Capitolo 39 – Carte in
tavola
Goten e Trunks, in piedi fianco a
fianco sul marciapiede, osservavano
con un certo desiderio la gelateria dall’altra parte della
strada.
Sembrava
così a portata di mano: sarebbe bastato
attraversare una striscia di cemento, per raggiungerla…
Eppure, allo stesso tempo, pareva irraggiungibile.
«Goten,
Trunks!»
A
quello strillo, entrambi i ragazzi sussultarono.
Marron
– partita per andare in ricognizione qualche minuto
prima – era riemersa dalla folla, ed aveva afferrato il
braccio di Trunks.
«Venite!
C’è un vestito rosso
che… Dovete assolutamente vederlo!»
I
due saiyan si scambiarono un’occhiata dubbiosa.
Probabilmente, se avessero avuto abbastanza fegato per farlo,
l’avrebbero contraddetta. Nessuno di loro due, infatti, si
sentiva in dovere di dare un’occhiata a chissà
quale vestito.
Senza
attendere alcuna replica, Marron iniziò a trascinare
Trunks verso il negozio.
Goten
contemplò l’idea di sgusciare via, ma poi
seguì gli altri due.
«Tadan!»
esclamò allegramente la ragazza
bionda, quando giunsero dinanzi alla vetrina.
Il
figlio di Goku e il figlio di Vegeta guardarono i capi di vestiario
esposti… Ma trovarono il fatidico vestito rosso solo quando
Marron lo additò con entusiasmo.
«Non
è bellissimo?»
I
due giovani si scambiarono un’occhiata.
«Sì»
disse infine Trunks, un
po’ fiaccamente, «è carino».
Marron
lo guardò, aggrottando la fronte.
«Carino?»
«Molto
carino» si affrettò a dire Goten,
sperando così di salvare l’amico da morte certa.
La
ragazza bionda si rilassò. «È
vero» sospirò, soddisfatta.
A
quel punto, tornò ad afferrare il braccio di Trunks, e con
la mano libera agguantò anche il gomito di Goten.
«Entriamo
e diamo un’occhiata in giro!»
I
due giovani si scambiarono l’ennesimo sguardo. Trunks
sembrava per metà intimorito e per metà
rassegnato… In quanto a Goten, doveva ammettere di sentirsi
abbastanza sereno, nonostante la situazione.
In
quel periodo, infatti, gli era difficile non sentirsi
inguaribilmente ottimista.
Non
solo le cose tra lui e la sua ragazza continuavano ad andare al
meglio; adesso anche il rapporto con suo padre era liscio come
l’olio.
Prima
che Aliys suggerisse a Goku di servirsi del teletrasporto,
così da poter dividere il suo tempo tra Ub e la sua
famiglia, Goten non aveva potuto fare a meno di notare – al
pari della sorella – che il genitore sembrava un
po’ immalinconito dal fatto di non potersi occupare del
proprio allievo.
Inoltre,
poiché sapeva di aver sempre trascurato gli
allenamenti, Goten aveva sentito i morsi del senso di colpa. Possibile
che, se soltanto lui non fosse stato così pigro, suo padre
si sarebbe trovato meglio a casa?
Ora,
invece, erano tutti soddisfatti… E Goten, con un certo
sollievo, non sentiva più alcun rimorso per il fatto di non
interessarsi molto alle Arti Marziali.
Quella
non era la sua passione. Era la passione di suo padre, e gli
sembrava logico che Goku passasse un po’ di tempo con chi la
condivideva con lui.
Un
po’ meno logico, si disse, mentre entravano nel negozio di
vestiti, era il fatto che lui e Trunks andassero a far compere con
Marron.
A
loro non interessava, no? Allora perché
ci andavano?
Un’occhiata
alla mano di Marron, stretta con decisione
attorno al suo gomito, fu una risposta più che sufficiente,
e Goten assunse un’aria concentrata.
Guardandosi
attorno, non poté fare a meno di meravigliarsi:
sia il pavimento che le pareti, in quel salone, sembravano splendere di
luce propria.
Dovunque
cadesse il suo sguardo, naturalmente, non c’erano
che vestiti – gonne variopinte, magliette dai colori
delicati, pantaloni scuri, e chi più ne ha più ne
metta. Perciò, Goten si stupì un poco, quando
Marron trovò immediatamente un sosia del vestito rosso che
aveva adocchiato in vetrina.
