Harry venne
svegliato da uno spiffero di luce che filtrava dalla finestra, mal coperta
dalla tenda. Socchiuse gli occhi di malavoglia, e, grazie al cielo, Draco era
ancora lì.
Dormiva a pancia in
giù, con la testa rivolta verso di lui, le labbra leggermente aperte, da cui
sbuffava. Aveva gli angoli degli occhi segnati dall’alone bianco tipico delle
lacrime.
E questo aveva un
significato immenso, per Harry.
Parolacce, litigi,
calci e pugni?
Non gliene
importava niente, avrebbe rifatto tutto quanto daccapo senza battere ciglio, ed
era grottesco pensare che soltanto alcuni mesi prima aveva messo piede a
Hogwarts per l’ultimo anno senza pensare a lui, senza nutrire che infastidita
indifferenza per gli occhi di Draco, così terribilmente luminosi.
Avrebbe dovuto
svegliarlo? Era ancora presto, non c’era fretta, ma esiste un momento migliore
al mondo per parlare un po’, quando il sonno ancora ti avvolge e ti rende
ubriaco, incapace di mentire?
Soffiò
delicatamente nel suo orecchio. Sapeva già che quando avrebbe aperto gli occhi,
si sarebbe sentito mancare.
- … Uhm. –
- Buongiorno. –
Draco aprì prima un
occhio solo, prudentemente. Assicuratosi che non ci fosse troppa luce, aprì
l’altro, appena uno spiraglio.
- Come stai? –
- Be-bene. –
- Sì? –
Davvero. Perché mi
hai svegliato? –
Harry si strinse
nelle spalle, e rispose semplicemente, candidamente: - Avevo voglia di
rivederti. –
- Ma se fino a un
minuto fa… -
- Di rivederti qui.
–
Draco non ebbe
niente da replicare. Aveva saputo fin da quando si era svegliato che ora, nel
suo mondo c’era una bella novità.
Una di più ed una
di meno, per dire meglio.
Gli veniva più
semplice accettare Harry se lo vedeva immerso nella natura onirica del bosco
che ospitava Marzio. Sinceramente, provava meno imbarazzo, per non parlare
dell’atmosfera.
C’era una cosa,
però, che faceva una differenza enorme da laggiù a lì.
Il pigiama di
Harry. Gli occhiali inguardabili posati sul comodino. I suoi piedi nudi, e con
ogni probabilità gelidi. Il cuscino con ancora impressa la forma della sua
testa.
Era. Tutto. Reale.
Aveva una
consistenza che il mantello di Marzio, il sole che brillava in quel mondo, i
capelli di Derevan, nulla di tutto ciò aveva.
Credeva di aver
compreso le parole del Romano. Diavolo, non c’era niente di difficile da
capire.
E invece non era
vero, l’ultimo tassello del puzzle andava al suo posto solo ora, proprio su
quel cuscino.
Anche Marzio e
Derevan, prima di loro, dovevano aver avuto un cuscino da condividere. Che li
aveva resi concreti come non erano più, ma come erano loro, invece.
Come un filo rosso
che aveva attraversato le epoche.
Piuttosto
decadente, come pensiero, ma con il singolare potere di farlo sentire bene.
- Harry. –
Dolcemente, si
lasciò cadere sulla spalla del Grifondoro, tenendosi strette le ginocchia al
petto.
- Scusa. – non
l’avrebbe ripetuto una seconda volta. Anzi, probabilmente non avrebbe mai più
pronunciato quella parola nel corso della sua vita.
Harry lo abbracciò
stretto, riuscendo a malapena a circondare schiena e ginocchia rannicchiate.
- Non fa niente.
Adesso basta con questa storia. –
- Dici sul serio? –
- A ha. Però tu non
scappare. D’accordo? –
- D’accordo. –
Harry ridacchiò,
distante. – Sai, credo che sarà piuttosto strano, all’inizio. –
- Lo penso anch’io.
–
- Se provi a
chiamarmi Marzio, ti uccido. –
- Non lo farò.
Nessuna voglia di
sciogliere l’abbraccio. La meraviglia di alzarsi presto.
