A colazione, Harry
comunicò asciuttamente agli amici che Draco era tornato.
Lo aveva fatto con
un tono che, più che riportare il rientro nei ranghi di un recalcitrante
ragazzino Serpeverde qualsiasi, sarebbe stato più consono alla cronaca del
ritorno in patria di un eroe.
Hermione si limitò
ad alzare gli occhi al cielo, celando un sorrisetto vago dietro alla tazza
bianca ricolma di tè. A Ron per poco non andò di traverso tutto il pasto, ma
poco importava.
Per la verità,
Harry non era nemmeno sicuro che il ritorno di Draco fosse effettivo. Si erano
svegliati un po’ di fretta quel mattino, scambiando poche battute sul genere
“la mia cravatta è un disastro”, o “perché questo mantello non vuole
collaborare”.
Nulla che
riguardasse la notte appena trascorsa, e, di conseguenza, quelle a venire.
Ma ci sperava,
ecco. Era stato indescrivibile averlo lì, infagottato su sé stesso e tutto
tremolante, che nonostante ciò dormiva beato, sollevato almeno per un po’ dal
peso della storia in cui si era ritrovato coinvolto, e che sempre più si faceva
opprimente.
Più tardi, Piton
attendeva i Grifondoro per due allegre ore di lezione in cui, c’era da
giurarlo, non si sarebbe spiccicata una parola.
Un sollievo, sotto
un certo punto di vista.
Giusto avviandosi
verso i sotterranei, Harry intercettò Malfoy, che procedeva a passo spedito
verso l’uscita, diretto alle serre, alla Foresta Proibita o giù di lì.
Non si azzardò a
salutarlo: circondato com’era dai suoi scagnozzi, avrebbe ottenuto al massimo
un’occhiataccia, e avrebbe messo nei casini entrambi. Perciò, meglio far finta
di niente, come se anche loro due fossero appartenuti a due popoli in guerra.
Un tantino
eccessivo, forse, come paragone, ma figlio di quella che ormai si poteva
chiamare abitudine.
Riuscì a vederlo
soltanto nel tardo pomeriggio.
Era tornato in
camera per darsi una ripulita, finito l’allenamento del dopo pranzo, quando un
trambusto disordinato lo aveva spaventato, e fatto scattare fuori dalla doccia.
La scena che gli si
era presentata davanti agli occhi era di quelle che non si dimenticano per
tutta la vita: Draco, armato di un baule dall’aspetto pesantissimo, con
un’espressione di autentico terrore dipinta sul volto, e dietro di lui, niente
meno che Sibilla Cooman in persona, a dargli il giusto sostegno morale.
- Ho sentito. –
esordì solennemente la donna, perfettamente incurante dell’ansimare distrutto
del povero Draco, e dell’asciugamano attorno alla vita di Harry. – Che siete
stati mandati qui dal Preside perché siete posseduti. -
- Ehm, non
esattamente posseduti, professoressa. – balbettò Harry, mentre il suo compagno
di stanza si accasciava sul letto, miagolando lamentele insensate circa il peso
del baule, la bruttezza della Cooman e l’ingiustizia della vita.
- Ma certo, certo,
caro, dicono tutti così. – lo rassicurò l’insegnante, annuendo con fare
simpatetico. – Non avete nulla da temere, è mio preciso dovere proteggere le
vostre giovani vite – o meglio, quello che ancora vi resta da vivere –
liberandovi dai maligni spiriti che vi infestano. -
Harry fu certo di
aver colto un deciso fruscio di stoffa, altezza cavallo dei pantaloni,
provenire dal letto dietro di sé. Sospirò, rassegnandosi alla battaglia.
- Ma professoressa
Cooman, ci stiamo già occupando di, ehm, estirpare il male che è in noi. Il
professor Silente ci ha spiegato come fare, e… -
- Mio caro,
moribondo ragazzo. – lo interruppe lei, afflitta. – Il professor Silente è una
così cara persona, ma temo non sia molto dotato nel campo della veggenza e
dell’esorcistica. -
- Chissà come mai.
– borbottò Draco, fortunatamente a voce bassa.
- Su, su,
raccontatemi tutto, così potrò liberarvi dal Maligno. -
Harry si voltò di
sfuggita, interrogando tacitamente Draco, che altrettanto tacitamente fornì una
risposta inequivocabile: “non provare a coinvolgermi in alcun modo, sei tu
quello buono, qui.”
Si grattò la nuca,
e decise per una via di mezzo, ovvero il raccontare qualche, e solo qualche,
accenno della vicenda alla professoressa Cooman, evitando accuratamente i
dettagli.