Prima
che uno dei due ragazzi potesse dire «Bah»,
la biondina li lasciò e si diresse verso l’abito,
toccando la gonna e sorridendo appena.
Trunks
e Goten le si avvicinarono un po’ circospetti, e lei
li informò: «È morbidissimo».
«Allora
pensi davvero di comprarlo?»
domandò il figlio di Vegeta, senza riuscire a nascondere la
nota dubbiosa della sua voce.
Marron
tolse immediatamente le mani dal vestito, e il sorriso le cadde
dal volto. I suoi occhi azzurri si puntarono su Trunks. «Hai
qualcosa in contrario?» domandò lei, con calma.
Troppa calma.
Goten
lanciò un’occhiata allarmata
all’amico.
«Be’,
non esattamente» rispose Trunks, in
tono prudente.
Mentre
Marron continuava a trapassarlo con lo sguardo, il giovane si
guardò attorno con una certa urgenza.
«Insomma»
disse poi, tornando a voltarsi verso la
biondina, «ad esempio potresti comprare quel vestito azzurro
laggiù».
«Quale?»
domandò Marron, aggrottando la
fronte, ma sembrava ancora rabbuiata.
Trunks
glielo indicò. «Si intona ai tuoi occhi,
no?»
Doveva
aver detto le parole giuste: Marron si rilassò e
tornò a sorridere. Arrossì persino un poco,
mentre concedeva: «È carino».
Trunks
la guardò. «Carino?»
«Molto carino»
precisò lei.
Goten
ebbe uno strano senso di déjà-vu. In
effetti, fuori dal negozio si era svolto lo stesso scambio di
battute… anche se allora aveva partecipato anche
lui…
Per
qualche istante, Trunks rimase fermo a fissare Marron, chiaramente
incapace di trovare qualcosa da dire… Poi la biondina rise e
si voltò, dirigendosi verso il vestito azzurro.
Per
la meraviglia di entrambi i ragazzi, alla fine Marron
comprò proprio l’abito che le aveva consigliato
Trunks.
Quando
la commessa ebbe impacchettato l’acquisto e
l’ebbe dato ad una ragazza bionda alquanto soddisfatta,
Trunks e Goten si scambiarono un’occhiata.
Marron
sembrava tranquilla e soddisfatta: era il momento di agire.
«Ehi,
Marron» esordì Trunks, mentre
uscivano dal negozio, «non pensi che potremo mangiare un
gelato, adesso?»
«Un
gelato?» ripeté la ragazza, un
po’ distrattamente.
«Già»
confermò il giovane.
«Pensa un po’, qui vicino c’è
una gelateria… Ci siamo passati davanti qualche minuto
fa».
Lei
lo guardò. «Ah».
Non
sembrava esattamente entusiasta all’idea di tornare
indietro, così Trunks giocò la sua ultima carta e
propose: «Se mi dite che gusti volete, potrei andare a
prenderli io… E poi portarveli qui».
«E
come faresti a portare tre gelati?»
domandò Marron, scettica.
Lui
la guardò.
«Be’…»
La
ragazzina scrollò la testa bionda. «Lascia
stare» disse. «Torniamo indietro».
A
quelle parole (musica, per le loro orecchie!), Trunks e Goten si
scambiarono delle occhiate piuttosto vittoriose.
Mentre
camminavano verso la gelateria, Goten affiancò Marron
ed esordì: «Allora… tu e mia sorella
passate molto tempo insieme, di questi tempi».
Lei
gli gettò un’occhiata in tralice.
«Sì».
«E
cosa fate, di preciso?» aggiunse Goten.
«Cose
da donne» rispose Marron, senza scomporsi.
«Nient’altro?»
insistette il giovane.
Trunks
lo guardò con la fronte aggrottata.
«Perché
questo interrogatorio?»
domandò Marron.
Goten
si strinse nelle spalle, continuando a camminare. «Non
lo so… è solo che mi sembra che Al nasconda
qualcosa».
Marron
indicò dall’altra parte della strada.
«La gelateria. È quella, no?» Poi,
rivolgendosi di nuovo a Goten: «Perché dici
questo?»
«Istinto
fraterno?» propose lui. «Voglio
dire, certe volte mi guarda come se si sentisse in colpa per
qualcosa…»
«Capisco».
Mentre attraversavano la strada, Marron
meditò brevemente. «E cosa credi possa
nasconderti?»
