Epilogo
Le
canzoni dicevano il cielo di inizio primavera non nascondesse la
propria immensità e fu guardando quelle cerulee e ancor
fredde
altezze, mentre la saliva sputatagli in faccia gli colava sulla
guancia, che Galoth si rese conto di quanto le allusioni di Adikan
fossero vere. Nel silenzio sconvolto con cui la folla, radunatasi di
fronte al castello di Usen, osservava attonita l’erede del
suo
signore venire ingiuriato dalla propria madre lesse una domanda, il
principio di un’accusa, che sapeva lo avrebbe perseguitato
per
tutta vita.
Lasciò
scivolare lo sguardo sul cadavere di Adikan che tanto aveva lottato
per riportare a casa: la morte donava ai lineamenti eleganti di suo
fratello, conferendo al suo volto severo una serenità
gentile che in
vita gli era sempre mancata e, guardando quel corpo composto
sobriamente in una bara piena di neve, non riuscì a sentire
nessun
cordoglio, nessuna voce del sangue che lo chiamasse al pianto.
Sospettava
di avergli voluto bene un tempo, ma non riusciva a ricordare
esattamente quando questo fosse successo né come avesse
smesso:
forse non era mai realmente accaduto. Di certo non avrebbe potuto
amarlo in quel momento, non mentre l'insulto lanciatogli da sua
madre gli scendeva lungo il viso come una lacrima. Assassino
aveva detto e, sentendo Leonora di Usen pronunciare quella parola con
tanta rancorosa certezza, Margareth lo aveva guardato come se non
l'avesse mai visto prima di allora, quasi fosse un estraneo sporco di
sangue e non il ragazzo che aveva passato a litigare con lei la
maggior parte della sua vita. Non riuscì a fissare a lungo
nessuna
delle due, troppo stanco per aspettarsi qualcosa di diverso;
guardò
invece il volto tumefatto di Adikan e, notando come lo squarcio che
lo attraversava non riuscisse a togliergli neppure un briciolo della
sua aristocratica bellezza, si rese conto che nemmeno la morte
sarebbe riuscita a liberarlo da suo fratello. Avrebbero bruciato il
suo corpo su un'alta pira e murato la sua spada e la sua armatura
nell'ala cieca del castello, ma Adikan sarebbe rimasto con Galoth per
tutta la vita: sarebbe stato nella cicatrice profonda che
attraversava la sua schiena e nei sussurri che sapeva si sarebbero
propagati per la cattedrale il giorno della sua incoronazione,
sarebbe stato nello sguardo dubbioso di Margareth e nei silenzi di
Agorwal, sarebbe stato il racconto di una lite violenta e di una
minaccia di morte, il fantasma di una domanda che nessuno avrebbe mai
avuto il coraggio di porgli.
Per
questo, quando tutti si inginocchiarono per baciare la sua fronte in
un gesto d'addio, Galoth non lo fece: perché non si stavano
lasciando affatto ed era l'incubo peggiore che potesse immaginare.
Note
dell'autrice: e
con questo la storia finisce. Grazie per essere arrivati fin qui. Un
abbraccio speciali a chi ha voluto riempirmi il cuore di gioia
dicendomi cosa pensa della storia, non c'è dono
più bello per uno scrittore (per quanto solo nell'anima).
Questo banner mi ha a dato grande soddisfazione, sebbene abbia fatto
del mio meglio per non rendere troppo riconoscibile il prestavolto di
Adikan (a chi dovesse accorgersene chiedo preventivamente
pietà!).
La storia ho ottenuto i seguenti "riconoscimenti":
Terza classificata al contest "Quadri e Picche" :
Nel contest a squadre "Cricoli e Salotti" la squadra si è
classificata treza:
Mentre la storia singolarmente si è classificata prima della
sua sezione:
Nonostante sia piena di banner ho scelto di usare quelli fatti da me.
Perchè, sebbene io non sia molto brava, ormai ci sono
affezionata.
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