- … E quindi questi
spiriti desiderano potersi incontrare, e, beh, è tutto. -
- E’ tutto? – la Cooman roteò teatralmente la testa, tintinnante di ciondolini e fermacapelli. – Sei sicuro
che sia tutto? Niente fenomeni particolari, niente draghi sputafuoco, nessuno
specchio rotto? -
- Altroché se sono
sicuro. Niente di tutto ciò. -
Per qualche strana
ragione, sembrava delusa. Il ché poteva essere soltanto positivo per i due
ragazzi: delusione della Cooman significa scampato pericolo di morte immediata.
Era un’equazione comprovata, oramai.
- Oh, beh. –
borbottò. – Allora sbrigatevi. -
- Sbrigarci?
Sbrigarci a fare cosa? -
- A liberarvi di
loro, no? -
- E come? -
- Ve l’ho detto,
sbrigandovi. -
Draco sentì che se
avesse continuato a darle corda, non sarebbe uscito vivo dalla discussione.
Diede un gemito da mal di pancia a cui Harry fece vagamente eco.
- Ci sbrigheremo,
professoressa. – promise Harry, cominciando ad occhieggiare con una certa
insistenza alla porta. – Ora, se vuole scusarci, vorrei tornare a fare la
doccia, e Draco deve sistemare i bagagli… -
- Bagagli che
potrebbero contenere ostacoli di ogni genere al vostro compito. Ma siete
fortunati, ho giusto un po’ di tempo libero da dedicare all’esorcismo di tutti
gli abiti. -
Draco inspirò con il
naso molto, molto a fondo. - Professoressa, non avverte anche lei una voce
cavernosa provenire dal fondo delle scale? – disse, serafico.
La professoressa si
attivò immediatamente, rizzando le orecchie all’indirizzo della porta.
- Una voce, mio
caro? -
- Ma sì, ne sono
certo. Non sente? Oooh, mi sembra che stia chiamando proprio lei! -
- Andrò a
controllare. – propose lei, risoluta. – Se qualche spirito in pena chiede il
mio aiuto, interverrò. Chissà che non sia la nonna di quel povero signor
Paciock. -
Draco si chiuse la
porta alle spalle con un gemito liberatorio.
- Sei un genio del
male, lo sai? – lo riprese Harry.
- Il fine
giustifica i mezzi. Ce ne siamo liberati, no? -
- Già. Così potrò
finire la mia doccia in santa pace, sto congelando. -
- Già. Hey, senti.
-
- Uhm? -
Draco assestò un
paio di leggeri calcetti alla parete più corta del suo baule.
- Credo che
tornerò dormire qui. – borbottò ad occhi bassi.
- … Ok. -
- E’ che non ho
dormito bene, la scorsa notte. Voglio dire, quando… -
- Sì, lo so. Ne
parliamo con calma appena finisco. -
- Va bene. -
La doccia di Harry
fu la più rilassante, ma anche la più breve, che il Grifondoro ricordasse. Non
si prese nemmeno la briga di asciugarsi i capelli, nonostante in clima ancora
poco generoso.
Ritrovò Draco
seduto sul letto, intento ad osservare le proprie gambe ciondolare avanti e
indietro, ritmicamente. E decise di dirgli tutto.
Non c’era un motivo
preciso, semplicemente si mise seduto a sua volta, e con tutta la delicatezza
che poté, gli raccontò che cosa aveva visto.
Il commento di
Draco fu simile al suo.
- Oh. Adesso sì che
si chiariscono molte cose. -
Sul volto aveva
dipinta una brutta espressione rassegnata, che ad Harry non piacque per niente.
- Hey. Noi possiamo
aiutarli. -
- Forse. -
- No, non forse. Di
sicuro. -
- E allora perché
non ci siamo già riusciti? -
- Non lo so, ma lo
scopriremo. -
Draco corrugò le
sopracciglia, se non altro passando dal triste al sorpreso.
- Wow, San Potter
non si ferma davanti a niente, eh? -
- Certo che no. Sei
tu il furetto fifone, qui. -
- Hey, rimangiatelo
all’istante! -
- Non credo che lo
farò. -
- Giuro sul
cappello di Merlino che stanotte ti prendo a calci negli stinchi finché non te
li avrò consumati. -
- Ha ha, e io giuro
che ti lego i piedi come un salame, e voglio vedere se riesci a muoverti. -
- E io lo dico al
professor Piton! -
- E io alla
McGranitt! -
Harry ridacchiò fra
sé. – Così poi potremo assistere ad uno scontro fra titani. -
- Mio dio, ci
pensi? -
- La McGranitt vincerebbe sicuramente. -
- Oh, non credo
proprio. -
- Miei cari! -
Harry e Draco
tacquero all’istante e si voltarono entrambi, inorriditi, verso la parete vuota
che fiancheggiava l’ingresso del bagno, da dove proveniva la voce ovattata
della Cooman.
