pignoleria. Perché Derevan invoca gli
dèi della terra? Principalmente, perché la religione celtica tributava grande
importanza alle divinità legate alla terra, piuttosto che a quelle celesti. Forse
avete presente le rappresentazioni di querce, o foglie di querce, abbastanza
comuni in quella civiltà, perché la quercia era l’albero più sacro. Anche se in
assoluto, i numi più importanti erano quelle guerrieri (la terribile Morrigan).
Ma decisamente, non erano appropriate in questo contesto.
Chiedo venia se
nemmeno in questo capitolo potrò rispondervi. Purtroppo, per tutta una serie di
problemi, sono rimasta molto indietro con il lavoro, e devo correre subito a
completare anche i capitoli di Swords, di Elements e di Because she said so.
Scusatemi, spero di
recuperare in fretta, in modo da potervi dedicare più spazio la prossima volta.