«Non
lo so…» Goten ci pensò
su un momento. «Forse la aiuti a vedersi di nascosto con un
ragazzo?»
Marron
sfoderò un gran sorriso. «Al non vede
nessun ragazzo».
«E
allora perché si sente in colpa?»
insistette Goten.
La
biondina pensò velocemente. Da una parte, la inteneriva e
la divertiva vedere l’amico così protettivo nei
confronti della sorellina… Dall’altra, non poteva
certo tradire la fiducia di Aliys.
«Forse
dovresti parlarne con lei» si decise a dire
alla fine.
Goten
annuì energicamente. «Lo farò
senz’altro».
Mentre
tutti e tre entravano nella gelateria, Marron si
augurò di non aver appena messo Aliys in una brutta
situazione.
Quando
Goten tornò a casa, Aliys si trovava nella propria
stanza.
Entrando
senza aver bussato, il giovane la trovò distesa sul
letto a pancia in giù, intenta a leggere un bel romanzo.
«Devi
chiedere il permesso, prima» disse Aliys,
senza alzare gli occhi dal libro. «E se fossi stata
nuda?»
Per
poco, quell’ipotesi non fece retrocedere
Goten… Poi, però, il giovane replicò:
«Sarebbe stato molto, molto imbarazzante. Però sei
vestita».
Aliys,
concentrata com’era sul proprio libro, non rispose
nemmeno.
«Al?»
incalzò Goten, avvicinandosi.
«Possiamo parlare?»
Lei
sollevò gli occhi controvoglia. «Proprio
adesso?» gemette.
«La
mia idea era quella» confermò Goten,
candidamente.
Aliys
lo fissò, interdetta, poi sospirò e si
tirò a sedere. «Che
c’è?» chiese, dopo essersi data una
bella sfregata agli occhi.
Goten
non era mai stato molto bravo a girare intorno alle cose,
così decise di andare subito al punto. «Ti senti
in colpa per qualcosa?»
Lei
lo guardò con aria sbalordita.
«Come?» domandò.
«Ti
senti in colpa per qualcosa?» ripeté
Goten.
«Io…»
Aliys sbatté le
palpebre. Non era capace di mentire con disinvoltura.
«Forse».
«Forse?»
fece Goten.
«Forse
sì» bisbigliò la
ragazzina. E così, era arrivato il momento della
verità?
L’idea
la tentava: non era abituata a nascondere molte cose a
Goten; sarebbe stato un sollievo, poter tornare ad essere sincera con
lui.
Il
giovane aggrottò la fronte. «E
perché ti senti in colpa?»
Aliys
indugiò, muovendosi appena sul letto.
«Forse…» disse poi, con lentezza.
«Forse sto tenendo un segreto».
«Non
hai un ragazzo, vero?» chiese Goten.
Marron
l’aveva negato, però non si poteva mai
sapere…
«Certo
che no» rispose Aliys, inarcando appena un
sopracciglio.
«Allora
di cosa si tratta?»
La
ragazzina esitò nuovamente.
«Be’… forse…
forse… mi sto allenando nelle Arti Marziali con
l’aiuto di Crilin».
Ecco.
Lo aveva detto.
Goten
la fissò. «Che cosa?»
Lei
si strinse nelle spalle. «Mi sto allenando nelle Arti
Marziali con l’aiuto di Crilin» ripeté,
pur tenendo la voce un po’ bassa.
Non
voleva correre il rischio che, passando davanti alla sua camera,
uno dei suoi genitori potesse sentirla.
Goten
scrollò appena la testa, cercando di schiarirsi le
idee. «Credevo non ti interessassero, le Arti
Marziali» disse alla fine.
Aliys
cercò di capire cosa stesse pensando, ma il giovane
sembrava ancora impegnato ad assorbire la notizia.
«Sì,
be’, lo credevo
anch’io…» disse lei. «Ma tu,
Gohan, il papà, la mamma… Sapete tutti
combattere, e io mi sentivo… esclusa, credo».
Goten
non disse nulla, limitandosi a guardarla con la fronte aggrottata.
«E
poi» aggiunse allora Aliys, «sapevo
quanto a papà piace combattere… E ho pensato che
sarebbe stato bello, poter condividere quella sua passione».
A
quel punto, Goten si decise ad aprir bocca. «E
perché ti fai allenare da Crilin?»