Scossero entrambi
la testa, accordandosi per una strategia vecchia come il mondo, ma sempre
efficace: fingere di non esistere.
- Volevo solo
dirvi. – proseguì la Cooman. – Che lo spettro non c’era, perciò state
tranquilli. E quando vi deciderete ad assecondare le sinistre presenze che
albergano nei vostri sogni, per favore fatelo in silenzio. Ma sbrigatevi! -
- Assecondare?
Sbrigarci? -
Draco si lasciò
cadere all’indietro, rimbalzando sul materasso. – Devo finirla di ascoltare
quella vecchia carampana, se non voglio fare la sua stessa fine. –
Harry fece un gesto
non curante all’indirizzo del muro. – Io l’ho sentita dire un paio di cose
sensate, qualche volta. – commentò. – Chissà, magari con qualche ciondolo e una
sfera di cristallo riusciremo a capire che diavolo vuole dire. –
- Per me vuole solo
esorcizzarci. -
- Beh, dovrà
riuscire a prendermi, prima. -
* * *
- Io sarei uno
spirito maligno? –
Il povero Derevan
corrugò le sopracciglia biondissime a formare un’espressione affranta.
– Ma-ma io… -
- Lascia perdere. –
lo rimbrottò Draco. – Non lo hai ancora capito, che quella è suonata come uno
gnomo di palude? -
- Nessuno dà dello
spirito maligno a Derevan. – masticò Marzio. – Nemmeno uno gnomo di palude. -
- Perché non trovi
il modo di manifestarti a lei? – ridacchiò Harry. – Chissà che finalmente non
abbia un’apparizione come si deve. –
- Oh, sai quante ne
avrei da dirgliene? Per la corona di Giunone, le faccio rimangiare tutto a fil
di spada. -
- Marzio. -
Derevan sorrise in
modo indulgente ed anche un po’ divertito.
Aveva il sovrumano
potere di zittire Marzio con un niente, di fermare la sua corsa con meno di una
parola, di placarlo, come fa un buon domatore con un leone nervoso.
- Draco è stato
grandioso. – si sentì in dovere di dire Harry. – L’ha abbindolata a dovere. -
- Ho fatto il mio
dovere di Serpeverde. – si schernì Draco.
- Oh, Draco, l’hai
ingannata? – si dispiacque Derevan.
- E che altro avrei
dovuto fare, invitarla a bere il tè? Vorrei vedere te al mio posto che avresti
fatto. -
- Le avrei spiegato
che non ci sono spiriti maligni. -
- Bravo, la fai
facile, tu. -
- Ha ragione Draco.
– sbottò Marzio. – Spirito maligno sarà lei. -
Beh, Harry poteva
dire tutto, tranne che non si stesse divertendo.
In quel momento,
non poteva pensare che Marzio e Derevan fossero morti.
Erano lì con lui,
che ridevano e parlavano, reali quanto lo era lui, e poco importava che i loro
corpi fossero polvere da duemila anni, perché le loro anime riuscivano ad
abbracciarsi ancora più forte di prima.
Proprio in quel
momento, un fruscio di vento annunciò quella distorsione caleidoscopica
dell’atmosfera ormai diventata un’abitudine. Sarebbero approdati chissà dove e
chissà quando, ma questa volta sarebbero stati tutti e quattro.
Sentì una mano
aggrapparsi saldamente al suo avambraccio, nel trambusto: Derevan gli offrì un
sorriso di velluto che gli paralizzò completamente lo stomaco, incendiandogli
le guance.
- Pronto a partire?
-
La sola cosa che
Harry riuscì a pensare, soverchiato dall’intensità della sua presenza, fu che
se Derevan non gli avesse lasciato subito il braccio, il suo cuore si sarebbe
riempito di lui fino a perdersi per sempre.
Approdarono ad una
riva giuncosa piuttosto simile a quella già incontrata tempo prima, ma molto
più fitta di canne che assiepavano la striscia d’acqua dolce che per un buon
tratto costeggiava il mare, probabilmente emergendo direttamente dal
sottosuolo.