- A proposito. Che
cosa credi che succederà? –
- Chi può dirlo?
Adesso però, c’è una cosa che dobbiamo fare. –
- Che cosa? –
- Te l’ho detto
ieri. Non far finta di essertelo scordato. –
Già, ieri.
Un giorno piuttosto
importante, diciamo, uno di quelli da segnare sul calendario con una bella X
rossa.
Si erano svegliati,
e per alcuni minuti fra loro era stato un silenzio imbarazzato a farla da
padrone. Ma Harry se l’era cavata abbastanza bene a dire qualcosa di stupido
che fece ridere Draco, e sciogliesse l’atmosfera.
Si erano lasciati
per seguire le lezioni, e nel tardo pomeriggio, Harry aveva disputato la penultima
partita di Quidditch della stagione, contro Corvonero. Draco era andato a
vederla, e per la prima volta in vita sua aveva sorriso per la vittoria di
qualcun altro. Per la vittoria di Grifondoro, nella fattispecie, vittoria sul
filo di lana, con uno scarto di cinque, miseri punti. Non si sentiva più tanto
inutile, per essersi fatto battere da Corvonero.
Poi l’aveva
aspettato fuori dagli spogliatoi, accovacciato contro il muro, non prima di
essersi dipinto sul volto una maschera che dissuadesse chiunque dal chiedergli
che cosa ci facesse lì.
Ed erano arrivati
tardi a cena, perché camminando senza una meta certa per lo sterminato parco
della scuola, parlando, ridendo, qualche volta mandandosi al diavolo, avevano
perso completamente la cognizione del tempo. Come quella passeggiata fosse
l’abitudine di una vita intera, dimenticata in chissà quale cassetto e riemersa
solo in quel momento, in occasione di uno stravolgimento importane
dell’arredamento.
Harry si era
guadagnato lo sguardo sospettoso di Hermione fisso su di lui per tutto il
pasto. Anzi più che sospettoso, sembrava essere sicuro. Sicuro di ciò che aveva
intuito.
Il fatto che lei,
comunque, non accennasse a voler commentare, era positivo, nell’immediatezza.
Certo, significava che prima o poi avrebbe dovuto presentarsi davanti a lei e a
tutti gli altri, per fornire un’adeguata e prolissa giustificazione su tutto
ciò che stava accadendo. Ma gli veniva concessa una deroga, per ora, intanto, per
fare un po’ di ordine con sé stesso.
Dopo aver mangiato,
Draco era andato in biblioteca, alla ricerca di un libro per un compito che non
poteva più rimandare oltre. Harry lo aveva aspettato sveglio, supino sul letto,
completamente assorto in chissà quali pensieri.
Draco si era
coricato, e aveva azzardato a dargli un bacio di sua iniziativa.
Era cominciato così
qualcosa che presto sarebbe sfuggito di mano ad entrambi.
Meraviglioso,
strano, spaventoso, come un viaggio.
In tutto ciò, la
raccomandazione di Harry approposito di quell’importantissima cosa che
avrebbero dovuto fare l’indomani era passata del tutto in secondo piano,
soffocata dall’ultimo bacio prima del sonno.
Chiudere gli occhi
e risvegliarsi nuovamente in quel luogo di là del sogno aveva lasciato loro
addosso un’inaspettata sensazione di libertà.
Il boschetto non si
vedeva più. E nemmeno il sole, e non una singola nuvola.
Solo erba, a
perdita d’occhio, erba verde chiaro, freschissima, uniforme, in ogni direzione.
E sopra i loro, un cielo altrettanto brillante della sua statica monocromia.
- Ma che cosa… -
- Siete arrivati. –
Marzio e Derevan
erano comparsi davanti a loro come dei miraggi. Entrambi in groppa a Fulgor,
con Shay al loro fianco, docile, una volta tanto.
- Ce ne andiamo. – aveva
detto Marzio, raggiante.
- Grazie per ogni
cosa. – gli aveva fatto eco Derevan.
Harry e Draco non
avevano capito subito.
- Ma come… ve ne
andate? –
Se ne andarono
davvero.