Aliys
si sentì un po’ confusa, di fronte a quella
domanda. «È un bravo insegnante» disse,
sulla difensiva. «È gentile e paziente, quindi non
si esaspera quando…»
«No,
no, no» la interruppe Goten. «Non
voglio sapere perché ti fai allenare da Crilin».
Aliys
la guardò, ancora più confusa.
«Ma se mi hai chiesto…»
«Voglio
sapere perché non ti sei fatta allenare da
me».
La
ragazzina sgranò gli occhi, presa alla sprovvista.
«Oh» fu tutto ciò che riuscì
ad emettere.
«Insomma,
sono tuo fratello» aggiunse Goten.
«Pensavo me l’avresti detto».
«Be’»
mormorò Aliys,
«non l’ho detto nemmeno a Gohan,
quindi…»
«Avresti
potuto dirmelo comunque»
replicò il giovane.
Aliys
tacque per qualche istante. «È
vero… scusami» disse infine.
Goten
sembrava ancora un po’ urtato, così lei
cercò di spiegarsi: «È solo
che… avevo paura di non essere affatto brava… di
non riuscire a combinare niente… Per questo non volevo dire
niente a nessuno».
Il
giovane la guardò, accigliato. «E da quando
è che hai iniziato questi allenamenti?»
Aliys
esitò. «Da… un
po’».
Goten
continuò a fissarla insistentemente.
«Da
quando Ub è stato da noi» ammise
allora la ragazza.
«Ma
allora devi aver già visto, se combini
qualcosa o meno» osservò Goten.
«Sì,
io… penso di star combinando
qualcosa» mormorò Aliys, trovando piuttosto
difficile reggere lo sguardo del fratello.
«Allora,
se te ne sei resa conto… Potevi
dirmelo».
Lei
trasalì lievemente. D’impulso, si
sollevò dal letto e si mosse verso il giovane, afferrando la
sua mano.
«Goten,
per favore! Mi dispiace di averti tenuto
all’oscuro, però ti prego, ti prego, non essere
arrabbiato con me… Volevo che lo sapessero meno persone
possibile anche perché… be’, vorrei
poterlo rivelare a papà quando potrò definirmi
almeno un po’ brava».
Con
la fronte aggrottata, Goten guardò prima le loro dita
intrecciate, poi gli occhi supplichevoli della sorella… e,
finalmente, la sua espressione iniziò a distendersi.
«E
va bene» si arrese. «Sei fortunata che
io abbia un cuore così grande…»
«Credevo
che fosse il tuo stomaco, ad essere
grande» azzardò Aliys, anche se non era del tutto
sicura di essere già stata perdonata e di poterlo stuzzicare
come faceva sempre.
Goten,
però, disse con aria di superiorità:
«No, Al. Il mio stomaco non è grande, è
gigantesco».
Lei
sentì che le cose tra loro tornavano semplici come erano
sempre state. Il sollievo la invase, e la ragazzina sorrise al fratello.
«Ehi!»
esclamò improvvisamente Goten.
«Perché non lo hai detto a Gohan?
Potremmo…»
«No!»
lo interruppe Aliys, precipitosamente.
«Goten, è per questo che non te l’ho
detto. Ricordi? Voglio che lo sappiano meno persone possibile. E temevo
che tu l’avresti detto a Gohan, e a Trunks, e in men che non
si dica l’avrebbero saputo tutti…»
«Oh».
La fronte di lui si corrugò
appena. «Molto bene, lascia stare».
«Davvero?»
chiese la ragazzina, senza sapere cosa
pensare. «Sei disposto a mantenere il mio segreto?»
«Certo»
rispose Goten, annuendo energicamente.
«Sei tu che devi dirlo a papà, non io».
A
quelle parole, Aliys si fece radiosa. «Sei il fratello
migliore del mondo» disse, d’impulso.
Lui
ridacchiò. «Bene»
replicò, «vedi di ricordartelo, la prossima volta
che vorrai comportarti come una palla al piede…»
La
ragazzina gli mostrò la lingua, e Goten
esclamò: «Oh, bene! È per caso questo,
il modo di trattare il fratello migliore del mondo?»
«No»
ribatté prontamente Aliys, facendo
un passo verso di lui e abbracciandolo, «è questo,
il modo di trattare il fratello migliore del mondo».