- Guarda. –
sussurrò Marzio, non rivolto ad Harry, ma a Derevan.
- Sì. -
- E’ meraviglioso
essere qui. -
- Hey, guardate un
po’ laggiù, c’è qualcuno! -
Draco si lanciò
saltellando verso un cespuglio di giunchi che si agitava in dissonanza con gli
altri, mosso da qualcosa che si celava oltre la sua ombra.
Stava per scostare
le canne con entrambe le mani, quando qualcosa gli fu addosso, scaraventandolo
a terra.
- Attento! – gridò
Marzio, coprendolo con il proprio corpo e trascinandolo con sé lontano nella
caduta.
Draco registrò gli
steli su cui pochi secondi prima si erano posate le sue mani cadere a terra,
falciati di netto, e un attimo dopo, un secondo Marzio emergere dal passaggio
venutosi a creare, spada in mano.
- Uff, ma guarda tu
che faticaccia. –
- Tutto a posto? -
Era la voce di
Marzio, ad un centimetro dal suo orecchio.
Draco sbarrò gli
occhi e si irrigidì completamente mentre Marzio, ignaro della sua reazione,
cercava di tirarsi su sulle braccia.
- Stai bene? –
domandò di nuovo. – Scusami per averti buttato a terra a quel modo. -
Cominciò a
battergli con gentilezza le spalle e le braccia, per ripulirgli l’uniforme
dalla polvere. Troppo vicino.
- Sto bene! –
gracchiò Draco, scattando a sedere come se qualcosa gli avesse punto la
schiena.
- Meno male. Non
sapevo se quel colpo ti avrebbe ferito o solo trapassato, ma ho preferito
continuare a non saperlo. -
- Gra-grazie. -
- Non è niente. -
Marzio lo
sovrastava, intento a scrollare i propri vestiti alla bene e meglio, mentre
lui, ancora seduto, non faceva altro che fissarlo imbambolato.
- Dammi la mano. –
lo invitò. – Ti tiro su. Hop! -
Di nuovo troppo
vicino.
La mano di Marzio
era sorprendentemente solida, e più grande della sua, molto più di quando
avrebbe pensato. Era la mano di un guerriero, ma era gentile, per nulla rigida,
come se il Romano avesse il pieno ed assoluto controllo sulla forza di ogni suo
singolo muscolo.
- Siete tutti
interi? – si preoccupò Derevan, raggiungendoli assieme ad Harry appena l’altro
Marzio fu passato loro davanti. – Oh dèi del mare, che sollievo. -
Draco rivolse loro
un’incomprensibile espressione allarmata, oltre che violacea. Si allontanò
precipitosamente da Marzio, ma finendo quasi di fianco ad Harry, incespicò
ancora più in là, praticamente finendo dietro Derevan.
- Sei sicuro che
vada tutto bene? -
Annuì
impercettibilmente. Per un po’ non sarebbe riuscito a spiccicare parola, ne era
sicuro.
- Chi va là? –
tuonò la voce di Marzio.
Tutti e quattro si
girarono di scatto.
- Andiamo. – li
incitò Marzio, scattando alla volta di un sé stesso particolarmente teso.
- Fatti vedere! So
che ci sei. Vieni fuori! -
Non ottenendo
risposte, Marzio avanzò arrancando nella vegetazione fitta e diversificata, la
spada sempre dinnanzi. – Ti troverò. – minacciò. – E’ inutile che ti nascondi.
-
I quattro ragazzi
ebbero non poche difficoltà a seguirlo cercando di costruirsi un percorso
alternativo che aggirasse il suo. Erano quasi riusciti a raggiungerlo, quando
Derevan comparve da dietro un mazzo di canne impenetrabile dietro cui era
rimasto acquattato fino a quel momento.
Senza fiatare, tese
in avanti il suo bastone, ma non puntandolo contro Marzio, bensì tenendolo in
posizione orizzontale, a voler costituire una barriera, più che un’arma di
offesa.
Marzio si
immobilizzò, gli occhi sbarrati per la sorpresa.
Per qualche
istante, i due non fecero che fronteggiarsi in silenzio, del tutto immobili fra
il frusciare molle e ritmico delle piante agitate dal vento.
Marzio sembrava non
essere in grado di recuperare il controllo sul suo corpo paralizzato, mentre
Derevan, ad uno sguardo più attento, rivelava un tremore lieve ma significativo
di tutto il suo corpo. Le labbra, in particolare, fremevano debolmente, come
scosse dal freddo.