Marzio e Derevan,
così all’improvviso. Dopo tutto il tempo passato a cercare di cacciarli via, e
dopo essersi trovati, uniti, aver affrontato assieme un’avventura inenarrabile.
Se n’erano andati
sul serio.
Marzio aveva
spronato il suo cavallo, che era partito al galoppo, puntando verso di loro.
Nemmeno il tempo
per spaventarsene, che erano già scomparsi oltre una sorta di muro invisibile,
entrati in una dimensione nuova, sconosciuta, di sicuro il luogo più giusto per
loro.
Draco era rimasto
lì, impalato, a fissare il punto in cui si erano dissolti Derevan e Marzio.
- Ma… - esalò. –
Non li ho nemmeno salutati. –
Harry era rimasto
un passo dietro di lui, sapeva che era la cosa giusta da fare, e non voleva in
alcun modo disturbarlo. Pur nella sua perfetta immobilità, con il capo ancora
bel alzato, le braccia rilassate lungo il corpo, Draco stava piangendo.
Perciò, quella
mattina Harry si era svegliato per primo, conscio di sentirsi un po’ più solo,
ora che Marzio e Derevan non c’erano più. Era successo tutto troppo in fretta,
perché potesse dire di aver elaborato ciò che provava, ma in fondo al cuore,
almeno quello, era felice per loro.
- Forza, su.
Andiamo? –
- Voglio prima fare
colazione. –
- D’accordo. Però
poi vieni con me. –
- Ma non posso
saltare la lezione di Incantesimi. –
- Draco… -
- Sul serio! È
veramente, veramente importante. –
Harry alzò gli occhi
al soffitto, ridacchiando.
Tanto, gli piacesse
o meno, lo avrebbe trascinato nell’ufficio di Silente assieme a lui, a viva
forza.
* * *
Come in un film già
visto.
Fu di nuovo Harry a
parlare, quasi esclusivamente lui. Draco annuiva di tanto in tanto, ma non
perché fosse stizzito, questa volta. Harry si era ripromesso di proteggerlo,
per lasciare che sbollisse la tristezza in pace. Ogni volta che nominava
Derevan, si irrigidiva e lo guardava intensamente.
Poverino.
E dire che aveva
sprecato un sacco di tempo a dargli addosso. E ad avere una paura folle di lui,
soprattutto. Avrebbe scommesso la sua bacchetta che Draco avrebbe continuato
imperterrito a sostenere che tanto quello lì non gli piaceva nemmeno un po’,
che finalmente e n’era liberato, e tutti gli altri mattoncini che costituivano
la sua difesa.
Sarebbe bastato un
soffio per distruggerle, ma era necessario prendere contromisure. Lo avrebbe
lasciato sobbollire nel suo brodo, finché non avesse deciso di uscirne da solo.
Se c’era una lezione d’oro che aveva imparato, era che forzare Draco era sempre
e comunque una scelta sbagliata.
- Suppongo non
occorra dirvi che avete fatto ciò che era più giusto, ragazzi. –
- Se ripenso a
tutte le volte che ho sospettato di loro mi sento un verme. –
- Via, è normale.
Signor Malfoy, la vedo piuttosto scosso. Si sente bene? –
- Sì. Si signore,
sto bene. –
- Prenda una
liquirizia. –
- No, grazie. –
- Non faccia
complimenti, se vuole gliela stordisco io. –
Finalmente, Harry
prese il coraggio a quattro mani, e provò ad esporre con le parole meno
imbarazzanti che gli venissero in mente ciò che aveva da dire.
- Professor
Silente, ecco, noi ci chiedevamo se… -
- Che cosa,
ragazzo? –
- Se… Se fosse
possibile restare nella stanza dove ci troviamo ora. Insomma, fino al termine
dell’anno. Ehm, non è che non vogliamo tornare dai nostri compagni, ma sarebbe
molto meglio, insomma, per noi. –
Silente sorrise
ampiamente, facendo fremere la lunghissima barba bianca.
- No. – rispose,
con la massima affabilità.
Draco strabuzzò gli
occhi.