Goten
ricambiò la stretta per un momento, dando una pacca
sulla schiena della sorellina, poi le mise le mani sulle spalle e la
staccò da sé.
«Ora,
però, devi dirmi come stanno andando i tuoi
allenamenti. Devi raccontarmi tutto, per filo e per segno».
Lei
scrollò le spalle. «Va bene».
Così,
iniziò a raccontargli degli esercizi che
aveva fatto. Quando parlò delle volte in cui si era allenata
a controllare l’aura, Goten schioccò le dita:
«Ecco cosa stavi facendo! Quando papà si era
preoccupato perché la tua forza spirituale aveva qualcosa
che non andava».
Aliys
azzardò un cenno affermativo.
«Sì».
Goten
le sorrise. Poi, improvvisamente, parve folgorato da un pensiero.
«Ehi, Al… Ohi… E
papà?»
La
ragazzina lo fissò. «Hai appena detto che non
vuoi dirlo a papà» gli ricordò, un
po’ preoccupata.
«E
infatti non voglio» replicò lui,
mentre una lieve apprensione si faceva strada sul suo volto.
«Volevo dire… Ricordi, come ha reagito, quella
volta in cui gli hai chiesto di allenarti?»
Aliys
deglutì. Non ci aveva pensato, in quegli ultimi tempi,
ma in effetti se lo ricordava piuttosto bene: prima di allora, non
aveva mai visto Goku arrabbiarsi tanto.
Il
ricordo dello sguardo duro di suo padre e della sua voce severa le
diede un brivido.
«Non
credi» continuò Goten,
«che potrebbe… ecco… prendersela un
po’, quando scoprirà che ti sei fatta addestrare
in segreto dal suo migliore amico?»
«Be’…»
iniziò
Aliys, per nulla sicura di cosa dire.
Improvvisamente,
avvertì un senso di vertigine. Possibile
che stesse facendo un grosso errore, nel voler apprendere le Arti
Marziali?
D’altro
canto, il combattimento era una parte così
importante, nella vita di suo padre… Lei voleva farne parte.
Per
di più, nelle ultime lezioni, iniziava anche a piacerle.
Certo,
aveva capito di non aver un grande istinto; non era brava, a
capire dov’era meglio colpire, quando era più
opportuno passare dalla difesa all’attacco e
viceversa… Allo stesso tempo, però, aveva la
sensazione di star acquisendo maggiore confidenza col proprio corpo.
Quante
volte aveva odiato i propri piedi troppo goffi, i propri
riflessi lenti! Quante volte si era sentita ingombrante o fuoriposto!
L’esercizio
fisico a cui la sottoponeva Crilin, in un certo
senso, la aiutava a scacciare quei disagi… Finalmente, il
suo corpo non era più un fastidio che la metteva in
imbarazzo davanti a suo padre o ai suoi fratelli… ma era un
suo alleato.
Aliys
sentiva di non aver mai avuto tanta dimestichezza con se stessa,
ed era qualcosa che non voleva perdere.
«E
la mamma?» aggiunse in quel momento Goten. Senza
rendersi conto dell’espressione della sorella, elencava ad
alta voce le proprie preoccupazioni non appena gli venivano in mente.
«Cavolo, Al, lei aveva fatto promettere a papà che
non ti avrebbe addestrata, come credi che…?»
Si
interruppe bruscamente. Aveva finalmente notato lo sguardo un
po’ sgomento e tormentato della sorellina.
«Mi
dispiace» si affrettò a dire, con un
sorriso di scuse. «Non volevo metterti in ansia».
Aliys
continuò a fissarlo con aria turbata.
Goten
tacque un istante, cercando di pensare a qualcosa che potesse
distrarla. «Allora» esordì infine,
cercando di suonare il più spensierato possibile,
«la prossima volta che ti alleni, potrò
assistere?»
Spazio dell’Autrice:
Non ci posso credere… Ce l’ho fatta! :D
E finalmente, ecco qui un capitolo di una lunghezza decente.
Temevo che non sarei riuscita a finirlo per stasera, visto che sono
dovuta stare lontana dal computer pressoché tutto il
pomeriggio… Per fortuna, nei giorni scorsi l’avevo
scritto quasi tutto, e adesso… voilà :)
Spero solo che vi sia piaciuto.
A domenica 22 settembre!
P. S. E auguri a tutti coloro che domani ricominciano con la scuola!
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