Vestiva un lungo
abito bianco, sporcato in più punti del bruno della terra e di tanti verdi e
gialli diversi, i succhi dei vegetali che lo circondavano, e null’altro che la
sua incredibile bellezza.
- Che cosa… sei. –
soffiò Marzio.
In cambio ebbe
alcune incomprensibili parole pronunciate con un tono che esitava troppo, per
riuscire a risultare minaccioso.
- Sei di questa
terra? Non riesci a capire la mia lingua? – provò di nuovo, ma fu inutile, il
giovane di fronte a lui brandì con maggiore determinazione il suo strano
bastone bitorzoluto.
- No. – cercò di
fermarlo. – Aspetta, non farlo. -
Allargò lentamente
le braccia, e con infinita cautela fece in gesto di posare a terra la sua
spada. Lo sguardo dello straniero mutò istantaneamente in un’indecisa sorpresa.
- Non voglio farti
del male. – scandì. – Capisci? Non voglio farti del male. –
Marzio avanzò con
infinita prudenza verso di lui, mostrandogli le mani aperte e disarmate. Il
giovane si ritrasse, allarmato, ma allo stesso tempo ritirò anche lui il suo
bastone, portandoselo sul fianco.
Il Romano azzardò
un lieve sorriso. – Così va bene. – sussurrò. – Non avere paura, non ti faccio
niente. -
Riuscì ad
avvicinarsi a lui fino ad averlo a poco più di un braccio di distanza. Il
poverino tradiva di tanto in tanto dei brividi violenti di paura, ma Marzio non
era che un uomo disarmato, davanti a quegli occhi grandi, di un azzurro raro,
opacizzato e prezioso come quello di una perla.
- Io mi chiamo
Marzio. – pronunciò, battendosi leggermente il petto con le dita. – Marzio. -
- Marzio. – cercò
di ripetere una voce vagamente roca. Il ragazzo imitò il suo gesto, toccandosi
il cuore.
- Derevan. -
- Derevan. Chi ti
ha mandato qui? Sei un messaggero degli dèi? -
Derevan scosse il
capo, interrogativo.
- Non riesci a
capirmi, vero? – sospirò Marzio.
– Tu. – spiegò,
indicandolo con prudenza. – Vieni da lassù? – concluse, puntando l’indice verso
l’alto.
Il povero Derevan
volse anch’egli il suo sguardo verso il cielo, ma non sembrò aver capito molto
più di prima. Scosse la testa, e con un sorriso incoraggiante gli indicò la
terra.
Marzio rinunciò a
spiegarsi. Forse lo aveva compreso, forse no, non lo avrebbe mai saputo. La
dolcezza inenarrabile del suo sguardo lo metteva in soggezione, proprio come se
fosse stato di fronte ad un prodigio.
- Si dice. –
mormorò fra sé. – Che gli dèi siano perfetti, e per quanto tentino di prendere
sembianze umane per mescolarsi ai mortali, la loro natura incorruttibile
traspaia, tradendoli. -
Derevan sbatté le
palpebre, del tutto smarrito. Di fronte al comportamento gentile di quello
straniero, però, prese un po’ di coraggio, e con pochi passi rapidi lo superò,
sorprendendolo.
Andò a raccogliere
la sua spada, maneggiandola un po’ maldestramente per il suo peso, e tornò
indietro a riconsegnargliela. Appena gliel’ebbe lasciata fra le mani, osservò
con sottile apprensione l’operazione di rifodero dell’arma, ma nonostante tutto
non si volle ritrarre.
Marzio attese
pazientemente che Derevan si sentisse nuovamente al sicuro, libero di muoversi.
Lo osservò mentre tornava al punto dove si era nascosto, e ne usciva con una
cesta piuttosto grande di vinchi verdi fra le mani, ricolma di ogni genere di
fiore, radice e arbusto.
- Stavi difendendo
il tuo tesoro. – gli disse sorridendo.
Derevan posò
meticolosamente il tutto a terra, mostrando con un certo orgoglio le sue mani
vuote, una volta rialzatosi.
Marzio non trovò
altro da fare che imitare il suo gesto, rassicurandolo una volta di più sulle
sue intenzioni.
Ma questa volta, se
le sentì afferrare gentilmente da due più piccole, straordinariamente morbide e
calde nonostante il lavoro.
Meravigliato,
scrutò il sorriso pieno di luce che gli si stava schiudendo davanti agli occhi,
finendo diventandone vittima. Per Derevan pareva estremamente importante, quel
gesto semplice solo in apparenza di tenersi le mani intrecciate, proprio come
le cannule del suo canestro.