- … No?!?! –
- Se credete di
essere più speciali dei vostri compagni, temo che dobbiate rivedere le vostre
posizioni. Terminerete l’anno nei vostri rispettivi dormitori. – un ghigno,
quasi invisibile. – Quel che vorrete fare poi, fuori da questa scuola, non sarà
più affar mio. –
Harry capì,
ovviamente. E gli venne da ridere.
Chissà perché, in
quel momento mostruosamente imbarazzante, gli tornò in mente qualcosa di molto,
molto remoto, che soltanto in quel momento assumeva il suo pieno significato, e
si colorava, finalmente, della luce del sole.
“Omnia Amor
Vincit”.
Era tutto finito.
Marzio era con Derevan, finalmente, si erano ripresi la loro felicità, da
qualche parte chissà dove. Mentre lui era alla presa con il momento più imbarazzante
della sua vita.
Ora, aveva un
motivo in più per ridere.
ANGOLINO
Mi trovo costretta
a devolvere questo angolino ad una questione importante, saltando le risposte.
E vi assicuro che non mi piace per nulla.
Girovagando per la
rete mi sono imbattuta in un forum, dove trovo un’utente di nome Stateira. ,
cioè il nome Stateira seguito da un punto.
Superfluo
specificare che non sono io.
Ma non basta,
clicco sul collegamento al suo blog, che si trova in basso a sinistra, e scopro
che esso si intitola “La Pizia”. Che è il nome del mio blog.
Voglio lasciarvi il
link al profilo, e anche al blog, per dimostrarvi che non invento nulla.
http://forum.fuoriditesta.it/utenti/stateira--793.html
http://blog.fuoriditesta.it/vanny/
che, ironia della
sorte, fra gli ultimi post reca la citazione, ovviamente non autorizzata, di
uno stralcio del capitolo 4 di “Insegnami ad amare”.
Questo non è un
caso.
Non lo è, poco da
discutere.
Stateira non è un
nickname comune, come può essere un “Kikka”, un “Vale88”, o un “princess” che
senza dubbio sono gettonati.
Oserei dire che è
un nick molto singolare, che ha alle spalle tutta una storia, e a cui sono
profondamente legata. Oltre questo, a ulteriore riprova, il titolo del blog,
sicuramente non banale, con annessa citazione. Tre indizi fanno una prova, come
si suole dire.
Sono amareggiata.
Lo vivo male, come un furto di identità in primis, e come un’indebita
appropriazione di qualcosa che non si conosce.
Stateira sono io.
Un puntolino in fondo al nome non cambia le cose.
Ed oltre
all’amarezza, sono dispiaciuta, immensamente, che qualcuno si senta in diritto,
o magari persino in bisogno, di appropriarsi del nome di qualcun altro.
È così bello essere
sé stessi, che quando la gente non lo capisce mi sento triste per loro.
Stateira. , io ti
invito qui, davanti a tutti, perché so che in questi lidi ti trovi, a farti
viva.
Sono dell’opinione
che ogni cosa si possa risolvere con un sereno confronto, ma a questo punto
pretendo una spiegazione, una giustificazione, magari anche delle scuse, se non
oso troppo.
E c’è un’altra
cosa, che è una cavolata e che mi dispiace dover dire, ma ragazze, l’ANGOLINO!
è un marchio di fabbrica, e non mi piace vederlo comparire a mò funghetto in
mille altri posti. Non fatemici mettere il ™, vi prego, lo trovo molto triste.
Inventate altri termini, che so, “L’autrice parla”, “Spazio dell’autore”,
“extra”, qualsiasi cosa.
Se tutto questo
possa essere frutto di ammirazione, non lo so e non mi interessa, perché non è
questo il modo giusto di dimostrarmelo. Io vi ringrazio per ogni recensione che
mi lasciate, vi ringrazio per inserirmi fra le vostre preferenze, sono
felicissima che i miei racconti vi piacciano e gioisco di ogni vostra
dimostrazione di stima, dalla recensione alla mail, con tutto il cuore.
Ma questo
dev’essere, per il resto siate voi stessi, siate fieri delle vostre identità,
spremetevi le meningi per trovare nick nuovi, per essere originali in coerenza
con la vostra personalità.
Basta, finito, era
giusto affrontare questo discorso una volta per tutte.