Lo lasciò andare
all’improvviso, ma senza essere brusco.
Un nitrito
particolare, armonioso ed argentino, si levò dietro di loro, a cui Derevan
reagì come al richiamo di un amico.
Impugnato il suo
bastone, e abbracciata la sua cesta, formò un sorrisetto indeciso all’indirizzo
del Romano, che comprese così l’imminenza della separazione.
- No, aspetta. – lo
implorò, correndo verso le sue guance con un gesto di entrambe le mani suo
malgrado eccessivo, che morì in una carezza accennata appena.
- Aspetta, ti
prego. Potrò mai rivederti? Dove vai, dove devo cercarti? -
Con la mano non
occupata dalla sua preziosa corba Derevan rispose alla carezza, mantenendo gli
occhi fermi in quelli sempre più incantati dell’interlocutore del loro muto
dialogo.
- Marzio. – ripeté,
con un sorriso pieno di gioia, di sole, e di chissà cos’altro di inafferrabile
e lontano da ogni comprensione umana.
Corse via verso la
fonte del nitrito di poco prima, mentre Marzio se ne restava inerte a guardarlo
andare via.
Lo vide salire in
groppa a quello che, non poteva essere, sembrava a tutti gli effetti un
unicorno. Un animale piccolo e pieno di grazia, che risplendeva come una stella
in pieno giorno.
Anch’esso
un’apparizione, come il suo cavaliere?
- Derevan. -
No.
- Non posso
seguirti fin sull’Olimpo. -
Le apparizioni non
hanno un nome.
Terminò tutto senza
interruzione, e i quattro compagni furono ritraspostati al punto di partenza,
sotto l’ombra brulicante delle innumerevoli foglie che costituivano la
variopinta macchia di bosco in cui riposava Marzio.
Per un po’, regnò
un silenzio assorto fra di loro, ché nessuno sentiva di avere qualcosa di
sufficientemente importante da dire.
Derevan andò a
sedersi fra le gambe di Marzio, che lo attirò sulla sua spalle, cingendogli la
vita con entrambe le braccia.
Si erano
semplicemente dimenticati di tutto il resto.
Marzio diceva
qualche parola in latino, Derevan gli sorrideva, gli rispondeva nel suo
dialetto, e poi di nuovo un bacio, uno dietro l’altro, come gocce d’acqua, le
prime, dopo aver attraversato il lungo deserto dei secoli.
Ogni tanto si
sussurravano qualcosa in inglese, ma starli a sentire sarebbe parso ad Harry
come un intollerabile atto di invadenza. Più li guardava, però, più si chiedeva
come fosse possibile che fossero riusciti ad amarsi per tutto quel tempo. Per
secoli, miseria, secoli e secoli passati a nutrirsi delle proprie memorie.
Gli venne la pelle
d’oca al solo pensare che due persone del genere, due anime così candidamente
gemelle, fossero state tenute lontane. Non era stata vita la loro, fino a quel
momento, e non importava nulla il fatto che fossero degli spettri:
probabilmente erano stati molto più vivi nel momento della loro morte, vicini,
stretti, che in qualunque altro momento.
Aveva sempre,
inconsciamente pensato che, comunque si fossero conosciuti, da quell’istante in
poi non si fossero più lasciati, e invece un altro tassello andava al suo
posto, rivelandogli come anche il loro incontro si fosse svolto sul filo di un
precipizio.
Sapevano a malapena
i loro nomi, non si comprendevano se non con pochi, timidi gesti.
Chissà cosa li
aveva fatti ritrovare, quale coincidenza che, se non si fosse avverata, avrebbe
portato entrambi a scordarsi l’uno dell’altro, a credersi semplicemente un
sogno.
Lo sguardo gli
sfuggì verso Draco, seduto su un masso piatto, con le gambe incrociate e le
dita intrecciate sotto al mento a preghiera.
Un altro brivido lo
percorse.
Draco, e anche
tutte le altre persone che amava, Hermione, Ron, tutti quanti, era tutto così
labile, così facile preda del destino.
- Draco. –
gracchiò, con la voce irruvidita dal lungo silenzio.
Lui che lo aveva
lì, che aveva la fortuna di dividere con lui il suo tempo, che non avrebbe
avuto nessuna difficoltà a trovarlo sempre, ovunque fosse andato, che possedeva
scope, camini, gufi, qualsiasi cosa, non possedeva giustificazioni.
Soltanto per
inerzia si sarebbe rassegnato a vederlo sparire dalla sua vita, rimediando una
ben misera figura al cospetto di tanto invincibile amore.
Draco si riscosse,
e fece un cenno con la testa per segnalare che lo ascoltava.
Non che Harry
sapesse con precisione cosa avrebbe voluto dirgli. Probabilmente solo una cosa,
bambina ed egoista.
- Non posso
perderti. -
Draco tremò.
-Che cosa dici. –
mormorò senza spostare i pugni chiusi da sotto il mento.
- Ego a… ama… amas.
-
- Shhh. Non sei mai
stato troppo bravo con i verbi. -
- Ho sbagliato?
Vero? -
Marzio sorrise
glissando con le labbra sulla tempia di Derevan. – Un pochino. Ma adesso non ha
importanza. -
ANGOLINO!
Nota: contenutistica, più che storica. Marzio
impugna una spada, Derevan un cesto di erbe, e qui il parallelo fino ad ora
abbastanza velato si palesa. La spada di Godric, le pozioni che a Draco riescono
così bene, l’impossibilità di comunicare che è metafora di due modi del tutto
diversi di vedere la vita.
Derevan e Marzio
decidono di posare le loro armi e di stringersi le mani, venendosi incontro,
scambiandosi pochi gesti dal valore universale. Torniamo alle considerazioni di
Marzio, circa il fatto che Derevan gli avesse insegnato un modo nuovo di
pensare, e ci rendiamo conto che ciò che ancora li distingue da Harry e Draco è
che loro due, anche Harry, badate bene, non si sono ancora del tutto disarmati.
Mi occorreva
un’immagine di grande impatto “fotografico”, e non troppo facile da decifrare,
per affrontare questo nodo chiave, perciò mi sembrava corretto aggiungere
questa breve spiegazione.
Le due dita che
indicano cielo e terra, poi, di evidente sapore raffaellesco, me le dovete
perdonare.
E adesso, una nota di
carattere assolutamente personale.
Voglio ringraziare
con tutto il cuore ognuno di voi, per avermi compresa, e per l’attesa paziente.
Ho sospeso quasi tutto, nelle ultime settimane, pubblicando solo ciò che era
già pronto, come vi avevo anticipato. Da adesso in poi, con un attimo di calma,
tornerà tutto alla normalità.
Uff, il mondo pesa
decisamente di meno, adesso.
Mio padre è uscito
dall’ospedale, e sta bene. Il mio ragazzo è sparito e non tornerà,
naturalmente, ma a che servono gli uomini, se non a tirarsi indietro
esattamente nel momento in cui hai bisogno di loro?
Ah, ragazze mie,
meglio che continuiamo a sognare, va’. A pensarci bene, anche Harry è sparito
con una scusa idiota, al sesto anno. Oddio, chiunque desidererebbe sparire
davanti alla Piattola, ma questo dimostra che nemmeno lui è perfetto!
Ma ciancio alle
bande, passiamo a un po’ di risposte, va, che ve le meritate!
Draco Malfoy: ci ho pensato molto su prima di scrivere
quella scena cruenta, ma era necessaria. Innanzitutto, perché è rispettosa dei
metodi usati all’epoca, e poi perché doveva scuotere gli animi di Draco ed
Harry.
Sakura
Ashe: ti
ringrazio, e sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto!
Koorime: ed ecco svelato il segreto del mistero, in
realtà la tua antenata si nascondeva dietro Tito giurando vendetta. Cornovo era
solo una svista, non ti sto a raccontare, studi su studi, anzi grazie di
avermela fatta notare! Mentre il discorso del temporale è un malinteso, forse
non mi sono spiegata bene: significa semplicemente che Harry si sta svegliando,
e non è un temporale, ma semplicemente rumore di tuoni. Ho saltato la parte del
risveglio strictu sensu perché ero stufa di ripeterlo, tanto sapete come funziona,
no? Per il resto, tesoro mio, grazie mille. Mi riferisco al regalino, ovvio
(*ç*), ma anche alle tue recensioni, un po’ folli, un po’ serie, un po’ acute,
un po’ infinite, sempre e comunque graditissime, grazie di tutto cuore!
Somylit: ma guarda un po’, un funghetto che spunta
dal sottobosco ^^. Come autrice dovrei farti la paternale, “ nooo, recensisci,
agli autori fa piacere, è un giusto prezzo” ecc. Come lettrice, ammetto di
capirti un po’, tante volte non lo si fa per pura indolenza, altre perché
sinceramente non si sa cosa dire, nel bene o nel male, altre perché si vuole
aspettare di avere in mano più elementi, e si finisce con il dimenticarsi. Del
resto, il divario fra letture e recensioni è talmente pazzesco che sarebbe
bello poter fare un sondaggio del tipo “alzi la mano chi segue la storia” e
vedere quante manine si alzano! Comunque, pongo fine ai miei deliri e ti
ringrazio per aver fatto lo sforzo di farmi sapere cosa ne pensi, non solo di
Beyond, ma anche delle altre. Mi fa moltissimo piacere che ci sia gente che
segue anche altri fandom e che apprezza le mie spericolatezze, vedi Naruto e
Bleach su tutti.
Quanto all’unione
coatta fra Roma e Hogwarts, non sai quanto hai ragione! Ho penato molto nello
stendere la traccia generale, proprio perché il mio cruccio era far funzionare
questa improbabile miscela di lingue, culture, ambienti.
T Jill: Facciamo a gara di chi ha letto più fic?
Una cosa è certa, però, nell’ambito astronavi e alieni sexy mi stracci alla
grande, sto cominciando giusto adesso a muovere qualche passetto, grazie alla
più spumeggiante traduttrice in circolazione!
Waa, prometto che
mi farò ringraziare prossimamente anche per qualcosa di più tenero! Da un lato
sono davvero felice di essere riuscita a rendere bene lo strazio della morte di
Derevan e Marzio, dall’altra però mi sento talmente tanto in colpa che adesso
ho quasi paura di distribuire troppa melassa in giro, per riscattarmi…
Dark: la parte finale ci voleva, eh? Pensa che
non sapevo se tagliare subito alla fine del sogno e cominciare questo cap con
l’incontro con Draco, ma alla fine mi sono detta che il solo sogno di Harry era
troppo straziante per finire lì, ci voleva un minimo lumicino di speranza, per
non indurre nessuno al suicidio!
Kumiko Shirogane: oddio, Draco che si attacca ad Harry fa
molto sanguisuga *_*. Bella domanda, staremo a vedere cosa ne sarà dei nostri
quadrupedi del cuore, e anche per quel che riguarda Harry e Draco ci sono molte
incognite. Ma non temere, a tuto c’è risposta! Sempai? No, dai, che mi sento
vecchia, dimostro già mille anni? Ç__ç
Cornelia84: ti ringrazio moltissimo, anche se riferiti
ad una scena così drammatica, i complimenti sono sempre bene accetti! ^^
VavvyMalfoy: grazie mille! Buono studio del buon
Giovanni, dai che in fondo è divertente, è pieno di ovvi riferimenti homo…
Blaise: sì, anche io amo i nostri adorabili
legionari! Anacore è un tesoro, un vero eroe, come tutti quelli che non si sono
dimenticati di avere un cuore.
Fann: oh, tesoro! Sei la solita esagerata. Anche
io ti devo un grazie, per aver accettato quel mio malato progetto su cui
attualmente mi sto spezzando la schiena… Evviva la soul’s appearance!
Little star: definire il capitolo vivo è un
bell’azzardo XD. Ma ho capito perfettamente che cosa intendi dire, e ti ringrazio
moltissimo. Nuuu, non conosco Host Club, ma mi fido, in fondo lo stile manga
prima o poi frega tutti, volenti e nolenti! E grazie infinite per gli auguri!
The Fly: no, Draco ha sognato il momento in cui
Derevan e Marzio venivano catturati con l’inganno da Tito, ti ricordi?
Sicuramente, davanti a certe tragedie, anche i nostri eroi troveranno un po’ di
forza per smettere di barricarsi…
Far: eh beh, ma se qualcuno non le versava,
quelle lacrime, per Draco era peggio! Ti ringrazio veramente di cuore, sei
sempre dolcissima e piena di bellissime parole, impagabile!
Friz: ti ringrazio molto per il complimento! ^^
E non ti abbattere, sono più che certa che puoi scrivere delle recensioni
bellissime!
Rodelinda: Tu mi commuovi. Sì, scegliere di non dire,
nel senso di non affrontare i sentimenti di Marzio, limitandomi ad una
descrizione volutamente meccanica di azioni e parole, è qualcosa di
assolutamente voluto. Non certo perché temessi la sfida, ma più che altro per
una forma di rispetto. La sola cosa che umanamente si può pensare di fare, in
un simile momento, è chiudersi in un sordo “cosa devo fare, cosa devo fare” che
nemmeno la pretende, una vera risposta. Per questo, ho lasciato che il silenzio
restasse tale, possibilmente che si intravedesse, anche per non rischiare di
buttare tutto sul patetico.
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